558 RIVISTA POPOLARE bI POLÌTIÒA, LETTERE E SéI:BNZE SOCIALI dispensabile. Senza il ponte di Roma non vi sono relazioni, unione, unità italiana. La storia di Roma non fu che la storia del ponte. Roma ba oggi due pontefici, due facitori del ponte, uno nominale, l'altro reale : il Papa e il Re. Il primo conserva il suo vecchio titolo di Sovrano Pontefice che il rispetto di quindici secoli ba consacrato sulla sua testa. L'altro ne fa il servizio con una-vigilanza che da trent'anni non si è mai smentita. Questi dispone della forza temporale, dell'obbedienza nazionale. A quegli resta ~empre l'impero spirituale, il più grande e il più sicuro dopo trent'anni di prove. Contro questo potere nazionale, protesta questa potenza imperiale, e protesterà per lungo tempo ancora. Il re « piemontese > non può essere che un usurpatore per l'erede dei pontefici che dall' VIII secolo non sapevano ·tollerare un re d'Italia sull'altra sponda del fiume. E questa protesta si traduce in modo visibile, commovente pei cuori dei fed(;li. col rigore cli una Tolontaria prigionìa. Ma questa protesta non s' è addolcita da Pio IX a Leone XIII ·t Non si addolcirà ancora da Leone XIII a Pio X1 Alle volontà più tenaci, ai lamenti più ostinati, finisce sempre per imporsi la forza delle cose. Lo sguardo che dal Vaticano abbraccia oggi il mondo cercherebbe invano qualche Pipino o qualche Carlomagno, che da ol- ·tre i monti o da oltre i mari, possa venire in Italia. I popoli e i re trovano legittimo che dopo quattordici secoli la nazione italiana si riposi, come altri popoli, al termine di questa evoluzione che partendo dall'universalità 1·omana conduce tutte le nazioni occidentali vergo la libera disposizione del1a loro esistenza particolarista. L'unità italiana non è soltanto un fatto compiuto, ma un fatto necessario. Agli occhi stessi di alcuni fedeli al Papato, la rovina del potere temporale sembra un beneficio, da cui l'impero spirituale può raccogliere più grandezza, più Yirtù e più libertà. Certo ci vorrà ancora del tempo perchè questo modo di vedere di alcuni di venti l' opinione di tutti, e una rivolta scoppierebbe se delle disavvedutezze del potere nazionale vi dessero un motivo grave e legittimo, ed esso avrebbe da contar con l' opinione e con la forza dell'universo cattolico. Ma l'Italia lo sa. Essa sente, comprende, indovina tutti i pe.ricoli del suo trionfo, èd ha saputo sempre evitare il troppo rumore e le vio-. lenze. Da questa Roma che ba preso, ha essa cacciato il Papato °l Ha nemmeno tentato di renderne al Papa il soggiorno impossibile °l Non ha testimoniato in trentrent' anni elle desidera con tutto il cuore la realizzazione d'una pace onorevole, d: cui la legge delle Guarentigie sarebbe l'efficace strumento °l Ha essa mai turbato l'esercizio e l'indipendenza dell'impero spirituale·~ Ha essa turbato il grande atto dell'elezione pontificale due volte verificatasi dopo l' occupazione piemontese °l E se qualche veto, qualche volontà straniera ha pesato sulla libertà dell'ultimo Conclave, è stato forse dal Quirinale che è venuta questa tirannia °l Un giorno - un giorno prossimo, auguriamolo - qualche conciliazione, ri1wlverà quei;to antagonismo. 11 papa Pio X'. si annuncia al mondo come un pastore d'anime e che non vuol essere che il pastore delle ·anime, e pel quale oglli politica temporale deve essere lettera morta. Vedremo questo imperatore della fede uscire dalla sua prigione volontaria °l No, forse. Ma aitri re verranno e altri papi, altre decadi, altre età, altri secoli. Italia e Papato sono enti che hanno un lungo pa~sato e un lungo avvenire, e in tel'ra italiana la pace e_ la tranquillità :finiscono sempre per liberarsi la via con delle pazienti combinazioni. (Revue de Paris - 15 ottobre). ):E Gabriel ~eaille, : A propositodel Congressodi Dresda.