Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 19 - 15 ottobre 1902

RIVISTPAOPOLARE DI . POLITICA LETTERE E SCIENZE ·SOCIALI Direttore: D.r NAPOLEONE COLAJANNI (Deputato al Parlamento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese ITALI A : anno lire 6 ; semestre lire 3,50 - EST ERO : anno lire 8; semestre lire 4,50. Un nlllllero separato Oent. SO e»-Amministrazione : Via Campo Marzio N. 43. ROMA * AnnoVIII. - N. 19 Abbona.mento postale Roma, 15 Ottobre1902 E1":ILIO ZOLA

606 RIVISTA. POPOLA.RE DI POLT11CJ, LETTERÉ È t:;CIÈNZE SOCIA.LI 1801'cl:1'-:l'.ARI01 Noi: 611avvenimentie glì uomini: (\fa1•io n:1pisartli: Emilio Zola (con ritratto). - Il congresso repubblicano di Pisa. - Per la Sicilia. La capitale morale. - Una rettifica di Camillo Prampolini. - Epilogo di un viaggio. - Per le carte di Crispi. - Verso la pace. Sempre in tema di alleanze). - On. Dott. Napoleone Colajanoi. - Suffracrio universale e riduzione dclii! spese militari ([ me~z.i e il fine). - n. Salemi-Pace: A proposito della riforma tributaria (Studi sugli effetti tielle imposte). - Eug-enio :\lele: Per le carte di Crispi. - G. Sorel: La lotta an1iclericalc in Francia. - Giuseppe Paratore: Un libro di G. Sorci. - Arturo I,ahriola: Dal collettivismo alla libertà economica (Sul concetto tli socializzazione del processo eco1101n.i,o). - .J. Destrèe: Rirnluzione verbale e rivoluzione pratica. - Màrio Pilo: L'Esposizione d'arte decorativa moderna a Torino. - Rivista delle Riviste: La dichiarazione .di ,Romolo Murri (Cultura Sodale). - Militarismo. e nazione armata (l:tlucazione politica). - Illustrazioninel testo. GLI AVVENIMENTI _EGLI UOI\'lINI ~ E1':l:ILIO ZOLAC 1l Tra il ripiegamento miserevole di tante bandiere ·e l'abbiosciamento morboso di tanti scrittori, che, rinnegando la. storia, la scienza e sè stessi, sdilinquiscono in u11misticismo, che, se non è impostura da sagristja, è segno evidentissimo d'imbecillità, Emilio Zola fu Lll10 di. q11egli uomini interi e diritti, elle vivono e muoiono in piedi •. con l'occhio intento alla met.-'l.V ..I-lilgo lanciò la schiera dei s11oi mostl'i sublimi contro l'impero ,maledetto, ed ebbe ,la gloria di sconquassarlo, prima ancora che i Prussiani vincessero à Sédan e bombardasser·o civilmente Parigi. E. Zola ebbe Io stomaco cli srnuoverne le macerie, di penetrame i baratri pestilenti, di' osser,·arne il bulicame, di descriverne la putrcdio~. Gran parte dell'opera s11a fu ima req11isitorià solenne. .r accuse, ecco la sua parola. Maneggiò il fango, e ne plasmò tìgure indimenticabili. Abbrancò pe' capelli la borghesaglia impiastricciata di sangue e di mota, e la gittò al gran sole, additandola. ali' odio e al ribrezzo della moltitudi11e. Trattò col ferl'o e col fuoco le piaghe verminose della plebe; e pl'esente11do la vitt0r-ia del bene, inneggiò alla terra benigna, al lavoro rigeneratore, alla fecondità del I~·razze, al tr-ionfo della giustizia. Ebbe il coraggio del!' odio e dell'amore, la manìa eroica della sincerità: f'it un demolitore formidabile e un ricostrnttore pietoso. N, ,n possedea la seconda vista, come certi tìlosofì del (1) Oell''uomo e dello scriLtore scomparso improvvisamen'.e noi che veniamo in ritardo ci limiteremo a dare oggi pochi cenni biografici e l'elenco delle sue principali pubblicazioni. Promettiamo ai nostri lettori di pubblie11re pi(! tardi uno studio dell'opera sua letteraria. Intanto siamo orgogliosi di ornare questo numero con un giudizio sintetico che Mario Rapisardi, da noi pregalo caldamente, ci ha mandato, e che ci sembra degno di chi lo ha scritto e del grande che si vuole onorare. La Rivista. q11arto d'ora, che scambiano la !,/èienzacol s011namb11lismo e con lo spiritismo:; non vedeva nulla di là dalla sto1·ia e dalla na~ura; ma nò11 ostante il sI1O realismo crudele, -p,vea fede inco11c11ssa11ell0 idealità generose ~ella Yita. L'arte non fu per lui un aristo~ratico gingillo, ma 1111' arma rude di combattiménto; non 11n passatempo, ma un apostolato. Lè ric<.:hezzeacquistate non fecero che alimentar.e la sua fede nel bene. La gloria· non lo distvlse dalle fatiche e dai pe1·icoli ·dt>lle battaglie. Il pt=::nsatore, lo scr·ittor·e, il cittadino erano i11 lui '.proporzionati I ed _armon_izzati st11pendamente, fa:ceano -cli lui 1111 uomo-stat11a, iino di qnei mo~oliti viventi, di c11i una nazione, feconda come la Francia, non p11ò vantare, in 1111secolo, elle ral'issimi esernpj. M. RAPJSAHDI. Emilio Zol~ nacque a Parigi il 2 aprile 18i0 dall'ingegnere veneziano Francesco Zola e da Emilia Aubert francese. ' Il suo sviluppo intelletluale fu tardissimo: non imparò a leggere che a selle anni: alla scuola preferiva girovagare per le ca_rnpagne, tanto che no,n riusc't nemmeno a sLrappa1·e un qualsiasi ce,·Lificato di studi. eer la mancanza della lipenza liceale non potendo aspirare ad un pubblico impiego, si dette. ~Ila Letteratura. I primi anni furono per lui di lotte terribili per poter guadagnare tanto da pagare la pigione di una.soffitta e per sfama,·e sé e la madre rimasta vedova, senza un centesimo. Ma la tenacia di Zola fini col vincere. P1·ima impiegato ai docks a sessanta lire mensili, poi presso l'editore Hachetle a cento, il 24 ottobre 1864 dava alla luce il suo primo volume, Contes à Ninon. Nell'anno seguente pubblicava nel Petit Journal e nella Vie Parisienne i famosi articoli letterari, che più tardi dovevano essere raccolti nel volume Mes haines, e contemporaneamente dava alla luce le Confessioni di Claudio. Riuscito a rompere il ghiaccio dell'indifferenza del pubblico lasciò l'impiego, e da allora la sua produzione intellettuale fu a vero getto continuo. Pubblicò nelle appendici dei giornali Il ooto di una morta, 1 misteri di Marsiglia, Teresa Raquin - uno dei suoi più bei romanzi, col quale però non fece che 600 lire! - e Maddalena Ferat. Nel 1871 sotto il titolo Sto,,ia natumle e sociale di una famiglia sotto il 2° Impero, diede successivamente alla

