RIVISTA POPOLARE DI POLITICA., LETTERE E SCIENZE SOCIALI 511 oggi per indicare la concisione e la svelta sobrietà della forma - giung8va come tanti schiaffi sulle guance degli uomini vili e cortigiani, complici inconscienti e involontario sostegno - ·per quieto vivere - di ogni più esosa tirannide. . Io non ho quì la menoma pretensione di esa · minare tutta l'anima polifona di Vittorio Alfieri, .ribelle a ogni specie di dogma e ad ogni più pertinace menzogna convenzionale. Il fiero astigiano che, nelle sue varie manifestazioni, brilla ugualmente come le diverse 'faccette di un diamante, fu anzi tutto un carattere tenace, ed ebbe, contrassegno di carattere, una volontà ferrea e indomita, che non si fermava neppure innanzi alle più insormontabili diflicolia. Egli fu sopra tutto un uomo libero noncurante dell'etichetta e permaloso ::.nnanzi allo · spirito di caserma, al tanfo delle sagrestie o alle banali parate principesche. Poichè egli abbominò la tirannide ed esecrò i re. Sarebbe perfettamente inutile fare qui delle citazioni e sci.egliere tra i suoi versi o nella sua prosa una qualunque documentazione di quello che scrivo: Vittorio Alfieri era un uomo tutto d'un pezzo, uno di quegli eroi che si traggono dietro buona parte d'umanità verso la luce. Come citare 1 bisognerebbe pigliare la sua opera intera e metterla sotto gli occhi del lettore. Versi, tragedie, liriche, satire, autobiografia, trattati, poemetti, tutto convergeva a un sol scopo : le sopµressione della tirannide, il trionfo della libertà. Co--i la sua opera diventò un apostolato come quell~ di Victor Hugo, di Giuseppe Mazzini e del conte Tolstoi. Vietar Hugo ebbe lo sguar 10 più largo, anctrn perchè postériore all'Alfieri, .e volle e propugnò più cose: il deismo filosofico, la giustizia sociale, la fratellanza dei popoli; l'Alfieri, più vicino al Medio Evo, che nelle storie baroccamente si fa terminare alla· scoperta delle Ame· riche, senti sopratutto il bisogno di pensare liberamente, e come vide che il pensiero era tenuto· avvinto dalla censura dei preti e dalle forbici di chi rapµresentava l'autorità regia, egli avventò i suoi strali animosi e violentissimi contro i re e contro i preti, sostenendo bene spesso il regiridio a spada tratta. Ciò lo condusse logicamente ad essere un fervido propugnatore della forma repubblicana, tanto che giunge perfino a scrivere ingenuamente nella « Tirannide» che certe cose - per esempio una bancarotta - possibili sotto una « mono-tirannide ~ sono quasi irnrossibili . , in regime reµu_bblicano. Intendiamoci : se Vietar Hugo nei suoi primi versi manifestò sentimenti monarchici, rice'"ruti per altro in famiglia, dopo si ravvide nell'età matura e la sua coscienza repubblicana si fortificò 'e si corroborò attraverso l'azione rivoluzionaria contro Napoleone il Piccolo, e durante l'esilio. Egli fu un seguace della libertà incondizionata. Per Alfieri avvenne il contrario. L'Allobrogo per poco non cantò la palinodia al Parigi sbastigliato e .tll'America · liberata ; e ~e addirittura non lo fece, scrisse però il Misogallo. esagerato pamphlet diffamatorio contro .i Francesi e contro tutto· ciò che di Francese sapevo in quel tempo: moda, co~ stumi, lettere, scienze, arti. Egli perseguitò i gallt e i galloni con una. incalzante filatessi di virulenti epigrammi e sonetti, discorsi e. panegirici, prosa e poesie di ogni forma e metro. Eugenio Camerini - il cui ingegno, genialmente colto, fu, come ben notava altri, meglio sprerr,rnto ·e peggio paga• to dall'editore Sonzogno - scrisse: « Egli si batteva il petto della· sua Etruria e del Parigi sbastigliato. Chiamava i liberi, libe.rti. - La Ubertà era, al suo intendere un privilegio. Il fut démocrate, mais démocrate féo,lal disse· assai bene il Villemain nelle tre belle Lezioni, in cui tratteggiò da maestro e con raro affetto· la vita e le tragedie dell'autore del Misogallo. Di fatti egli lti prezza la ignuda plebe lurida che spalanca le digiune gole : Giunto è il regno dei c·enci, egli esclama. Alle nari aristocratiche che non erano offese dallo stabbio de' cavalli, facevan afa gli stracci della rovera plebe 1,. Mà l'Alfieri feG,e di più: egli escluse dalla libertà i nulla tenenti. e per popolo intese soltanto i nobili e gli agiati.• Il nostro illustre maestro Bonaventura Zumbini, che l'anno scorso tenne parecchie geniali lezioni· sull'Alfieri, faceva notare questo: un democratico contem(Joraneo chiamerebbe retrogrado l' Alfieri,· ma bii:;ogna notare che costui scriveva prima della Rivoluzione francese (il trattcito della Tirannide),· la quale non fu che il trionfo del terzo stato, quello che adesso si thiamerebbe borghesia: nemmeno gli Encicloµedisti parla vano allora del quarto stato, dei proletarii ,d'oggi. Ciò è vero. Noi· ricordiamo la formula: - Cile cos'è il terzo stato1 Nulla! Che cosa deve essere? Tutto l - Ma è· pur vero che sd gli Enciclopedisti ben poco si occup4rono della plebe - la cui difesa assumevano più tardi i seguaci del cosidetto socialismo utopistico Babeuf, Saint-Simon, Fourier ecc. - non scrisser0 però contro la sesquipedale plebe, contro il regno dei cenci. Poichè noi diamo troppa importanza· alle idee dominanti e non pen')iamo che di fronte alla morale alfonsina - spregevole sinossi de'lla· casuistica dei gesuiti - ci sono gli scritti di ·Pascal, è che all'autore del e Principe» rispondono, poco più tardi un gesuita e un re geniale, e chi· sa quanti altri, i cui scritti furono dispersi dall'oblio. Poi bisogna pur notare che la Rivoluzione· francese ebbe il primo e forse principale lievitò· nelle dolorosissime miserabili condizioni dei contadini e dei poveri diavoli, che erano a pieno ed'. ·intero libito dei preti e dei signori, perfettamente' come nel Medio Evo. Queste condizioni - con sapiente analisi ·notomizzate da Giovanni Jaurés nella Storia Socialista -- non .furono osservate dall'Alfieri, il quale, di sangue finam~nte aristocratico, si contenta.va di·· scagliare ì suoi fulmini al regif.ae monarclÙco · senza curarsi di quei misera·bili, 'che · dove.vano · i(
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