Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IX - n. 2 - 30 gennaio 1903

RIVISTA POPOLANE Dl POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI ma ultima e più decisiva, diciamo così, di pareggiamento. In tal guisa verrebbe aperta ai giovani studiosi e capaci una nuova carl'iera; ed essi potrebbero oggi, - fieri e soddisfatti della eletta funzione sociale che compireubero, · allettali da un possibilmente solido avvenire e non trop· po esigenti, a causa della loro stessa condizione di giovani, - contentarsi anche di un magro stipendio, lasciarsi educare all'insegnamento così singolare e caratteeistico · della nuova scuola popolare e mettere in questo insegnamento tutto lo slanciq e tuLLol'amore della loro bella giovinezza. Inoltre, le direzioni delle U. P., per crear.si dei docenti propr-i, non potendo unicamente confidare su questa virtù d'ardore e anche di sacrificio, ~he infiamma la gioventù più nobile alle cose belle e generose, dovrebbero anche iniziare un attivo movimento per il riconoscimento dei titoli dell'U. P. anche alle carriere pub bliche, non esclusa quella dell'insegnamento ddlo Stalo. (È notn che in Inghilterra vengono riconosciuti i titoli degli studenti delle Uni1Jersity Extensions per il p<is;;aggio nell~ scuole governative). Le direzioni potrebbero pure as;;egnare dei premi ai miglio1·i corsi e ai mig'iori sylfoJ.Jus, e stabilire altri incoraggiamenti e aiuti ni proprii docenti ... IV. E qui m, verrebbe voglia di rivoltar la pframida e parla,· degli studenti; ma qui é ormai ,tempo di affrettarsi a concludere. Secondo me, adunque, il male vero e pl'Of'vndo llOll é in questo dift:ltlO piutlo::;to che in cruest'altro, nè nella 1negahman,ia, come afftlrma..l'arlicolisla dei D1'uats, nè nella ... pluricorsite, direi, come pensa il prof. Dalla Volla, né negli Statuti, né in altro di simile. JI vizio r11dicale e profondo dal qu'ale 0gni altl'o proviene o pel quale ogni altro si acutizza, complicando il ma-' I~ maggiore, se!ondo me é nella impreparazione (e in questa io comprendo anche Ì'inaLLività o, sia pure, atLività negativa). li male é nella sporti1Jita, a volte la più outree, e mondana e politica e professionale, che f'a strage delle nostre U. P., portandovi il gaietto corredo delle sue ambiziose abilità e dei suoi specifici (l'assenteismo, il rigidism9 negativo, ecc.) - in quella sportività che é la nemica nata di ogni seria discussione, quando questa, appunto, é l'anima di vita di ogni istiluzione nuova. Il male non ha sede fissa o ne ha parecchie, che però non ingannano l'osservatore attento. Si direbbe che questo male consista, più che in altro, in rruello stato generale morbifico - come di terreno ben predisposto a tutte le viziosità, o mal predisposto alle buone raccolte - che affetta l'organismo dirigente delle nostre U. P. Direi, anzi: il male é appunto in questo, che lo stato ... sportivo di cose da me lamentato sia possibile e anche abitualmente possibile; e, dove esso é tale, che l'U. P. rimanga, quindi, come in balia delle cose. E • se a ciò si aggiunge la sportività, spesso, la incapacità e l'incompelema anche nètlji carica di segretario generale, sul quale pesano oggi - et pour cai~se - i maggiori doveri e le maggiori responsabilit.à, noi avremo toccato, io penso, alle midolla le r·adici causali dell'imbozzacchire o dello sfiorire in Italia dell'albero estensionist11 universitario. Inoltre, a me sembra che nei consueti apprezzamenti sulle cause del male si sia perduto troppo di vista la cosa più importante - il malato. Ciò dipende dal fatto che molti non hanno una esatta idea dell'U. P. La migliore U. P. non é quella che ha più corsi e più studenti: non é punto necessario, specie agli inizii, che essa abbia migliaia di studenti in classe e migliaia di lire in cassa. Certamente, sarebbe una gran bella cosa di aver tanto