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 15()7 luce venti romanzi che colle Fortuna dei Rougon, il fallo delt;abate Mouret, l'Assomoir, Una pagina d'amore, Nanà, Quel eh.e bolle in -pento.la, Germinai, La Terre, l'Argènt, la D~bàçle, il Dottor Pascal, •seg11arono per lui semp,1;e pi4 un crescente successo letterario e finanziarip. 1 . Vendei·o. poi Lour.des, Roma, Parigi, e i romanzi intitolati.J',Q11attro Eoangeli, dei quali sono già usciti -Il Lav[Jr:~? I,à F,econdita ed è i~ corso di_pu~b_licazio1~e La Ver.~ta, ~I ,quale doveva seguire La Giustuia, se I asfissia, il 30. set.tembre, non ave~se spenta una cosi .preziosa e.~islenza çhe si ~ra potentemente affermata nel campo _lettera~io cqme si affermò nel campo politico colla celebre lettera J'accuse,. in difesa del capitano Dreyfus, la quale dÒvev~ iniziare una generale rivolta contro la TriI.1ità militaristica clericale monarchica in Francia. ... Il Congresso rcpuhblicano di Pisa. - Si è imModica ed a Scicli - hanno tutto devastato cagionando la perdita' di centinaia di uomini e di molti milioni. Mai in Sicilia si era vista una catastofe simile! Le notizie diffuse in tutta Italia dai giornali, e le rela- . zioni ufficiali hanno suscitato un vivo e generale séntimenlo di orrore e di pietà nello stesso tempo, sicché da ogni parte, con uno slancio veramente commovente, si è avuta una esplosione di solidarietà, che non si è ,manifestata soltanto con le parole, ma anche e pili coi soccorsi di ogni genere ingenti, e sopratutto rapidi. Alla testa di questo movimento nobilissimo che stringe i legami di affeLto tra le varie regioni del Regno, meglio cl1e non facciano le leggi e gli altri artificiosi espedienti, sta Milano. Ivi gli uomini di ogni colore e di ogni gradazione sociale, dal sindaco Mussi al segretario della Camera del Lavoro Scaramuccia, dal Secolo e dal1' ltal~a del Pop0lo al Corriere della Sera e alla Perseoeranza, dalla Cassa di Risparmio alla Camera di ComDon ìUurri .. . . ' . . . . ' . ~- .... { .. Don .Murri imparerà a voler ;.:uardare le cose diversamente <la·'.cioche pcrmetle]il.JVaticano ! L't.d i'Jiliter ,u~i~cit ..... m I rinp·,1zi che no.i si [lJÒ più bruciar la gente in piazza! posto all'aLLenzione dei suoi a~versari monarchici e socialisti; e non e1·a facile dopo il Congres30 d'Imola Basta quasta constatazione per rilevame l'importan~a. Del Congresso di Pisa si occuperà 11el prossimo numero un valoroso repubblicano lombardo: Eugenio Chiesa, e torneremo ad occuparceJJe noi stessi con maggiore ampiezza rispondendo alle insinuazioni degli uni e agli errori degli altri, ma questo brevissimo cenno non possiamo chiuderlo senza notare l'analfabetismo di un corrispondente dell'Avanti I che non riuscendo a capire - po• vero diavolaccio, non ne avrà colpa alcuna•- l'altezza morale, cui assurse Giovanni Bovio parlando di G. Mazzini, se no vendicò trasmettendo un sunto telegrafico, che non volendo designarsi come un capolavoro di malafede, potrà servire per vincere il record dell'imbecillità. ... Per la Sicilia - l,a capitale mol'ale. - La pel'ia del Mediterraneo è stata "isitata ancora una volta dalla sventura. Cicloni e inondazio11i in una vasta zona della provincia di Catania e di Siracusa - specialmente a (Fischietto di :Torino) marcio francese presieduta dal Gondrand, hanno fatto a gara nel dare i propri contributi - ingente, L. 150.00, quello della Cassa di Ri~pw·mio - e nel raccoglierli per venire i II aiuto di tante sventure. E non solo li hanno raccolti, ma hanno anche pensato 8 distribuire i soccorsi colla massima rapidità, mandando sul luogo dei disastri Pollastri del Secolo e Brentani del Corriere della Sera con tale pietosa e generosa missione. La solidarietà nella sventura del continente, specialmente del Settentrione, colla Sicilia ha suscitato in tutta l'isola, e non nei soli punti dove i soccorsi sono ~lati distribuiti, ammirazione profonda pari alla riconoscenza. E viva soprattutto si sente l'una e l'altra per Milano che anche in questa OC•!asione ha saputo meritarsi il buon nome di Capitale morale ( 1). {l) Siamo lieti di annunziare che all'ultima ora ci è per\'enuto un articolo dell'illustre Prof. Capitò, Direttore della R. Scuola di applicazione degli Ingegneri di Palermo, in cui si propongono efficaci rimedi per limitare i danni delle piene torrentizie e per volgere a benelhio dell'isola le su~ forze idrauliche. Le idee con•

508 RIVISTA POPOLA.RE DI POLITICA., LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI Uua .rettifica di Camillo Prampolini. - L'onorevole Camillo Prampolini ci dirige' una lettera, in cui spiega il 'significato che intese dare altra volta alla parola sudici. Egli assicura che allora ignorava assolutamente il calembour del Gabelli e non si accorse dell'ingiuria nascosta in quel vocabolo sudici, ma credette proprio che l'autore dell'articolo, che aveva ospitato nella sua Giusti:;ia, lo avesse coniato ·per significare « uomini del Sud Jt. Noi _non esitiamo a dichiarare che se questa spiegazione ci venisse da altri la respingeremmo per la soverchia ingenuità sua; ma siccome ci viene dall'amico Prampolini, pel quale nutriamo stima ed affetto, e della cui sincerità non dubitiamo menomamente, ne prendiamo atto ben volentieri. .. Epilogo di un ,•iaggio. - Tale é staio il discorso pronunziato dall'on. Zanardelli a Potenza. Esso fu, dato l'uomo e la situazione, quale poteva essere. L'on. Presidente del Consiglio non potendo e non volendo promettere per non mantenere - ed ha già promesso troppo -facendo intravedere una nuova ferrovia -· ha divagato magniloquentemente sul patriottismo della Basilicata, ed ha anche un poco rubato il mestiere agli insegnanti di statistica. con una vera lezione sulla emigrazione. Di buono nel viaggio del Presidente del Consi_glio c' é la constatazione ufficiale, non controversa, delle tristissime condizio~i della regione visitata. Il punto culminante del problema é e rimane quello da noi segnalato sin dal primo giorno in cni ci siamo occupati del viaggio presidenziale: diminuire la schiacciante pressione tributaria. Vi accennò !'on. Fortunato nel suo saluto sobrio, rlignitoso, elevato, a Zanardelli, ed é stato bene esposto dall'Economista. L'autorevole rivista fiorentina nel suo numero dei 28 Settembre consacra un assennato articolo alla Basilicata per constatare eh~ questa regione desolata paga annualmente circa diciotto milioni di gravezze dirette e indirette, e che un terzo circa di questi oneri enormi sono pagati dai non abbienti. E conclude: « Ricevono i 500,000 « abitanti della Basilicata dallo Stato, cosi come é orga- « nif'zatò, un benefizio corrispondente alle gravezze a « cui sono assoggetlati T e b!on. Zanardelli ritorn mdo dal suo viaggio in Basi- << licata, si raccolga col suo collega delle Finanze e gli « dica che questa sperequazione tributaria se può esse- « re sopportata nelle provincie ricche, dove il pane vi é « pet· tutti, é una iniquità là dove cause gravi, qualun- « que siano, hanno ridotto il minimo bilancio domestico « al di sotto, molto al di sotto, del necessario. « E lo Stato prima di dare per sanare, provveda a « non togliere al di là del giusto "· Non si potrebbe dire e consigliare di meglio! Un'. ultima