Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IX - n. 22 - 30 novembre 1903

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Prof. NAPOLEONE çoLAJANNI (Deputato al Parlamento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese ITALIA: anno lire 6; semestre lire 3,50 - ESTÉRO: anno lire 8; ~emestre lire 4,50 Un. n.ul'.llero separato Oen.t.. 30 Amministrazione : VrA CAMPO MARZIO N. 43 ROMA ABBONAMENWO POjWA~E Roma,30 Novembre1903. SOMMARIO:· Noi: Gli avvenimentei gli uomini : (Riflessioni sul Congresso Ca,ttolico di Bologna - Il console italiano a Innsbrii.ck - Per il caso del marinaio D'Angelo. - Un socialista che ragiona sui trattati di commercio. - Professori e uomini politici. .. contro la politica. - La mafia, la camorra, e l'Européen. - Le •elezioni alla Dieta prussiana. - Nell'esercito tedesco. - Gli Albanesi e la questione balkanica). - La Rivista: I fatti d'Innsbriick (Alla Democrazia Italiana). - Avv. Pio Viazzi: La direttiva economica del Partito Repubblicano Italiano. - G. F. Gardenghi: L'undecisimo Congresso di Igiene_ e di Demografia a Bruxelles. - A. Agresti: Imperialismo e protezionismo. - Emilio Padovani: Il presente movimento rivoluzionario di Spagna. · · Rivista delle Riviste: Il panslavismo e l'unità russa ( La Re1JUe). - L'imposta sulla rendita (Revue des Deux Mondes). - Infelici e delinquenti (Rivistn di Diritto Penale e Sociologia comparata). - L'Alaska sotto una nuova l11M (World's Vork). -- L'atto di accusa della monarchia Britannica (North ,American Review). - Il nuovo capo della Tammany-Hall ( World's Vork). - Alcune cause concomitanti del linciaggio dei negri (North .America'n Review'j. - Recensioni.- Illustrazioninel testo. SI p1•egano pe1• rulti1na volia ç·Ji abbonati in a1·retrato a volersi subito mettere in regola, vagando il "lorodebito e l'abbona,mentoanticipato pel 1904, perchè urge ali' .Amministrazione di sapere quali e quanti sarà costretta a cancellare. come inorosi che non si sono decisi a compiere il loro elementare dovere di galantuomini, nemmeno dopo tante sollecitazioni collettive, a mezzo degli avvisi, su caratteri cubitali, inseriti nella 'IJ,ivisro, e delle replicate sollecitazioni personali a mezzo di multiformi circolari e cartoline. Quanto agli altri abbonati, veri amici della Rivista Popolare, che ci sono stati fedeli sinora, non facciamo che richiamare tutta la loro attenzione su quanto scrivemmo nel- uumero precedente, e siamo sicuri che non solo invieranno il loro abbonamento, ma ci procmeranno tra i loro amici o conoscenti anche qualche altro abbonato che li somigli nella puntualità dei pagàmenti. Dirigere cartoline vaglia all' On. Prof. NAPOLEONE COLAJANNI NAPOLI · Riflessioni siil Congresso Cattolico di Bologna. qual", per lunghi secoli si adagierà l'umanità prima di ---...Se la storia non ce ne porgesse già gli esempi, il sentire il bisogno di nuove o più libere forme conceCongresso Cattolico di Bologna ci darebbe ore la dimo- denti all'individuo la libertà completa, resultato d'una strazione pratica della grande facilità con la quale la evoluzione morale più alta. Chiesa sa udattarsi ai tempi, e volgere in suo pro' le · La Chiesa ha dunque sentito il bisogno di uscire da nuove forme sociali che i tempi stesi,i mutarono. quel cerchio, di a,:ffacciarsi ai nuovi tempi, tanto più Durante lunghissimo tempo la Chiesa è stata la forte che i postulati dei nuovi tempi se sono più precisi non alleata dei dominatori, dopo essere stata essa stessa oltrepassano però la sostanza degli insegnamenti del prima il difensore dei popoli contro i barbari, poi, a Maestro che predicò il sermone su la' montagna. sua volta; la dominatrice degli oppressori e degli op- « È più facile che u;n.canapo passi attraverso la cruna pressi. d'un ago, che un ricco oltrepassi la porta del cielo ». Oggi nello evolvere incessante delle istituzioni sociali Il filosofo di Galilea prevedeva il socialismo. verso adattamenti nuovi creati dalla maggiore· educa- Una delle grandi forze della Chiesa, anzi la più grande, zione ci vile, dai nuovi bisogni, dalle nuove facilità, la dopo la sua unità è la duttilità del suo organismo. Esso Chiesa - chiusa nel ristretto cerchio creatole intorno resiste e domina, cede e domina ancora. Poichè cedendo dai resultati del concilio di Trento, che le ridiedero la es~a non esce dal campQ larghissimo che è assegnato forza fattale perdere dal gigantesco movimento della alla fede. Come religione pura - cioè insegnamento Riforma - la Chiesa oggi nel nuovo assetto sociale si morale - essa può durare all'infinito; purchè si tratrovava, fuori d'ogni possibilità d'azione. E più ancora sformi, e si trasforma. Le lotte politiche, le rivenòica- i ci si sarebbe trovata nell'avvenire di fronte ad istitu• zioni temporalesche, il potere / reazionario dei gesuiti zioni e forme che rapidamente mutano, in ·cammino banno condotto la Chiesa alla debolezza è al discredito. verso quella òggi prevèdibile ultima forma sociale nella· Nella scienza e nella società essa ha perduto 'terrèno;

590 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI finirebbe se non rin.~cisse a trovare l'orientamento nuovo: finirà se non saprà mettersi completamente al l'unisono con Je necessità e Je volontà nuove create dalla evoluzione dei popoli, dnlle nuo-ve condizioni sociali, dal nuovo adattamento storico. Ma la Chiesa, che non vuol finire, si piP-ga; cede e domina. Ieri i suoi vescovi, i suoi principi, il suo capo supremo maledivano il rigoglio delle nuove idee; invitavano le classi dominauti a st,dngersi in un fascio potente per ricacciare nel buio i popoli che, ad ogni costo, volevano uscire alla luce, ecco che oggi la Chiesa abhandona quelle classi clte non l' hanno volnta seguire e cerca - e per un periodo di tempo ci riuscirà - di capitanare e di dirigere - ai suoi intenti, ai suoi fini di dominio ·- il movimento rinnovatore. · lJon Romolo ~l,Hri e i democratici cnttolici, f'lnrnnno sconfe~sati forse uu' altra volta, altre dne, altre dicci, essi vogliono troppo precipitnre e ht Chiesa, sa, per esperienza secolare, che il mo,imento trionfatore ò il movimento lento e <'ostante. Essi però le pr(:lparano fa via fra le masse, abbattono · i p··imi ostacoli perchò essa poi possa procedt-re sicnrn men te. Essi sono qnello che nelle conqniste territoriali è il pirata audace che pianta fa bandiera d'un pnese sopra un terreno non ancor ben definito. Lo si sconfessa, lo si rinnega. ma prepara la via. Questo importa. Il non-l'xpedit non