Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IX - n. 20 - 30 ottobre 1903

.. RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETT Ir SCIENZE SOOI:A..ti".--------00·~-- di un libro ; devo perciò rinviare i lettori al Cap. XXX (Sostituzione e specializzazione delle culture) di: Per la economia nazionale ecc., per vedere la enormità della menzogna del De Viti. Ivi mi valgo degli esempi delle Pµglie per dimostrare che, ora come ora, colle barriere che all'estero s'innalzano contro i prodotti delle colture arboree ed anche dell' ortaggio, e colla concorrenza dei prodotti similari della Spagna, dell'Australia e dell'America ecc. conviene coltivare grano anzichè estendere la coltivazione della vite ecc. Ricordo che Francesco Crispi mosse aspro rimprovero ai Pugliesi - che a lui ricorrevano per ottenere provvedimenti contro la tremenda crisi en(?logica seguita alle denunzie del trattato di commercio colla Francia - di aver posto troppa fretta ed entusiasmo nelle trasformazioni. E dopo avere esposto i dati sulla concorrenza presente e su quella che si delinea più minacciosa ancora, riferisco il giudizio di certi signori che naturalmente saranno giudicati degli imbecilli dal De Viti, solo perché osano non essere del suo avviso, e cioè : quelli di Levasseur, di Valenti, di Maggiorino Ferraris, di Guicciardini e di Einaudi. Notevolissimo quelli del primo e -dei due ultimi, perchè liberisti decisi. E l'Einaudi, a cui è capitato di trovarsi nel1a mala compagnia del De Viti, per lo appunto scrive : « disgraziatamente «: nelle condizioni attuali delle dogane mondiali in < Italia è impossibile estendere le colture ricche e « rimunerative -. viti, frutta, agrumi eec. » Queste le conclusioni imposte dai fatti e non dalle ciurmerie verbali decorate col titolo di principi scientifici. Però la trasformazione delle colture Ja ritenni e giudicai utile e desiderabile se si potessero mutare le condizioni di fatto. Sperai nel 1901 - non oserei spérarlo oggi - che tale mutamento si potesse ottenere per mezzo dei trattati di commercio -·di cui sappiamo che fui denunziato come avversario! - e non esitai a scrivere : « La politica dei trattati se « condotta saviamente, saprà contemperare gl'inte- «: ressi dell'industria con quelli dell'agricoltura; e < rispetto all'agricoltura, alle PERDITE CHE POTREMMO o:: SUBIRE COLLA RIDUZIONE O SOPPRESSIONE DEL DAZIO SUI «: CEREALI, POTREMMO TROVARE LARGO COMPENSO NEI BE-. « NEFIZI CHE POTREMMO RICAVARE DA TUTTE LE ALTRE « CULTURE ». (1) Non è davvero umiliante doversi difendere da certe ~tolide accuse? 2° Il Prof. De Viti parla di un'azione concordata tra gli interessi dei vecchi e nuovi protezionisti, lasciando intravvedere che ci sia qualche cosa di criminoso. Mi aspetto anzi, che a corto di argomenti per combattermi, in una prossima. risposta precisera, come un qualsiasi giornalista crispino, la cifra da me ricevuta per difendere i nuovi interessi protezionisti. Quali essi siano sanno i lettori : quelli di N apoli industriale e gli altri dell' agricoltura montana (dazi sul legname e sui cavalli). Sono lietissimo di trovarmi tra i difensori della N apoli industriale. Mi ci trovo nella buona compagnia non del solo Nitti, ma anche di tutta la Commissione reale che ha studiato l'importantissimo problema, e di cui fanno parte non pochi liberisti. In questo caso non si tratterebbe di un interesse protezionista nuovo, ma di far godere a Napoli-ed al Mezzogiorno tutto, almeno secondo l'intenzione del suo promotore - dei benefizi di cui gode già il Settentrione col protezionismo vecchio. E non è strano che io possa essere annoverato tra gli UFFICIOSI e zelanti ( e perché non salariati?) nordisti, essendo promotore di questo protezionismo nuovo, che sarebbe a danno del protezionismo vecchio del nord? Nell'accusa del De Viti c' è davvero designato un