osservazione. Due uomini si sono con particolarità consacrati a richiamare la pubblica attenzione sul problema meridionale: Napoleone Colajanni e F. S· Nitti; e fino a ieri l'opera loro, o fu artificiosamente ignorata o fu calu!lniata. Non più tardi ·ìell'l 1 Decembre 1901 molti che sapevano ciò che il primo avrebbe dello alla Camera, in nome del cosidetto patriottismo lo scongiurava.no a tacere. Ma quando parlò e pose il problema sotto l'aspetto politico, morale ed economico, nei suoi veri termini e in modo chiaro, che confinava colla bru• talità, la impressione nella Camera fu enorme ed inditenute in questo studio saranno svolte dal Capitò nel Congresso sociologico che si riunirà in Palermo mentre noi scriviamo. Pubblicheremo l'art\colo nel prossimo numero. menticabile. I più avversi e i più ignoranti riconobbero la necessità di provvedere alle stridenti sperequazioni. La coscienza pubblica si é formata, e 11ellaunanimità della stampa nel giudicare sulle condizioni della Basilicata, che tanto si avvicinano a quelle di tutto il Mezzogiorno, se ne ha la prova. Abbiamo detto unanimità che ci sembra di buon augurio, e manteniamo la paro~ la no? ostante qualche voce dissonante: tale quella della Corrispondenza oerde che, riproducendo lo strafalcione della Tribuna, vuole commisurare l'imposta fondiaria al numer_o deg!i abitanti. No, o signori! Questa non può comm1surars1 che alla estensione ed alla fertilità della terra; ora la prima in Basilicata, relativamente al numero degli abitanti, é vasta; la seconda é minima. D'onde la fatalità dello spopolamento. Chi si allontana da questi criteri direttivi non può che fare falsa strada . ..... Pei• le ca1•te di Ct•ispi. - Il Governo rappresentato dal prefetto e difeso dalla Avvocatura erariale ha ier l'altro notificato la sentenza pronum;iata dalla 1.: sezione del Tribunale Civile di Napoli nella nota causa per l'Archivio Crispi. Contemporaneamente il Governo, accettando la sentenza per quanto riguarda il principio ammesso dal Tribunale circa la legittimità dello intervento da parte dello Stato nella successione di un . ex ministro, imµugna il 4° e 5° ,·apo, dove si dispose sul modo come debba procedersi allo esame delle carte ed alle possibili contestazioni. Conseguentemente si chiede alla Corte di Appello che questo esame sia fatto dal solo rappresentante governativo, senza la presenza ed il controllo degli interessati. Anche d0nna Lina Crispi ha ieri prodotto appello parziale. Ella accetta la sentenza agli effetti dello Stato e degli e,ecutori Giampietro, Damiani; Cardella, ma domanda che la Corte respinga lo intervento della figliuola, negando alla medesima ogni veste giuridica, nella successione paterna e quello dei creditori; le accordi una ind"eni:iità per il villino occupato dall'archivio; faccia a ei sola ·consegnare le carte private; decida i~ merito alla impugnativa della proprietà immobiliare di via Amedeo e condanni figliuola e creditori alle spese, danni, ecc. La principessa di Linguaglossa produrrà, in questi giorni, e sempre assistita dall'onorevole Grippo e dal prof. Mortara, appello contro il dritto che il Tribunale ha riconosciuto, tanto nello Stato, quanto negli esecutori, aggiungendo, per r1uesti ultimi specialmente, nuovi motivi giuridici e personali, oltre quelli svolti nel primo grado del giudizio. Ricomincia dunque lo spettacolo. Dopo tanto sinistro agitarsi fra le oscure quinte, i personaggi con uno invidiabile a;:cordo, fatti audaci del successo ottenuto nella prima rappresentazione, ritornano sul Grande Palco La compagnia é nota al pubblico: un vecchio senatore piccolo di mente e meschino di cuore, un umile paglietta, un modesLo impiegato ed una madre nobile. Attorno ad essi, siccome lo spirito informatore della cla~- sica tragedia, il regio governo. Né mancano i cori e le comparse, tra le quali, naturalmente il primo posto é lasciato al venerando senatore Fusco, intimo ed aulico consigliere di donna Filomena Barbagallo. Questo appello della compagnia, dopo i resultati del Tribunale, é veramente mostruoso. Senza pudore la intenzione del Governo é svelata - vergognosamente l'accordo fra la vedova, gli esecutori testamentari di F. Crispi e lo Stato it11liano é chiarito! E tutto ciò, questa nuova audacia specialmente, dicia-

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA., LETTERE E SCIENZE SOCIALI 500 molo con iafinita ama~ezza, è dovu~a alla indifferenza del pubblico e dei rappresentanti nazionali, innanzi ad ttn fatto, che avrebbe dovuto muovere ogni onesto. Anche ora, la Rivista farà il suo dovere. ... Verso la pace. Sempre in tema di alleanze. - patriottardi francesi, che in questa occasione vediamo con dolore di accordo coi nostri carissimi amici del Secolo e dell'Italia del Popolo, non sanno perdonare a Jean Jaurés il suo giudizio sull'ultima fase della Triplice alleanza dal punto di vista dell'interesse supremo della pace perfettamente identico al nostro. Che all'illustre socialista francese gli attacchi fossero venuti• dai na::ionalisti si comprende; e si comprendeva del pari che l'antisemita Libre parole del Drumont sia entusiasta dell'aLtitudine intransigente dal Parti Ouorier francais e scagli fulmini contro Jaurés e la Petite ltepublique che yivono nella realtà. I ,soo:ialisti intransigenti attendono la pace dalla totale trasformazione della organizzazione sociale; disprezzano e combatt ono, quind Le Signore clericali in Francia - Signora prefettessa, le mie visite finiranno col compromet. tere vostro marito col governo. - Ah ! ... Io ho già detto pubblicamente che voi venite a trovare uno dei nostri servitori. (Echo di Parigi). ogni temperamento ed ogni espediente che conduce alla graduale realizzazione dell'ideale. I nazionalisti guerrafondai, perciò, siccome non credono alla trasformazione totale degli ordinamenti attuali o la ritengono remotissima, ballono le roani agli intransigenti che non ne disturbano l'azione colle riforme parziali e cogli adattamenti opportuni. Fa meraviglia, però, il vedere che gli organi p1u autorevoli della borghesia liberale, Le Temps e L~ Journal des Debats, si siano uniti al coro dei det1·attori di J aurès. Ma questi è uomo da saper resistere vittoriosarn~nte agli assalti che vengono da parti diverse; o vittoriosamente ha risposto in parecchi;articoli della Petiie Republiq ue dopo quello da noi riassunto nel numero precedente della R1oista, in difesa del punto di vista suo e nostro. Egli ribatte gli argomenti della borghesia che crede nella eternità e nella fatalità della guerra - credenza che giustifica la esistenza del militarismo