sarà tolto ancora, uon già pe,rchè la Chiesa non senta che dovrà toglierlo, ma perchè ancora le sne milizie non sono disciplinate per lo nuove battaglie; ed es~a non vuole essere· -rinta s~l perchè ha troppa fretta. Nel campo della scienza la cr Commissione per gli studi blibici » è anch'essa una concessione ed un adattamento ai tern pi. Il libro dell' abate Loisy, ancorcbè trovato eccessivo in Vaticano, non è stato messo all'indice. Segno dei tempi. La Chiesa sta rinuovando il suo organismo ed orienta verso nnovi orizonti la ima politica; bisogna che tntte le forxe democratiche, tutte quelle forze che sinceramente combattono per la libertà dei popoli stieno fo guardia contro {ll'lesto nuovo atteggiarsi della Chiesa., poichè essa evolve sempre; sa adattarsi ai tempi, pigliare atteggiamenti sempre nuovi/ e non per il bene dei popoli, non per la libertà, non per la luce; ma per il sno dominio soltanto, per il suo potere, il suo incontrastato potere su gli uomini e gli eventi. Il Congresso Cattolico di Bologna non deve essere per la tlemocrazia un semplice fatto passeggero, ma - in-. dice di tutto un movimento grandissimo - un avvertimento solenne a tenersi in guardia e pronti ad agire contro le nuove forze che la Chiesa oggi raccoglie per schierarle in battaglia contro il libero pensiero e la libertà. -- n console italiano a Innsbriick. - C'è al mondo della gente grassa bracatn, che ama il quieto vivere e per consèrvarselo piglia i ceffoni sul mnso e dice grazie, piglia i calci nella pancia e volta immediatamente ad altre e più forti pedate, la più nobile parte del proprio corpo. Se le dicono « sule italien » ne conviene, se le sputacchiano sul muso un welschen trova che chi lo dice deve avere le sue bnone ragioni per dirlo e non è. il caso di rivoltarsi. A questa sozza genìa che disonora il nostro nome e il nootro paese, appartiene il console it~liano d' Iunsbruck, e la risposta da lui data al prof. De Gubernntis lo prova. Essa ci spiega porchè gli italinni sono impunemt>nte bastonati dai tedeschi, nella, birrolellta citt.ì uni,ersitaria; essa nnn ci spiega però il pere.li è il ministro 1legli esteri llou ha messo, telegrafica111er:;te. a riposo questo i:;ignore che ama tanto il qnieto vi,ere. E aspettiamo; confessiamo, però, che aspetb1111!0 11011 uutria111o_grande fiducia di apprendere che il gover:10 abbia preso una· buona misura, poichè, su per giù, il coutegno del console italiano in Innsbriick è quello clte tengono parecchi altri suoi colleghi, dei quali n.vremo occasio11e di occuparci. Pe'r il caso del niarlnaio <l'Angelo. - Primn. ùi tutto risulta - così i periti <lelh difesa - che il marinaio tl'Angdo è morto, quasi, di morte Jlaturale. El>ue il delirio acnto e, si capisce, morì. Si capisce anche che se invece di essere a Regina Coelì - ò.oYequello sventurato ha proprio voluto andare a morire pe1:<larn <lei grattacapi all'umani8simo Kusterruann - fosso ri,11nsto sul suo battello sarebbe morto lo stesso, del medesimo del irio acuto ecc. ecc. };oi ci sentialllo tentati di angurare l'assolnzione di tutte quelle candide pecorelle che sono state cbiamnte a rispoJJ<lere della nHnte di lui. Couosci:11110- e per esperienza diretta - la gran1le, la iucomparauile, la iufiuita umanità dei medici delle carceri, e ci ripugni1 pensare che il Dott. Ponzi - proprio lui - debba fare eccezione alla regola; essere lui la pera bfteata del cestino. Del resto anche l' illustrissimo prof. Postempski, famo_so operatore nonchè consigliere municipale, lo hn. escluso. Ma... c'è un ma sul quale ci vogliamo soffermare un istante, per passare poi ad alti e considerazioni d'ordine più elevato. Ecco il MA. Ad i.na delle udienze fu interrogato, fra i testi d'accusa, un certo Albani, un èatt.ivo soggetto detenuto a Regina Coeli, e la sua deposizione non era stata priva d'interesse per _le due parti. La difesa aveva cercato di attenuarne il valore, l'_accusa Yl aveva fatto suo pro. Ma la solidarietà è una grandissima leg~e delle collett1vità umane, ed ecco che la, collettività che a Regina Codi usa la camicia di forza, la cella di punizione, qu:ilche volta il sacchetto di rena, lo schiaffo, il calcio, e il pugno contro i detenuti, fa scontare al teste le verità accusatrici; e lo metto in punizione e lo maltratta È vero che gli avvocati della difesa si sono opposti a che l' All,ani, richiamato in Tribunale dopo cl1e sua madre fecl' noti al Procuratore del Re i maltrattamenti subìti da lui, fosse interrogato. In verità l' Albani deve essere grato agli avvocati della difesa di questa loro opposizione, essi gli banno risparwiato un aggravamento della puuiziono. Ha fatto benissimo però l' on. Barzilai a far constatare che bastava guardare l'aspetto de,l detenuto per convincersi della-verità della cosa Infatti !'Albani che comparve alla seduta del 24 p. p. non era il florido giovinotto della prillln. volta; si -redeva che la, cella oscura, il pane e i\Cqun. e il freddo del pancaccio avevano agito su lui. Non si è dunque potuto snpere òirettamente, da lui, di quale natura fossero i cattivi_ trattamenti eh' egli ha subHi, lo abuiamo d ..vuto desumere dal suo nspetto; e questo suo aspetto ci obbliga a pensare e a dire che gli accusati per la morte del marir.aio D'Angelo, e che oggi il Tribunale giudica, non sono i soli della custodia carce~·nria che si infischiano della legge, del diritto fl della umanità. Ora è possibile questo stato di cosè in un j)aese che vuol esser civile! È possibile che un'nomo debba esser

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 591 pnn ito, perchè ha detto la verità, da qnelli stessi che sono incaricati di eseguire la punizione di quelli che veramente non dicono, o secondo verità e giustizia non a<Yiscono ~ L'amministrazione delle carceri - di tutte le o carceri italiane - è dunque al di là, al di sopra. della lecrne tanto che non se ne possono dire in :vroposito le 'C>O l verità che si sanno? Un uomo interrogato dal Tribunale deve dire la v·erità; e come potrà, come oserà òirla, s'egli, essendo detenuto, saprà che ne sarà punito? Ma questo sovverte tutto l'ordine delle cose naturali e sociali. Il direttore di Regina Coeli è più potente dei ministri, del re, della nazione ; il direttore di Regina Coeli e i suoi dipendenti diventano delle entità sacrosante, onnipossenti, insindacabili; hanno diritto di vita, e di morte. Fra loro e Dio Eterno stà questa unica differenza: che a Dio gli uomini qualche volta rimproverano di non aver fatto bene il