I ' 610 RIVISTA POPOLARE DI POl/1'/CA. ÌETTERÈ t SCiENiÈ SOCJA.LJ della po1•olazione· vi er~ minimjl, e non supera che di poco 1 19 per_ chil?rnetro quad,·a~o anche oggi. _Perciò il go,·erno e 1 cap1l~hsl1 francesi che colla co11qu1sla intesero rare un aJfore, videro da pl'Ìncipio di buo11 occhio gl'ilaliani elle consentivano di realizzarlo col loro lavoro. Ma gl'it'aliani vi emigrarono ·in una proporzione allarmante e si mostrarono ttinaci nella conservazione della loro nazionalità; d'onde la p1·eoccupazio11e dei francesi, che videro nel fatto un pericolo, e denunz.iarono sinanco la pos:sibilità di un Vespro Siciliano in terra africana. Data questa siluazione,•gli attriti tra l'elemento francese e quello itlìliano erano inevitabili; e molti francesi che si credono 1 padroni - e politicamente lo sono - ci misero dell'impegno nel'renderli aculi e pe:·icolosi. La massa degli emigranti in generale non è una ,;lite: non può esser tale per· le sue condizioni e:onomiche e pel' la educazione ricevuta; quella sicilianà non era peggiore, e forse migliore delle altre. Ma i francesi cercarono il pelo nell'uovo, e finirono col vedere in ogni siciliano 1J11 • brigante, in ogni italiano un camorrista, un accattone o un analfabeta per lo meno.' • Nòn contenti di ostentare il massimo disprezzo per i coloni nostri, che rendevano cosa viva e reale la con- ,quista coloniale della Francia, i poteri pubblici ci si misero di buzzo ··buono per contrariare i sentimenti della massa italiana, e tulle le occasioni furono buone per farle dispello e per arrecarle dan110. Molti di tali dispetti furono falli per impedire che i nostri emigrati conserYasse1·0 l'impronta italiana e per costringerli a prendere la nazionalità francese. Di questo genere, ad e;;empio, fu la negata autorizzazione per aprire una Università popolare, che pure era stat.a prima promessa. Superlluo aggiungere per chi conosce il giornalismo della vicin11 repubbli_ca che la stampa francese nella Reggenz11 era la più feroce e la più assidua nell' aizzare il governo alle molestie se non alla persecuzione degli italiani: le autorità spesso prestarono facile orecchio aIle insinuationi anti-ita\iane ed ai consigli malva?i di viojenza. Sì capisce agevolmente che continuando per questa via incidenti grossi potevano e doYevano sorgere nell'Africa settentrionale tra italiani e francesi- con :.rave danno di tutti e colla rottura di quell'entente cordiale, che da poco ·si è ristabilita tra l'Italia e la Fl'anciij, ' Per fortuna da qualche tempo i ra'ppresentanti della repubblica sì sono a~corti della via piena di pericoli che essi battevano in Tunisi11; e si può essere sicuri che il Barrère, I 'attuale ambasciatore francese in Roma, anà molto contribuito a fare mutare indirizzo. Un buon segno di questo mutamento si ebbe nella revoca dello sfratto intimato a Bernardino Verro e ad altri socialisti che la polizia locale cervelloticamente volle qualificare come anarchici; _revoca cui s'interessarono un deputato repubblicano italiano e il Ministro Barrére. Oggi c'è qualche cosa di meglio: 'un discorso del residente francese Pichon, cbe dovrebbe tagliar corto a tutte le calunnie', a tutte le 0 provocazioni, a tutte le punture di spillo che da parte francese vengono per aizzare, per provocare gl'italiani, spingendoli ad atti che nuoce,;ebbero ai due paesi e assesterebbero un colpo grave alla prosperità della stessa Tunisia, cioè agi' interessi stessi de, francesi. Il discorso del Pichon è passato inosservato in Italia, e noi lo rileviamo da una corrispondenza al Giornale di Sicilia che delle cose della Tunisia si è sémpre particolarmente interessatO" anche con una certa intonazione gallofoba che a noi parve e pare inopportuna. In à11ta del 15 al detto giornale di Palermo il signor L. Chibbaro scrive da Tunisi : « Appena il signor Pichon giun:,e qui, ed ebbe finite le visite di dovere, i più frettolosi degli chauoins francotunisini si presero la briga di strappare al Rappresentante del governo il suo pensiero e le sue vedute, a riguardo del sempre più pericoloso perii italien. « Pichon, senza scomporsi