RIVISTA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIA.L! 49 tifiche; - se possono riescire utili nelle Scuole dello Stato, infette dalla atroce follia del positivismo arrivistico, non farebhero del!' U. P. che una macchina procreatrice del più puro e meno estetico psittacismo. E il prof. Dalla Volta, che tanto ben comprende molte cose attinenti alla nuova istituzione popolare, non pensa certamente di fare degli operai tanti pa ppaga lii più o meno bene ammaestrati. Io, del resto, son sicuro che, se l' U. P. non avesse altri corsi che quelli da lui proposti, il numero degli operai, invece di accrescere, non farebbe che diminuire. S'inganna, e di molto, chi crede che l'operaio, perché ignorante, debba preferire alle materie scientifiche quelle, diremmo, leUerarie o, se cosi vuole il professor Dalla Volta, di coltura generale o anche « più utili nella ·vita individuale e sociale. » Non son pochi a Firenze quelli che posson far fede di quanto io affermo: che i corsi più frequentati di questa U. P. (almeno, da studenti operai) sono stati quelli scientifici, ai quali (poiché ho il torto di non tenere per scienza la storia) sono <la aggiungere i corsi di storia dati dai professori Salvemini e Rodolico che, sia detto a onor loro, intesero stupendamente le somme finalità dell' U. P, e il contenuto più eletto della loro materia, trattando la storia, dirò così, en sociologues, nelle loro (pur troppo I) conferenze. Le .... (anche queste, pur troppo !) conferenze dei professori Chiarugi e Banti, (Anatomia e Patologia) brillantissime, indimenticabili, furono, insieme a quelle cosi geniali del prof. Lugaro (Psicologia) e a quell'altre tanto ir.teressanti dell'ing. Pasqualini (Elettricità), le più apprezzate e le più affollate della nostra U. P. Son lieto di poter anche a!lgiungere che di questi corsi appunto fu chiesta al Consiglio direttivo la ripetizione, del resto, non concessa per ragioni ben facili a intendere. Relativamente poi al loro numero, poniamo pure che 'debbano esser cinque o sei i corsi <la darsi nelle U. P. Ma se questi si possono considerare come fondamentali (e non sarebbe possibile intenderli altrimenti) niente vieterebbe che ad essi ne venissero aggiunti altri seconda•rii o complementari, cioè intesi ad estendere e approfondire le materie fondamentali. Nel Programma d'insegnamento deÌla U. P. fiorentina per l'a!1no 19.02, che il Consiglio approvò e non so poi per quali ragioni mise in .non cale, sono esposti taluni principii e desiderati ( distinzione di materie in fondamentali, complementàri e secondarie; compenetrazione, distribuzione, numero e orarii dei corsi; numero di lezioni ecc., ecc.), che, se mi è permesso di asserirlo, bene risolvono talune questioni dell'insegnamento di una U. P., e come principio e indirizzo generale e come applicazione al programma ristretto dell'anno. La mala tirannia dello spazio m'impedisce di riportare taluno fra' più irnpo1·- tanti considerando di quel Programma:· posso dire, però, che esso stabiliva per il 1 ° quadrimestre non più di quattro materie fondamentali, alle quali poi doveano venirne aggiunte altre complementari e secondarie. In ogni modo, non si potrebbe limitare cosi ingiustificatamente l'insegnamento in una U. P. senza menomar questa nella sua stessa essenza. Il popolo o, meglio, gli studenti debbono pur esercitare la loro azione in una Scuola che ben può dirsi non soltanto fatta per loro, ma fatta da loro - azione, d'altronde, benefica quant'altra mai, pel suo costante esercizio educativo. Io penso che anche ad es:-i debba esser dato vigilare sull'andamento della loro Scuola e, per ciò che riguarda l'insegnamenlo, scegliersi, ove lo credano bene, materie e docenti, oltre a quelli sttihiliti dai Consigli direttivi, pur• eh~ non estranei ai fini dell' U. P. In questo senso dispone pure lo Statuto della U. P. di Firenze, e.... a giudizio mio, direi che fa bene. Ma v'ha <lipiù. Dallo stesso punto di visLa della prati~ità nel quale pensa di essersi collor;aLo il prof. Dalla Volta, crede egli possibile di riempire sette mesi di Scuola con cinque o sei corsi soltanto, ciascuno dì 20 o 25 lezioni, e, per giunta, impartendo di ciascun corso una sola lezione la setti: mana?. Fui e sono oppositore accanito della lezione settimanale che, anche quando veramente lezione, viene a ridursi negli effetti a ben peggio della conferenza. L'inefficacia di tal lezione (specie in Italia), quand'anco accompagnata da' più completi mezzi didattici, mi sembra troppo evidente. Se non è, al certo, un modo pratico per allettare e trattenere il popolo, quello di costringerlo a seguire per sette mesi gli stessi cinque o sei corsi; non è neppure, e dal punto di vista teorico e dal pratico, un modo ... serio, secondo me, quello di somministrargli d~i corsi a una lezione per settimana. IJI. Qui dovrei, infine, far punto e venire a una qualche. conclusione. Ma, un ultimo e giusto rilievo del profes- · sore Dalla Volta mi trae in un nuovo e ultimo campo di osservazioni che farei male a trascurare. Egli propone che i docenti della U. P. vengano stipendiati. La proposta è savia per tante ragioni che non • ripeterò, poiché sono state dette e ridette a sazietà da altri. L'art. 31 dello Statuto fiorentino, del resto, dice pre-· cisamente cosi: « Il Consiglio direttivo provvederà, ove le condizioni finanziarie dell'Associazione lo permettano, alla retribuzione dei docenti >). E tutti sanno che se l'U. P. di Firenze non paga i suoi docenti, ciò dipende dalle ristrettezze del suo bilancio, le quali a loro volta dipendono da altre cause ... La questione dei docenti è fra le più pon~erose e, direi anche, fra le più delicate nel complesso problema delle Università Popolari. Io non mi sogno neppure di sfiorarla qui; qui basterà soltanto accennare al compito che attende a tal proposito, i preposti alle direzioni delle U. P., il qual compito, secon·do me, dovrebbe consistere nell'attrarre entro la sfera attiva dell'U. P. tutti gli elementi intellettuali giovani, coll'intento di venir affidando, poco a poco, ai più capaci di essi l'insegnamento della nostra suprema scuola popolare. Non st·o a dire che questi giovani potrebLero venir subito utilizzati per le Lezioni introduttioe, per le ripetizioni, per la discussione della lezione o dei temi in classe e per molte altre simili cose utilissime che ora è quasi impossibile pretendere dagli attuali docenti: in- ~anto, sarebbero al principio della loro bisogna o della loro educazione professionale. Io penso che, nei limiti, poi, della possibilità. si dovrebbe a questi giovani dar facoltà di esperimentare I oro qualità di studio e le loro attitudini all'insegnamento, a mezzo di esperimento durante tre lezioni almeno, e a condizione di presentar prima un esteso sommario dell'intero corso che intenderebbero fare: dopo questo esperimento, se gli studenti stessi si dichiarassero sodisfatti e la Sezione di Studi 0 il Consiglio direttivo non avessero nulla in contrario, il corso verrebbe confermato e pòtrebbe quindi esser continuato. Dopo un tempo da fissarsi, io direi non meno di tre anni (s'intende, di tre anni di attività), ogni giovine docente, per acclamazione di studenti e per conferma del Consiglio, entrerebbe nel quadro dei docenti ordinari di una U. P., e come tale, senz'altro, e per intesa comune, dovrebbe essere accolto in qualsiasi altra U. P. italiana, rimanendo, se mai, a concordare una for-
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