mondo e Dio lascia dire; costoro non )asciano dire e se trovano chi è tanto audace da dire puniscono. Ma questo è intollerabile! Ma questo mette addosso fremiti di paura d'essere cittadini italiani! Se il caso D'Angelo, se il caso Albani fossero isolati si potrebbe dire : <r È il risultato della inumanità, della ferocia d'uno o di pochi uomini 1>; ma no : quei casi sono l'esponente del sistema; e questi nomini accusati di assassinare i detenuti, di violare la grande legge morale che impone all' nomo d' essere veritiero, sono come tutti gli altri che custodiscono i detenuti e amministrano le carceri. Questa volta non sono riusciti a farla pulita, ecco tutto. E come i Dovremo dunque aspettare che questi colpevoli vengano ad accusarsi da sè medesimi, che commettano il delitto con tanta brutalità che si scuopre da sè stess~, perchè noi possiamo, una volta tanto, sollevare un lembo di quel velo oscuro che nasconde le crudeltà raffinate, le ferocie, le infamie che si commettono nelle carceri italiane ? Bisogna cambiare il sistema. Bisogna che il controllo possa essere esercitato liberamente dai rappresentanti della nazione, senza permessi, senza preavvisi, in ogni ora del giorno e della notte, per il solo fatto che essi sono i rappresentanti e devono essere i custodi dei diritti e della esecuzione delle leggi nazionali. Questo · porta la necessità, d'una riforma radicale - riforma di uomini e di regolamenti - nel l' amrninisti;azione carceraria. E non è soltanto nell'amministrazione carceraria che bisogna riformare, trasformare, cambiare molto. Si è parlato lungo tempo della Riforma Giudiziaria, e se ne parlerà lungo tempo ancora. É una gran bella cosa una riforma promessa; il guaio è che la riform,1, - se non eseguita con concetti pratici, spregiudicatamente ed anche, quando occorre, ·più contro gli uomini che contro le cose-non cava un ·ragno dal bnco. È necessario che di pari passo con la riforma proceda il controllo sicuro, la possibilità dell'accertamento, perchè la riforma non risulti inefficace, non rimanga lettera morta. L'Italia· è la terra prediletta dell'accademia. Le chjacchiere, belle, sonore, retoriche, rimbombanti, vuote :fioriscono da noi come i funghi velenosi; e su tutti i soggetti si chiacchiera, si chiacchera 1 si chiacchiera a perdita di fiato, a esaurimento di polmoni, di pazienza, di buon senso in Parlamento é fuori; eppoi~ Eppoi le cose rimangono come erano prima. Si chiacchierò di riforma della polizia; cosa n'è resultato ~ L·arresto del D'Angelo è là per dirci che furono chiacchiere. Il più innocente, innocuo, candido cittadino italiano è alla mercè della l ignoranza, della stupidità o della.canaglieria del primo poliziotto venuto. Noi abbiamo dei sistemi assurdi; dei vecchi metodi nei quali si esplica tutta la onnipotenza e la meticolosità idiota della burocrazia : carte, fedine criminali ; fogli, fogli, fogli ; si ha il rispetto, l'adorazione, il santo timore di tutte le indecifrabili zampe di mosca degli scribacchini al servizio del governo; e alla inviolabilità di questi sistemi, alla valutazione dei pezzi di carta, alla deferen_za per le zampe di mosca, noi sacrifichiamo la libertà personale che la polizia non rii spetta mai - l'arresto del D'Angelo non è unico - Ja verità, la giustizia, la vita di cui la burocrazia· e le amministrazioni carcerarie fanno tranquillamente sc~mpio !... E ci diciamo civili! « Cose da pazzi» dice un nostro amico. * Un socialista che ragiona sui trattati di cmnmercio. - E' Ettore Ciccotti ; e ne scrive nell' Avanti! ponderatamente e senza lasciarsi tr~cinare dalla monomanìa liberista. Egli comincia dal rileval'e pel dazio sul grano che la quistione « non si restringe nei termini di una questione doganale, ma assurge ad importanza ancora più alta pel posto, che ha in tutta la finanza e l'economia nazionale; onde anche noi che ne abbiamo sostenuto l'abolizione, non abbiamo potuto concepirla se non "come graduale, in un certo giro di anni, e connessa a tutta una serie di provvedimenti atti a rilevare e intensificare l'agricoltura. <r E' questione, dunque, questa che va trattata e ri- _soluta con le più grandi .questioni di politica e di amministrazione interna, di tutto l'indirizzo generale dello Stato, insomma ». Dopo avere ricordato che interessi agricoli e assai importanti ce ne sono nel Settentrione, alla falange devitesca che dai trattati di commercio p~incipalmente sperano la risurrezione del Mezzogiorno, dice: « Credono pure molti - e di- qui f~rse l'iperbole nel parlare dei trattati di commercio - che noi risolveremmo ogni questione e prov"."ederemmo a tutti i nostri interessi, solo che tornassimo ai trattati anteriori al 188ì. L'Italia meridionale ha avuto indubbiamente grande detrimento ddlla nuova politica dogan~le inaugurata in quel tempo e si sarebbe giòvate di".una diversa politica, mettendo a profitto alcune sue condizioni fav~wevoli in quel tempo. Ma quelle condizioni sono variate, e sono cambiate sopratutto le condizioni dei paesi concorrenti e importatori, in modo che, col mutarsi o col ristabilirsi di uno de' termini, non si viene per ciò stesso a ristabilire lo stesso risultato ~. Ora tutto questo precisamente è quanto da parecchio tempo, senza badare ai latrati dei cani accademici o piazzaiuoli, andiamo sostenendo noi con calore e con sincerità, e se tali idee non fossero state riproposte da un socialista e in un organo socialista che ha la con- . segna della cospirazione del silenzio verso la nostra Rivista, l'opera nostra lealmente avrebbe dovuto essere ricordata. . Il Ciccotti invece si limita ad accennarvi con un enigmatico nientemeno che si riferisce alla contesa nostra colla setta - setta in certuni - liberista (1). Che cosa voglia dire quel nientemeno non ci curiamo (1) Q~el nientemeno ~ tanto str~no che _lo stesso on. Ciccott1, con spontaneità e cortesia, ha scntto al nostro direttore di non avercelo· messo lui nell'articolo. **

