RIV~STA. POPOLA.RE ÌJJ l'OL111CA., LET'l'ERE E SCIENZE SOCIALI non sono abrutiti da un lavoro accessivo: ce n'è - e il loro numero crescerà a misura che la legislazione intervenzionista si svilupperà - di quelli che ::anno qualche ora d'ozio e qualche cultura. Di più, se vi so.no delle bellezze che una erudizione preparatoria permette solo di apprezzare completamente, ve ne sono altre che sono più accessibili. E poi, non si tratta d'imporre l'amore del bello alla classe operaia, ma si tratta soltanto di non escluderla da esso. Perché, io vi domando, in virtù di quale pretesa nozione della vostra superiorità potrete voi credere 1·iserva ti a voi soltanto i godimenti squisiti delle opere di arte 1' In questo dominio sentimentale, chi sa se le emo- ;,;ioni di uu uomo semplice non valgano quanto quelle di un letterato'? Vi sono in questo dominio dei tesori la cui ricchezza non si manifesta che agli occhi che sanno vederla; vi sono delle fonti che deliziano soltanto quei che hanno sete; lasciate chi vuole, ammirare quei tesori, bere a quelle fonti. Il Vt!ro padrone di un'opera d'arte non è il suo possessore, ma chi l'ama e la comprende. Ed è questo uno dei caratteri sacri delle ricchezze estetiche, quello cioè che, a differenza delle maledali, esse non si esauriscono coll'uso: si ha un bel portare nei suoi occhi il tèsoro, il suo splendore per questo non diminuisce, e l'acqua della fontana versa senza disseccarsi l'entusiasmo e la gioia. L'arte allarga la vita: nessuno ne può essere allontanalo. E io aggiungo: il bisogno della Bellezza è mollo più generale di quel che non si crederebb'e limitandosi a pensare soltanto all'indifl'erenM del tale operaio o del tale borghese dinanzi ad un affresco di GiolLo o ad una fuga di Bach. Perché, c.ome spiegare altrimenti che con . questo bisogno della Bellezza la febbre di curiosità con la quale i pubblici di ogni età, di ogni co11di7.ionesi preçipilano alle cerimonie ufficiali, alle pompe religiose, ai passaggi dei reggimeuli 1' Che cerca là l'occhio se non irn pò di movimento e di calore, uno spettacolo, una decorazione, una scnzazione fu1tiva e inferiore di Bellezza? (Continua) JULES DESTRÉE, Deputato al Parlamento Belga. " IL DOLCE SERMONE ,, 1 ?f'' Di Virgilio La Scola - poeta siciliano che non è più alle prime armi, ma il cui nome, per la eccessiva modestia, l'indole solitaria, il carattere austero, non ha la fama che troppi, minori di lui godono oggi in Italia - si è pubblicato qualche mese addietro un carme squisito: • Il Dolce Sermone•, del quale, in questo singolare momento di rifioritura francescana parmi doveroso dare una breve notizia a' lettori della Rivista Popolare. Nel • Dolce Sermone» il soavissimo poeta ha saputo trasfondere tutto lo spirito della leggenda di San Francesco; tutta la suggestiva idealità della figura di lui, dinanzi alla quale, a cagione dell'elevato panteismo ond'è suffusa, cristiani, ebrei, buddisti, filosofi, filantropi, fraternamente confusi, potrebbero inchinarsi. l Virgilio La Scola: Il DolceSermone, Palermo, R. Sandron 1902. Nel poverello di Assisi il sentimento della natura è così pieno, così vero e immediato come in nessun altro de' santi e degli anacoreti della religione di Cristo. È sentimento che si esplica in parole d'una tenerezza infinita, in azioni d' una bontà immensa. Egli benedice frate Sole, • che ilmina il mondo; e:l è bello e radiante di splendore •; conversa coi pesci del mare, con il lupo ùi Agobio, e ode intorno a sè blandi susurri di fronde annuenti, frulli d'ale, e note allegre di rondini; fremiti di creature doloranti e voci di acque commosse, mentre get·minano nell'intima terra le gemme schiudentisi alla vita. e trema per tutto il bosco. O la sacra primavera della terra d'Umbria e la malinconia ineffabile della voce di Francesco quando, fra tanto sorriso di verde, di azzurro, di cobalto; fra tanto assentir di fronde, di trilli, di sospiri, chiudeva l'inno a Dio benedicendo anche H Creatore l per sora nostra morte corporale dalla quale nullo uomo vivente pué scampare. . • • Or di questa figura che arte e filosofia hanno in ogni tempo preso a trattar con amore - incominciando dal!' Alighi~ri, il sommo fra i poeti, per finire a Paul Sabatier, l'insigne filosofo-artista francese contemporaneo nostro - Virgilio La Scola ha saputo, con ·nuova e più moderna inspirazione, ridarci il fascino possente. È l'anima di un finissimo poeta che legge dentro l'anima del Santo, e ce lo riproduce in mezzo al divin quadro degli umbri campi, nella ideai comunione con tutto che gli sta intorno e che palpita al palpitar di lui. Francesco è su le alture, quasi fantasma lieve ili, un roseo mattino, con l'aerea fronte al sole estremo, e Da la soglia, lassù, de l'Infinito, di silenzi velata e di frescura, come da un sogno si levò smarrilo. Trascolorava, giù, ne la pianura, in. un solo stupor religioso, l'umido verde entro la pace pura; e con brivido occulto e spazioso , confidar la secreta anima intorno de le cose Egli udia. Cl)si, pensoso, senti lasciarsi dal morente giorno, e in quell'onda d'azzurro e d'innocenza dolce una voce susurrargli attorno, ansia d'amore, larga di clemenza. Nell'ineffabile tenerezza di un tramonto umbro il Santo sorprende gli echi di due mondi, e nella pace della natura il desiderio lo vince d'una pace novella, • fatta la terra un sol tempio di Dio». Allora leva l'armoniosissima voce all'Infinito, e lente, soavi, di una dolcezza che sa di cielo, fluiscono le ·note di vine: O benedetti voi che a le terrene ansie recate con assiduo volo la parola che dà calma a le pene 1 Stanchi, ma paghi, di laggiù tornate, ove il tumulto de le cose vane, non ispento col giorno, alfin placate con trilli che udirà l'alba, dimane,
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