Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 23 - 15 dicembre 1902

► RIVISTA POPOLARE DI POLITICA., LEITERE E SCIENZE SOCIALI 641 si erano consumati a penetrare il mistero di ogni miseria, la fame, l'ubbriachezza, la prosliluzi,rne, l'odio, l'igno1·anza, la guerra, le labbra, che avevano perduto il so1·riso al perenne spettacolo del dolore sovrano, dovevano scorgere e gridare questa nuova miseria. E fra tanta concitazione di animi che visio11e nettissima egli ebbe dell'innocenza dell'accusato! E con che semplicità, egli, uomo di lettere, mai affacciatosi alla vita politica, 11011 legato da alcun vincolo a Dr':lyfus, scrive la lettera al presidente della repubblica, quel capol!l\·oro di eloquenza che sopravviverà nei secoli come le accusatrici terzine dì Dante! Bìsog!1a ricordare la spaventevole follia dei Francesi che avevano concentralo nel povero israelita tutte le basse passioni collettive, eccitate dai preti e dai militari, per misura1·e tutto l'eroismo di Zola. Egli diventa bersaglio di tutte le ire. La dimani della sua lettera, il suo lustrascarpe si afferma buon patriota, schiaffeggiandolo; a Orleans deve passare tra gli urli di morte della folla e i bastoni alzali a percuoterlo; a Parigi si saccheggia la sua casa e gli stessi studenti van gridando : à la lanterne Zola I conspuez Zola I Zola traversa la bufera a fronte alta; egli ha fede nella giuslitia e si avanza. Le forze brute lo schiaccino, se così vuole il destino; ma egli non batte ciglio, saldo nella certezza della vittoria finale come Giordano Bruno, che sfida sul rogo la chiesa e il suo secolo. Si, Zola narrò il male, molto più il n1ale che il bene, ma non fece cl-e copiare dalla vita. Però la vita ha anche tante liete bellezze e i critici affermano che l'artista che vuol es3ere educatore in esse dovrebbe sopra· tutto inspirarsi. Pe1·ché? Deve l'arte distrarre dalla vi;;,ione del dolore noi pigri, noi indifferenti, già cosi ben disposti a tirare innanzi se qualche cosa può turbare la beata nostra quiete ~ Zola non distrasse. Egli anzi calpestò il galateo della gente bennala, innanzi a cui non si deve parlare né di morte, né di fame, né di sudiciume, né di vizi o di delitti che non conoscano lavacri profumati. Egli non ha presentato il vizio con carezzevoli perifrasi; non i superumani godimenti del calpestare tutte le leggi morali, per essere dall'alto del proprio olimpico disorezzo, più in su del povero gregge; non gli adulteri di dame bigotte, che carezzano il proprio bigottismo per trarne il raffbamento sensuale del pericolo e del rimorso pelle pelle; non tutte le seduzioni del lusso raffinalo e del rito, rievocazione di torbido misticismo che cosi organicamente accompagna gli stati patologici dell'amore; non l'incesto rievocalo a grandezza tragica - nessuno di questi fiori degli orti apollinei dei decadenti, Zola ha coltivato e glorificato. In altri il diletto, in lui il disgusto. In lui è la grande anima tragica del virtuoso e del giusto allo spettacolo dell'ingiustizia e del vizio. Come mai egli si compiace del male? Forse l'Assommoir é un inno alla degenerazione, che si rivela nell'alcoolismo, o Nanà a quella che si rivela nella prostituzione? Se le parole hanno qualche efficacia morale, l'Assommoir ha fatto contro l'ubbriachezza più di Lulli i predicatori del mondo. Nè Nanà é la sentimentale cortigiana idealizzata dalla fantasia di Dumas, eroina di un idillio che nella coscienza umana gitta la simpatia irresistibile e corrullrice delle alcove vendute a danno della vergine onesta, che indarno aspetta l'amore e la famiglia. In Nanà non abbiamo la bellezza psichica della peccatrice, e il lettore non si sente penetrare nel sangue la simpatia irresistibile, il fascino verso un mondo dove possono \rovarsi dei tipi di alta nobiltà femminile, malgrado le cadute. Non la simpatia per Nanà vi afferra, ma il disgusto che si estende a tutto il mondo dorato delle cortigiane, e insieme al disgusto un po' di pietà e di speranza, pensando che questa disgraziata non é cattiva, e che in una società migliore, basata sul lavoro, che dà il pane e la dignità, e non &ul parassitismo e su infiniti ostacoli a trovare il pane e la dignità nel lavoro, la bontà e la tenerezza del cuore femminile trionferanno sulle debolezze che trascinano le povere giovanette del popolo verso il lusso affascinante e corcuttore del gran mondo. La natura umana é piena di debolezze, le quali si atrofizzano se l'ambiente sociale non le alimenta. La moralità o l'immoralità di un lavoro artistico non bisogna ricercarla nella tesi che il filo&ofo o l'apostolo Hvrà potuto imporre all'artista, ma nelle impressioni che