Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IX - n. 5 - 15 marzo 1903

• .!U't7STA P;)È'OLA.RE DI POL!TICA, LETTERE E StÌEl\iZE. SOCIA.LI 133 il profitto e la domanda di lavoro. Ristabilisce le federazioni. doganali, i dazi, .le char•fer·ed companies, istituzioni già condannate. Suscita meravigli0se industrie nei paesi conquistati, n-iariducen~ dcme gli indigeni .in uno stato di effettivo ser.vaggio. Dissol~·e nel paes(;) conquistatore il senso morale, vi ridesta i pregiudizi •,di razza e ,di preminenza nazionale, il culto della forza fisica, la superstizione fattucchiera. Vi determina una indebita prevalenza del potere esecutivo sul legislativo, vi distrae le forze finanziarie e mentali del paese dalle feconde riforme civili. La scienza> di cui esso vi~la tutti i precet.ti, lo condanna; ma l'imperialismo si vendica della scienza, tenendola a vile, e disertandone il culto. Di qui l'avversione alla scienza, propria· a tutti i paesi imperialisti. Nel campo_ dell'arte, l'imperialismo dissolve le più elevate idealità, per sostituirle coll'apologia della strage. Tennyson e Longfellow tramontano e sorge all'orizzonte sanguigno la musa iraconda di Kipling. - Insomma l'imperialismo è un fenomeno di involuzione, che fa perdere all'umanità intere generazioni di fecondo e sano: progresso. Buon per noi che l'Italia si mantenne finora quasi affatto immune da codesto morbus anglicus e che in luogo dell'imperialismo politico le è riserbato un jmperialismo intellettuale, che l<;!permette di conqu1dere il mo:\].docoi trionfi del suo genio impareggiato. · .Siamo lieti di potere :J,nnunziare ai nostri amici e l~ttori che nel numero prossimo daremo un larghissimo sunto della lezione del Prof. Colonnello Barone, a cui accennammo nel numero del 15· febbraio, favorita da persoua che la ascoltò e la raccolse con molta diligenza. E' uscito: ON. DoTT. NAPOLEONE COLAJANNI ' IL DI.VORZIO Prezzo: Cent. 30 SECONDA EDIZIONE Dirigere cimmissioni e importo alla nostra Amministr. Apropodsietcloampanile diS.Marco e 1 ) Le ancora recenti discussioni avvenute alla Camera ed al Senato circa la scomparsa del millenario monumento-, gli ancor vivi dibattiti cli cui esso ~ oggetto in periodici èsteri così di arte che tecnici, e lo stadio di ricerche, tutt'altro che apl'!'odate, in cui ancora trovasi a Venezia la questione, mantengono indubbia ragione cli attualità . . a queste rigbe,-ed ai raffronti che esse si propongono in un ordine di cose anche più gravo per gli interessi nazionali, e quindi anche più necessitose di luce: All'indomani del disastro fu sequestrato ad un giornale del regno un lungo telegramma del suo corrispondente da Venezia, contenente una intervista coll'architetto che presiedeva ai lavori di quell'ufficio regionale per la conservazione dei ,monumenti. E ciò - come poi si seppe - per il pavido sgomento incolto, all'autorità ,Politica, di vedere reso noto pubblicamente eh~, a giudizio del funzionario intervistato, non solo le fondazioni del campanile di S Mart::o avevano potentemente cooperato alla sua rovina, ma quelle di tutta Venezia erano in pericolo. , Il fatto in se stesso non era pauroso ; perchè, per il campanile, tutto era perduto, anche l'onore, e. per Venezia, esso poneva in grado - così preventivamente denunciato - di rimuoYere più che in tempo ogni perìcolo di nuovi avvenimenti. Pauroso invece, ed inconsulto, fu lo zelo poliziesco di tenerlo celato, sia pure per_un giorno solo, contentendolo alla tr<1smissione telegrafica. E questa puerile paura non si comprenderebbe da nessuno, se p.on fosse l'indice sicuro della sede a cui . risale la vera e propria responsabilità, finora sterilmente palleggiata 1 E' dunque ancora tempestivo di porla in . luce, riconducendo la questione sulla sua vera stradéf; smarritasi nel dilagare di giudizi italiani ed esteri, in gran parte fuorviati. - Sono note ai tecnici quali siano le fondazioni di Venezia. Ma anche più lo sono quelle elle aveva, ed ha tuttora sotto le sue macerie, lo storico campanile, per la relazione fattone •dall' architetto Giacomo Borri, che ne seguì fino dal 1885' gli scandagli. Premesso che il sottosuolo fu costipato con pali, il che dimostra averne gli antichi Veneti conosciuta, se non sufficientemente neutralizzata, l'inconsistenza, egli trovò che sul semplice fò.ndo, così efilmeramente costipato, « si sovrappose uno zatterone di legno, e poi su questo nulla più che sette strati di pietra di ogni sorta, dalla trachite e dalla terra d'Istria sino all'arenaria, senza consistenza, moltissima » aventi in tutto, i sette strati, la co).llplessiva profondità di 3 m 82, ed una sporgernrn di trentotto centimetri alla base. .Il campanile di S. Marco aveva dunque, con circa 100 metri di altezza, à 10 milioni di chilogrammi di peso, una fondazione quasi verticale. ed alta quanto appena basterebbe, in terreno compressihile, al più modesto· casello da cantoniere ferroviario. (1) La Rfoista p'.>codopo avvenuto il crollo del campanile di S. Marco pubblicò sull'avvenimei;ito un interessante articolo dell'ing. Laccetti. Pubblica adesso questo dell'ing. Carpi ehe cor~obora il · primo, perché la quistioue è sempre di attnalita, e viene trattata con singolare competenza dall'autore. La enormità di un .simile fatto - .di fronte al quale perdono importanza, come cause necessarie del crollò, le perturbazioni recate da fenomeni atmosferici, e quelle che si allegano p:çodotte da vani aperti al pianter.reno, dal lastrone tolto sotto i piombi del tetto della Loggetta, dal peso e dal funzi~namento della logg-ia campanaria, e dai N. d. R. . .

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