Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 22 - 30 novembre 1902

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE Ii SCJ.ENZE SOCIALI 601 Della Sicilia gli italiani p 0arlano troppo e non si può dire che ne parlino poco gli stranieri. Ora la Sicilia è una realtà dimcile e un mito chiuso per l'an;ma superficiale del pubblicismo moderno: Solunto, Selinunte, Agrigento, Taormina, Siracusa sono le .labbra semiaperte di un viso straordinacio vanente, che susurrano poche parole terribili e deliziose a pochi spiriti. E il volgare ple=- bleo di Sicilia, irrigatosi con la stupenda varietà di filiazioni nel dialogo e nella canzone esube- • rante dei cento vernacoli isolani, parlò a Dante solo l'ani~a della immensa lingua italiana. E niun fenomeno storico e sociale umano ha, dinanzi ad un pensiero profondo, l'importanza di una Sicilia restata Sicilia eniro il rimpastt> multicolore delle, più estreme stirpi invaditrici e trasformatrici, l'arabo ed il normanno. L'impressione è gigante. Non è l'impressione di una regione sola, la preoccupazione sopravveniente di un solo problema, la suggestiQne ili un carattere; non v~ la possibitità di una formola e di una definizione. I segni antitetici più singolari di Italia la Sicilia li contiene. Di più contiene gli elementi taciti ed ordinati del nord accanto o confusi ai romorosi e vivaci dell'oriente. Si parla di una Sicilia: - ma dove è la Sicilia 1 I contadini del latifopdo nel cuore sono i coltivatori della vigna immisurabile di Siracusa e di Vittoria i V'è il · siciliano esatto, iniziatore, calcolatore, chiuso, attivo senza verbalismi inutili: ·- è l'inglese. C'è il siciliano pettegolo, fanfarone, che si contenta di orgogli locali e di malignità querule: - è il meridionale, quel meridionale tipico del continente. V'è una. borghesia palermi- • tana, ve$tita a festa e vuota di stomaco, che non fa a meno del gelato e della carrozza, del palco a teatro e de1la civetteria a lume di lampade elettriche nei giardini. C'è una Sicilia industriale che produce vino e scarpe, mobili e,barattoli e li manda molto più in là di quel che si sappia o si creda. E nella. vita dei campi, concepita d'un tono .solo o d'una sola nota, sta l'uomo atto alla trasformazione del domani e. insieme, la resistenza di una sopravissuta negativiU a'd affermarsi e ad rganizzarsi. Il siciliano del 'fenomeno anarchico ~pontaneo primitivo e collettivo chi non lo conosce e ., proclama e danrta. o imperbolizza 1 Ma quanti conoscono la pigrizia irriducibile di paesi ove la miseria, in•cambio di mutarsi a '\>iva forza di re- .surrezione e di partito, china il capo e non ha vergogna dell'elemosina e compromette con l'ignoranza vile l'avvento del nuovo diritto 1 Dunque questa impressione è una sintesi di impressioni. L'arte sola vede già parecchie Sicilie: la rovina severa e colossale, la fantasia medievale di ricami e di trafori; paesaggi rudi di monti, nidi intimi e odorosi di mare, marine lunghe e sbattute e tragiche, visioni di modernità cittadina laboriosa, aspetti di solitudine campestre priva di voce e di significato storico e sociale. La coscienza della vita °riconosce nel nvovo mondo in• tellettuale e mor:iile tanta vaçietà di for.me, tanta esuberanza di orientazioni e di energie, che io, continentale educato ad una scuola di criterì prettamente settentrionali, non mi perito di credere, al paragone, le altre regioni italiane non supe.:. riori nella coscienza verso loro medesime, alla Sicilia, illuminatissima, per opera di molti siciliani, circa i problemi ardui e numerosi che le si agitano in seno. Certamente, sta in cima della impressione sintetica la meraviglia per la opinione che i continentali hanno avuto e continuano in 1>arte a conservare deUa Sicilia. Confesso che tanto il succedersi degli spettacoli - siffattamente variati nel- • · l'Isola che il restante d'ltal ia per la media di gusto del touriste appare monotono -, quanto lo approfondirsi della meditazione sui problemi storici e sociali, m'hanno dato più volte il sussulto segreto di una erompente interrogazione. Mi sono chiesto come mai neJla coscienza degl'itali!ni la Sicilia non rappresentasse, e sia pure a malgrado dli' suoi malanni, la cosa più caratteristica e più gelosa d'Italia. L'Italia è meravigliosa. in ogni sua regione, senza dubbio. Il mondo riderebbe se negassimo un carattere· speciale di bellezza o di attività alla Maremma, come alle Alpi, alla Riviera come all'Adriatico, a Napoli come a Milano. La quiete pisana è incantevole come la regolarità edilizia di Ver~na, e il filo di rasoio della spiaggia seI).igalliese è là nel fondo incancelfabile dei nostri ricordi come le pinete eleganti e profumate di Viareggio e di Ravenna. L'ombra del nuraghe sardQ è sacra per il cuore degli uomini come la teatralità complessa della platea archeologica del Foro, come le muraglie giganti di Villa Adriana. Il recesso albanese tra le cime calabresi palpita di un mistero di sogno e l'aspra natura: degli Abruzzi yergine nel cuore travagliato d'Italia doma e addolcisce la mente come lo specchio lucidissimo dei laghi lombardi, profondi, tra le rive beate e folte, felici per la natura e per gli uomini, per il lavoro e per la salute. li'irenze sottile, Firenze d'argento, Firenze cesellata e bulinata, baciata dalla gloria più' cara e dall'adorazione del mondo che pensn, circondata da sorelle gentili come Siena, forti come Arezzo e come Livorno, simpatiche come Pistoia e coine Lucca, sdraiata tra le valli più ita~iane di linguaggio d'Italia - forma le. superbia nazionale • come quella solenne Umbria pensosa, dolce, autunnale, maschia e delicata nel suo misticismo, raffaellesca nelle sue floride donne dalla bianca pelle e dalt'occhio tranquillo e affettuoso. •. A tutta questa bellezza mite e terribile che sta, tome altare di un culto immune da critica, delirio' e fede dell'arte - ho ripensato, intensamente, inquieto, ansioso di sapere e di capire se la Sicilia sia anch'essa partecipe dell'ara sublime! Vi dirò come è bisogno dire in questi casi, nei quali il cavallo della travolgente impressione prende la briglia e· la strappa e trae con sà irresistibile. Vi dirò: .- io, tlftta l'Italia, da quel baleno cu' o di mosaico d'oro e da quel colle asceso in pochi attimi, sopra l'oscuro mare verde di aranci e l'abbandono voluttuoso di Pal~rmo, odalisca obliosa e procace, e il mare tutto luce e la spallier.L di monti incredibili di quel letto d'amore su quel mare ove l'odalisca socchiudendo i lunghi occhioni neri lascia allo sfiorare lieve la linea squisita del corpo superbo, ombrato dalle masse fiere e grandi delle ville e dalle dolci dei giardini fragranti; - da Monreale io tutta l'Italia ho dimenticata. Un velo diafano come la luce oliva entro cui mare e boschi e città si bagnavano mi scendeva sugli occhi. E' s'ispessiva e gli occhi, tremanti di piacere nella cecità qu_asi sensuale, si socchiudevano a quel velo che vemva via via diventando un profondo diaframma d'oro. e di verde, di sole e di mare. Ma l'oro della navata e delle volte, l'oro 'dell'abside, quel potente, qu~l martirizzante miracolo d'oro, quella realtà '• di un sogno d'oro mai :;ognato c?sì, fatto di fulg?r~, di lucidezza d~ delicatezza e dt potenza, un d1v1no sogno siciliano d'arte e di ·pensi'tro,. irto dellè mille guglie di ricordi e di ravvici_n~ment_i, q_uel tempio entro cui mi parvero meschU).1e frivoli la rièchezza rituale simbolica e l'intendimento mistico del cinto cattolico, quel cielo p'acifico e tem• pestoso 'di raggi, sotto cui sentivo, yede..,.oascen- ..

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