lascia il suo lavoro nell'animo nostro.Or da questo punto di vis~a, m~lgrado le pie intenzioni di Dumas, quando da artista si trasforma in predicatore - e insegna alle ragazze: « Sii pura, incurvali a spasimare sotto ogni dolore, ma non cedere, non fallire mai perché quella è la forza », dal suo libro vien fuori irresistibile il fascino e la vittoria. psichica della peccatrice e, attraverso lei, del peccato, d1 fronte alla prosaica, egoistica e scialba ragazza purissima. E noi, poveri mortali, schiavi irredimibili delle sensazioni, dei sentimenti, e delle tendenze organizzate della nostra personalità, dimenticando, come avviene in quasi tutti i casi della vita, le tesi dell'autore e gl'imperat1vi categorici della morale, appiccicati nella memoria per mezzo di libri e di maestri più o meno abili, dopo la lettura del libl'O di Dumas, siamo incoraggiati a cercare l'amore e la famiglia tra le cortigiane, illudendoci di dover trovare Margherita. anzi che tra le ragazze pure, spaventali dal pericolo di portare tra le pareli domestiche. insieme alla dole selvaggia e negativa della verginità fisica, l'al~ra dote della mediocrità psichica. Le tendenze che nascono o si rinforzano consciamente o inconsciamente nel nostro animo, dopo la lettura di un libro, aiutano o ostacòlano la selezione fisica e morale della famiglia umana f Cosi, secondo me, va posto il problema etico nelle opere di arte. E del diritto dei caduti a rialzarsi, alla redenzione, non parlo, per la semplicissima ragione che nel nostro caso non c'entra - 1101socialisti non possiamo certo essere accusati di freddezza per questo dirillo sacro. Zola non è il Claudio Lentier del romanzo, non é il pittore dei mercati in estasi davanti ai polmoni insanguinali, che prende le impressioni che gli dà la sua degenerazione, come tipo dell'arte nuova. La sua opera accusata di essere inspirata al male e consacrata al male, è opera di fede. Tutto il fan~o dell' Assomoir non giunge al luogo ove Goladoro, 11 forte magnano, lavora illuminando la buia officina, della sua bionda bellezza di gigante mite e onesto. Tutta la folla avvehmala dell'Assomoir non é che il tetro fondo, su cui si stacca, irradiante tutto, la sana figur·a dell'onesto Goujet, l'unico rimasto in piedi, triste, ma forte. L'ozio e il vizio passano; ciò che sopravvive, ciò che é di domani é il lavoro e la bontà. Le miniere possono inghiottire minatori e minatori, alcuni per sempre, altri per _restituirli a)la fame e alle malatlie; Stefano può perdervi la sua fanciulla, la ~•overa Caterina così affettuosa e mite; ma dopo la sconfitta dello sciopero, prima fioritura venuta su troppo presto dal nuovo germe, egli non cammina meno fiducioso verso l'Idea e il suo trionfo finale. Carolina può aver perduta ogni illusione nella corsa al denaro, ove fu trascinata; eppure sola, dopo spettacoli di grandi miserie, mentre si avvia fuori patria a un incerto avvenire, resta, malgrado tutto, allegra, col viso sempre giovane sotto la corona dei capelli bianchi, e sente che « a capo di tanto fango smosso, di _tante vittime calpestate, a capo di tutto l'atroce dolore che ogni· passo progressivo costa all'umanità, vi ha una méta occulta e lontana, qualcosa di buono, di superiore, di giusto, verso cui muoviamo senza saperlo e che c'inonda il cuore del bisogno tenace di vivere e di sperare ». E da questa gran fede n~l lavoro, nella vita, ne_lcammino ascendente dell'Umamt.à, e dal dolore che gli destò il male, Zola attinse 1easueconvinzioni socialiste.molto prima che le affermasse nei suoi ultimi volumi.E,per portare un esempio, il dolore del male si rivela potente nella sua Terra, da cui non la lesi vien fuori, ma la realtà triste e ributtante. Realtà che all'osservatore sereno si rivela derivata in massima parte dal desiderio selvaggio del possesso del suolo. . . . . E senza discutere, senza avere nessun prrnc1p10 poh- • tico, né prò, né contro il socialismo, voi sentite che l'umanità non potrà liberarsi da que,ta gran parte del male, derivata dalle feroci cupidigie, se non con la tra~formazione radicale dell'istituto della proprietà, come viene delineata dall'odierno movimento storico, che i socialisti pigliano come punto di partenza della loro condotta. E finalmente, dopo, quando con il ciclo dei RougonMacquart, Zola ebbe compiuta l'opera che si era prefissa, e dopo tutte le vi~i~ni di _dolore, d\ odi? e di miser\8? volle salire alla v1s10ne d1 un'um1111là hbera da tutti 1 gioghi del male, egli trovò una sorgente inesauribile _di fede, alimentata dalla scienza: il socialismo, e ne assimilò la parte fondamentale.

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