592 RIVISTA POPOLA_RE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI di indagarlo. Ci basta constatare il consenso del Ciccotti - socialista pttro e semplice: sia detto a suo onore - colle nostre vedute e di lodare ciò che ci sembra la verità da chiunque venga detta e in qualunque organo - nell'Avanti! come nell'Unità Cattolica. ~~ Professori ed uomini politici .... contro la politica. - A Torino il Prof. Ruffini - un valore di prim'ordine - ed a Castel vetrano l' on. Saporito parlando l'uno agli studenti e l' altro ai propri elettori hanno trovato modo di parlare contro la politica. L' uno ha detto ai giovani: studiate ed astenetevi dalla politica; l'altro ha ripetuto agli elettori: il paese progredisce nonostante e quasi contro la politica. Francamente noi siamo sorpresi e vorremmo dire scandalizzati di questo linguaggio, che si attaglierebbe soltanto agli assolutisti ed agli anarchici. Ciascuno può e deve criticare la politica dal momento che crede contraria agli interessi del proprio paese ed in opposizione alle proprie convinzioni. Così l' on. Saporito ha tutto il diritto di dire e di pensare che. la politica che si fa oggi in Italia, alquanto diversa da quella che si faceva sotto l' on. Pellonx, non gli va a sangue; ed ha il dovere di combatterla se la crede sinceramente dannosa. Ma dichiarandosi avverso alJa polit~ca in gener~ fa opera non buona, e potrebbé esserne punito facilmente e logicamente dagli elettori, cui rivolge la sua allocuzione. Se la politica è cosa nefasta o pér · 10 meno inutile, perchè essi dovrebbero prendersi l'incomodo di mandarlo a Monte'citorio 7 E che cosa ci sta a fare egli in Parlamento se la politica è un ma..1. lanno, <la cui ci si deve guarire 1 Del resto si comprendono bene le malinconie e il pessimismo di un conservatore Sonniniano, qual' è l'on. deputato per Castelvetrano, in questo quarto d' ora_ Egli se ne guarirà il giorno, in cui i propri amici ed egli stesso potranno riprendere la croce del potere. Ci addolora di più il linguaggio dì un insegnante agli studenti. Forse egli è uno di coloro che sparlano de1la politica percbè non ha potuto acchiappare un mi,indato e non ha avuto modo di tresmL1·e con quella, che si giudica una mala femmina solo perchè la si vede nelle braccia altrui 1 Non yorremmo pensarlo. Ad ogni modo noi crediamo che ci sia abbastanza scetticismo ed indifferenza in Italia perchè non si. senta il dc,vere di denunziare come una cattiva azione quella di deputati ed insegnanti che, invece di educare e formare buoni cittadini, pensano di allo.ntaoare dalla vita pubblicn le forze vive che possono rinsanguarla e far trionfare la buona politica. Questa predicazione, informata ad agnoticismo politico, se Iiuscisse efficace abbandonerebbe "la cosa. pubblica nelle mani degli inetti e dei farabutti. IV"\ La mafia, la camorra e l' Européen. - Nell' .Européen, la simpatica e valorosa rivista pai:igina, che · tanta autorità ha acquistato in poco tempo, Pietro Mazzini, che spesso vi scrive, e bene, delle cose italiane, si occupa a proposito del suicidio Rosano, della mafia e della camorra. '.Putto l'articolo è improntato ad esagerazione e ad una conoscenza non molto precisa degli · uomini e degli avvenimenti di cui si tratta. Eppure non avrebbe dovuto riuscirgli difficile procurarsi più esatte informazioni. Un saggio della esattezza di ciò che espone si può . avere da qu~sti dati. Attribuisce a Calenda, procuratore generale del Re, ciò che si deve a Tajani ; a.trerma che sotto il Ministero Nicotera furono denunziati in Sicilia per connivenza colla Mafia 37 1nilionari e 27 proprietari più o meno ricchi; a Girgenti 6 1nilionari, ùi cui uno possedeva una rendita di 800,000 franchi.. .. L' errore fondamentale sta nel far credere che tutte le classi dirigenti sieno affiliate àlla mafia e alla camorra per divenire sempre più ricche. Ora questi sono dei romanzi alla Gaboriau, che discreditano il Mezzogiorno e la Sicilia all'estero; ma che non corrispondono alla realtà che in minima parte. Matia e camorra non imperversano che tra le classi inferiori; i ricchi -e le persone colte, talora se ne servono a difesa dei propri beni, e rarissimamente vi speculano. È deplorevole, poi, che il Maz~ini non abbia fatto cenno della grave responsabilità dell' ente governo, dal 1860 in poi, nello sviluppo della Mafia. ~~ Le elezioni alla Dieta prussictna. - Le previsioni dei conservatori, cl.te affermavano essere certi rli guadagnare la maggioranza assoluta alle elezioni per la Dieta prussiana si sono avverate. 294 conservatori sono stati eletti contro 110 liberali i quali avranno il concorso, non sempre costante di 2 Danesi, di 13 Polacchi e di 5 indipendenti. Come s~ vede i liberali fecero un calcolo sbagliato quando non vollero accettare - seguendo le idee del Richtar - l'~lleanza che i socialisti loro proponevano. L'intervento dei socialisti alle elezioni aumentò del 24 Oro il numero degli elettori. Naturalmente se i liberali avessero accettato l'alleanza che i socialisti ave,ano proposto, i conservatori avrebbero dovuto faticare molto per arrivare ad ottenere una maggioranza, anche piccola, alla pieta. Ma.... ma Richter ha voluto diversamente. E del resto con molta logica, per un partito borghese. La lotta fra i socialisti e la borghesia è arrivata a tale acuto punto in Germania che non sono più possibili i mezzi termini e i compromessi: O per loro o contro di loro. Questo hanno inteso i liberali Tedeschi ed hanno chiaramente dimostrato che, pur dissentendo dagli agrari, dai nazionalisti, dai conservatori essi dissentono anche più dai socialisti; che questo sia a maggiore beneficio del popolo tedesco è lecito dubitare. I metodi di lotta del partito socialista tedesco sono diversi da quelli che impiega il partito socialista in Italia, e son tali da farne veramente - malgrado gli screzi, le polemiche e le varie tendenze - una forza politic~ con cui bisogna contare, e seriamente. In massa, le classi borghesi hanno com preso che permettere ai socialisti di penetrare nella Dieta era spalancare la porta dell'ultima fortezza della borghesia, era abbattere l'ultimo baluardo che sta contro dj loro; e non hanno voluto. Questo non vnol dire che essi - . come poco intelligentemente stampano alcuni giornali conservatori - ammaestrati dalla sconfitta non torneranno alla carica. Non sarebbero quel partito politico che da due soli deputati al Reichstag è riuscito ad averne tant{ da pretendere il diritto di nominare un vice-presidente alla Camera. 'l'orneranno, rafforzati dalla espe- · rienza e dalla propaganda e più ancora dagli errori che i liberali non potranno non commettere soverchiati come sono dalla maggioranza Junker della Dieta. rrorneranno e fra le loro armi di battaglia troveranno anèhe la irnpot~nza nella quale i conservatori - che in Germania non intendono cedere il minimo lembo di potere - li avranno posti. E naturalmente, più imperiosa che ·oggi non sia si presenterà ai socialisti la questione della partecipazione

