372 RIVtSTA POPOLARN t,t POLI11CA, lll'M'ERll • SClllNZR SOètAU netto, i papi si dedicavano a un lavoro di ricucitura silenzioso. Chi crederebbe che è soltanto nel 1885 che la teologia ha ritirato le opere di Coper- •nico, vale a dire tutta la astronomia moderna, dai cataloghi dell'Indice? Galileo, Klepero, Newton, Laplace vi succedevano, Copernico restava interdetto, e la Chiesa ha confessato il suo errore così discretamente, così tardivamente, che le generazioni nuove sono state appena avvertite di questa accettazione ufficiale delle verità per lungo tempo combattute. I Anche il Sillabo, così altezzoso, così brutale, è come attenuato da una essenziale ipocrisia. Gl'interpetri officiosi si sono affrettati di distinguere la tesi e l'ipotesi e di dire che l' intolleranza dottrinale affermata dal celebre documento doveva essere temperata, nelle società moderne, da degli accomodamenti necessari. Così la Chiesa proclamava il suo diritto ad opprimere il pensiero umano, ma rinunziava nello stesso tempo, per prudenza mortdana, a far valere questo diritto nella sua integrità. Essa non dava al mondo nè la libertà del pensiero, nè il fervore fanatico della fede, ma un miscuglio tiepidm di tutto ciò. Il fulmine di Pio ix si perdeva in zig-zags; ed è meno grande di quel che s'immagina ,.la differenza tra la sua maniera di vedere e ·quella di Leone XIIl. Leone XIII non ha mai avuto, nella sua p1litica sedicente moderna, nè vigore d'azione nè continuità. A che scopo gettare nel mondo la sua Enciclica sulla condizione degli operai, la quale avrebbe potuto commuovere una parte del proletariato, per poi darsi, con dei commenti glaciali, ad attenuarne gli effetti e le conseguenze possibili 1 O bisognava serbare il silenzio e non aggiungere nuovi turbamenti nello spirito delle classi conservatrici, che così facilmente perdono la testa, o bisognava coraggiosamente, attraverso le tempeste, proclamare la necessità d'un nuovo diritto sociale, fare ai cattolici un obbligo di coscienza d'accettare e di prqmuovere la legisla~ione sociale_ in favore dei proletari. Leone XIII s'è presso a poco sconfessato da ~è stesso, e l'enciclica Rerum novarum non ha provocato che uno sterile stupore. E' pure completamente vano consigliare ai cattolicj francesi di accettare la forma repubblicana, se non ci si cura di mettere il dogma, con arrendevoli intepretazioni, in armonia coi grandi risultati della scienza. Ora, nessuno può dire, con qualche certezza, in che sta oggi la dottrina della Chiesa. Vedo che Brunetière è oggi uno dei più influenti cattolici. Tutti i preti che si picc-ano un po' di pensare, prendono a prestito le sue principali idee e persino le sue manie di stile. Nella nuova letteratura del clero , moderno > abbondano gli « e dunque » e i .: io son bene che ». Questi signori combinano piacevolmente i'ampia famigliarità oratoria di Brunetière e la famigliarità saltellante e chiacchierona di Faguet. Ma la Chiesa, aderisce, in conclusione, si o no, alla dottrina dell'evoluzione e della discendenza delle specie, che Brunetière tenta conciliare col testo biblico e col sistema cristiano 1 Nessuno lo sa. Brunetière è stato riéevuto da Leone XIII, cc e dunque >) si può dire che non è stato sconfessato. Ma non è stato nemmeno confessato. Ed è in queste abilità che si esaurisce il genio decadente del Papato ! E' ben vero - e i professori un po' avventurosi dell'Istituto cattolico di Tolosa tentano dicoprire così le loro arditezze - che Leone XIII ha fatto una concessione alla scienza moderna ordinando che sia proceduto ·alla revisione del breviario romano secondo i lavori di Dom. Guéranger sulla liturgia. Ma· Monsignore :O'I-Iulst quando fu chiamato a Roma per spiegarsi su di un articolo del Correspondant in cui accettava i resultati. critici di Lesconnat, ha ricevuto un avvertimento di 'usar prudenza, oppure l'intimazione di rinunciare ai suoi sogni temerari 1 L'Istituto cattolico di Parigi è più che per la metà sospetto. I corsi di parecchi dei suoi professori sono stati interdetti dai direttori di SaintSulpice. L'abate Loisy è stato come fulminato da una lettera dell'arcivescovo di Parigi. Che fa Roma 1 Roma attende e tace. Roma non vuole sfidare l'evidenza scientifica, nè sottomettersi coraggiosamente al vero. Roma agonizza, Roma manovra, Roma usa delle astuzie: e sarà così sotto il successore di Leone XIII come sotto Leone XIII stesso. Il Pétpato non avrà nè il ,~oraggio dell'antico errore, nè il coraggio della verità nuova; esso non può più ecclissare i grandi raggi, ma volge la testa da una parte, e finge di non vedere la l_uce,per dispensarsi da condannarla o da seguirla. Così a tutte le ragioni che ha la Francia repubblicana d'eliminare l'influenza politica del Papato e della Chiesa, s' aggiunge una ragione di lealtà e di franchezza. Il Papato che decade ha questa ipocrisia che risulta dalla debolezza, e non potendo più insanguinare il mondo con la violenza, lo corrompe con una specie di menzogna silen,- ziosa e latente. La morte di Leone XIII e la scelta del suo successore possono avere una grande influenza politica immediafa. La lotta ingaggiata tra la Re-· pubblica francese e la Chiesa, può esser esasperata con l' elezione di un papa bellicQso; ma il cammino generale delle cose umane non sarà modificato dalle vicissitudini della politica pontificia. ~on è nemmeno permesso di prevedere l' alta portata di un Papa che spingesse lui stesso « i fedeli » nelle vie dell'avvenire, e che risparmiasse alle coscienze turbate il dolore d' inevitabili trasformazioni. Mazzini disse un giorno : << Se il Papato vuol finire gloriosamente, tramonterà nella democrazia come il sole ne11'0ceano ». E' una chimera. Il Papato amerà più restare nell'orizzonte come una pallida luna, piuttosto che discendere come un sole, con una volontaria e gloriosa ab:- dicazione. \
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