44 RICJST,4 POPOLARE DI J>OLITICA. LETTt:Frn li SCIENZE SOCIALI les che din~nzi a lui compariva come testimone in processi scandalosi, si può· spiegare in due modi: o è segno che anche la magistratura inglese decade; o è segno che davvero dal processo contro Whitaker Wright poteva riapparire in iscena la figura del Re. O~a si capisce che .il magistrato possa ammonire il Principe ereditario; ma come fare in una Monarchia a processare ed a condannare all'occorrenza un Re 1 • La seconda ipotesi è la più verosimile. In ogni modo, anche se si trattasse della complicità del solo Duca di Connaught nel losco affare, la sua scandalosa impunità mette in evidenza uno dei lati della bontà delle istituzioni monarchiche. I giornali monarchici italiani hanno appena accennato a ta~i fatti. Ci si sarebbero divertiti un mondo se di una marachella più microscopica fosse sta_to imputato un Wilson qualsiasi, che fece di- . . scendere dalla Presidenza della Repubblica il Grevy. IL SOCIALISTOIDE. LE NOSTRE COLONIE w. Tunisia, Tunisi e Tunisini Caro Professore., Prometto di non occuparmi seriamente di tutto quanto questa stampa francese va quotidianamente pubblicando contro l'elèmento italiano, non essendo mio proposito turbare l'idillio che le politiche di Parigi e di Roma cercano intrecciare per svecchiare un poco i passati andazzi e pacificare le due sorelle latine che, da tempo si erano guastate, più per malvolere di diplomatici fegatosi e di politicanti irosi, anziché per gli interessi reali di un beninteso benessere di entrambi ì due popoli. Ufficialmente gli sguardi torvi sono cessati; ed è sperabile che cessi del tutto anche certo metodo di certa stampa clerico-nazionalista che cerca per dritto o per torto sviluppare i lati più brutti dell'animo umano col sistematico inveire contro la colonia italiana. Appunto giorni fa un giornale francese, che non fa onore al suo titolo, proponeva colpire con una tassa di L. 25 a testa tutti i residenti in Tunisia, e ciò allo scopo di mettere quasi tutto l'elemento italiano nella condizione, non potendo pagare , di vedersi costretto a ritornarsene donde era venunu to, colle buone, ovvero con ... altri mezzi qui usitatissimi. L'idea, semplicemente esilarante, è caduta nellb istesso dimenticatoio dove è cadµta l'accusa di un altro giornale quotidiano che, la diffusione della tu• bereolosi si ·deve allo stazionare ehe fanno i braccianti italiani in Piazza di Francia, consueto mercato del lavoro, in attesa che qualcuno li occupasse in lavori campestri o murari. ,1 • Se quell'articolista avesse scritto che tutti quei I disoccupati offrono un doloroso spettacolo, avrebbei detto una vera verità, ma l'asserzione. è stata in- , . . . qualificabile non solo per la buona qualità dei polmoni dei nosLri connazionali. ma eziandio perchè non solamente non diffondono bacilli di Kock ma non possono nemmeno fronteggiare la fame che li inebetisce e li costringe a cercare lavoro per salari aggirantisi attorno alla L. 1,60 al giorno. Salari talmente bassi dovrebbero per lo meno far piacere ai ricchi coloni ed appaltatori francesi, ma· siccome quando il vento della politica passionale comincia a tirar forte da un lato è disagevole andargli a ritroso, si sente strillare la stampa nazionalista contro la immigrazione italiana che, viene a sviluppare la concorrenza a danno della mano d'opera francese. Ma niente di più sconsiderato e di più irato I E' saputo da tutti che la Francia col suo sviluppo industrinle e coll'aumento della sua ricchezza nazionale può offrire salari, in palria, alla mano d'opera indigena, di gran lunga superiori a quelli che potrebbe la Tunisia offrire a quei lavoratori se pensassero lasciare quelle fresche e verdeggianti contrade per immigrare in queste sabbie infocate; ove sarebbero lontani dal viver civile e privi di quegli affetti e di quei conforti che solo i pare,nti, gli amici d'infanzia ed i paeselli natii possono offrire all'uomo nel momento in cui il possibiledisagio economico, e le delusioni della vita travagliano l'animo • umano. Non è possibile quindi verificarsi una maggior corrente d'immigrazione di mano d'opera francese su.periore a quella minuscola attuale; se così può classificarsi l'arrivo di poche migliaia di quelli lavoratori, venuti ad occupare, con favolosi stipendi, le alte cariche, a costituire la burocrazia, a farla da amministratori, da meccanici o da capi operai. Non tralascio di segnalare che i più grandi colonizzatori sono francesi; i quali, spinti dalla speculazione e per l'avidità del guadagno sono venuti quì a piantare degli immensi vigneti e che coll'aiuto del denaro, della tecnica agricola e dell'aratro meccanico, servendosi dell'abbondante mano d'opera italiana, hanno fatto veri miracoli di agricoltura. Anche gli italiani hanno fatto prodigi perchè., se i primi li han fatti con i grandi mezzi e su vasta scala; i secondi, quasi tutti siciliani, a furia di sacrifizi, di privazioni e di gran volonta nell'imitare i metodi della cultura razionale, sono arrìvati a far verdeggiare di rigogliosa vegetazione intere coq trade che, da squallide pianure sabbiose che erano, ora son diventate orti magnifici e frutteti ubertosissimi. È quistione quantitativa, come ebbe ad esprimere il presidente generale Picgon nell' ultimo giro che fece attraverso le Reggenza: i francesi colla potenza del capitale, in grande; e gli italiani di Sicilia col lavoro e col valore, in piccolo: ma entrambi meritano plauso ed ammirazione avendo contribuito, e perchè tuttavia contribuiscono, all'aumento della prosperità tunisina. Siccome ho parlatn di italiani di Sicilia, non guar,ta qualche parola in proposito. La cosidetta colonia italiana numericamente più forte della francese, quasi il quintuplo, é composta in maggioranza assoluta di siciliani, i quali sia per la vicinanza delle due terre, sia pèr la esiguità del costo del viaggio, sia ancora perchè non si oppongono diffi.colta di lingua, di suolo, di temperatu- \ ra, di zona geografica od altro, scottati dalla mise- ;ria e dalla prepotenza delle mafie politiche ed amf ministrati ve dei propri paesi, fanno l'estremo sfor- • '
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