Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IX - n. 14 - 31 luglio 1903

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 387 Dapprincipio s'innamora, senza anivare ad amare davvero, pjenamente, con abbandono, pe1-cl1è la riflessione e l'analisi •sciupan la gioia e neutralizzano l'entusiasmo; poi si sposa, fa il viaggio di nozze in Italia, trova massacrante lo strapazzo della visita ai monumenti e alle gallerie) e tornato, riposa: la sua casa è ora animata, rotto il triste incanto della solitudine, affrontata e accettata la vita a due, il primo germe della socialità; e un 'tepore nuovo gl'invade l'anima, quasi suo malgrado: sarà un errore anche questo, ma è in ogni modo un dolce errore, preferibile ad ogni verità amara. Gli na"ce una bimba, e lui l'accoglie con difli denza, quasi con ostilità: anche la paternità gli cagiona un vago malessere ...; ma la bimba gli si ammala, e lui trepiò.a) e sente che la vita, per quanto iniqua, è ancor preferibile al nulla, e che il mondo, se non è buono come dimora, è almeno bello come spettacolo, e val la pena di visitarlo e di contemplarlo. · Il cerchio della società umana, degli affetti irresistibili gli s'allarga così d'attorno e lo vince; egli ama ora, di rimbalzo, la vita; non ama an • _;ora la propria, ma ama e vuole già quella dei suoi... e perciò tutte le cose che la conservano e che l'abbelliscono. Ed ecco c:he dall'intuitivismo della vuota e fredda· e amara osservazione interiore, proclamato come dogma d'arte ad un certo punto della sua carriera letteraria, egli ritorna, a poco a poco, ma approfondendolo, ora, ed integrandolo, al naturalismo professato in principio, della sostanziosa e calda e serena ammirazione del mondo. Infine, costui arriva ad occuparsi del suo paese, d'affari) di politica, di quistioni morali e sociali, a vivere, insomma, pienamente ed intensamente, nell'ingranaggio comune, ricevendo, ma anche comunicando, pressioni, impulsi e movimenti collettivi: anche lui è passato all'antica immortale sentenza: « Prim um vi\·ere, deinde philosol:)hari 1>. *** Un altro passo, e siamo ad una filosofia più alta e p"iù lieta ancora, ad un epicureismo affettuoso ed estetico insieme come quello formulato in alcuni versi di Fernand Gregll, riportati da Fulvia nel suo nuovo volume (editore Sandron) dal titolo Il dubbio. Dicono i versi: « Passe toute la vie à tout aimer; sois ivre infatigablement de la beauté de vi vre ... Aime les fleurs, les femmes, les golfes murmurants qui chantent sous les rames, les étés, les hi vers, les aurores, les soirs, les désirs, les baisers, les yeux bleus, les yeux noirs >. Ma il libro di Fulvia sembra anche fatto per dimostrare che il bel consiglio non vale per tutti, che non per tutti è igienico, e che a molti, ai più, forse, cotesto sla·ncio d'amore non. è corrisposto, o che, anche essendolo, non è che fonte di delusioni e di guai. Il dubbio, ed anche Ciò che si tace, l'altro dei due romanzetti di cui si compone il volume, sono infatti abbastanza tristi, nella loro « morale > finale; ma sono così ben scritti, così veri, così animati, che non si resta imbronciati verso l'autrice, del malumore- nel quale ci lascia, chiudendolo, il lib10 suo: si resta, invece, col desiderio di leggere qualc9s'altro di suo, che sia nell'insieme più consolante e fortificante. Una buona signora piemontese, antica amica della mia mamma, madre di molti figlioli, ottima massaia, e, nei brevi ritagli del tempo ben distribuito, intelligente lettriò-~ di scelti libri, mi domandava ·spesso