. 290 RIVISTA POPòl,AB~ l)f POLITICA, Lilf'TERB t• SCIÉNZE SOCiAU Che ne sarebbe stato., della sua finezza, se per indulgenza o per amplificazione, egli avesse esclamato, accennando all'Aiglon: « Una ~eco·nctavolta la vostra vena milionaria ci stordiva con le sue prodigalità di arguziP, d' immagini, d'inYenzioni ingeniose ! • ? Se non che ciò non basterebbe a confondere quei detrattori i qual i non hanno dubitato di conoscere tanto perfettamente il francese da poter sentenziare su-1valor letterario dell'oµera rostan.diana. Egli ha detto: « N è la forma ci piace meno: essa accarezza la nostra memoria, vi ridesta tutti gli stili di cui siamo impregnati, tutti i r·itmi che ci hanno cullati; pare elle un'eco ce li rimandi abilmente fusi in✓ una sola risonanza, classici e 1·0mantici insieme; da Corneille, - il ·corneille del1' Jttusione comica -, da Molière, r.ei suoi giorni di buon umore sbrigliato, fino al Victor Hugo, di Don Cesare di Bazan. ,. - E ancora: - " La critica era sconcertata dall'opulenza di una immaginazione creatrice elle faceYa pensare ai versi del vecchio Malherbe : Il mare- ha nel suo seno men cli vaghe correnti che nel cervello egli abbia di forme rlifferenti. ,, \ E ancora (questo è il maggior colpo): - " Immaginazione servita da un prodigioso potere d'inYenzione verbale. I_l dono pi sapere e trovare molte parole non basta a far tutto il p.oeta, ma gli è bensì indispensabile. » •• Discorrendo dell' apparente difetto dell'Aiglon, per il quale i critici . ono ricor~i al solito argomento della verità storica, senza nemmeno mostrare di esser~i accorti dei due sonetti <.oi quali si chiude il volume (e s'intentle, giacchè se avessero notato i sonetti non avrebbero potuto ser- .vil'ci l'argomento) il de Vogi.i.éscrive: - « Come nella Samaritana noi am mfriamo il fiero cora,r- \ o gio che vi spinge a tentar l'im).Jossibile. 11 Re di Roma è il Principe lontano; un riflesso in un miraggio. Il qùadro di un'epopea schiaccia la pallida figura elegiaca. Gli storici, i poeti sono invincibilmente attratti da un tema così promettente; ma come lo attaccano perdono ogni speranza,· da vicino il tema fugge. Non si crea un essere vivo con l'ombra di un gigante. Ah, se l'A1'ç;lon fosse il figliuolo di Carlo Magno noi crederemmo sulla vostra parola a tutte le avventure che vi piacesse di attribuirgli. Ma è troppo prossimo a noi: la leggenda non si cristallizza così pres.to. Essa vuole lo sfondo, la paziente_ collaborazione dei secoli. Voi avete messo su quella testa discoronata un diadema cesellato maravigliosamente: ma gli mancava la patina del tempo creatrice di nostra illusione. Due mila anni I E' il meno elle occorra a una tiara perchè noi ce ne sentiamo realmente coperti I » ..... Tutta via il brano si chiude con q uesto v~ticinio: » Pei nostri ·pronipoti, quando Napoleone avrà preso nella notte i contorni indistinti dì un Carlomagno, voi sarete forse il Terondo di un altro Rolando. Avrete seminato il grano donde uscirà il fiore della Leggenda ». . \. Ci sia però consentito un'osservazione. Il de Vogi.i.édi0e: « Non . i c1·e;1,un essere vivo con l'ombra di un giga,nte ... » Ma non sarà lecito dubitare che il Rostand abbia avuto nella composizione dell' Aiglon un altro fjne, o almeno anche e sovra tutto un altro fine 1 Ho io stesso alluso po- . co innanzi ai due sonetti di chiusa; oltre quei sonetti, quattro versi premessi a mo' di ,epigrare al dramma attestano elle la pallida figura elegiaca ne sia protagonista; basterebbe a • provarlo, ùa solo, il titolo. Se non· che tutto ciò non è se non apparenza. In vece di ~entenziare dte il Rostand abbia voluto con l'ombra di un gigante creare un es~ere vivo, non sarebbe più cauto ceedere eh 'egli abbia voluto nellé frenetidte febbri di un martire evocare la gloria di un semiddio 1 Il poeta fu accusato di aYer voluto fare del bonapartismo, pescare nel torbido fondo del patriottismo francese, sfruttare gli entusiasmi napoleonid a benefizio della sua fortuna drammatica. La stoli_da accusa. della stampa L'epubblicana contiene invece il germe di un'idea giusta. All'Accademia non si può contro1·ispondere. ì\Ia certo ad Edmond Rostand sarebbe stato agevole e piacevole levarsi, e liscian(losi con quanta più grazia biricchina modesta e guascona i buffi, rispondere al suo apologista. - Mais c'est précisemrnt à ce que voits venez de dire tout à l'heure que j'ai en garcle, moti cher Maitre - ». Precisamente: la leggenda non si cristallizza cosi pre~to, essa vuole lo sfondo, la paziente collaborazione dei secoli. Come dunque, tentare l'epopea di Napoleo·rn '1 Ricorrere all'espediente di quei Persi d'Eschilo che - curiosa coincidenza - il Rostand cita nel suo discorso e io avevo citato nel Gior·nale d'Italia in risposta. a un articolo di Alessandro d'Ancona sul Re di Roma ? Spostare - per sostituire con un altro fattore di lontananza l'elemento suggestivo del recul - spostare il mezzo, il teatro dell'azione, utilizzare lo sfondo dello spazio a diretto di quello del tempo? E l'effetto sarebbe forse ~tato più efficace? E si sarebbe forse potuto ottenere tanti effetti i E non sarebbe stato un delitto rifiutare tutti i partiti che la ·verità offriva alla poesia, la storia alla Leggenda, la realtà alla finzione, con quel figlio dell'uomo. spentosi non di una qualsiasi morte e in una qualsiasi terra di esiglio e di avventura, ma ..... cli baci sado, in austriache piiirne, soqnante sull' albe _qelicle le diane e il rullo puqnace ? spentosi alla corte di Austria, nella casa Absburgo, tra le bracda di Maria-Luisa e sotto gli occhi di Metternich 1 spent0si a Schoenbrum, nella camera dove aveva dormito il Dominatore 1 Due mil'anni 1 e::;.-inon son certo molti per Ettore, per Achille, per Agamennone. per Edipo, per Oreste, per Napoleone e per Garibaldi; m~, non che appena bastanti a coprire di una tiara duemila anni sono enormemente troppi più di quanti occorrono a schiacciare una gracile fronte come quel la del Re di Roma. E mentre che . sebbene dal milleotI
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==