RIVISTA POPOLARE DI POLJ17CA. LETTERJ.f • SCIB.NZB SOCIAD Gl'indici del miglioramento avvenuto nella economia na:~j_onale com plessi va sono tanto più elo - ciuenti in quanto che si riferì cono principalmente a<l una parte solo dell'Italia: alla settentrionale, mentre nella meridionale o c'è ancora depressio- · ne o non c'è progresso vero per le cause sopraccennato: cioè pei danni subiti dalla sua ageicoltura e per i.Imancato sviluppo industriale; poichè, per motivi che non è il caso di accennare adesso, la tariffa del 1887 non esercitò elle scarsissima o nessuna azione sulla industrializzazione del Mezzogiorno. Laonde dopo quell'anno è aumentata anzichè diminuita la distanza nella ricchezza tra il Nord e il Sud. A questo punto vien fatto di domandare opportunamente al De Viti: perché affermare che la protezione accordata alla granicoltut'a fu tutta a danno delle colture più ricche 1 Ciò non è esatto; nessun dato di fatto può addursi a sostegno della grave asserzione, che pare adatta soltanto a rare odiare ai viticultori pugliesi il dazio sul grrmo. Ragioni.amo un poco. Il danno immediato, diretto, all'agricoltura meridionale venne dalla rottura delle relazioni commerciali colla Francia. Ma forse la vicina repubblica scambiava il vino !10str0 col suo grano 1 Nemmeno per sogno: non un cbicco di gran0 ci veniva dalla Francia, la cui produzione di cereali soltanto negli ultimi anni cominciò a ba.sfa.tre al consumo interno. Dicasi lo stes:io nei_ rapporti colla Germania, coli' AustriaUngheria. e colla Svizzera che no'.1esportano grano e cbe importano quasi una metà dei nostri prodotti. La massa dei cereali importati la ritiriamo dalla Russia. Ma sanno anche le pietre, e non può ignorarlo il De Viti, che il regime fiscale (iell'impero degli Czars è ferocemente protezionista e non volle mai saperne di accordi sulla base del do ut dos. Del resto è una illusione degli agrumari, che ho rombattuto altra volta, quella di credere che in Russia potrebbe indefinitamente crescere il consumo degli agrumi se venissero mitigati i dazi d'importazione. In quanto al vino, per vedere come sono fallaci le speranze di trovarvi un buon mercato, basta q_uesto fatto: non vi si consuma quello che produce la Crimea, dove si deplora la sopraproduzione! I russi, come i tedeschi, non hanno il gusto fatto pel vino: i primi si ubdacano di vodtka e gli altri di bion<la cervogi.a. Lo stesso è a dirsi. per gli Stati Uniti. C'è l'Argentina che potrebbe darcì grano; ma che non potrebba prenderci il vino che vorremmo darle. Per convincersene basta riflettere che la produzione locale di vino, in continuo aumento, per una popolazione di oltre 4 milioni di abitanti, si avvicina già ai 4 milioni di ettolitri. E il vastissimo t.erritorio dell'Argentina abbonda di terreni, come quelli italiani adatti alla coltura della vite. E la coltura della vite si allarga rapidamente in Australia e negli StatJ Uniti. ' . Epperò, dato che ci fosse convenienza, ciò elle io nego - a lasciare entrare liberamente il grano, sarebbe una puerilità sperare che ne verrebbe aurnenbta la riostra esportazione di vino, perchè dove se ne consuma non si producano cereali per la esportazione. Dove se ne consuma. troviamo con correnti che ci hanno battuto a tariffe uguali. D'altra parte l'affermazione del De Viti pecca per altri due motivi: 1° Non è vero che sia protetta la sola granicoltura; dazi abbastanza elevati. difendono il vino e l'olio, e senza quei dazi, come vedremo, avremmo in casa nostra la concorrenza di vini stranieri come l'abbiamo di-oli strani.eri di olivo o di altri semi. • 2° Non è vero che non sia aumentata la es·portazione di quei prodotti agricoli, elle produciamo in quantità superiore al consumo, eccettuati il vino e gli agrumi. . u questo punto le dimostrazioni del De .Johannis e del Mi.raglia in base ai documenti ufficiali, sono esaurienti. Alcuni prodotti agricoli del Mezzogiorno hanno subìto delle perdite dopo il 1887; e qui stesso altra volta riprodu;;si altre cifre date dal De Viti. Ma non è affatto vero che l'ageicoltura italiana sia tutta in perdita Tutt'altro. Nello insieme, tra il 1886 e il 1900 il ne Johannis segnala un aumento nelle quantità di oltre il 50 °r 0 , da quintali 5,048,8·W, a quintali 7,721,488. Se non corrisponde l'aumento nei valori ciò si deve ad una causa d'indole generale: alla diminuzione in tutto il mondo dei prezzi dei prodotti agricoli principalmente - meno la carne -. Ho bisogno di ricordare ad un uomo come il De Viti gli istruttivi n1tmeri indici del Soetbeer e del Sauerbeck 1 Secondo i dati dell'ultimo i prezzi dei prodotti alimentari uguali a 100 nel 1867 -77 era no discesi a 66 nel 1893-902 ; a 65,8 in febbraio 1900; a 66,4 in giugn0 1903. Sarebbe assurdo il pretendere che solo i· prodotti alimentari si fossero sottratti a que3ta caduta gene1·ale dei prezzi! Ma il Fontana Russo osserva che in quei prodotti agricoli italiani nella cui esportazione veniva segnalato un aumento, la parte maggiore .veniva rappresentata dagli animali bovini, dal burro, dal formaggio, dalle uova, dal pollame ecc., per 64 milioni - dal 1892 al 1900 - che sono prevalentemente prodotti setteutrionali. Così deve essere per diverse cause: 1° Il Settentrione è più vicino al confine e noj non possiamo correggere la geografia. 2° Il Settentione ha le marcite, il suolo fertile, i pascoli eccellenti ; e noi manchiamo di acqua da bere. 3° Il Settentrione ha più capitali, più coltura tecnica e più iniziativa; e questo in parte si ~eve ai due primi fattori naturali e in parte a condizioni storico-politiche, che il governo italiano nulla ha fatto per modificare e correggere. E questa è una delle sue colpe maggiori di fronte al Mezzogiorno. In ciò che si poteva, in ogni modo, anche il
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