RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE B SéIENZB SOCIALI 407 perchè non crede che gl'indu;;triali chiuderanno bottega lasciando sul lastrico gli oper~i: « l'espe- « rienza quasi secolare dimostra che le industrie « una volta riuscite a lanciarsi, a impiegare gran- « di capitali e a farsi la. maestranza e le clien- « tele, da una susseguente graduale riduzione della e protezione sono più che mai forzate a perfezio- • narsi, per tener testa alla concorrenza ed evita- « re perdite maggiori >>. . Stabiliti questi principii il De Viti ne conclude che il criterio fondamentale, nelle· trattati. ve per la prossima: rinnovazione dei trattati rii commercio, òa parte dell'Italia debba essere q nesto solo: ribassare i dazi industriali per ottenere dalle altre nazioni un ribasso sui dazi che colpiscono i nostri prodotti agricoli. La grande scissione « come un atto n i com promesso politico e di legì- « slazione interna>. In ogni caso non si deve ·eguire la politica delle rappresaglie. La rappresaglia rappresenta l'amputazione di una gamba dopo che un'altra è stata tagliata dalla tariffa protettiva di uno Stato che pone ostacoli all'importazione dei nostri prodotti. « La riduzione autonoma dei. dazi doganali, :;og- « giunge il De Viti, ci permette di comperare più « a buon m3rcato i manufatti sia esteri, che na- <' zionali. Questo benefizio diretto è ovvio. Ma es::,a «: promuoverebbe anche la esportazione delle· no- « stre derrate. Qutsto secondo e[etto è con trover- « so; poichè si fa credere che la diminuita espor- ,< tazione dei nostri vrodotti della terra dipenda e soltanto dallo inasprimento delle tariffe agrarie « forestiere, e non anche dalla tariffa industriale « italiana.». Si dimentica che ostacolando l'importazione dei prodotti stranieri noi impediamo da noi stessi la esportazione dei nostri poichè non si vuole tenere conto òi q nesto canone supremo: le merci si pagano colle merci. Quante più merci stranie.re noi importiamo, tanto più merci proprie, esportiamo. Pietro I passa in rivista il. 6° reggimento. ··::.··•~.•- ;.~~~{rt·-· . . ~ r.f. .yy• ... :.:, ~/? ;. ··' •<· GII huransigcntl senza 'l'urad 'l'uraai sc11z11,gl'lntr1uaslge11ti Pietro I: Io vi ria grazio, rag<1zzi miei,· d'aver salvata la patria ; ma o v1 prego cli non salvarla un altra volta nello stesso modo. (Uo,no di piet,,a di Milano). Ma se la Germania, l'Austria-Ungheria, la Svizzera - come pare sicuro - non volessero scontentare gli agrari e aggravassero anzichè diminuirla la protezione contro i nostri prodotti L. Niente paura! « La politica commerciale di un "pae~e, risponde con sicurezza di utopista con- " « vinto il De Viti, è indipendente dalla politica «< commerciale adottata da un altro paese; la ri- « duzione della tariffa industriale italiana nou « deve dipendère dalla riduzione· della tariffa a- ,< graria tedesca o svizzera. Se contro concessioni « non potremo ottenere non rinunzieremo alla ri- « duzione della tariffa industriale italiana. Questa e riòuzione, invece, dev'essere decisa nei raµporti • interni tra industriali itaHanCe agrari italiani, . I (Figaro di Parig!). Che le merci si paghiao colte mer·ci il De Viti crede di dimostrare brillantemente confrontando le importazioni e le esportazioni di metalli preziosi. • « Fatta la somma del commercio speciale e del e commercio metallico-monetario dal 1871 a tutto « il 1902 si ha: « totale importaz. merci 41 ½ miliardi in cifra tonda << totale esportaz. merci 34 ½ » » • differenza 7 miliardi > . » « Si direbbe che abbiamo dovuto pagare almeno « una parte con esportare moneta. Giusto il con• « trario: totale esportazione metalli 1,141 mii ioni . totale importazione metalli 1,235 )) . ~ maggiore import 94
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