640 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALJ mavano Vati i loro poeti, e di altrettanto i 1oeguaci di una scuola saranno differenziati dai seguaci di un'altra. Voi non tenterete di classificare come non appartenenti alla scuola realista né Omero, nè Euripide, né Eschilo, né Lucrezio, né Dante, né Shakespeare, né Goethe, né Victor Hugo. Voi sapete che essi sono le voci dell'anima, potenti della potenza delle passioni umane. E in questo tragico umano, immutabile nelle sue grandi linee, voi, nati venti secoli dopo, riconoscete voi stessi. Quando l'arte non é riflesso limpido della verità, muore. Più i fantasmi artistici attingono al seno della vita e più durerà la loro giovinezza. Ma la vita e della società o dell'individuo non rimane identica attraverso i secoli; e le differenze della realtà obbiettiva e dello spirito che la percepisce, dànno dei caratteri differenziali all'arte delle varie epo~he. Quantunque Zola non avesse fondala la scuola realista, l'arte va debitrice a lui di un poderoso impulso rigeneratore: egli sbarazzava il terreno dalle contemplazioni di un mondo superfidale, selvaegio e agonizzante e dai sogni anemici e delittuosi, fondati su quel mondo, e rinnovava l'arte portandola al contatto di tutta la realtà viva dei nostri tempi. La realtà storica di oggi, tanto più ricca di q_uella dei secoli passati, quando irrompe con le sue mille voci nello spirito di Zola, nutrilo dal succo vitale della scienza moderna, non può dare gli stessi fantasmi estetici che la realtà passata ha suscitalo nei geni delle varie epoche. Un rapsodo dell'età eroica, che vedeva vivere ed agitarsi con esuberanza di energie soltanto i pochi capi di città e di regni e trascinarsi nell'ombra le moltitudini, se voleva cogliere la vita, non poteva rappresentare con entusiasmo s_enon gli esseri, la cui attività pareva il centro di tutto e per ciò i re e le loro donne. E se il popolo appare nei suoi canti, é rappresentato cbme riflesso della vita dell'eroe, o come legione di api operaie, che pre - para le gioie dell'ape regina, oppure é chiamato a far corteo alle sue feste o a esterrefarsi alle sue sventure e ai suoi dolori, rendendoli più tragi~i. All'antica orgogliosa concezione, che faceva l'uomo obbietto e signore del creato e del suo simile, subentra la moderna che lo confina al suo posto di atomo, soggetto alle leggi inesorabili dell'essere, di cui nessuna form11 esiste e vive a sé, ma si determina e si specifica modificandosi J->erennemente in correlazione con tutte le altre forme. Zola, vero figlio del tempo nostro, si differisce dai grandi artisti del passalo in questo, sopratutto: egli costautemente, e non per eccezione come aniene in quelli, ci fa assistere alla genesi della oita psichica di tutti gli indioidui, dal monello all'eroe, attraoerso i mille elementi dell'ambiente; onde il lettore vede balzar fuori i tipi umani dalla realtà vivente, pezzo a pezzo, e non tutti di un getto dalla fantasia dell'artista. Ed é cosi che noi, più che coi ragionamenti scientifici, possi~n:io con questa f~dele_riproduzi~ne dei processi genet1c1 delle forme viventi formarci la convinzione che non l'eroe domina come una forza ex lege il corso delle cose, ma sono invece le cose che, trasformandosi, destano a poco a poco, nei tipi più evoluti, la coscienza del loro trasformarsi, cioè del progresso, e quindi creano nuove idee e nuC1visentimenti, che arricchiscono e trasformano la personalità umana, non esclusa quella dell'ero~. Questi nuovi processi dell'arte, derivati dai processi genetici scoverll nelle cose e nella vita, erano ignorati nel!a loro inter~z~a _e o~g~n_icità ~a tutti gli artisti passati, non esclusi I più v1crn1 a 001,come, per es., Viclor Hugo. Il tipo di ValjE:an! ch_eé cosi noto, ci può servire come modello per ch1ar1re 11nostro pensiero. In esso si svolge la vita, non di un solo individuo , ma di parecchie generazioni, alle ~uali soltanto, e non all'individuo, é dato nel corso dell evoluzione di poter raggiun~ere le sublimi vette morali, partendo da un inizio cosi umile e povero moralmente come quello di Valjean e passando per l'ambiente degenerante dell'ergastolo, e per i mille ostacoli al lavoro e al guada~no sufficiente e onesto, che oppone la società agl'indiv1dui della sua classe. Date le premesse psichiche e l'ambiente, nel quale egli passa la parte della viLa, in cui si forma il carattere, avremmo potuto avere in lui, al termine dei suoi ~iorni, l'uomo onesto che viva di lavoro e ami come propria la figlia altrui, ma non l'eroe. In Victor Hugo voi vedete spesso il dolore, o la bontà, o qualsiasi sentimento fatto pcrsona.