Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IX - n. 16 - 31 agosto 1903

430 R.'VISTA POPOLA!l.11.DI POLI"flCA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI Mezzogiorno si è avvantaggiato nella esportazione dei prodotti agricoli. In legumi ed ortaggi freschi, in legumi e ortaggi in conserva e in. patate: ad esempio, l'esportazione dal 1886-90 al 1900 rispettivamente da 114 mila quintali a 321; da 10,700 a 168,400; da 115 mila a 348 La frutta fresca, compresa l'uva, nell'esportazione ha visto un aumento da 140 mila quintali a 449 mila! 'l1utte 11ueste esportazioni, si sono, dopo il 1887, triplicate; e ciò, come osserva il Miraglia, in gran parte per~opera dei trattèlti colla Svizzera,colla Germania e coll'Austria-Ungheria. ' . Ma queste nostre esportazioni sono già minacciate seriamente dalla concorrenza stra,p.iera. L'e• sportazione di frutta fresche e secche della Spagna supera la nostra; e gli Stati Uniti - come avvertii da tempo - entrano in lizza: esportano per circa 40 mii ioni di frutta fresche e secche! C'è poi la concorrenza dei prodotti similari ai nostri della Grecia, della Turchia, dell' A.sia ì\1inore, della Tunisia, dell'Algerfa e dell'Australia! Che ne pensano gli amici liberisti che consigliano molto allegramente ai meridionali di trasformare le colture 1 (1) Senza volerlo, se fossero ascoltati, cagionerebbero una crisi peggiore di quèlle cui andarono in- , contro le Puglie per avere piantato molti vigneti. VI. 'Tutte le discussioni sulle conseguenze. buone e cattive della tariffa del 1887 riguardano il -ldassato. Per questo non sono meno interessanti: ammaestrano - ahimè ! ben poco - sulla condotta fu - tura; assegnaB.o le responsabilità; indicano la ragione e la misura dei compensi, per chi lìa il diritto di riceverli e per chi ha il dovere di dadi; registrano le partite nel libro del dare e dell'avere déll'economia nazionale. Non cade dubbio, però, sulla maggiore importanza e sull'urgenza de~la discussione sul quirl agenduni di fronte all' avvenire prossimo, anzi immediato. Ed a questo punto anticipo una conclusione, avvertendo che tutto il movimento liberista italiano - discorsi, opuscoli e libri del Giusso, del De ·viti', del Giretti, dell'Einaudi, del Cabiati ecc. - in quanto mira a favorire l'agricoltura, non ha che un piccolo dHetto: è in ritardo di sedici anni e non tiene conto delie mutate condizioni del mercato mondiale e della politica doganale degli altri Stati. Per la comune dei mortali la campagua liberista intesa ad ottenere diminuizione di dazi industriali per ottenere in contracambio favori ai prodotti agricoli presupporrebbe: 1° che gl'industriali stranieri che mandano i loro prodotti in Italia si agitassero in senso convergente; 2° che gli agrari degli altri paesi fossero disposti a consentirci i ribassi di dazi, che a noi farebbero comodo. (1) In una diligente pubblicazione del Savastano, della Scuola di Portici, pochi anni. or sono si passarono io rassegna tutti i proJotti arborei che all'estero fanno crescente concorrenza ai noslri. Invece sta in fatto elle gl'industrial i stranieri, ad eccezione un poco degli svizzeri, non sollevano proteste contro il nostro regime protezionista, .cui si sono già adattati e con incremento, spesso, della esportazione dei loro prodotti; ma sono gli agrari che dappertutto hanno levato la voce erl !tanno ottenuto la denunz_ia dei trattati di commercio del 1891-02 e più elevate tariffe protezioniste, elle colpirebbero i nostri prodotti agriéoli. Certamente gl'industriali stra11ieri accetterebbero di buon grado qualunque regalo elle loro venisse dall'Italia; ma gl'italiani mostrerebbero una ingenuità i_ndegna dei discendenti di Macchiavel I i so S].Jerassero dagli agrari della Germania, dell' Austria-Ungheria e della ·svizzera, un uguale generoso trattamento. Sarà un miracolo se si potr,ì. ottenere il 'mantenimento dei vecchi trattati; miracolo che nessuno spera per la clausola de] vino coll'Austria-Ungheria. Non lo spera lo stesso De Viti, il quale giustamente osserva che la rinnovazione di detta clausola non ci gioverebbe se l'Austria dovesse concederla in pari tempo alla Francia, alla Spagna e ~llla Grecia che colia concorrenza ci toglierebbero i benefizi attuali della monopolizzazione del mercato; e che se si fosse mantenuto il monopolio attuale avremmo ben poco da rallegrarcene. perchè avviene in Austria-Ungheria, ciò che è avvenuto in Francia: la ricostituzione dei vigneti distrutti dalla filossera. E' ciò elle vado predicando da tre anni destando anche i malumori di alcuni pugliesi. Questa esatta constatazione del De Viti ci p01~ta sul terreno della concorrenza; la quale, come _IJÌÙ volte ho dimostrato qui stesso, e nel libro: Per la economia ecc., ci nuoce di più sul mercato mondiale delle tariffe protetti ve desiderate o ottenute dagli agrari stranieri; giudizio cl1e ha ottenuto l'autore,-ole assentimento del Miraglia e che spiccia rampante dalla osservazione dei fatti. E' la concorrenza della Spagna che collo stesso dazio ha scacciato in buona parte il nostro vino dalla Svizzera e dalla Germania; è la concorrenza dei prodotti similari agricoli degli altri paesi elle impedisce ai nostei la conquista del mercato inglese, benchè i':ri possano entrare esenti da ogni dazio! Il De Viti ammette che gli agrari stranieri respingeranno qualunque addolcimento della loro tariffa; ma si ribella all'idea della rappresaglia, e trova il rimedio nella politica doganale autonoma - cioè nel sistematico, benchè graduale, spalancamento delle porte di casa nostra ai prodotti degli altri paesi, qualunque sia il trattamento che essi infliggano ai nostri; e ciò in ossequio alla massima ehe le merci si pagano colle 1nerci e che, perciò, quante più merci straniere importeremo tante più merci nostrane esporteremo. Il dogmatismo della massima non consente eccezioni; logicamente, quindi, il De Viti vorrà la libera entrata non solo dei prodotti industria] i,· non solo del grano; ma anche dell'olio e del vino della I• rancia, della Spagna, della Turchia ec. Si capisce che la discussione elegante, come egli

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