/UVJSTA -POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 439 vessero meglio tutelare i diritti acqu1siti e non abbandonarli per seguire illusioni pericolose forse dannose certamente. Ora io vedo che, specialmente· fra i comuni del continente meridionale, che pure portarono il maggiore contributo alla soppres~ione, nessuno si è interessato per ottenere eflknceme11.te e razionalmente la liquidazione esatta di quanto ad essi spetta sui beni dell'Asse Ec.;clesiastico. E siccome ritengo che, nella legge e colla legge, dissertando di cose e non a; persone, sia libera la manifestazione del pensiero, ne parlerò francamente sebbene in succinto, come l'ichiede l'indole di questo giornale. E lo farò tanto più volentieri, in4.uantocl1è mentre non vi è da porre in dubbio che i Comuni perdano parecchi milioni all'anno si può essere certi _che questo dipende da apprezzamenti un poco troppo soggettivi, da criteri unilaterali di. scienza di amministrazione, da sbagliata ermeneutica legale, da considerevoli svarioni di fatto, non mai da poca delicatezza e, molt.o meno, da cattiva fede degli uomini egregi che presiedettero e, specialmente, che presiedono alla distribuzione. Coll'art. 35, adunque, della legge 7 luglio 1866, N° 3036, sulla soppressione delle corporazioni reI igiose, fu concesso ai Comuni un l1uarto della rendita annuale da esse provenienti che doveva liquidarsi a misura che risultasse un avanzo. Tutti sanno quanto fosse immensamente vasto il patrimonio di cui si parla e quindi è facile compr~ndere che, dando a Cesare quel che è di Cesare, senza storno di fondi contrario alla volontà dei nomoteti, tale avanzo si sarebbe verificato assai presto, non ostante il considerevole numero di pensionati ecçlesiastici. Infatti sebbene, secondo il mio avviso, questo conto debba correggersi, l'Amministrazione del culto fa ascendere l'annuo attivo in esame alla bellezza di Lire 15,541~793.09 per il solo continente e la Sardegna. Di fronte a questa cifra che risulta dall' Elenco ufriciale pubblicato nel 1902 dalla· tipografia Bertero di Roma, nessuno potrà di·,;convenire, che Ja· div sione è stata fatta con criteri un po' distanti dal « suum cuique tribuere » sapendo che (lo si rileva dall'Elenco stesso) con L. 1.074.459.28 si ritengono pressochè saldati i Comuni!! Nè vale che le falcidie sieno state in parte coonestate da un regolamento che ha introdotto veri e propri oneri gravis-simi neppure per sogno voluti dal legislatore. Poichè la incostituzionalità di esso regolamento appare evidente, ed è certo che la magistratura la dichiarerebbe subito, come in casi analoghi, anche recenti, ha fatto. Egli è ben vero che in forza della legge 4 giu- .., gno 1899 n. 191 fu ordinato al Fondo del Culto di dare intanto a questi enti un milione all'anno oltre al progressivo importo del quarto delle pensioni estinte per mortalità degli ecclesiastici; ma non è meno VèrO che giu~ta ]'art: 10, questo milione è Jato in acconto; nè pure è meno vero che l'Amministrazione nel suddetto elenco, ha fatto risultare che il suo debito a saldo ascende a sole L. 27.933,93. Ora l'Amministrazione stessa non è che il gestor· principalis, ope legis di un patrimonio indiviso, e deve rendere èettagl iatamente il conto, come tutti i gestori, come tutti i mandatari - Al contrario essa fa da giudice e parte, redige le liquidazioni e le impone come dogma di fedè. Anzi a qualche Sindaco che ha richiesto una revisione in contradditorio, ha risposto di non esservi tenuta, con lo specioso pretesto che la sua gestione si esplica sotto l'egida della Corte dei Conti! E questo, sia detto colla più sincera deferenza, non sta be~e neanche dal lato dell'opportunità. A me pare che i Comuni, specialmente i meridionali più interessati, richiedendo con garbo, ma anche con fermezza, al governo la tutela seria dei loro diritti secondo la legge e secondo l'aritmetica., incontrebbero il favore di tutti. Se i Municipi sapr~nno scuotere l'apatia domiminante, otterranno la dovuta riparazione poichè in definitiva l'Azienda, appunto per l'onestà e il buon senso degli u9mini plecari che la governano, dovrà lasciare che la luce sia fatta, non fosse altro, per dimostrare che s' ingannano coloro i quali, nel campo del diritto sostengono che vi sia molto da correggere. - E so di non essere solo!. .. Passano queste mie disadorne parole riuscire cli giovamento alle nobili regioni del Mezzogiorno! Con tale augurio, mi dichiaro sempre pronto a ribattere qualsias·i eccezione. L'IRREQ,UIE'J.'O, Egli sedette sulla porta della casupola e guardò a destra, e a sinistra la via lunga e stl'etta d1e attraversava il paese. Tutto era ancora immel'so nel sonno e nel silenzio, da una sola finestra d'una delle ultime case veniva un fiotto, di 1uce. I galli non si erano ancora destati a salutare l'alba, le chioccie covavano, sotto le calde aie, i pulcini, e dalle finestre delle stalle chiuse, veniva un forte sentore di vacche sudanti sulla paglia. Un treno passò lontano con velocità fulminea; lacerò un istante l'ari~ con uno slridulo fischio, e s'ingolfò con un rumore di tuono in un folto d'alberi che parvero inghiottirlo: fu uno sprazzo istantaneo di luce fiammeggiante, un rombo rapida mente soffocato e tutto tornò nel silenzio. Lontano, lontano, all'orizzonte, ,dietro la massa bruna delle quercie, un pallido bagliore accennava il crepuscolo, le stelle sparivano àd una ad una come lampade esauste, Espero sola brillava, vivida ancora sul nero vell u~ato del cielo non già carezzato allo zenit dalla blanda luce opalina. In fondo al paese la strada continuava diritto, bigia nella penombra, e sembrava andare a perdersi in mezzo al canneto che, lungo il fiume, sembrava limitare come un alto muro verde la terra.
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