che dissangua i popoli - senza lasciarsi trascinare dall'ottimismo idealista. La direttiva sua e nostra nella quistione della Triplice e delle alleanze la riassume nitidamente in quesLr termini: « Nella politica estera e nella politica interna respingo l'assoluto. Non mi figuro le età del mondo nella stessa guisa del mito antico, come la successione di un periodo tutto d'oro ad un altro tutto di fe!'ro. So bene che tutte le riforme non riceveranno il loro compimento e la loro efficacia totale che dall'avvenimento completo del socialismo. So bene che la pace internazionale. non riceverà la sua definitiva e immortale garenzia che dalla perfetta ·organizzazione socialista. Ma credo del pari, che sia possibile sin da ora d'introdurre nel sistema sociale delle istituzioni, che lo trasformano, che pre-· parano e disegnano il comunismo. E credo che sia pos-· sibile sin da ora d'introdurre nel mondo aspro, diffidente e tormentato delle garanzie di pa'!e. « Ho visto nella trasformazione parallela della Triplit-.e e della Duplice AlleaMa una prima giustificazione d'i questa speranza. L'alleanza franco-russa tutta fatta di rumori chaur:oines da principio, ha lasèiato apparire a poco a poco il suo vero fondo ch'è la pace. La Triplice Chamberlain e i generali boeri Chamherlaln (ai geMmli Boeri): Vediamo, siate ragionevoli perché c'è modo d'intendersi. Noi prendiamo tutto, e vi lasciamo il resto: non si potrebbe essere più discreti! alleanza che non ,è stata mai deliberatamente aggressiva, ma che era molto brutale e diffidente, si apre a poco a poco, per mezzo dell'amicizia franco-italiana, ad uno spirito di confidenza e di cordialità». Ma dove Jean Jaurès mostra il maggiore coraggio - e noi, per quanto riguarda il passato, su quest11via non possiamo seguirlo - è nella difesa esplicita del fondo pacifico e difensivo esclusivamente della Triplice. A chi gli ricorda che essa ha mutato carattere ,fopo la conclusione della Duplice egli 1·isponde, che essa avrebbe avuto tempo di esplicare il suo spirito bellicoso ed aggressivo per molti anni, prima che l'alleanza della Francia e della Russia s0rgesse ad infrenarla. Gli affari della Tunisia e l'affare Schnaebaele avrebbero potuto somministrarle gradita occasione per venire alla guerra. Si è affermato, egli soggiunge, che Bismarck spinse la Francia in Tunisia e ad impegnarla nella politica coloniale a base di conquista nel Tonchino, nel Madagascar·, in Cina per indebolirla, aggredirla e averne ragione più facilmente. Ma Bismarck ottenne lo scopo di divergere le

510 RIVISTA pnPOLARE DI POLI17CA, LETTERE E SCIE.VZE SOCJALJ forze della repubblica e d'indebolirla; eppure ne, che doveva esser favorita dalla esistenza plice non venne ! l'aggressio- Triplice nello interesse supremo della nazione, alt1uanto della Tri- - più elevato - come a tutti ipsegnarono Mazzini e GaNei due gruppi di alleanze. infine, Jaurès continua a scorgere una condizione favorevole al mantenimento della pace: di una pace, che ha tutti gli svantaggi del militarismo, ma ch'è sempre preferibile agli orrori ed alle devastazioni di una conflagrazione europea e che può gradatamente avviare al disarmo ed al trionfo dell'arbitrato. Tale pace ritiene sempre pref~ribile alla guerra, non solo pei motivi economici e morali, ma anche per quelli politici e che direttamente riguardano 111. democrazia. La grande rivoluzione del 1789 fu soffocata nel sangue perché provocò alle guerre; perciò saviamente e Danton e Robespierre, che ne videro le conseguenze disastrose, avrebbero voluto impedirle e limitarle. Che la provocazione alla guer!'a sia venuta dagli uomini della rivoluzione, chi per lo appunto si assunse il compito d'illustrarne la storia.ci dimostra colle dichiarazioni di Thuriot e di Lindet nel 1793, colla accusa formulala contro Brisso·t e Lebrun di aver provocata la guerra contro l'Inghilterra. Noi ci associamo a gran parte delle considerazioni svolte da Jaurés nei numeri della Petite R~publique dell'8 e del 30 Sellembre e 11e ammiriamo il coraggio veramente straordinario che mostra facendole nell'amuiente della vicina repubblica saturo di militarismo e di chauvinisme; e vi insistiamo in Italia perché tra le fila de!Tademocrazia prevalgono ancora gli odi e i pregiudizi contro i nomi, che si confondono spesso colle cose. Abbiamo fatt..ouna riserva sul passato della Triplice che non crediamo cosi innocente, come sembra a Jaurés. Se Bismark non aggredì la F1·ancia quando la vide impegnata nella politica coloniale e in rottura aperta coll'Italia e non ancora era conchiusa la Duplice, ciò si deve al fatto che la Russia vegliava semp1·e per impedire un ulteriore indebolimento deìla Francia ed ingrandimento della Germania. Ha dimenticato Jaurés che prima che s1 concludessero e la Triplice e la Duplice, lo Czar impedì risolutamente che Bismarck compisse l'aggressione premeditata contro la repubblica, appena si convinse che il pagamento dei cinque miliardi d'indennità di guerra e1·a stai.o ft1llo rapidamente e che l'amputazione dell'Alsazia-Lorena aveva lascialo abbustanza vigorosa la Francia~ · Guardiamo con occhio diverso oggi la Triplice, non solo perché è mutata la sua intonazione, ma perché data questa nuova situazione la consideriamo come il minor male - un vero pis alter -. La rottura della Triplice in questo momento vorrebbe dire la guerra immediata; della quale territorialmente, con tutta probabilila le spese verrebbero pagate dall'Austria-Ungheria. Questa probabilità fdrebbe esultare nella tomba le ossa di Matteo Renato Imbriani; ma noi che pur non abbiamo alcuna tene1·ezza per !'Imperatore degl'impiccati e pel suo entow·a_ge ultra clericale ce ne preoc~upiamo come di un grave pericolo. La scomparsa dell'Impero Austro-Ungarico vorrebbe dire la scomparsa di un comodissimo cuscinetto, il totale schiacciamento dell'elemento italiano nell'Adriatico, su cui si affaccerebbero potenti e prepotenti due colossi: il pangermanismo e il panslavismo. Ecco, perché, in questo momento possiamo sembrare partigiani della Triplice; ma non ·10 siamo pei motivi, che la fecero prediligere dai nostri monarchici, o meglio dai nostri dinastici. E ci duole che il Secolo - forse per difetto della nostra esposizione - non abbia Lene inteso il nostro movente. Come i lettori possono comprendere stiamo orct per la ribaldi - d{ quello derivante dalle forme politiche. Del resto· anche su questo punto di vista battiamo un chiodo, che sfugge a molti repubblicani. I repubblicani - con particola ..ità quelli dell'Italia del popolo - odiano la Triplice per le spese militari che ci