RIVISTA POPOL ABE DI POLITICA, LErirrEBE E SCIENZE SOCIALI 593 al governo. Sarà interessante vedere come la risolveranno e se - data la permanenza della forma imperiale - riusciranno a concludere qualche cosa. Per ora, noi possiamo profittare dell'esempio disastroso che hannù dato i liberali in Germania. È vero che i partiti detti estremi non sono là num~- rosi come da noi; ma bisogna ricordarci per conseguenza clJe un gran pezzo di strada questi partiti possono, in Italia, percorrerlo insieme, e dato questo fatto calza il proverbio: saggio colui che a spese d'altri impara. -- Nell'esercito tedesco. - Ormai la cosa dilaga talmente che se l'organismo militare tedesco è incapace a correggersi da sè, è più che prevedibile che il popolo stesso fra breve ci metterà riparo. Ormai il sentimento di rivolta contro la brutalità in vigore e in onore nell'esercito tedesco è arrivato al parossismo. Già l'affare Henner, il guardiamarina che pugnalò un soldato perchè non l'aveva salutato, sollevò lo sdegno della popolazione, e da due anni ad oggi questo sentimento di disgusto per la violenza dei graduati tedeschi verso i loro sottoposti è andato crescendo sempre più. Ormai la letteratura si occupa di tali faccende, la protesta, che partita per fino dall'Imperatore non aveva trovato che una piccola eco nei bassi strati del popolo, si fa strada, ingigantisce, ed è di ventata la causa di tutti. Lo dimostra il successo grande, trionfale ottenuto dal dramma: La fiaccolata di Begerlein. Ma il lavoro letterario che ha fatto più sensazione, ha avuto una eco nei tribunali, e ha obbligato i gruppi politici, anche i più reazionari, del paese, a convenire che bisogna molto rivedere, correggere e cambiare nella organizzazione giuridica militare e nella ufficialità dei vari corpi che compongono l'esercito tedesco, è stato il romanzo di Fritz Bilse: Vita di piccola guarnigione dove l'autore, militare egli stesso, ha portato in pubb_lico e descritto minutamente la vita del suo reggimento a Forbach in Alsazia._ · Naturalmente l'autore,· qu0relato dal colonnello del reggimento in questione, è stato condannato dal tribunale di Metz, ma la condanna non ha impedito che venissero alla luce fatterelli e fattacci sui quali gli ufficiali del reggimento si rivelano sotto tutt'altra veste cb~ di eroi. Anzi il processo ba fatto vedere che l'autore non aveva detto che una parte, e la minima, della verità. I personaggi del romanzo, si sono veduti sfilare alla barra del tribunale, a raccontare le loro sozze tresche, le loro porcherie e la loro vigliaccb~ria. Perchè il lato curi.oso - e per noi che giudichiamo il militarismo come una brutta piaga, interessante - è che questi eroi son dei vigliacchi. Questo maggiore che ba paura che un borghesissimo farmacista, gli fori la ·pelle con un colpo di pistola, questi ufficiali che accorrono premurosi al fischio della capitana, questi sergenti che trescano con le serve, e il comandante che ha paura dei graffi e degli scappellotti della capitana son così ridicoli, così goffi, così abiettamente poltroni che quasi quasi ci si rifiuta a crede.re che la maggior parte dell' esercito tedesco J>Ossa essere modellata su costoro. Eppure, i soldati te· deschi disertano a centinaia, in seguito ai cattivi trattamenti dei" loro ufficiali, e il dramma il Lunedì delle rose di Hartl~ben, che ebbe un immenso succes~o, e che mette in scena i medesimi cattivi costumi e la medesima deficenza di qualità virili, non fu oppugnato da nessuno. Questa (malfl,tti~ q.ella viol~nzai €l della corruzione nell'esercito germanico è arrivata all'acme; e ci vuole qualche cosa di più che una riforma del tribunale militare - come vogliono i Jiberali tedeschi -; e la coscienza degli alti destini riservati alla patria Germanica - co·me vuole l'Imperatore - per mettere riparo ai guai. . Il male è inerente al sistema. Quanto più il militarismo è spinto alle sue logiche conseguenze tanto più la violenza si sviluppa e predomina e tanto più, di pari passo, cresce la corruzione prrchè quelli che esercitano la violenza sanno di potere, impunemente, fare il comodo loro. La Germania è il paese più militarista del mondo; p~r questo nel suo esercito la violenza è spinta al mas~imo g:rado, e la corruzione vi è senza limiti. Fin ora era sembrato _che questi brutalissimi soldatacci, ufficiali pugnalatori e sott'ufficiali maneschi, fossero inattaccabili soltanto dal lato della onestà privata e del coraggio. Ora ci accorgiamo che questa buona idea che si aveva del loro lato morale era una illusione gelosamente coltivata e mantenuta dalla loro ipocrisia. Viziosi da un lato e viziosi sotto tutti i punti di vista.Questo è strettamente, terribilmente logico ..Chi non rispetta la . vita, la dignità personale, la individualità umana non. è al caso di capire neppure le altre leggi morali: per questo noi siamo antimilitaristi. Noi consideriamo cb.e il militarismo oltre che sperperare la ricchezza nazionale è una scuola di cattiveria, di corruzione e d' ipocrisia - lo spirito di casta vi regna troppo perchè sia altrirn~nti. Per questo siamo antimilita,risti,- e lo scandalo Bilse in Germania ci offre un argomento di più a conferma delle nostre opinioni e della nostra ragione. * Gli Albanesi e la questione balkanica. - .Abbiamo sotto gli 000hi un giornale Albanese <r Shqipetari D e un « Appel » firmato da un ·buon numero di nota.bili albanesi, musulmani, cristiani e ortodossi che si rivolgono all' Europa, invocando di essere giudicati con cognizione di causa. La pretesa è giusta. Il giornale, che si pubblica a Bukarest, nel suo N.. 9 dell'anno III reca, in un lungo articolo, a conoscenza della stampa e delle popolazioni d'Europa le condizioni dolorose che s~no fatte alla popolazione albanese, da un lato dalla colpevole indifferenza e 'negligenza del governo Ottomano e d_all'altro dalle agitazioni e rivolte Bulgaro-Macedoni. E soprà~- tutto, mentre fa risaltare la fedeltà del popolo alban~se ·verso la Turchia, mette ben chiara '1a, questione della 1 ambizione della Bulgaria a insignorirsi di quei territori che - dice l'articolista - sono in grande maggioranza abitati da albanesi e che sono chiamati la Macedonia L'o: Appel >> dopo avere constatato le medesime cose, quasi in nn medesimo stile, tanto da far pensare che · chi ha scritto l' articolo ha scritto anche o ispirato ìt t, manifesto; conclude chiedendo in nome e per il popolò , alba~ese, che è stato escluso dal diritto alle riforme: 'T 1 ° Il riconoscimento ufficiale della nazionalità albanese; 2° La scuola e la chiesa albanese ; 3° L'amnistia per gli esiliati politici; 4° La nomina di un delegato alla commissione mista di Monastir, incaricata di applicare le riforme e di esaminare i desiderati dei diversi popoli, che compongono il variopinto e disarmonico musaico della popolazione turca Ci sembra però che le richieste degli alb8.nesi non abbiano ragione di essere prese in considerazi~e, visto

