514 \RIVISTA POPOLARE DI POLITJCA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI non pochi cenni) egli ebbe molto più piacere di darmi l'andare che non di tenermi. » (Virilità, VI) Tali le condizioni del Piemonte in quei tempi; e se è vero ciò che Alfieri dice ingenuamente (!) cc che la razza di questi nostri principi è ottima sul totale, e massime paragonandola a quasi tutte l'altre presenti d'Europa », è pur vero che dopo due pagine scrive: ((,Appena uscito io poi dagli Stati del re sardo mi sentii come allargato il respiro »; come è pur vero che egli non ci descrive tutto l'organismo politico del Piemonte, ma, in modo superficiale, parla di ciò che successe a lui per-. sonalmente, a lui aristocratico e amico del re, e come tale, non trattato interamente alla stregua della legge comune. Chi mai scriverà una storia dei Sabaudi serena ed imparziale, e sgonfia di ogni retoricume cortigiano~ ENRICO GRIMALDI. LALOTTPAERLAINDUSTRIALIZZAZIONE (In. Ungheria e in. Italia) I. O' è un fenomeno, sulla cui constatazione non .ci possono essere e non ci sono dubbi: quello degli sforzi di tutti gli Stati, di tutte le nazioni ci vil_i per divenire Stati e nazioni industriali. Questi sforzi sono più visibili e sembrano più strani negli Stati e nelle nazioni che presentano le condizioni naturali più favorevoli per la produzione agriJ01a, e che sono attualmente in grande prevalènza agricoli: ad esempio nella Repubblica Argentina, nella Russia, in Ungheria. . Come spiegare il fenomeno: si tratta di contagio psichico ; di orgoglio nazionale malsano ; di una ragionevole aspirazione al meglio1 I fattori probabilment~ sono diversi; ma non si può negare che questi sforzi verso la industrializzazione rappresentano principalmente una ragionevole aspira- . zione ad una migliore posizione, che s'impone e predomina. tanto negli individui quanto nelle collettività. E un fatto innegabile, che seduc~ e sospinge irresist1 bilmente all'imitazione, che gli Stati e le nazioni industriali sono più ricchi e più civili degli Stati agriGoli; che .la ricchezza e la civiltà nei primi crescono asseti più rapidamente che negli Stati agricoli. Non è logico e 'naturale, adunque, che questi ultimi faccia:r;iodi tutto - nella credenza che industria, ricchezza e civiltà stiano tra loro in rapporto causale - per creare ·quelle condizioni, che possono aiutare la trasformazione di uno Stato agricolo in uno Stato industriale~ La coesistenza e lo sviluppo parallelo di quei tre fenomeni paralleli, sono talI che fanno legittimamente pensare che essi siano davvero in rapporto causale, e non di semplice coincidenza. Che lo accumulo della ricchezza sia più rapido e più intenso colle industrie, poi, non ci può cadere dubbio alcuno dopo la dimostrazione fattane da Lujo Bentano e da al tri1 in Germania e altrove. Chi vuole vedere in quale misu1~a la prevalenza. dell'uno o dell'altro grande ramo di produzione ,- l'industria o l'agricoltura - possa influire su tutto lo sviluppo delle varie parti di un paese, legga due preziose ID;Onografie del ·Prof. Goldstein di Zurigo, e se ne con vincerà collo studio delle popolazioni agricole e industriali in Inghilterra e in Francia (1). Può fare anche qualche cosa di più facile e di più spiccio: confrontare l'evoluzione economica e sociale dell'Italia settentrionale e meridionale dal 1860 in poL Ciò eh' è più incontestabile ed incontestato è il rapporto tra lo. sviluppo delle industrie e il maggiore e più rapido. ~ccumulo della ricchezza, che rappresenta sempre il grande movente, se non il solo delle azioni umane, individuali e collettive. Non è il momento di esaminare la grande controversia tra il Wagner e il Brentano sui pericoli che corre uno Stato industrializzatò, e che abbia di mira principalmente l'esportazione di,fronte alla sfrenata concorrenza sul mercato mondiale. Il taglio netto tra il torto e la ragione nei due grandi economisti tedeschi non si può fare; ma si può essere sicuri, che sino a tanto che ci saranno nazioni agricole ci sarà convenienza ad esportare manufatti. Se la esportazione dovesse arre·starsi ci sarebbe sempre la convenienza ad industrializzare, sebbene in una misura minore, se non altro pel consumo interno. Altra obbiezione è quella della esistenza o della mancanza dellè opportune condizioni naturali che possono e devono favorire l'industrializzazione. E qui bisÒgna intendersi. Certamente un paese ricco di ferro, di carbon fossile, di corsi d'acqua, che possono servire come forza motrice diretta o come generatori di forza elettrica si trova in migliori condizioni per lo sviluppo delle industrie di un altro che ne manchi. Ma si possono trovare e si trovano dei compensi: nella protezione, nelle minori imposte, negli incoraggiamenti vari ed anche nei minori salari. Gli operai di questi paesi, a meno che non siano pazzi, devono comprendere nel loro stesso interesse che essi non possono speraré salari uguali a quelli dei paesi della prima categoria. In quanto alle così dette attitudini naturali dei lavoratori per le industrie, il parlarne oggi è cosa davvero ridicola. A Pozzuoli i signori Armstrong cogli operai meridionali si trovano tanto bene quanto cogli operai anglo-sassoni nei cantieri del1' Inghilterra. E quanro siano sciocchi certi pre- · giudizi sulle attitudini naturali al lavoro industriale lo prova questo aneddoto che riguarda casa nostra. Riccardo Cobden, non un minchi9ne qualsiasi, . diceva a Quintino Sella che in Italia mancavano le attitudini dei lavoratori per l'industria t (1) Berufsgliederung und Reichtum. StuttgarL Cotta.1879; Be• oolkerungs probleme und Berufsgliederung in Fran!creich. Berlin, <.¾uttentag, 1900. ,
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