addossò, e soprattutto perché scorgono nella medesima un interesse dinastico. E come non si accorgono essi, che oggi sono i r8ppresentanti eminenti della dinastia per lo appunto che vedrebbero con gioja lo sfasciarsi della Triplice, e sperano in una guerra contro l'Austria f Ed hanno essi valutato la situazione che venebbe fatta alla democrazia da una guerra contro l'Austria-Ungheria, a cui' ci avrebbe fatalmente trascinato il vecchio irredentismo? Se fortunata, sarebbe seguita da una recrudesceuza di militarismo, - che in Italia non ha trad,zioni gloriose e che vorrebbe cancellare i ricordi di Custoza e di Adua, - a tutto danno della economia pubblica e della libertà; se disgraziata, sarebbe una catastrofe nazionale, di cui rifuggiamo di esporre le conseguenze disastrose, che neppure potrebbero essere compensale dalla proclamazione di una repubblica nata male, e che forse non potrebbe abbracciare lutto il territorio nazionale, dato che ai vincitori piacesse il lasciarla proclamare. Ecco le obiezioni che noi sottoponiamo agli amici dell'Italia del popolo; e vorremmo che le esaminassero senza preoccuperai _dell'attitudine dei socialisti nella quistione. Nor. SUFFRAGIUONIVERSALE E RIDUZIONEDELLESPESEMILITARI (I mezzi e il fine) --w Nessuno negherà in Itali!:l, l'abilità e il tatto politico del partito socialista italiano; qualità che rifulgerebbero più vivamente se non fossero offu. scate dalla scarsa lealtà verso gli affini-ai.:-versari e da un certo spirito settario, che chiamano solidarietà e disciplina di partito, e che li porta tal volta al fenomeno della doppia coscienza, che si esplica in un modo nelle intime conversazioni e in un altro in pubblico. E questi di_fetti naturalmente li trascinano a l'icorrere spesso al sofisma ammantato sotto tutte le forme: anche sotto quella di una esplosione .... di sincerit,ì. Abilità e tatto politico indussero il partito Socialista a promuovere una agitazione in favore della riduzione delle ,pese improduttive. e specialmente delle spese militari; la scelta e lo spirito settario certamente si affermeranno nello sconoscere che questa piattaforma fu messa innanzi da altri, e specialmente da repubblicani, pochi anni or sono, quando i socialisti - in attesa della collettivizzazione totale -disprezzarono e posero in ridicolo. La slealtà e il sofisma ad un tempo hanno già fatto capolino nalla polemica impegnatasi sulla agitazione pel suffragio universale promossa dai repubblicani, e sopratutto dal suo instancabile apostolo: Roberto Mirabelli.

RIVISTA POPOLARE bl POLITICA., LkTTERE É SCIENZE SOCIALI 511 Quali che possano essere i torti dei socialisti verso i repubblicani, questi commetterebbero un grave errore se non secondassero l'agitazione contro le spese improduttive, pur assistendo addolorati al tentativo dei primi, che probabilmente sarà coronato dal successo, di volgere a loro esclusivo e partigiano benefizio, il merito della iniziati va e dei possibili risultati. Ma essi devono insistere nella propaganda pel Suffragio universale e ribat~ tere i sofismi degli avversari-affini, dm la mettono in q1,1arantena e vorrebbero vedere rimanere nel limbo la grande riforma politica, solo perchè in questo momento non ne sono essi i propugnatori e gl'iniziatori privilegiati. Dell'attitudine dei socialisti su questa quistione si ha un documento in un articolo abile e spigliato di Enrico Leone, ch'è una delle teste quadre del socialismo meridionale. Egli, ripeté la tattica tazione socialista nella Camera dei Deputati. E l'on. Mirabelli dopo aver constatato che i socialisti stranieri, dissidenti ed ortodossi, da Engels a Kautsky a Bernstein, a Jaurès a Vanderwelde a Denis a Dufuisseaux. ecc., dal Belgio alla Francia, alla Germania, stanno pel suffragio universale, consiglia fieramente al partito repubblicano di continuare per la sua strada nel propugnare una riforma che è scala alla riconquista di altri diritti, politici e sociali. Sottolineo questa frase del :Vlirabelli perchè dovrò ritornarvi tra non guarì; intanto rilevo che se il deputato per Ravenna avesse preso atteggiamento di pupillo, per me avrebbe reso omaggio alla realtà •- una dea, a cui si deve sempre rendere omaggio, se non vuolsi andare incontro presto o tarrli ad inconvenienti gravi - ma non avrebbe cercato astutamente « un alibi politico alla sua inerzia nel mandi Filippo Turati dell'epoca - non preistorica I - in cui avrebbe gra-- dito un pizzico di rivoluzione - non copernicana, veh ! nè anfibologicamente alternata a volta· a volta, e distinta e confusa colla riforma - purchè fossero stati gli altri, precisamente i repubblicani, a farla, e senza che alla rivoluzione agognata dassero un dito o un pelo le masse operaie conquistate al socialismo. Il Leone ripete la tattica del Turati, ma con simpatia minore pel suffragio uni versale di quella che il secondo abbia manifestato , per la rivoluzione, s crivendo: « Una osservazioLo Czar · e la Pace cato nostro assenso alle sue iniziati ve. » \ , ~ . La realtà, che non in questa occasione constato per la prima volta, è questa: il partito socialista è assai più forte, e sopra tutto più diffuso del partito repubblicano; quello signoreggia so pr a tutto nelle masse, che si prenderebbero l'incomodo di assistere ad un comizio e di fare rumore. Il partito repubblicano riuscirebbe a fare una propa - ganda efficacenelle Romagne e in qualche punto delle Marche e dell'Umbria; for-sefallirebbe a Milano e a Genova, dove, pure essendo forte, dai socialisti viene conside- ' . ~ ., .. . •, I Da una parte scrive un indirizzo per la pace, dall'altro dà nuove ordinazioni di corazzate e di cannoni. • ne innanzi tutto. Non ci piace questo atteggiamen- « to di pupil1o che vuole assumere il partito repub- • blicano di fronte al nostro. Se la frazione re - « pubblicana sa di potere agitare con le sue idee « la pubblica opinione, se è convinta - come do - • vrebbe essere - di avere vita propria, auto- • noma e vigorosa, non stia a modellare i suoi « passi ai nostri, e tampoco cerchi un alibi poli- « tico alla sua inerzia nel mancato nostro assenso « alle sue iniziati ve. » Ora innanzi tutto una rettifica in via di fatto. Nella relazione <lell'on. Mirabelli al Congresso di Pisa sul suffragio universale non c'è traccia di atteggiamento da pupillo; e chi conosce l' uomo a priori esclude che possa esservi. L'on. Mirabelli - e fa bene - ricorda soltanto che solo i socialisti italiani non riconoscono l'urgenza e la necessità della gran de riforma politica, che del resto, a mio avviso, raddoppierebbe la rappresen- (Whare Iacob di Stuttgart) rato come un' accozzaglia di briganti verso la quale <leve adoperarsi il randello, e non tributargli applausi. La proposta repubblkana, quindi, se portata in piazza, senza o contro l'assentimento dei socialisti, è condannata a fallire. Ancora. Una minoranza che dice ad una maggioranza : " Questa riforma è nw:essaria, è utile ; colpa oost1·ase non attecchisce » non ricorre ad atteggiamento di pupillo, che si fa commiserare, ma assegna a chi 'lpetta la responsabilità della mancata riforma, e compie lodevolmente quel dovere, che credono di compiere quotidiap.amente i socialisti nella Camera e fuori rimproverando alle maggioranze di governo di non promuovere questa o quell'altra riforma, e addossando loro la responsabilità dei danni che ne derivano. In questi casi essi cercano forse un alibi politico ecc. ecc. 1 Al nodo della quistione. Enrico Leone, rispecchiante al certo la coscienza socialista italiana, *