.. 594 RIV A POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI che essi non hanno fatto nulla per ottenerle, e che anzi - appello e giornale son là per provarlo - si sono opposti a che gli altri, con le buone o con le cattive, ottenessero qualche cosa. · Sta in fatto che l'Austria e la Russia cercano di pescare nel torbido della questione balkanica. E' fuor di dubbio che la Russia per i suoi fini politici ha fomentato_ ed aiutato, e fomenta ed aiuta la rivolta BulgaroMacedone. Ed è anche giusto che bisogna in ogni modo impedire che le popolazioni balkaniche cadano sotto l'ìn:flu~nza o il possesso di una di queste due grandi potenze' europee. . Ma tutte queste ragioni non ci fanno neppur lonta- . namente supporre che un popolo o più non abbiano il diritto cli sottrarsi aÌ governo che a loro non piace, e dal quale credono lesi i loro interessi, i loro diritti e là loro nazionalità. Pocò importa a noi se i bulgaro-macedoni vogliono ~ssere governati dal Principe di Bulgaria, o vogliono :rendersi del tutto indipendenti. Sta in fatto cùe essi non vogliono più essere governati dal Sultano turco, o ll:1!1,enovogliono essere governati da lui quanto meno è possibile. E per realizzare que~to loro desiderio si sono ribellati. Gli albanesi, fedeli al governo ottomano, si sono messi contro i ribelli e li hanno combattuti. Se sia vero o no che gli Arnauti - una parte degli albanesi -- abbiano commesso incendi. stupri e massacri, noi non sappiamo. L'articolista sul giornale afferma di no, e_quantunque il tono col quale l'articolo è scritto ci faccia pensare che potrebbero anche essere vere le accuse dd massacri, noi vog]jamo crederlo su parola. Ma dobbiamo pure dire che se gli albanesi &.ono stati omessi,_,<'lalla rappresentanza delle popolazioni clte chiedono riforme è stato in seguito ad un ragionamento molto logico. Essi hanno· combattuto quelli che chiedevano, dunque non devono aver nulla da chiedere. · Ora poi, visto che gli altri qualche cosa, sia pure pochissimo, banno ottenuto, vengono anch'essi l:I, dire che vogliono riforme, ed accampano il diritto ,di essere rappresentati alla commissione mista di Monastir. Un maligno direbbe che essi vogliono cavare le castagne dal fuoco con lo zampette del gatto: bella favola di Esopo, ma sovente impraticabile al mondo. Del resto essi dimandano riforme che, dato il carattere e la costituzione della nazionalità Albanese, ci sembrano poco possibili. Chiedono la riconoscenza ufficiale della chiesa e della scuola Albanese: Quale "I Il popolo Albanese è composto di maomettani,· di cristiani, di ortodossi: l' << Appel » è firmato da quattro maomettani, da tre cristiani e da quattro ortodossi. Ecco un rebus che anche il Sultano, con la .su~ ben nota scaltrezza, non riuscirà a risolvere. Quanto all' amnistia, visti i buoni servizi resi dagli Albanesi al governo Tur,10, il Sultano la potrebbe anche concedere. Chiedono anche, e prima di tutto, la riconoscenza della nazionalità. E qui sta lo scoglio più grave. Due villayet compongono l'Albania, Shkadra e Janina,, negli altri tre villayet, che gli Albanesi dicono abitati in maggioranza da loro, vivono Bulgari e ì\facedoni e in qnesti tre, Monastir, Ueskiib e Salonicco, gli Albanesi sono andati a rimettere l' ordine. Notiamo, passando, che il << Times » del 24 u. s._recava una corrispondenza da Sofia in cui ò detto che nei villayet di Monastir e di Kossovo durano i massacri di Cristiani. Un egregio medico albanese. d' Ita.~ia in una lettera privata a noi diretta in difesa di questa nazionalità Albanese dice : ,, L'Albanese ha diritto di vivere in terra propria, quel diritto umano che deve essere ~rispettato sia qualunque la razza e la religione che un popolo professa>> e sta bf\ne; il ragionamento corre a 61 di rasoio. Il dottore in discor.so poi, l'iuticolista e l'appello si dolgono clie la Turchia, abbia ceduto al Montenegro, alla Serbia, alla, Grecia e alla Bulgaria dei territori a scapito della nazionalità Albanese. Il· p1·imo osserva che d:Li territori ceduti alla Serbia gli Albanesi dovettero fuggire in fretta abbandonando case e poderi. È certo che in quei territori gli AlbaI;J.e.si non erano la gran<le maggioranza; bisogna dunque escluderli cl.alla questione della naziònalità fOIDe pi:obabilmente bisogna escludervi i villayet di KoWsovo, Mopastir e Salonicco. La grande quistjone che si a,gita nella penisola Balkanica è ·più alta che una semplice questione di riforma. È tutta una questione d'indipendenza da un potere che è diventato un' anacronismo. Ora contro questo potere i Macedoni, i Bulgari insorsero e ·insorgono; percht\ gli Albanesi non colsero l' occasione e fecero altrettanto "I In un capitolo del suo breve ma interessantissimo libro « In Albania », Ugo Ojettj scrive: « Noi intanto parliamo di una coscienza Albanese, e tutta l' Europa, meno l' Austria, si illude che. deutro i confini geografici dell'Albania, ~a Vallona a Usekiib, da Prevesa a Nowibazar, tutti sappiano cosa vogliouo e tutti vogliano precisamente l'autonomia .. Invece questa è una favola. )) Ed altrove: « Chi potrà, e quando, fare di questi individualisti spietati ed anarchici una nazione compatta e concorde 1 D. · Ci pare che queste parole rispondano al dottore italoalbanese, all'articolista e all'appello. Gli Albanesi hanno volnto essere fedeli al Sultano, e hanuo voluto essere politici. Non hanno chiesto niente - pur avendo il sacrosanto diritto di chiedere e di ottenere - qual meraviglia se all'ora delle concessioni sono stati dimenticati "I Certamente l'agitazione che ora comincia in Albania - o per dir meglio si riacutizza - non rimarrà infruttuosa, ma è certo che la· questione Balkanica non sarà risoluta soddisfacentemente per le popolazioni Balkanicbe finchè non avranno saputo mettersi d'accordo per agire simultaneamente e concordemente per ottenere l'autonomia dei vari governi e la indipendenza dal dominio Turco. La fedeltà al Sultano è la più cattiva, la meno risolutiva delle politiche. E ci pare· che dal trattamento che è loro stato fatto questa volta gli Albanesi abbiano dovuto impararlo. Noi. I fatti d1 Innsbruck (Atla DemocraziaItaliana). Curanti solo di quello che ci sembra il beue del nostro paese e il mezzo più sicuro di sviluppare le istituzioni -democratiche per pervenire al conseguimento dei nostri i.d~ali politici e sociali, non poche volte abbiamo affrontato l'impopolarità e disgustato amici carissimi sostenendo cause che apparivano contrarie ai principii nostri o alle tradizioni J.el nost,ro popolo. Tale è stato il ca~ìOin quanto al nostro modo di vedere pei rapporti coll'.Aust-ria-Uugheria. Per noi - lo rip~tiamo anche in q~esto moweuto ◄