~Tutta l'infaniia abbandonala trema e piang~ in Guimplaine che corre coi piedini nudi sulla neve della costiera deserta, o in Cosetta che stringe al pello la sua bambola di cencio ; tutta la santità dell'apostolato sincero, s'incarna in Myriel, il vescovo evangelico; lo spasimo della b!·uttezza che non avrà mai amore crea Quasimodo. Un altro é il realismo di Zola, il vivo mondo delle sue creature. Noi non le distinguiamo per nome o per viso. Mentre Viclor Hugo sintetizza l'anima umana in pochi individui, i lineamenti delle creature zoliane si confondono con quelli della folla onde emergono, piccole voci che form3no il coro cosi chiaro e polente della collettività. Si nomini Germinai: ed ecco non vi sorgono innanzi né Stefano, né Caterina, né i vecchi Mehu, né gli altri, ma la minie1·a con i suoi sotterranei goccianti acqua, con il suo pesante respiro, la sua fall'e rnsaziata di vite, e dentro d1 essa e fuori di essa il brulicare d'insetli umani, nati per nutrirla. Cosi la scienza illumina e allarga l'o1·izzo11tedella realtà nell'ope1·a di Zola, che diventa epica. Egli qualche volta ha avuto tali voli lirici da farlo scambiare con i romantici. Ricordo la passeggiata dei repubblicani sotto la luna, gli amori di Mietla e di Silverio, la morte di Mietta vestita di rosso, nella rossa bandiera, addormentata nel nero guanciale delle sue chiome, dolce simbolo della morta repubblica, e potrei crederla dettala dalla stessa mano rhe ha inciso nel cuore l'eroica morte di Gravoche sulle barricale. Zola ascolta e ritrae le mille voci, che salgono dalle cose e hanno tanto influsso· nella formazione e nella modificazione tlei sentimenti umani, con un'esuberanza dirci psichica, che somiglia all'animismo del più grande dei romantici. Chi dopo averla lella può dimenticare la descrizione del Paradou? La sua analisi scienlifica fa pensare &nche a Flaubert, la cui Madame Bovary pare una diagnosi l'atta da un medico misantropo e a1·lisla. Ma non l'eredità di Flaubert, di Victor Hugo o di Baltac agita il suo sangue, bensì le grandi correnti scientifiche, che, dai precurso1·i di Carlo Danvin, ing1•03sando e invadendo sempre più le coscienze, sono venule trasfo1·mando e aumentando giorno per giorno, la ,·isione del reale e l'orientazione de<>lispiriti. Serenamente Zola osservava e pensava, e man mano che la realtà penetral~ pigliava forma artistica, egli la lanciava al mondo, ineso1·abilc, senza veli, crudelt-, immonda, terrificante e a lui pericolosa, senza timore dei nemici che le sue rivelazioni gli focevano sorger contro, acuendo sempre più lo sguardo, per vedere nel profondo il dolore e il marcio. Il suo coraggio mai vinto nella lunghissima carriera letteraria, mostrò come in lui l'arte era cosi innato apostolato da ascendere all'eroismo. E quasi sembrerebbe retorica laudativa il chiamare eroico un lavoro che diede bensì feroci accanitissimi nemici allo scr-iltore, ma anche amici e mollo denaro, se per sua buona ventura egli non avesse lanciato il suo fomoso J'accuse alla Francia. L'uomo di lettere é cos·1 illuminalo dall'uomo di giustizia, come questo da quello. Quando Zola, contro il vento di follia <'he ,·oleva trascinare la Francia nelle co1·renti naLionaliste e antisemite, tra i buoni, timidi, che vedevano e non osavano, atterriti in precedenza dagli uragani che avrebbe·ro scatenali, egli, solo, con la mano che tante ingiustizie e tanti dolori aveva svelati, fa il cenno che lo esporrà a tulle le bufere, lo trascinerà a una lolla disperata, ove tanto lui che la vittima da lui difesa, secondo ogni previ~ione, soccomberanno, egli mostra il cuore che ebbe in tutta la sua grandissima opera letteraria. E quest'opera letteraria che dall'inizio si avanza, prosegue sino alla fine, senza adulazioni per alcuno, non cercando la simpatia di alcuno, severa con l'abbiezionc della plebe cenciosa come con le turpitudini della plebe dorata, che scopre i tetti e apre le po1·te,e amaramente vede e narra il male, e sa che questa narrazione o sarà fraintesa, o sarà calunniata, ma prosegue fiduciosa nel fine, quest'opera é il J'accuse lancialo a tutta la società rea d'mgiustizie perenni e d'istilu'i e d'ambienti demoralizzalori, ed é la logica preparazione dell'accusa lanciata al disonore gallonalo della Francia. Non un momento di slancio generoso, non l'improvvisa nausea di uno spelt~colo di troppa ingiustizia e corruzione dettarono la formidabile lettera. Ma gli occhi, che
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