M2 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALJ nel suffragio universale caldeggiato da Mirabelli scorge una eloquente prova dell'impenitente ideologismo repubblicano. Se si volesse ritorcere il giudizio ad Enrico Leone, giovane nutrito di buoni studi economici, come ben sanno i rettori di questa Rivista, si potrebbe fiomandare: ma non è peggio che ideologismo il vostro quando fate comprendere alle masse che colla falcidia delle spese improduttive si può colm.are il baratro della disoccnpazione ? .•• L'accusa d'impenitente ideologismo all'agitazione pel suffragio universale, poi, è intrinsicamente sbagliata. La riforma in sè stessa anebbe un contenuto politico, intellettuale e morale, che soltanto il socialismo italiano della vecchia maniera, e che io credevo tramontato del tutto, poteva deridere come ideologico. Ma il Mirabelli, che non è il primo venuto, e conosce la tattica dei suoi polli socialisti, stabilendo che il suffragio universa'.e è scala alla riconquista di altri diritti, politici e sociali, aveva già ribattuto anticipatamente l'accusa, assegnando al la riforma il significato genuino di mezzo per raggiunger-o. altri (lni. Data l'indole della su.a relazioné, e dato il pubblico cui si eivolgeva, egli avrebbe potuto fare a meu·o di dare degli esempi della stretta connessione tra riforme politiche del genere di ,.quelle da lui caldeggiate e riforme economiche e sociali; ma il Deeutato per Ravenna, sapendo che quod abundat non vitiat, pur incorrendo nella taccia di pred_icare a dei convertiti, tali esempi ha voluto ricOL'dare trnendoli dalla storia dell'Inghilterra e della stessa Germania; e molti altri avrebbe potuto aggiungere, che sr. contraddicono alle esagerazioni del materialismo storico, sono,pur sempre dei fatti reali, che distrnggono la qualifica d' ideologismo. Ma i rapporti, come di mezzo al fine, tra il suffragio universale e le altre riforme economiche e sociali, infine, emeegeranno lampanti dai risultati del! agitazione promossa dai socialisti per la riduzione del!e spese improduttive. Si farebbe offesa alla loro intelligenza se si affermasse che essi si illudono di ottenerne risultati pratici, diretti. Le masse che andranno ad applaudire nei comizi gli- oratori socialisti, - ai quali si ùovrebbero unire oratori repubblicani, e si potrebbero associare uomini come Giustino Fortunato, che non è nè repubblicano, nè socialista. - sono prive del diritto di voto in grandissima maggioranza, e perciò, si può essere sicuri che, almeno in quanto alle spese militari, la loro sarà vox ctarnans in deserto. Ho ristretto il risultato possibile alle spese militari, poichè in quanto alla riduzione degli interessi del debito pubblico la borghesia odiata e la stessa monarchia la vedono di buon occhio· e la conversione già viene discussa come riform~ probabile e prossima al di fuori e prima dell'agitazione socialista, che sfonderebbe una porta apt3rta. E qui potrei porre termine alle osservazioni, se un recente ed opportuno articolo dello stesso Mirabelli nella Italia del popolo _ non mi dasse agio a l'iferrnare il valore del CdSO particolare sin qui esaminato con _un altro esempio che vale sempre più a serrare la catena dei rapporti tra istituzioni politiche e vita economica e svciale. Il partito socialista, promuovendo l'agitazione di cui ci siamo occupati in vista delle tristi condizioni economiche del paese e specialmente del Mezzogiorno, reclama la pronta convocazione del Parlamento. La misura sarebbe opportuna. Ma si può sperare di ottenerla 1 Solo in un caso la rispost!l potrebbe darsi affermati va: qua.lora il Ministero tutto ritenesse indispensabile per la sua. esistenza la continuazione dell'appoggio dei socialisti; qualora i Ministri fossero con vinti che la denegata convocazione I i farebbe passare all'opposizione; qualora gli atti poteri dello Stato non trovassero da ridirvi; qualora questi stessi atti poteri si convincessero che le istituzioni coreerebbero maggiori J)ericoli opponendosi alla richiesta .... Questa ultima ipotesi ci conduce ad esaminare il precedente ti pico della convocazione del Parlamento richiesta dai deputati ed ottenutasi nel 1870, e ricordato dal Mirabe!li. Non dirò che la riduzione delle spese improduttive e i provvedimenti contro la crisi economica, non siano questioni importantissime; ma certo esse non hanno l'importanza, e sopratutto l'urgenza - non bisognava lasciare sfuggire allora l'occasione eccezionale che si presentava - dei moti vi che determinarono la richiesta nel 1870. Se la richiesta fu soddisfatta, però, ciò avvenne non per la importanza e l'urgenza dei motivi, - in alto tali moti vi furono designati colla storica frase: la grande batoussada I -; ma per altri più convincenti. Allora i deputati che premevano per la convocazione si chiamavano Orispi, Bertani, Fahrizi, Nicotera ecc.,... Per intelligenza, per coltura essi certamente erano al disotto degli attuali deputati socialistL Ma quelli minacciavano la rivoluzione .tout court, la rivoluzione senza agg,~ttivi, ed erano capaci di Carla. I socialisti se ripetessero la minaccia - e non sogneranno nemmeno di accennarla - susciterebbero la più schietta ilarità: si sa che essi accennerebbero alla rivoluzione copernicana ... da verificarsi da qui ad un se- .colo. È essa necessaria la pronta convocazione del Parlamento come pensano i socialisti? Bbbene essi la otterrebbero sicuramente, legalmente, senza ricorre a minacciose intimazioni, se le istituzioni politiche che ci reggono fossero diverse. È il Minibelli che giudica sterile la richiesta dei socialisti e ricorda quanto appresso: • In !svizzera - per la costituzione federale del 29 maggio 1874 - l'assemblea può essere convocata straordinariamente, su la istanza di una parte dei membri del Consiglio Nazionale o di cinque Cantoni: Les deux Conseils s'assemblent chaque- année une fois, en session ordinaire le Jour · fi,xé par le réglement. Ils sont extraordinairement convoquès par le Conseil f éderal, ou &ur la

JUVJSTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALJ 5l3 demande du. quart des ruembres du. Oonseil Na-tional ou sur celle dè cinq can-tons (art. 86) ». « In Francia - per la legge costituzionale sui rapporti de' poteri pubblici ·del 16 luglio 1875 - la Camera e il Senato possono essere anche straordinariamente convocati dalla maggioranza assoluta de' membri di ciascuna delle due assemblee legislative: - Le Président de la Rèpublique prononce la.clòture de la session. Il a le droit de c9nvoquer extraordinairement tes Chambres. Il devra les convoquer, si la demande en est fai-te, dans l'in-tervalle des sessions, par la :rnajori-té absolue des :rne1:ubr.es co:rnposant chaqu.e Cha:rnbre (art. 2) ». Nulla di simile si legge nella Costituzione albertina. Ma in Isvizzera e in Francia c'è la repubblica; in Italia ci godiamo la monarèhia, la quale a giudizio dei socia! isti non vale la pena di disturbare, e che scomparirà, automaticamente, il giorno in éi1i ci sarà l'avvento del collettivism')... se pur non si troverà prudente ·di porre la nuova organizzazione sociale sotto l'egida cli un Re!. E qui mi arresto perchè l'articolo si è fatto lungo e perchè temo di ripetere argomenti sui quali ho tante volte insistito sulla necessaria connessione tra le riforme politich~ e le riforme economiche e. sociali. Ed io che del partito socialista sono tutt'altro che avversario, sebbene tale mi tacciano apparire talora le asprezze del linguaggio e la frequenza delle critiche, tennino augurando al medesimo - ed augurando perciò alla democrazia tutta - che nel suo seno si rafforzi e prevalga la corrente rappresentata da Arturo La.briola, da G. Rensi, da E. C. Longobardi e da pochi altri, che non guardano con disprezzo come a cose inutili alle riforme politiche, ed a quelle che idealmente le comprende: la repubblica democratica (1). DOTT. NAPOLEONE COLAJANNI Deputato al Parlamento (1 Sono noti ormai in Italia il Labriola e il Rensi. Voglio con_: sacrare una parola al Longobardi, che è stato prescelto a far parte del Comitato direttivo del partito socialista italiano. E un giovane intelligente, colto, modesto - forse troppo; ed è un forte carattere. Quali siano le sue i,lee politiche si può desumere da un recente suo scritto: L' indiri:;:;o politico del pat·tito socialista (Napoli, E. Chiurazzi, Editore, 1902. Cent. 30) che in parte vide la luçe in questa rivista. Una nota caratteristica: E. Longobardi è rivoluzionario ... ma non copernicano. Ne so qualche cosa per prova. SJn sicuro che nella Direzione del partito socialista si troverà spesso in conflitto cogli altri suoi compagni riformisti e rivoluzionari ... per burla. Si rammenta agli abbonati che ancora non: si sono messi in regola a voleflo far subito· inviando, fino a tutto ottobre, cartolina vaglia al nostro Direttore On. Napoleone ColaJanni CASTROCIOVANNl APROPOSITO DELLRAIFORTMRAIBUTARIA Studi sugii effetti delle imposte (I). Quesli dell'Einaudi sono studi di grande interesse e di « altualità » indiscutibile per noi italiani, che, com'è noto, relativamente alla nostra ricchezza, siamo tra i popoli piu gravati d'imposte che ci siano al mondo. E leggendo queslo libro dell'Einaudi sugli effetti delle imposte, m'è venuto in mente di esprimere - con quella libertà che consente il direttore di questa Rivista - alcune considerazioni sull'attiludine presa dalla noslra democrazia rispetto al problen,a urgente della riforma tributaria. Questa riforma, <!he rimarrà sempre una vera e propria quadratura del circolo :fin che ci ostineremo a sciupar milioni nelle spese improduUi ve, ha ormai un tal carattere imperioso che nessun partito e nessun ministero ha osato negare. Tutti ripetono infatti che la riforma tributaria « si impone » e che con i nostri sislemi fiscali « non si• può andare avanti». Però, come lutti sanno, è da un buon quarto di secolo che si dicono codeste cose e quella riforma non s'è ancora imposta, e continuiamo ad andare avanti p1·oprio allo stesso modo. È vero: fu abolito il « macinato » - di assai brutta memoria - ma d'allora in poi il fisco ci ha macinalo le tasche anche peggio di prima. E che potremmo adesso sperar di diverso~ Nulla, o ben poco, dal momento che perdurano immutate nella politica generale come ne11'01·dinamenlo amministrativo dello Stato le cause prime della nostra oppressione fiscale. Capisco: adesso c'è il governo liberale. E molto buona cosa, certamente, é un governo liberale. Ma non forse anche 25 anni a dietro ce ne fu uno che volle sembr11re e fu creduto liberalissimo f Per esempio, a proposito della riforma tributaria, l'on. Depretis fece allora a Stradella alcune· dichiarazioni siffattamenle senna te che allargò i cuori. Ma poi, cos'è cosa non è, tasse ed imposte continuarono a graodinar sulle spalle degli italiani: Né la tormenta cesserà così presto I Senza dubbio, gli effetti della noslra politica lributaria - cosi spietata_ verso tutte le energie economiche della nazione, contro ogni più moderno spirito di intrapresa, e principalmente co!'ltro i piu sudati frutli del lavol'O - quegli effetti sono lanto noli, e da Lanto tempo risenlili che, solo a udire il titolo del libro dell'Einaudi, molti esclameranno: - O come ci si viene ancora a parlal'e di studi su- .gli effetti delle imposte~ Purtroppo, codesti effetti ormai li conosciamo a meraviglia I Altro che studi I Sgravi ci -abbisognano, e non libri ... - E, ad occhio e croce, l'obiezione può magari sembrar giust11 - almeno in quanto che nessuno può trovarla ingiustificata nel risentimento che la inspira - ma in fondo, come raziocinio, essa è sbagliata di sana pianta. Perché, come a punto dice l'Einaudi, « nessuna riforma può essere iniziata quando non siano indagali gli effetti reali delle imposte che si vogliono abolil'e o modificare ed insieme gli effetti probabili delle nuove imposle che alle prime si vogliono sostituire». Coloro che amerebbero risolver le quistioni con la bacchetta magica di una legge nuova scrolleranno le spalle e diranno che se dove.;;simo far proprio codesle indagini prima di avere una riforma tributaria ci toccherebbe di morire assai prima di poterne salulare lo ,inizio. (1) ~ulgl Einaudi Studi sugli tlffelti delle imposte - Torino - l<'.lh Bocca, 1902 - L. 6.