RIVISTA POPOLARE DI POLlTICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 595 di eccitamento, spiegabilissimo e non riprovevole - la esistenza di uno Stato .Austro-Ungarico, che per necessità di cose crediamo destinato a trasformarsi in un organ'ismo federativo, ci sembra utile e desiderabile dal punto di vis~a degli interessi italiàni e dall'altro non meno importante della causa della pace, intimamente connessa. con l' avvenire della democrazia. I buoni rapporti .collo Stato vicino, quindi, riteniamo che debbano essere curati con grande diligenza da parte del governo e del popolo italiano. Pensiamo altresì che il di8accordo o il contrasto tra l'uno e l'altro, data la storia della nostra indipendenza e la efficace azione esercitata sempre dal popolo per sospingere il governo alle guerre di rivendicazione nazionale contro !'oppressione au- ' stria.ca sulle terre nostre, non può riuscire che ad una politica eunuca ed a creare situazioni gravide di pericolose incognite. Ma per una vera fatalità, che del resto è il prodotto dei precedenti storici, pare che tutti cospirino a preparare tali situazioni. E' doyeroso aggiungere, però, che nel tiitti non. può essere compreso il governo itali::\._no, che spesso la fa da moderatore e più spesso ancora dà prova di pazienza e di rassegnazione più che criRtiana.. Nel tutti, invece, trovano il primo posto l' Imperatore :U:rancesco Giuseppe col suo inguaribile bigottismo, il suo entourage altrettanto clericale quanto lo è il capo dello Stato, il fanatismo antitalico dei tedeschi e degli slavi - più dei primi che degli ultimi -, il frondismo irredentista degli italiani - o meglio di pochi italiani del regno, che a forza di vociare e di di?nostrare si fanno credere più numerosi e più potenti di quello che siano in realtà. Noi non abbiamo modo di agire sulla mentalità e sui sentimenti dei fattori deJ.la politica dél vicino impero; tra i quali, per ragioni che ora non occorre esporre, sono più conciliabili con noi, per quauto la cosa possa sembrar~ paradossale, gli Slavi di Croazia e dell'Istria, anzichè i Tedeschi del Tirolo e delle altre parti dell'Impero . .Abbiamo, però, il dovere di discutere i fattori -della politica di casa nostra. Non ci occuperemo del contributo che hanno portato uello sviluppo intenso delle diffidenze austro-ungariche gli uomini politici che hanno visitato l'Albania e che ne hanno scritto in giornali e riviste. Non abl>iamo :ragione di dubitare delle loro buone intenzioni ; ma le loro peregrinazioni oltre l'Adriatico, è certo che si prestarono ad ess·ere interpretate malamente al di là dell'Isonzo: La preoccnpazi.ou~ giusta del go~,erno italiano di guardare all'assetto dei paesi dell'altra sponda dell'Adriatico, in guisa che non ne venisse nocumento ai nostri interessi, e sopratutto i legami di parentela con la piccola corte del Montenegro, valoroso eJ intraprendente, che urta come un pruno negli occhi dell'AustriaUngheria1 non poteYano che acuire i sospetti della nostra alleata. Ma è stato ell è principalmente il frondismo irredentista di alcuni italiani, e special mente dei democratici, qnello che fa credere fuori d' Ita.Iia, che in casa nostra si alimentino speranze e. propositi bellicosi di rivendicazioni territoriali più o meno prossime. Questo frondismo irredentista potè èsser~ serio sotto l'impulso di un Matteo Imbriani e divenne tragico con Oberdan , ma ora è vacuo, verbale, inconsistente ...., ma non meno pericoloso, perchè fa credere all' .Austria quello· che in Italia :realmente non c'è : il desiderio vivo e generale di una guerra. Di fronte ad una situazione così delicata si com- . prenùe che gli uomini di mente e le class.i dirigenti debbano usare la massima prudenza; ma-pur troppo se ne mostrano manchevoli. E a.,. noi duole che il Sighele, tanto stimabile per tanti rigua,rdi, abbia somministrato pretesto ~uono al canagliume degli Alldeutsche del Tirolo di_mettere in mostra il fanatismo pangermanico e di trascorrere a violenze ed a brutalità (che ricordano· il do;m.inio esoso dell' .Austria nel Lombardo-Veneto) contro gli. studenti italiani, che sono costretti a frequentare l'Università di Innsbriick, caldeggiando la fondazione di una Università _libera italiana in un centro di sentimenti e di civiltà - o inciviltà - germanica. L'intervento poi del ·prof. De Gubernatis, un vecchio cortigiano ed un adulatore dei Sabaudi, mentre ai tedeschi potè sembraré .una provocazione, a noi fa sinanco sospettare che si tratti di una manifestazione d' itali~nità. troppo preoccupata di riuscire gradita al Quirinale ed al Montenegro. E questo intervento, imprudentissimo· pel luogo e pel momento, provocan·do le scene selvagge dei tedeschi contro gl' italiani in Innsbriick, ci pare che abbia raggiunto l' intento <li aumentare i sospetti tra i due Stati ed a mantenere incolmato l'abisso che li tenne per tanti secoli separati e nemici. La condizione di cose che viene creata dai precedenti storici, dall' imprudenza dei politici, dalle passioni chauvini.stiche <lei tedeschi; dal romanticismo irredentista italiano è tale che un brutto giorno può condurre alla soluzione più dolorosa: alla guerra che, anche fortuuata, riuscireube dannosa agli interessi economici ed alla causa democratica del nostro paese. . Noi di ciò convinti ci rivolgiamo agli. elementi democratìci e diciamo loro:· volete fare gl'interessi dinastici di questo quarto cl' ora; volete arres~re la evoluzione politica democratìca del paese; volete prestarvi al giuoco del militarismo; volete infliggere un grave colpo alla economia nostra f Eb- ,,, bene provocate la guerra coll' .Aust,ria ! lVfa,in questo caso, per amore di Dio! siate logici e coscienti su ciò che volete, e proporzionate i mezzi allo scopo: non fate guerra alla guerra, e concedete senza fiatare e con animo lieto centinaia di milioni al mostro insaziabile del militarismo ! Continuando nel frondismo irredentista e nella ..