tanto, rispose che egli non ha mai •creduto a tal pericolo, né vi crede, e che reputa anzi l'immigrazione italiana una necessità per la colonizzazione interna della Tunisia. « Né si fermò a questo. Ripete1,do più esplicitamente le dichiarazioni fatte al corrispondente parigino della Ga::- ::etta del Popolc,, affermò che l'immigrazidne italiana ccistituisce rn Tunisia un elemento di civile prog,·esso, e fece i più g1·andi elogi del nostro colono e del lavoratore siciliano, sobrio, economico, resistente alla fatica, e disse ' che, contrariamente alle credenze francesi, la criminalità fra g-li italiani qui residenti è minima. « In Tunisia, egli concluse, i coloni francesi nulla potrebbero fare se non avessero la mano d'opera italiana a buon mercato. • "' Cons'gliò infine la colonia francese a non secondare l'agitazione manten'uta dalla stampa. « Queste dichiarazioni del Residente generale che . esprimono indubbiamente la volontà della presente po-•--'- lit1ca governativa francese, mentre hanno rinfrancato gl'italiani tutti, e q11ei pochissimi coloni francesi illumi- :1ati ch,e trovano imm~nsi beneficii nel lavoro it_aliano e sanno apprezzarlo, han prodotto un'impressione sgradevolissima nella colonia' francese e specialmente nella stampa, che non ha potuto nascondere il suo malumore. Comunque, sembra che la gazzarra sia pel momento terminata, e una calma relativa è -subentrata. « Fino a quando~ Forse un nuovo e decisivo scoppio d'ostilità non potrà impedirsi alla prossima scadenza dei trattati. Allora non solamente gli interessi italiani privati pericoleranno, ma le stesse nostre istituzioni, sorravvissute alla catastrofe del trattato stipulato dal mi-- nislero Rudinì nel 1896. • « E prima che quella scadenza sopraggiunga, travolgendo ogni cosa, non sarebbe male se il governo il ali ano pensasse un pò più agli interessi della nostra na,- zionalità in Tunisia. » , . E noi ci uniamo a-1sig-. Chibbaro nel raceomandare vivamente al governo italiano che volga speciale attenzione alla nume!'osissima nostra colonia d1 Tunisi. SICULO. Per abbona,1•s,l alla "· RIVISTA POPOLARE ,, mandm·e cr,irtolina-vaglia ali' On. Dr. lvÀPOL. GOLAJANNL. Napoli. - RlVISTADELLERIVISTE Harry Johnston: La questione del lavoro nell'Africa del Sud. - Per risolvere il problema del lavoro nell'Africa del Sud non c'é altro mezzo che d'importarvi i negri daiftPro tettorati dell'Africa centra le. I bian - chi costano molto e sono turbolenti; la Colonia è contraria all'immigrazione chinese ed a queila degli indiani. D'altra parte é un n_on senso sperare nel lavoro degli indigeni: non vi sono attualmente più di 500.000 caffri atti al lavoro, e la loro grande maggioranza è impiegata, se non nelle miniere, nell'agricoltura e nel servizio domestico Un caffro vuole almeno L. 75 al mese, il ne~ro del centro dell'Africa riceve L. 3,75 al mese e sara gratissimo se sarà pag-ato con L. 37 al mese. Pei negri sarebbe un benefizio grandissitno se potessero riportare in patria da L. 250 a L. 300 dopo un anno di servizio. Cosi dalla misura trarr~bbero vantaggio tanto l'Africa del Sud quanto l'Africa centrale. Ma questa importazione di negri dev'essere fatta a condizione che non si adoperi la violenza. I negri doNrebbero essere reclutati per mezzo di uno specia'.e Ufficio del lavoro, trasportati, trattali bene e alloggiati al loro arrivo in capanne isolate. poiché essi non amano le baracche in comune. Se saranno ben trattati i negri non abbandoneranno più l'Africa del Sud. Essi non dovrebbero lav©rare più di dodici ore al giorno e la domenica dovrebbero essere liberi: il minimo del salario dovrebbe essere di L. 25 al mese. {Nineteenth Century - Novembre.). • Cha,,tes le Cour' Grandmaison: L'assicurazionecontro i'impotenza l lavoroe la vecchiaia. - Il problema è tra i pjù nuovi fra, i problemi sociali, ed é speciale ai tempi nostri. Esso non poteva essere sollevato nell'antichità in cui tutta l'organizzazione del lavoro. el'a fondata sulla schiavitù., perché lo schiavo, prO'- p.rietà del padrone, restava a suo esclusivp carico, ' ...
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