Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 19 - 15 ottobre 1902

514 RIVISTA POPOLARE .DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIAll Eh! eh.i sa i' Se la democrazia non si orienta un po' bene rispetto a questa riforma forse non soli noi !norremo prima che il fisco ci tolga un pochetto le mam da dosso, ma, come noi, e con lo stesso medesimo desiderio insodisfallo, morranno anche i nostri figlioli. Crepi l'asu·ologo ! D'accordo. Ma ragioniamo un tantino. Che cos'é una riforma tributaria f La storia - se non isbaglio - dimostra che una tale riform"'!i è stata sempre come il risultalo tangibile di una trasformazione avvenuta ndla compagine economica, sociale, politica di un paese. Ogni vera ed efficace r;forma tributaria è stata infatti il portato, e probabilmente il motivo fondamentale, immediato o mediato, di una rivoluzione. La storia ci indica inoltre che a base di ogni larga agitazione politica c'è il desiderio o. il proposito, il conato o la conquista, di una riforma tributaria. Questa può esser diretta a virnlaggio de' pochi che predominano in una città, a vantaggio delle classi rhe prevalgono in uno Stato, ed è al101·aantidemocratica, come quella che rive1·sa il maggior µeso delle lasse e delle imposte sulla massa del popolo meno abbiente. Oppure è reclamala e voluta dalla massa del popolo, a beneficio del\a massima pal'le di una data società, ed è alk,ra di carattere democratico, in quanto che deve necessariamente scemare i privilegi, le rendite, i profitti, delle classi oziose. Ebbene, supponiamo che pula caso nel regno della luna - ci sia uno Stato dove l'ordinamento tributario, già gravoso per tutti, ricchi e poveri, si ~imoslri doppiamente insopportabile' per la massa dei meno abbienti. Certo è che in codesto paese lunare le classi predominanti al governo non possono aver troppa voglia di riformare l'ordinamento tributario in senso democratico, e cioè a proprio svantaggio, sac1·ificando quella tal politiea militare, doganale, finanziaria, interna ed estera, che risponde - o si crede risponda - ai loro propri interessi malt!riali, alle loro vedute teoriche, ed è a punto diretta - o ;;i immagina diretta - ad assicurar loro la forza la ricchezza e il dominio. Non solo non ne avran voglia, ma decideranno di opporsi a un avvenimento di quella falla in nome <lell'ordine delle istituzioni, della famiglia, della patria ecc. S'è visto in. Olanda, anni fa, quel che i conservatori imputarono al Pierson che pure volle la più timida delle riforme tributarie! Ne consegue che i cittadini di quel supposto paese di Febo potranno bensì avere dal loro goveruo qualche corbellatura di riforma tributaria - specie in un momento politico peculiare, transitorio, quando allo Stato convenga, per disarmare un 'opposizione audace e crescente, di parer democratico e ben curante degli umili che muggiscono di malcontento ma una vera e propria e reale riforma tributaria, in senso democratico, non l'avranno mai. Dice anche l'Einaudi: « I canoni di equità e di giustizia sociale ciie gli uomini intendono adottare nella distribuzione dell'onere delle imposte variano a seconda delle cl~ssi detentrici del potere, a seconda delle idee prevalenti sulle funzioni dello Stato, ecc. ». Dunque, perché una riforma tributaria nel senso democratico sia resa possibile, ci vuole prima di tutto che altre forze politiche equilibrino o soverchino quelle predominanti. Ci vuole che codeste forze si affermi::io non già solo nel parlamento, per un caso delle urne, ma come quelle che sono radicale nel paese e sono sorte dagli interessi economici e stabilile dai rapporti sociali più attivi. Ma allora - chi non lo vede? - ci troveremmo in pr'lSenza di una di quelle t.rasformazioni nella compagine economica sociale e politica che sarebbe, o equivarrebbe, a qualche cosa - e lasciamo andare di nominarla - chP, per adesso, non è ragionevole sperare in Italia. Ebbene, se lutto ciò - per quanto troppo schemat:- camente affermato - ha un fondamento di storica verità, bisogna dedurne .:be una riforma tributaria nel senso democratico non può esser posta che verso la stazione di arrivo, e non già in quell3 di pa1·Len:r.a, nel cammino della democrazia politica. . E invece che fa la nostra democra1.ia ~ • .. Diciamolo francamente: malgrado lo sviluppo della coltura, ch'è ce1·to innegabile a' nostri giorni, e a m~lgrado della c1·escente parle~ipazione del popolo alla vita politica - per l'opera dei partiti democratici - partecipazione che si traduce in conoscenza e in esperienza, avviene tra noi che la democrazia &i ostina a concepire alcuni problemi politici in un modo evidentemente incong1 uo. Anzi, diremo che li concepisce come non fossero a punto problemi, e cioè composizione, risultante, intreccio di fatti soci11li, politici, fiscali, svoltisi tra condizioni varie, determinatisi in varie epoche, sovrapposlisi per necessità e contingenze molteplici. E uno dei semplicismi più tipici della democrazia italiana si rivelll precisamente nel modo ondo.: essa considera e risguarda la riforma tributaria. La nostra democrazia ha bensì un intuito positivo ed efficace: sa e proclama che una riforma tributaria nel senso democratico - la quale non sia cioé realizzata togliendo il peso dagli uni per rovesciarlo sugli altri - non è possibile senza ridurre le spese militari. Ma dun_- que, se l'ingente debito pubblico nostro lega indissolubilmente la riforma tributaria alla riduzione di quelle spese, é ovvio che chiedendo lo sgravio dei tributi si voglion due cose a un tempo, le quali, per divenire, ne suppongono .compiute molle altre, tanto vero che quelle due, da sole, basterebbero a indicare il fatto e ad esporre il risulta·l~ di una costituzione sociale e politica assai diversa da questa che, realmente, oggi esiste e, storicamente, può oggi esistere in Italia. Lavorare, agitarsi, lottare per~hè il fatto maturi, perché il risultato sia certo ed efficace, lutto ciò è serio ed è rispellabile. Ma ogl?i, cosi, chiedere al governo e alle classi da cui attualmente esso emanl\ che rinunzino a una parte de' loro interessi materiali, a una parte del loro predominio politico, a una parte de' loro ideali ecc. è, o mi sbaglio, una vera ingenuità. E allora f Non c'è nulla da fare f Tutt'altro! Poiché la democrazia dimostra di intendere perspicuamente che la riforma tributaria e il riordinamento militare son cose che non si possono scindere nemmeno nel campo delle astrazioni, noi dobbiamo cominciare dallo studiare, dall'int,rndere, dal porre coscientemente a noi stessi le difficoltà dei due problemi. In modo che la democrazia sappia moversi con passo più o meno lesto, ma sempre p1·oporzionato e sicuro, tra le cose che si debbono modificare e trasformare. Se non che, fin oggi, la democrazia, come partito politico, s'è dimostrala disadatta e incapace a trattare C?n criteri positivi le d"ue questioni inseparabili. Fermiamoci un poco su quella relativa al riordinamento militare. Dir sempre: « vogliamo la diminuzione delle spese per l'esercito e per la marina; vogliamo la nazione armata• è proprio meno che nulla per un partito che voglia in- , . fluire sul governo e magari al governo arrivare.

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