Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IX - n. 8 - 30 aprile 1903

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 207 parole di òue giornali che gli furono avversari. Uno osserva « elle Bovio ha dato alla nostra lingua parlata e scritta il periodo vigoroso e ·inte• tico che si credeva morto con Tacito dell'antichità latina». L'altro soggiunge: « Egli fu dei più nobili scritturi di questi ultimi tempi e dei più composti e squisiti parlatori, così dalla cattedra, come dallo scanno parlamentare e dalla bigoncia pubblica». Edmondo De Amicis, infine, dopo la rappresentazi ne del San Paolo fatta da Ernmanuel in Torino, in un brindisi vibrante ùi entusiasmo e di ammirazione salutò in Bovio: « il pensati)I'e co- « raggioso e profondo, un esempio alla patria di « rettitudine nella. vita, di bontà nella forza e di « semplicità nella gloria». Augurò che «de::;~eall'ar · « te italiana altre scosse inaspettate e feconde, la ,< sua duplice potenza di poe·a B di filosofo arma- « to di una parola piena di palpiti, di l'olgore, di « armonie, che conforta il presente illuminando il .. passato e l'avvenire». * * * • Sarò più breve nel dire dell'uomo, sorpass:tndo sui dati esdusivamente biografici che sono stati r; portati da tutti i giornali. L'uomo non si può scompagnare dall'inseu1ianle; anzi Bovio scompagnato dall'insegnamentu a me pare che non si riesca a comprenderlo. Giovanni Bovio che appena conosciuto ebbe la offerta di un posto, rifiutato, nella magistratura, cominciò ad insegnare giovanissimo nella. sua Trani, rl'onde fu costretto ad e:-.;ulare a Nai,oli dopo la p~1 bblicazione del Verbo Novello, ch1::per sobillazione cleric:1lesca gli fece vtmir meno i discepoli. Ma l'insegnante ti1>ico, l'uomo che nell' insegnamento scorgeva un altissima L'unzione educati va, quando in NaJ_Joli voi le dar.,i più efficacemente al la sua santa missione f'u bocciato dagli esaminatori ufficiai i! Il caso vergognoso per gli esarn ina.tori verificossi quando Bovio concorse per un posto (li professore di letteratura italiJ.na nel Liceo Principe Umberto. Ad istigazione di BertranrloSpaventae pero<iio politico gli ru preposto un Cas~etti che non aveva altro merito se non quel lo di essere moderato. Egli però si dette all' insegn:unento neJli Istituti privati e nell'Università. Quando i nuovi regolamenti tolsero all'Universi ta di Napoli la libertà d'insegnamento, si. sottopo,e alla prova degli esami che egli odiava, ed ebbe la libera docenza in Filosofia del Di ritto. Il Ministrn Perez, quello stesso che avev:a chiamato Cavallottì ad iw,egnare letteratura italiana nell'Università di Palermo, lo ·nominò libero docente di enciclopedia giuridica. Il Martini nel 1892, dietro parere unanime della facoltà giuridica che lo amava e lo rispettava, pur essendo composta tutta di avversari politici, lo nominò titolare di Diritto pubblico comparato. Poco prima di morire, dalla facoltà giuridica, che in quella occasione lo proclamò professore emerito, passò in quella di lettere e filosofia, nella quale doveva occupare la cattedra di Filosofia della storia rimasta vacante dopo la m0rte di Augusto Vera Ma ricadde ammalato e non potè inaugurare il nuQvo insegnamento perchè la Parca crudele recise il filo della sua preziosa esistenza! E Giovanni. Bovio bisognava sentirlo e vederlo dalla Cattedra Era la più va,ta dell' Università di Napoli ed era sempre affollata stra.ordinayiamente da uditori di tutte le facoltà e da mo! ti laureati. Dopo la lezione rimaneva a conversare cogli studenti nel modo più arguto e più familiare ad un tempo. E gli studenti di ogni partito politico lo adoravano! Giovanni Bovio non ebbe occasione mai di mettere in evidenza il coraggio personale di cui era dotato. Fu ricordato l'aneddoto del pistolone con cui portossi armato nella redazione della Spira quar.- do questa, in occasione di un articoio sulla morte di Vittorio Emmanuele 2°, fu minacciata di un assalto della plebaglia. agli stipendi della polizia di Napoli. :Mal'aned~oto non risponde a .verità. Nel 1881 al Coniizio dei Comizi quando il Governo fece comprendere che avrcJbbe impedito colla forza la proclamazione del voto in favore del suffragio universale, in una discussione durata una notte n~lla sala òei Diritti cteU'uonw eg~ì con mo! ta serenità e senza alcuna vanteria sostenne die non si doveva cedere alla forza e che si andasse ~l Campidoglio armati. Chi lo conosceva, però, sape va che egli non avrebbe mai usate delle armi contro gli altri; ma che le avrebbe al più adoperate co1it,ro sè stesso; chè della· vita e;.d i ora incurante. In quale senso lo fosse, però, si può argomentare eia questa pagina. « Non è già elle il Romano sprezzi la vita e la gitti, come il Cinese e l'Indiano; ma la libertà egli disse inestimabile, non la vita, e fu grande. E come dei forti popoli, così dei forti individui.. .. Chi dice la morte massimo dei mali e delle pene e al terror della morte educa le moltitudini, le incarognisce tosto, le fa serve e lente, e ad eroi proporrà i Sardana.pol i d' o_:ì beati e cU vivancte. cni dice la vita essere colassù e non dove nasce e si esplica, colui è frate insidioso; chi dice la vita preponibile ad· ogni fine civile ha venduto la lingua a maligni compratori. ... » E nella serenità con cui si poteva e doveva affrontare lét morte dette prova durante il colera di Napoli nel 1884, che procurogli meritata popolarità· La bontà d'animo suo e la sua ingenuità e la sua austerità erano superlative e ritulgono per mille tratti della sua vita e da tanti aneddoti, che si comunicano a vicenda quanti ebbero la fortuna di conoscerlo intimamente e di possederne l'amicizia sempre sincera e leale. E chi conosceva la sua austèrjtà corrispondente alla semplicità della vita non potè menomamente sorprendersi della risposta data nel 1888 a quei banchieri francesì che per un affare considerato patriottico gli offrivano una grossa mediazione. '

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