596 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALl opposizione alle spese militari s_i fa opera stupidamente contraddittoria e ·si mettono in pericolo _le sorti della patria italiana, esponendola a pericoli, cui non la si volle preparatà. Nota. - Leggiamo il Giornale d'Italia, La Tribuna e l'Avanti! coll'epistolario e coi telegrammi del D~ Gul;>ernatis e con un uticolo di Ugo 0jett.i e sentiamo il oisogno di aggiungere una nota. · Siamo perfettamente d'accordo coll'0jetti nel giudica,re sulla quistione dell'irr~dentismo; ci confenniamo _maggiormente nei nostri sospetti sul carattere e sulle intenzioni del Prof. De Gubernatis, che ha preso questo episodio disonorevole pei tfldeschi d'Innsbri.ick come .qJ.l~ o~casione .favorevole per atteggiarsi a martire ed a ~ampione delle provincie irredente e per ricordare, in aria tra il tragico e il comico, che egli appartiene ·alla .generazione degli imprudenti, che si sca~dava con ,Mazzini, con .Garibaldi e con Cavour .... e ric01·da.... e fi •·B" . ~eme.... rrr .. - Noi non conosciamo sino !\ qual punto si sia riscaZàato seguendo, a tempo opportuno, Mazzini e Gari- .Ra~d~:-•··;nè sappiamo se si sia riscaldato a.l contatto di Matteo Renato Imbriani, che non seppe mai perdonare •-3d un certo signore di avere indossato l'uniforme dico- . lonnello. aust1:iaco. Sappiamo, però, dalla narrazione che egli· fa delle sue gloriose avventure nel Tirolo, che egli spera che questa volta Z' Italia ufficia le, di solito così -remissfoa, non si contenti di oziose e trnnqnill(1 e troppo .pla.toniche e sempre inutili rimostranze, e che il ministro Tittoni,. fortlftcato dalh. volon1à ferma clel nostt-o sovrano arbitro naturale <li ogni quistlone latina, esordis.çà laLsua azione di politica internazionale con q1ialche çi,ttodignjtoso ed energico. Speriamo èhe l'eroico De Gubernatis ci faccia conoscere chi· dosignò il nostro sovrano: arbitro natur, le di .:ogni .9uistione latina. Intanto rassicuriamo i nostri Jet· tori.: il pr~fessore di Roma non vuole dichiarata la guerra, poichè dopo quel po' po' di roba incendiaria, ,nella .stessa :parrazione delle .sue avventure si augura che i1 governo riesca ad ottenere soddisfazione con tutti i mezzi ... pacifici, che sono a siia disposizione. La senilità del suo irredentismo, che fa il paio col suo dina~tismo, poi, si era affrettato a farla nota ai bravi - bravi e gen~rosi p~r ~avvero - studenti italiani, che sfidano quotidianamente le insolenze e le persecuzioni del ca. nagliume ·tedesco in Innsbri.ick, invocando su di essi, in un telegramma a loro diretto. l'aiuto di quella divina pr,ovvidenz(!, che veglia ai destini d'Italia e che ne ha già tant'e volte compiute le 'giuste e sante ve11dette. . Possono star freschi con quell'aiuto l... . . ;E torniamo pe1· rinfrancarci lo spirito con .serie rifl~ssioni al.l'articolo dell'0jetti. Egli dopo ;:tvere soste- .nuto la tesi che da molto tempo sosteniamo, e cioè: •.cc_ cqn .o senza il Trentino, l'esistenza dell' Aust.l'ia è ? tro.PP<?.util~ e al nostro sviluppo sociale ed econo- « mico. Per questo vorremmo che a Vienna ragionas- « ,-sero. · · ··:•,cd\fa I).On·.soltanto a Vienna. Se oggi per un mancato «. discorso di De Gubernatis (professore, ringrazi i l'I. R « Luogotenente che ha mantenuta vergine almeno nel « Tirolo la sna terribile fama oratoria ...) i nostri uni- « .versjtarii insorgono generosamente a proteste e a co- <I mizii ~ l'onorevole Giolitti dirama circolari· perchè « l'ordine .sia .~anterp~to a ogni costo, se oggi quf-lst'alcc tra folata d ureden~1smo distrae per qualchEI giorno « l'opiniqne pubblica italiana da problemi interni beu ci più urgenti e paurosi, la colpa non è solo di Vienna. · « -Il viaggio del re ad Udine col clamore ùi cento <I manifestazioni antiaustriache, proprio al confine au « striaco, appare troppo come nna doma.uda cui l'Austria .« risponde ogg-i. Chi lo volle~ l> • Queste ultime parole hanno bisogno di no chiarimento. Ad Udine, dùrante le grandi manovre, le manifestazioni irredentiste, alle qu~li assistette il Re con ostentato compmcimento, furono numerose; e le bandiere irredente velate a lutto, giustamente si abbassavano a,l suo p~ssaggio ... In quella occasione l'irredentismo .del re fu così autentico che se il buono e intrepido Matteo Imbriani fosse stato vivo, certa.mente srtrebbe ritornato monarchico. • La direttiva economica DEL PARTITO REPUBBLICANOITALIANO La Rivista Popolare, dando conto del recente çongresso Repubblicano di Forlì, scriveYa: Non sappiamo fo1·marci un concello esatto delle proposte di Pio Viazzi sulla organizzazione operaia e sull'azione economica del partito, dal resocontò che ne dà l'Italia del Potu)lo - che dovremmo credere il più esalto e 11 più ampio - né dalle critiche di l'ellegri11i e di Gorini E cosi scrivendo, la Rivista Popolare aveva perfettamente ragione, perché l'ordine del giorno, di '?,Ila complessità che al suo autore sarà lecito chiamare forse anche far~gginosa, diventava innegabilmente oscuro ..-,enon era messo in rapporto c@n i eonsiderandi che lo precedevano ; e quei eonsidtrandi, per la brevità e per la fretta che costituiscono Pesigenza · prima dei giornali quotidiani, vennero omessi nel resoconto dell'Italia del Popolo. Ma la Rivista Popolare. dice anche : Tra le proposte · del Viazzi - relatore - ·la prima, che raccomanda a.i repubblicani la partecipazione attiva alle lotte economiche e la iscrizione .uelle associa~ioni, nelle leghe professionali,· nelle cr operative, colla direttiva delta lotta di classe, ci sembra che sia un poco in contraddizione colla quar.ta, nella quale si :raccomanda: « Che lutti gli inscl'itti al Partito, pur svolgendo nell'opera interna delle organizza~ioni un'azione· esclusivamente di classe, e pur prendendo· attiva parte alla difesa degli in teressi rlei lavoratori nelle leghe di resistenza, anche se alle medesime non apparteng/)no. non debbono trascurare mai la considerazione degli intaressi comuni ai vari gruppi di concorrenti. e di contendenti, dirigendo pertanto l'azione e mune, anc}:ie nel campo eco11omico, contro il sistema politico vigente da cui promanano i danni comuni delle spese improduttive, della sperequazione dei tributi, riel parassitismo protezionista, e della burocrazia impacciante il liqero svolgersi di tutte le ene1·gie sociali produtt1·ici ». . Come sarà possibile pa1 tecipare alla lotta di classe e propugnare gl'interessi comuni ai vari gr.uppi di C()nc_orrenli . e di contendenti ? • Orbene, è su questa apparente contradizione che io desidero di spiegarmi, perchè a me anzi pareva, nel proporre, che ~' ultima proposta fosse la conse-:- guenza diretta della prima. . L'ordine del giorno presentato al Congresso di Forlì non era l'espressione di studi larghi e profondi in materie economiche e sociali: competenza scientifica di questo genere i relatori non rte a~èvano affatto. Esso voleva apparire invece come iI ris'ultato sintetico di una serie ininterrotta di osservazioni personali fatte sulla pratica dell'azione operaia nei p,es italiani ove questa 6 più evoluta; osservazioni im- . . prontate alla massima serenità e. raccolte colla più obbiettiva preoccupazione dell'accertamento concreto, connettendo man mano le esperienze sulla realtà coi successivi atteggiamenti, colle continue correzioni, attenuazioni, alterazioni (coscienti o non) della predicazione teorica socialistica onde quelle esperienze erano accompagnate. · · · Ora, parve alfi.ne, a chi scrive, di· poter ·riposarsi in r1uesta constatazione: che tutto quanto nelfa dottrina e nella pratica politica del socialismo 'italiano costituiva un tempo l'elemento specitlco 1che lo dif-

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