514 RIVISTA POPOLARE .DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIAll Eh! eh.i sa i' Se la democrazia non si orienta un po' bene rispetto a questa riforma forse non soli noi !norremo prima che il fisco ci tolga un pochetto le mam da dosso, ma, come noi, e con lo stesso medesimo desiderio insodisfallo, morranno anche i nostri figlioli. Crepi l'asu·ologo ! D'accordo. Ma ragioniamo un tantino. Che cos'é una riforma tributaria f La storia - se non isbaglio - dimostra che una tale riform"'!i è stata sempre come il risultalo tangibile di una trasformazione avvenuta ndla compagine economica, sociale, politica di un paese. Ogni vera ed efficace r;forma tributaria è stata infatti il portato, e probabilmente il motivo fondamentale, immediato o mediato, di una rivoluzione. La storia ci indica inoltre che a base di ogni larga agitazione politica c'è il desiderio o. il proposito, il conato o la conquista, di una riforma tributaria. Questa può esser diretta a virnlaggio de' pochi che predominano in una città, a vantaggio delle classi rhe prevalgono in uno Stato, ed è al101·aantidemocratica, come quella che rive1·sa il maggior µeso delle lasse e delle imposte sulla massa del popolo meno abbiente. Oppure è reclamala e voluta dalla massa del popolo, a beneficio del\a massima pal'le di una data società, ed è alk,ra di carattere democratico, in quanto che deve necessariamente scemare i privilegi, le rendite, i profitti, delle classi oziose. Ebbene, supponiamo che pula caso nel regno della luna - ci sia uno Stato dove l'ordinamento tributario, già gravoso per tutti, ricchi e poveri, si ~imoslri doppiamente insopportabile' per la massa dei meno abbienti. Certo è che in codesto paese lunare le classi predominanti al governo non possono aver troppa voglia di riformare l'ordinamento tributario in senso democratico, e cioè a proprio svantaggio, sac1·ificando quella tal politiea militare, doganale, finanziaria, interna ed estera, che risponde - o si crede risponda - ai loro propri interessi malt!riali, alle loro vedute teoriche, ed è a punto diretta - o ;;i immagina diretta - ad assicurar loro la forza la ricchezza e il dominio. Non solo non ne avran voglia, ma decideranno di opporsi a un avvenimento di quella falla in nome <lell'ordine delle istituzioni, della famiglia, della patria ecc. S'è visto in. Olanda, anni fa, quel che i conservatori imputarono al Pierson che pure volle la più timida delle riforme tributarie! Ne consegue che i cittadini di quel supposto paese di Febo potranno bensì avere dal loro goveruo qualche corbellatura di riforma tributaria - specie in un momento politico peculiare, transitorio, quando allo Stato convenga, per disarmare un 'opposizione audace e crescente, di parer democratico e ben curante degli umili che muggiscono di malcontento ma una vera e propria e reale riforma tributaria, in senso democratico, non l'avranno mai. Dice anche l'Einaudi: « I canoni di equità e di giustizia sociale ciie gli uomini intendono adottare nella distribuzione dell'onere delle imposte variano a seconda delle cl~ssi detentrici del potere, a seconda delle idee prevalenti sulle funzioni dello Stato, ecc. ». Dunque, perché una riforma tributaria nel senso democratico sia resa possibile, ci vuole prima di tutto che altre forze politiche equilibrino o soverchino quelle predominanti. Ci vuole che codeste forze si affermi::io non già solo nel parlamento, per un caso delle urne, ma come quelle che sono radicale nel paese e sono sorte dagli interessi economici e stabilile dai rapporti sociali più attivi. Ma allora - chi non lo vede? - ci troveremmo in pr'lSenza di una di quelle t.rasformazioni nella compagine economica sociale e politica che sarebbe, o equivarrebbe, a qualche cosa - e lasciamo andare di nominarla - chP, per adesso, non è ragionevole sperare in Italia. Ebbene, se lutto ciò - per quanto troppo schemat:- camente affermato - ha un fondamento di storica verità, bisogna dedurne .:be una riforma tributaria nel senso democratico non può esser posta che verso la stazione di arrivo, e non già in quell3 di pa1·Len:r.a, nel cammino della democrazia politica. . E invece che fa la nostra democra1.ia ~ • .. Diciamolo francamente: malgrado lo sviluppo della coltura, ch'è ce1·to innegabile a' nostri giorni, e a m~lgrado della c1·escente parle~ipazione del popolo alla vita politica - per l'opera dei partiti democratici - partecipazione che si traduce in conoscenza e in esperienza, avviene tra noi che la democrazia &i ostina a concepire alcuni problemi politici in un modo evidentemente incong1 uo. Anzi, diremo che li concepisce come non fossero a punto problemi, e cioè composizione, risultante, intreccio di fatti soci11li, politici, fiscali, svoltisi tra condizioni varie, determinatisi in varie epoche, sovrapposlisi per necessità e contingenze molteplici. E uno dei semplicismi più tipici della democrazia italiana si rivelll precisamente nel modo ondo.: essa considera e risguarda la riforma tributaria. La nostra democrazia ha bensì un intuito positivo ed efficace: sa e proclama che una riforma tributaria nel senso democratico - la quale non sia cioé realizzata togliendo il peso dagli uni per rovesciarlo sugli altri - non è possibile senza ridurre le spese militari. Ma dun_- que, se l'ingente debito pubblico nostro lega indissolubilmente la riforma tributaria alla riduzione di quelle spese, é ovvio che chiedendo lo sgravio dei tributi si voglion due cose a un tempo, le quali, per divenire, ne suppongono .compiute molle altre, tanto vero che quelle due, da sole, basterebbero a indicare il fatto e ad esporre il risulta·l~ di una costituzione sociale e politica assai diversa da questa che, realmente, oggi esiste e, storicamente, può oggi esistere in Italia. Lavorare, agitarsi, lottare per~hè il fatto maturi, perché il risultato sia certo ed efficace, lutto ciò è serio ed è rispellabile. Ma ogl?i, cosi, chiedere al governo e alle classi da cui attualmente esso emanl\ che rinunzino a una parte de' loro interessi materiali, a una parte del loro predominio politico, a una parte de' loro ideali ecc. è, o mi sbaglio, una vera ingenuità. E allora f Non c'è nulla da fare f Tutt'altro! Poiché la democrazia dimostra di intendere perspicuamente che la riforma tributaria e il riordinamento militare son cose che non si possono scindere nemmeno nel campo delle astrazioni, noi dobbiamo cominciare dallo studiare, dall'int,rndere, dal porre coscientemente a noi stessi le difficoltà dei due problemi. In modo che la democrazia sappia moversi con passo più o meno lesto, ma sempre p1·oporzionato e sicuro, tra le cose che si debbono modificare e trasformare. Se non che, fin oggi, la democrazia, come partito politico, s'è dimostrala disadatta e incapace a trattare C?n criteri positivi le d"ue questioni inseparabili. Fermiamoci un poco su quella relativa al riordinamento militare. Dir sempre: « vogliamo la diminuzione delle spese per l'esercito e per la marina; vogliamo la nazione armata• è proprio meno che nulla per un partito che voglia in- , . fluire sul governo e magari al governo arrivare.

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