RIVISTA POPOLAR~ DI POLITICA, LETTERE .B SCIENZE SOCJALJ 283 alla ealma, ma una delusione potrebbe esser fatale. Bisogna che il governo ci pensi e provveda. • Violenta repressione delle manifestazioni irredentiste. - Chi ci ha seguiLo da qualche tempo può comprendere quello che pensiamo dell'agitazione nelle Università italiane (eh e ne ha varcato spesso i ·confini investendo tutta la popolazione delle più tranquille città) intesa a manife.stare la solidarietà dei nostri studenti con quelli italiani d' Inns briik violentemente perseguitati dai tedeschi colla tacita connivenza delle auto- . rità austriache, se non col loro esplicito incoraggiamento. Noi che· non siamo irredentisti, nel senso ordina:i:io e tradizionale della parola, non avremmo saputo biasi• mare le dimostrazioni promosse e fatte dai nostri studenti in questo momento, se esse si fossero mantenute entro certi limiti. Ma ii' facile entusiasmo dei giovani, una volta acceso, non seppe più frenarsi, e si trascese quasi dapertutto. Con ciò non si migliorarono le sorti degli italiani irredenti e si aumentarono 1~ diffidenze che in Austria si nutrono contro l'Italia che si crede desiosa e preparata ad una guerra. Una g·uerra non la vogliamo con chicchessia, e meno ancora coll'Austria - salvo che non vi fossimo costretti dal diritto supremo della difesa contro una aggressione. Detestiamo una guerra perchè siamo impreparati, e potrebbe riuscirci fatale; la detestiamo perchè anche nel caso problematico della vittoria servirebbe a dar lustro . al militarismo ed alla Dinastia, che per non dubbi segni vi anela. Non sappiamo perciò comprendere l'irredentismo della parte più avanzata della Camera, che si pone nella più manifesta contraddizione invocando di continuo - con ragione - la riduzione delle spese militari ed esaltando una politica che a scadenza breve ci condurrebbe alla guerra coll'Austria. Le stesse sprezzanti parole, che si stampano al di là dell'Isonzo, e che furono lette alla Camera dall'on. Barzilai, testimoniano della impressione che destarono in Austria le manifestazioni irredentiste. In ogni modo, se per Trento e Trieste vogliamo andare incontro ad estr-emi eventi, mostriamoci seri e coscienti dèlla proporzione tra i mezzi e il :fine: stringiamoci attorno ai ministri militari, e anzichè lesinare qualche milione accordiamone loro un paio di centinaia. Volere la guerra senza volere accordare i mezzi per prepararla è cosa non solamente buffa, ma oltremodo pericolosa, disonesta ed antipatriottica. M.a ·ad attenuare le responsabilità degli studenti e degli irredentisti della Estrema, a giustificarne la condotta è riuscito il governo con una repressione selvag- ~ia, bestiale e sistematica. E il grave è questo: le violenze, le brutalità, se materialmente sono imputabili alla sbirraglia - carabinieri compresi - ineducata ed avida di sangue, moralmente risalgono al _Ministero del1' Interno, che pur conoscendo quali bassi elementi ha a sua disposizione, ha dato ordini espliciti di reprimere senza miserico1;dia. Così gli eccessi spiegabilissimi dei "' giovani sono stati sorpassati, più che compensati, da quelli della polizia che col suo brutale intervento spesso ha provocato essa stessa le dimostrazioni, che voleva impedire. · Noi non abbiamo esitato a difendere l'on. Giolitti in occasioni gravi e dolorose anche contro i nostri migliori amici; ma questa volta ci crediamo nel dovere di biasimarlo nel modo più esplicito. Egli ebbe la v1s1one giusta clei pericoli del movimento irredentista, ma gli mancò assolutamente la misura e la percezione dei mezzi più adatti e più legittimi per esplicare una sana . azione preventiva ed anche repressiva. Le sue istruzioni eseguite dalla polizia italiana ci hanno ricondotto ai peggiori tempi che si ·ricordino in fatto di provoca• zioni e di repressioni poliziesche. ... Viva 'l'eso? - Il pudore eccezionale di cui ha fatto mostra la Camera dei Deputati, quasi a secondare la iniziativa della tribuna della stampa, quando il nuovo deputato vicentino è venuto a prestare giuramento, ci strappa dal fondo dell'animo il grido di: Viva TesoI Noi teniamo in altissimo onore il carattere; noi disprezziamo i Girella; noi vorremmo che in Parlamento sedessero uomini di cui non fossero mai sospettabili non sincere le convinzioni; 1ioi odiamo maggior~ente la menzogna e l'ipocrisia, e sopratutto quella ri:l.enzo• gna e quella ipocrisia che si mettono innanzi per faré cosa gradita ai superiori del momento. Ora, francamente, in una Camera è in una tribuna della stampa, in cui si contano a centinaia gl'individui che ieri - proprio ieri - 'innegiiavano alla forca sotto Pelloux, e ché collo stesso entusia~o e colla stessa sincerità oggi inneggiano alla libertà sotto Zanardelli, le manifestazioni· sgarbate e abbastanza vili contro Teso, che per afferrare la medaglia di S. Venanzio ha sacrificato le proprie convinzioni sul divorzio, ci sono sembrate tale smaccata_ apologia della menzogna politica e della ipocrisia elevata all'ennesima potenza, che ci sentiamo nel dovere di protestare gridando: Viva Teso! Un insegnamento dalla crisi n1unicipale a Bologna. - Noi non vogliamo soffermarci neppure un istante a considerare se, nella controversia, abbia_ avuto ragione il Marescalchi dimettendosi, piuttosto che ab~ bandonare il suo progetto di ritorno alla cinta murata, o la Giunta municipale di Bologna e il Consiglio con lei, a non cedere alle pressioni dei suburbani e mantenere, pur correggendola, la cinta allargata, istituita dalla precedente amministrazione, moderata. In fondo è una questione locale, interessa soltanto i cittadini di Bologna e del suburbio, e noi poco avremo da dire in proposito. Ne parliamo perchè ci offre il destro di fare una osservazione, che calza a proposito, su tutto l' andamento della nostra vita politica. Si suole promettère troppo e con troppa facilità. Quando il governo, o un partito ha bisogno del favore popolare, o dei voti, non si misurano le possibilità del concedere; ma si ascoltano i desiderii, si subiscono le pressioni, ci si lascia pigliare la mano dalla generosità e dall'entusiasmo e le promesse fioccano, :fitte come la. neve in Gennaio. Quando poi arriva il momento di mantenere, allora sorgono le difficoltà e ci si ricorda -- troppo volentieri - del vecchio scettico proverbio, magnificato da Machiavelli: - Promettere e mantener è villania. - Ora questo è uno dei tarli maggiori che rodono la nostra vita it:1liana. Il fatto non dipende soltanto dalla nostra volontà e lo accenniamo appunto perchè pensiamo che con tutta la nostra maggiore volontà, con tutte le nostre forze noi dobbiamo cercare di correggercene. Noi siamo un popolo che vive molto di grida e di atti impulsivi. Sovente quello che è soltanto nostro de• siderio, ci sembra realtà. Ci sembra facile e facilmente attuabile tutto q aello che ci pare giusto e buono; noi non siamo abituati, e non riusciamo a.d abituarci a con-
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