- La discussione dell'ultimo congresso di Dresda ha avuto i11 Francia una grande ripercussione. La violenta requisitoria di Bebel contro Vollmar non veniva a conformare gli attacchi di Guesde contro Jaurès? Come l' ha mostrato Milhaud nel suo bel libro, La democratie socialiste allemande, vi sono nel partito socia ,. lista tedesco due tendenze: quella d'insistere nei principi, conformarvi rigorosamente l' azione, e non transigere : e la tendenza radicale, quella cioè di tener con1o delle contingenze, transigere nell'applicazione dei principt con le necessità praticùe, in vista d'ottenere il più presto possibile il massimo dei resultati. ccUn partito che lavora nella realtà - dice Vollmar-'- deve regolare la sua condotta secondo la vita di tutti i giorni e fare della politica pratica. Degli uomini seri si danno un ideale, ma si devono immaginare anche il lungo cammino 0he vi conduce e gl'innumerevoli ostacoli che bisogna sormontare; si ùevono immaginare che un ordine di cose legato per mille fili al passato non può far posto ad un tratto ad un nuovo ordine di cose, ma che ogni evoluzione si produce poco a poco, e che non si deve volere e chiedere il tutto, ma conquistarlo isolatamente per parti... il fine ultimo del socialismo, qualunque sia, per me non è niente, il movimento è tutto. D Questa teoria fa arrabbiare Bebel. Egli crede che ad insistere sulla lunghezza della strada da - percorrere si paralizzi lo slancio· degli operai, che lo SC(1raggiamento li porti all'inerzia e alla rassegnazione, soprattut.to che si attenti all'ideale, che lo si riabbassi a delle riforme parziali, che glì si tolga la sua grandezza. « È una tattica falsa e profondamente cattiva, per cui ogni entusiasmo s' intiepidisce, e pel quale si propagano con· delle piccole concessioni, dei concetti incompatibili con l'essenza del nostro partito e coi suoi fini ultimi. ,, La stampa borghese gode di questi dissensi, li esagera, si sforza di avve1enarli, e proclama che il puro, il vero socialismo è l' intransigente; ma la verità è che l' opposizione, l' opposizione aiisolnta tra Bebel e Vollmar, tra i radicali e i riformisti , non egiste che nel• l'immaginazione e nella speranza dei loro avversari. Lieblrnecht e Beoel hanno dovuto subire da parte dei giovani partigiani della rivoluzione violenta le obiezioni che essi fanno a Vollma.r, e vi hanno risposto respingendo le avventure sanguinose, e affermando la necessità per un partito serio di uscire dalle frasi e di entrare nell'esame positivo. A coloro che J.o condannavano di aver cambiato, Liebknecht, nel 1897,al congresso di Amburgo, rispondeva: « Ebbe11e, io mi confesso senz' altro colpevole, e concedo che io sono un opportunista, e tanto che io regolo la mia condotta secondo le circostanze. >> E Bebel, al congresso di' Erfurt del 1891, disse:« Niente non è più sgradevole ai nostri avversari che un lavoro calmo, cosciente del fine, niente farebbe loro più piacere del proletariato che fornisse loro l'occasione e la possibilità di abbatterlo coi mezzi violenti. È il lavoro senza interruzione col quale, senza lasciarsi deviare d_a niente, miniamo il regime presente, è ciò soltanto che ha sempre così straordinariamente pesato sullo stomaco dei nostri nemici mortali. » Non v'è niente di più istruttivo della storia di Bebel, delle sue resistenze e delle sue concessioni, e Vollmar glielo ricordò in una enumerazione crudele. Non v' è mezzo di azione a cui non si sia opposto per timore di transigere, di sacrifica1·e i principì, di .estinguere la :fiamma rivoluzionaria, e non v'è mezzo d'azione col quale non si sia riconciliato e difeso contro coloro che si ricordavano dei euoi scrupoli e delle sue resistenze. · Vuol dire ciò che egli ba avuto sempre torto e i suoi avversari sempre ragione 1 No. Ha cambiato quando le circostanze cambiavano, e s' è arreso alle lezioni delle cose. Una minoranza infima può rinchiudersi in un'attitud_ine tutta negativa, limitarsi a protestare contro il male con un rifiuto ostinato di parteciparvi. Un grande partito, che abbraccia milioni d' uomini, è una forza, e ogni forza tende ad esercitarsi e non può a meno di farlo. Ma la resistenza di Bebel, come le sue conces• sioni, hanno un senso : egli vuole che i mezzi non facciano dimenticare il fine, e cioè che il partito socialista non sia un partito come gli altri che si soddisfaccia delle riforme parziali, e finisca per integrarsi nella società borghese. Egli vuole che il proletariato non rinunzi alla sua alta funzione di realizzare una forma nuova e più alta della vita sociale e che trovi l'entusiasmo che è al principio del sacrificio e del coraggio. . (L' Européen - 11 ottobre). ~ L. De Norvins: "La risurrezione dei Mormoni. - Il Mormonismo ha C(;lmentato il suo edificio, il numero dei suoi aderenti s'è accresciuto, e se quindici anni or sono si poteva parlare della sua agonia e della sua fine, oggi bisogna convenire che si ha la sua trionfante risurrezione. Due cause principali hanno assicurato <'iò: l'attuazione praticissima dei principii economici e filantropici. sui
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