Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 19 - 15 ottobre 1902

RIVISTA POPOLARE Di l'OLJTICA, LET'l'ERE E SCIENZE SOCIALI 515 Son frasi, <ruelle, buone tutt'al più pei comizi, perché l'Ìassumooo ed esprimono i vaghi desiderii della folla indeterminata. Ma,al parlamento, al governo, bisogna esporre criterii precisi, sostenere proposte concrete e attuabili: bisogna svolgere i sistemi e i modi delle attuazioni vagheggiate: bisogna sostenere i propri argomenti per ogni lato, di contro alle cose, alle idee, ai pregiudizi avversi. Chi ha pratica di Montecitorio sa bene che anche _tullo questo val poco quando le riforme propugnate colp1sc11~ no interessi formidabili, ma pure sa bene che senza d1 tutto quello non si rende rispettabile e rispe_ttato - sopra tutto non si rende fecondo e preparatorio nel paese - un tentativo qualsiasi. La democrazia chiede la co!.tiluzione della nazione armata. Ma esistono in Italia quelle condizioni sociali e politiche che sono il presupposto indispensabile di un ordinamento democratico dell'esercito"'? Quando si considerino le cose tali quali sono di fatto, e con le quali a punto i partiti politici che vogliano positivamen~e operare debbono fare i conti - perché solo tra esse debbono sfonarsi a moversi in quanto che su di esse 11oltanto possono agire, - bisogna J"iconoscere che l'assioma della nazione armata, oggi, è di un semplicismo che fa torlo alla chiaroveggenza politica della democrazia. Non pure in Italia manchiamo di ordinamenti democrali••i, malg1·ado alcune apparenze formali e formalistiche, ma tra di noi perdura tuttavia, e resiste, e predomin11 ancora una buona parte di quell'ancien rè_qimo che Inghilterra e Francia, per es, han potuto combattere, e già in qualche modo più o meno superare di fallo durante i due ultimi secoli. Quindi urge prima di tutto che la rle111ocr.1ziapiù losto che voler la nazione armata - la nhzione armata, ahimè!, in un paese come il nostro dove ci sono ancora tanti analfabeti e tanti cri11:inali - studi, essa, e proponoa un dise<>no di riordinamento mililare attuabile, o o ~ . il qual disegno sia cosi tecnicamente svolto e hnanz1ariamenle connesso e politicamé11te coordinato alla realtà che possa trovare qualche consenso alla Camera, tal_ quale è composta, e tal quale verrà ricoinposta ancora, · presumibilmente, dopo dieci altre elezioni generali. Che se poi la Camern venisse a un confliLlo col Senato sul terreno del riordinamento militare per la riforma tributaria, quel conflitto sa1·0bbe mille volte benvenuto. . .. Intanto la democrazia deve condurre parallelamente lo studio delle due quisticni, tanto ardue dal lato politico quanto difficili dal lato. tecnico, e su di e_sse !' movimento delle idee, nel paese, e il proc"lsso dei faU1, al governo, dev'essere concomilante. Ma, fino ad oggi, ha forse la democrazia dimostrato, per ciò che risguarda la riforma tributaria, una capacità tecnica e politica mag~iore di quanta non abbia saputo attestare rispetto al 1-iordinamento militare? In generale - sia detto senza offenderci - noi non abbiamo ancora posto a noi stessi le difficoltà, le basi e i modi di codesta riforma. Gli è che noi sappiamo ben poco - eccettuato un piccolissimo numero de' nostri migliori per dottrina - che cosa essa significa, e conosciamo ancor meno tutto ciò ch'essa implica. Si, noi vorremmo pagar di meno all'erario; va bene. Ma, quali mezzi adoperare, per qual via p1·ocedere per giungere a pagar di meno all'erario? Comp1·enderei che ci si rifiutasse a pagare le imposte, ma non comprendo come si possa tanto gridare alla riforma senza aver meditato sopra un modo concreto e congruo per ottenerla. Gli è che neppure 10 tra 100 di noi che invochiamo per ogni verso la riforma tributaria sapremmo distinguere una tassa da un'imposta; e quali sono le imposte dirette e quelle indirette; e le imposte reali e qudle per sonali; o sapremmo dirti cos'è un reddito imponibile_ e un ammortamento di imposta. Tutti, si, chiediamo " giustizia nella ripartizione dei tributi :. ma, i più, sconosciamo perfettamente i termini e le forme dell'imposta proporzionale e di quella progressiva, come le innumerevoli incidenze delle imposte ecc. Né si tratta qui delle parole soltanto, di.parole che più o meno traducano distinzioni di teorici e disquisizioni di economisti: anche quando si fosse capaci di definire in un bel periodo l'imposta, il reddito, l'ammortamento, l'incidenza, ecc. sarebbe presso che niente. Perché si tratta di conoscer le cose che quelle parole indicano, di conoscerle nella loro complessità, e codeste cose si ignorano anche quando s'abbia avuto 30 agli esami di economia politica e di scien1.a delle finanze in una Università del regno! È ovvio, infatti, che pappagalleggiare un , manuale Barbera o le dispense del professore - cose ignobili rispetto alla scienza - non vorrà mai dire né studiare né sapere. · Il cittadino non ha l'obbligo di conoscere i termini e i problemi della riforma tributaria, cosi come, per es., non ha l'obbligo di conoscere i problemi della resistenza dei materiali quando dice che gli è necessaria una casa che non crolli, o come non ha l'obbligo di conoscere anatomia e fisiologia e terapeutica quando si sente male e chiede al medico che lo faccia star meglio in salute. Il cittadino che si sente oppresso dal fisco ha tutto il diritto di reclamare una riforma tributaria che gli scemi il fastidio o le privazioni. Ma un partito politico che vuol ,lottare ne! paese, nel parlamento e nel governo, un partito politico il quale affronti i problemi della finanza dello Stato con gli stessi criteri di un borghigiano di e< buon senso » - ch'è il peggior senso di tutti - è votato al perditempo e all'impotenza. Ed eccoci ora tornati, come a chiudere in un cerchio il discorso, al punto logico dal quale movemmo: rieccoci alla necessità di a 1•er coscienza degli effetti delle imposte. I recenti progressi della scienza delle finanze - alla quale gli economisti d'ogni paese _ven~on_oreca~do continui e sempre più valevoli contr1but1 d1 studi - han moltiplicato in questi ultimi anni le indagini sugli effetti delle imposte . « È noto - dice l'Einaudi - che la prima indagine de) diritto tributa,·io è la determinazione della base imponibile. Ora il criterio della scelta della base i':nponi~ bile poggia essenzialmtnte sulla conoscenza d"lgh effeLt1 delle imposLe. Tutti gli sgravi, tutte le riforme tributarie desiderate - a<>.,.iunge il nostro A. - « diventano nomi vani, senza pers~~a, qualora non siano fondati su di una solida dottrina degli effetti dell'imposta >J. La democrazia vuole per esempio la massima egua- <>lianza possibile nella distribuzione delle imposte sui bittadini, e vuo1e che l'imposta arrechi il minimo possibile ostacolo all'incremento delle produzione nazionale, comples-;iva. Sono, queste, due delle più intricate difficolta dell'ordinamento tributario, ma ad ogni modo, non foss'altro che per avviarsi a riconoscerle, a trattarle, a risolverle in qualche guisa approssimativa, è fondamentale lo studio degli effetti delle imposte. Poiché, ;:ome fa osservare !"Einaudi, "il fatto dell'imposta produce una moltitudine di effetti sull'equilibrio economico >l, e poiché lo studio di code!.Sti effetti deve

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