bene; ma non in ciò può essere l'ideale specUico di una U. 0 P. Perchè una U. P. possa dirsi buona o anche otlima, secondo i casi, bisogr,a che, prima di tulLo, sia ... una U. P. Ora, Lutto ciò non vuol mica dire che il male delle nostre U. P. sia incurabile o, come si son messi a sostenere certi pessimisti di cartello, che l' U. P. 110n possa attecchire in ILalia. L'U. P. di Milano, come tale, lascia ancora molte cose a desiderare; eppure, essa é n bellll e rigogliosa di vila vera e sana. A che cosa deve essa, dunque, la sua mirabile prosperi là r Nè a statuti, nè a docenti, nè a studenti, né ad altre cose simili - statene certi. Essa la deve fondamentalmente a questo: - alla vivace, istancabile, amorosa, aperta, inlell~Ltuale attività di bene che anima i preposti alla sua direzione. È questa bellezza e bontà d'amore, simpatizzante con tullo ciò che é bene ed é al di là del bene, che la fa sempre pronta e generosa nello slaneio così come assidua ne raccoglimenti e nello studio del« provan'do e riprovando.>> Oltr·e a ciò, l'esistenza sle:;sa dell'U. P. di Milano può 1·.ostiluire una solida prova contro il facile argomenta1·e dei pessimisLi. Quando noi non avessimo che una sola U. P. forte, sana, 1·igogliosa, ciò basterebLe per dimostrare che questa istituzione può esistere in Italia e per· acquistare una ben fondala certezza sull'avvenire più o men lontano di tutte, o presso che t.ulte, le Università Popolari iLaliane. I facili pessimisti non si affrettino a Lirar le somme. La U. P. é una istituzione clte muove appena oggi i primi passi da noi; e, come tutte le coso nuore, va sog 6 elta fatalmente ad errare, fino a che 11011avrà imparato a star ritta e a far bene. Lo scheletro é ben solido, la salute c'e, e noi la vedremo ben presto svilupparsi nel nostro cielo come s'è sviluppala alLrove,poichè il suo svilupparsi é fatale con,,.e fa~ale fu il suo nascere. A riguardo delle U. P. italiane, non baster<!bbe· dire: ciò che popolo vuole, Dio lo vuole; hisognerehbe aggiungere: ciò che civiltà vuole, civiltà nutrica; poiché l'U. P. e, a un tempo, prodotto e fatlore di civillù. Dopo quanto son venuto dicendo, nessuno, oso sperare, vorrà chiedermi: - E i rimedi,? << Io non faccio il medico, e per·ò mi tengo a dir semplicemente e, se volete, banalmente, questo: a guarire l'U. P. dal male .... costituzionale che l'affligge basterebbe sol tanto che Lui.ti gli uomini illuminati e di buona vc,lonlà, di ogni pule politica, si a.:!costassero ad essa e ad essa consacrassero qualche pò della loro nobile e intellettuale attività di bene. Mi permetterò di aggiungere, nonpertanto, questo augurio (e il sagace lettore intenderà. dove io miri): Che le direzioni delle U. P. facciano acquisto di riviste e di libri attinenti a cose .di insegnamento, in genere, e,in ispecie, dell' U. P. E giacché son Jì, aggiungo quest'altro augurio: che i compilatori del regolamento o i riformatori dello Statuto della U. P. di Firenze vi introducano la p11bblicilà delle sedute consiliari, tanto per i socii che per gli studenti. Era, del resto, ciò che io intendevo proporre, fra le alt.re r.ose, in quell'ordine del giorno che, come dissi, avevo lungamente motivato per la discussione in Consiglio e che, poi, non potei più presentare. 1on ho bisogno di spiegar le ragioni di questa necessuia disposizione, della quale dovetti pur troppo lamentar la mancanza, al tempo che, fui consigliere e anche dopo, e che~ d'altronde, è contemplata nello Statuto dell'U. P. di Milano e fu chiesta, se non ricordo male, anche all'U. P. di Bologna. Un'ultima cosa mi rimane a dire e avrò finito. Quando io accennavo in principio alle cose eia me inutilmente ripetute, alle proposte invariabilmente respinte, per quanto io dovessi riescire apparentemente troppo soggettivo, nel I . .

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