·. ~08 RJ\'1S1'A POPOLAR.I! Dl POLITICA., LETl'ERK Il SCIENZE SOCJALJ ~ I banchieri possono lasciare la loro cosciernm c1 a piè delle Alpi, e ripigliarsela al ritorno ; ma « io la porto dovunque, perchè là dentro ci sono « gli ultimi ideali che llo potuto salvare delle de- « I usioni. Voi seri vete che è opera di buon citta- « dino questa mediazione; ed io vi dico che è • opera di onesto uomo non far mai ciò elle si ha q. bisogno di tacere e di coprire. > « Ed ora credetelo a me, clie no:q ho da chiedere « nulla e neppure da accettare: Voi non· incon- « trerete un italiano che non si auguri buone re- « lazioni con la Francia, non per i buoni affari, « ma per la buona ragione. > « La democrazia italiana non è ricca; ama il « decoro e la libertà deila Francia, e dall'oro fran- « cese non si lascia abbagliare. Io ed i miei amici « non pronm1zieremo il vostro nome, qui noto e « stimato, ma voi avete l'obbligo di dire ai vostri « compagni che in Italia il senti mento della di- « gnità è vivo, e che se un giovine italiano, da noi « educato, dovesse .scegliere tra il canape austriaco « e raro francese, senza un istante di esitanza, « si darebbe al canape. » Così chiudeva la nobilissima lettera di ripulsa. Ciò ch'è meno conosciuto di lui è l'umor gaio con cui deliziava gli amici anche 'quando era sottoposto a crudeli tormenti fisici. Dal ,.suo umorismo si narrano numerosi episodi; ma rifulgirebbero meglio se si potessero raccogliere le risposte taglienti che improvvisava nelle più svariate circostanze. Negli ultimi tempi sentiva che la vita gli veniva meno; ma della sua .fine prossima discorreva con serenità, sorridente come di una liberazione. Nel congresso di Pisa a coloro che dai deputati del partito richiedevano la parola di rimanere repubblicani egli rispose: « Quanto a me vi dico che questa parola ve la ho data da 4:3 anni, cioè sino dalla mia prima giovinezza; e l'anno che verrà potrà piuttosto sciogliermi dalla vita, che dalla parola data. » E fu profeta. L'anno che venne lo sciolse dalla vita! · Lasciamo infine che egli stesso narri 4. uale sia stata ·1a sua vita. Nello scorso settembre Giovanni Bovio ad Onorato Roux, che gli chiedeva notizie della sua giovinezza, scriveva: « I miei antenati altamurani furono ricchi e dotti. La catastrofe repubblicana del 1799 in A 1tamura portò via lc,1. loro fortuna e la loro parte. « Nacqui in Trani da genitori onesti, che non potevano comperarmi i libri e mandarmi a ~cuola. Cominciai. io, tra i quindici ed i sedici anni, a procurarmi dagli amici qualche libro, e tentai da me,· i.n Trani, ad imparare greco, latino, italiano francese; poi lessi matematici, storici, filosofi, giuristi e come mi venivano a ,,mano. « Imparai da solo un po' di greco tanto da intendere Omero , Platone ed Aristotele. Maggior dimestichezza ebbi co' latini, e seppi quasi a memoria Tacito e Lucrezio. « Con questa preparazione mi accostai a Dante che amai sopra tutti, riputando oscuri que' tempi che si allontanano da lui.· Il risorgimento italiano fissò la mia attenzione. Lessi ed intesi i filosofi di quel tempo, i quali mi parvero araldi di tutta la civiltà moderna. « Ventenne, pubblicai un saggio di filosofia naturale, che parve audace ai dotti, immaturo a me, che non volli ripetere l'edizione. « Verso i trent'anni uscii da Trani e, senza danaro, me. ne venni a Napoli, dove, per via di esami, sotto il ministero Minghetti,. acquistai il diritto d'insegnare all'Università. « Appena qui giunto pubblicai il « Saggio critico del diritto penale •, in cui si trovano i germi della nuova scuola, Poi feci stampare altri libri filosofici, politici e letterarii: ma un'opera soltanto mi preme: , La Fenomenologia od il sistema matematico del naturalismo >, intorno alla quale, ad intervalli, lavoro da un trentennio, ed è tutto il mio pensiero .. « Questa vita d'intelletto non disgiunsi dall'opera politica. Da giovinetto en_trai nel partito re• pubblicano, per invito di Mazzini e con vinci mento mio, é non ho cercato sottigliezze per uscirne. Sto da nove legislature alla Camera, al mio posto. Deputato da ·ventisei anni, insegnante da molti arini prima, non venni meno alla mia dottrina ed alla mia fede. La moda non mi seduce, neanche quando assume sembianza di modernità. « Non voglio ingannare il re, nè il popolo nè la Chiesa; non voglio divenir ministro; non desidero ricchezze. L'adulazione e la detrazione non entrarono ne'miei scritti; nei miei desidéri non entrarono il potere, il danaro e gli onori. « Mi chiamano irreligioso, ma la mia fede, quasi religione, nei destini dell'umanità è profonda. Tollerantissimo delle credenze e delle opinioni altrui, le esamino, non le derido .... >> Come volesse essere trattato dopo morte lo indicò n~lla seguente l,ettera al figlio Corso. Napoli, 29 gennaio 1896. Caro Corso, « Serba questo mio- scritto gelosamente. « Dovendo un giorno o l'altro, come tutti gli « uomini. morire, commetto a te l'incarico di fare « eseguir.e la mia volontà. « Voglio essere portato al cimitero senza pr_eti, « e senza seguito o pompa. Mi farai mettere sul « carro com une e deve bastare. << Non voglio discorsi ner-rologici, e se morrò « deµutato questa mia volontà indicherai al presi- « dente della Camera. ~ Voglio fossa comune, nè permettere epigrafe. « o altro segno. Tu sai come sono vissuto, e sai che « il tuo dovere è adempiere alla mia volontà. • Giovanni Bovio. Alla parola sua non mi permetto di farne seguire alcun'altra mia. Mi sembrerebbe irriverenza; e per Giovanni Bovio serbo affetto di amico, riverenza di discepolo, e indissolubile co!Ilunanza di fede. DOTT. NAPOLEONE COLA.JANN~ Deputato al Parlamento,
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