protezionismo nuovo : quello dell' agricoltura (perché (1) Per la eeonomia ecc. p. 261. montana, come chiama il De Viti quella che mira al1' allev.amento dei cavalli?) produttrice di legname e di cavalli ... Vedi, disdetta I È proprio la protezione che respingo, che sconsiglio esplicitamente ! I In un lungo ·articolo pubblicato nella Rivista popolare del 15 gennaio 1903, ho esaminato dettagliatamente la rispetti va posizione dell'Italia e dell'AustriaUngheria, con particolarità dal punto di vista degli interessi delle Puslie è di tutto il Mezzogiorno, e chiedendomi : dobbiamo venire ad una guerra di tariffe coll'Austria? comincio con questo periodo: « Le « guerre economiche a colpi di tariffe si rassomi- « gliano a quelle che si combattono a colpi di can- « none: fanno male ai vincitori e ai vinti. Spesso « nel curare le proprie ammaccature i corpbattenti « non hanno altro conforto se non quello di pensa.re « che anche l'avversario ne ha avute. In queste « guerre non si .tratta, adunque, che di vedere se il « danno dell' uno sia superiore o inferiore al danno << dell'altro». E dopo avere dimostrato che la grande massa delle importazioni austro-ungariche in Italia era rappresentata dal legname e dai cavalli ho conchiuso: <( Tutto sommato, adungue, una guerra. di ta- « riffe eoll'Austria-Ungheria pzù che a q_uestanuoce- <<. rebbe a noi, perchè l'Italia verso il vicino impero si e trova in una specie di dipendenza economica, iden- « tica a quella nella quale si trova la Svizzera ri- « spetto a noi, come acutamente rilevo il Fontana « Russo ». 3. Ed ora vorrei conoscere - se il De Viti non giudica troppo impertinente il mio desiderio - quali sono gl'interessi delle industrie protette e da proteggersi che io SOLTANTO difendo contro quelle non sono protette e non domandano protezione, << ma che sono chiamate a pagare la protezione delle altre ». Di grazia, o immenso professore, quali sono le industrie non protette e che non domandano protezione? Forse le agricole ? Certamente non si può alludere che ad esse. Ebbene, il De Viti non ignora - lo ha scritto e 10 ha deplorato - che anche le industrie agricole sono protette; e lui e i suoi amici liberisti afferrriano anzi che lo sono enormemente. E' protetto il grano, è protetto il _vino, è protetto l'olio, é protett_p l'alcool... Dunque? . Vero è che i prodotti agricoli pagarono la spesa della protezione industriale; ed in quel mio articolo, che ha fatto imbestialire l'on. De Viti, è per lo appunto corretta una attenuazione che un liberista eminente come il De Johannis volle trovare ai danni del Mezzogiorno nella guerra doganale con la Francia. Ma è altrettanto vero che la produzione agricola è oggi protetta - e chiede protezione, contro le cervellotiche asserzioni altrui. - E' altrettanto vero, poi, come dimostrammo Mira~lia, Monzilli, io, ed altri, che la guerra doganale colla Francia non era la conseguenza fatale, necessaria, delle tariffe generali del 1887. . Che la produzione agricola non voglia essere protetta é una affermazione semplicemente umoristica del De Viti, che presta generosamente agli agricoltori, le proprie fisime e i propri furori liberisti. Le discussioni della Camera dei deputati, i Congressi degli agricoltori, e cento ~ltre manifestazioni, che ho analizzato e riassunto nel libro : Per la economia na~ionale ecc. lo smentiscono categoricamente. Una smentita veramente crudele intanto, fresca fresca, precisa e netta, gli è venuta dal suo paese natio e dalle provincie che rappresenta in Parlamento, proprio all' indomani della pubblicazione della sua diatriba indecente: ha perciò, un si"gnificantissimo valore. E' contenuta nel seguente ordine del giorno: « La Camera di commercio ed arti della Provincia « di Lecce, udita la. relazione del Vicepresidente cav.

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