da venti a venticinque anni or sono, che le imprestassi qualche romanzo: e, se io le chiedevo che genere o quale autore avrebbe gradito di più, risponùeva invariabilmente: « Me ne rimetto al suo gusto ... i>; mà soggiungeva sempre, con un sorriso, quasi esitando un poco: • .... purc;hè si sposino ... ». Ave.va ragione: sotto a quel timido, a quell'ingenuo « purchè ,,,G'era tutta una dotLrina estetica,\ tutta una filosofia dell'arte: non si tratrava affatto di scrupoli sciocchi: nè di preoceupazioni mora'i convenzionali, nè di preconcette ri!Jugnanze per ogni amor~ schietto e prepotente, che l'accia a meno di cerimonie e di carte bollate, o che le rinneghi e le stracci quando il ricordo ed il vincolo ne sian diventati o,liosi; era, invece, il bisogno, comune alle aninrn sane e operose, agli organismi ben costituiti e perciò naturalmente ottimi-.,ti, d'nn'arte intonata all'essere loro, d'un'arte letificante e ristoratrice, riposo allo spirito, eone forto alle noie dell'esistenza, che in vece del male moltiplichi idealmente il bene, che crei quanta pi.ù gente felice è possibile, quasi a compenso sia pure fantastico, dei troppi infelid elle crea ia vita. Giro a Fulvia, scrittrice buona e gentile, semplice e modesta, il « purchè » de 11avecchiasigno ra, augurando, ed anche un poco sperando, che sia la f'o1'mula e'stetica dell'avvenire. *** I versi: _i migliori ricevuti nell'ultimo mese, so- ~o senz'altro quelli di Giuseppe Piazza, Le Eumenidi, editore il Pierro di Napoli, che non hanno altro difetto per me, e per voi, credo, se 1 i leggeste, se non di essere troppo classici, troppo esclusivamente intellettuali, un po' freddi, e. qua e là, anche un tantino oscuri: eccovi il solito saggio, intitolato « La Spola>: « O ragno che la ben callida rete lavora vi sagace, or presto, or lento, men tre io, compagno a te di tetto e stento, tessevo le memorie mie· segrete, poi che or le nostre opre _ mansuete la violen7.a ruppe e sperse il vento, dopo un sussulto, giù, ratto e sgomento percorresti la gP-lida parete. Io non mi mos:;i. E pur se, il tenue ordito a rifare, il tuo corpo oggi rivola, l'angol ritroverà che il regga e il copra; ma il mio can - tucrio il vento ha demolito, e nel turbine ho perso anche la spola, e la mia mano tremerebbP a l'o - pra ». * Secondo volumetto di versi: Alba no,,a, di Giuseppe Meli, (Torino, Strl'glio); se l'autore è gio vanissima, promette, perchè nei suoi versi e'è freschezza, sincerità, varietà d'inspirazione; ma ha molto a studiare la l'orma. ancora, ha da [arsi uno stile Inf:Uo impel'retto e banale; in questo volumet to nun ho trovato, infatti, neppure una poesia, che, riportata qui. mi sembri tale rla fargli onore. * Terzo e quarto: La lr>ggendo, del Redentore, bizzarro e niente ortodosso poemetto in ottavarima, di Ettore Romanello ( Venezia, Garzia), e Il quartetto genial/ 1 , di Enrico Fondi (Bologna, Zanichelli), un'ode in esametri intitolata a Rossini, un'elegìa a Donizzetti, un'alcaiGa a Bellini, ed una saffica, a Verdi. · *** Mi sono giunti dal Sandron due nuovi volumi della sua eccellente « Biblioteca dei Popoli•, diretta da Giovanni Pascoli, e che già com - prende « Gli Acarnesi » d'Aristofane tradotti dal Romagnoli, e gli episodi del « Mahàbhàrata » nella versione del Pa volini, di cui ho parlato con entusiasmo a suo tempo. Escono ora due antiche composizioni drammatiche, diverse di tempo, cli luogo, di natura, di stile, ma entrambe piene di fascino e di geni!=l.li-

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