Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 18 - 30 settembre 1902

486 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE 1l SCIENZE SOCIAU in ltalia i beni demaniali .e dell'Asse ecclesiastico si alienarono pazzamente e le ferrovie si sono date in esercizio ai privati, assicurando allo Stato un reddito di poco più di 100 milioni all'anno. LA RIVISTA POLITICA ESTERA Il pericolo, che per i pt·imi annunziammo, si fa sempre più grave, la corrente austrofoba, sapientemente ed ignorante,nente aizzata da una s~ampa corrotta o cretina, fa strada allegramente. Pochi giorni or sono si é annunziato che Vittorio Emanuele leggendo il bestiale discorso del signor Pelletan (ahi, ahi, se il balordo oratore fosse stato un ministro austriaco!) avesse sorriso ed avesse proclamalo: « Il peric1lo non è da questa parte ». Evidentemente alludeva all'Austria! Oggi la Tribuna ci fa sapere con un discreto preludio di tamburi che Vittorio Emanuele ha invialo un grazioso telegramma al Comitato irredento di Roma. O buon'anima di Francesco Crispi ! Il grave però é questo: codesti atti sovrani, che non dis~utiamo, procreano, da parte di quella stampa sopra definita, commenti, esclamazioni, pericolosissimi, in un paese, nel quale l'impulso prevale sulla ragfone. A tuLlo ciò si aggiunge per miseria nostra, che un qu11lunque sentimentale profugo di Trieste, di Trento, di Zara oramai é diventalo elemento indispensabile nel giornalismo patrio. In questi ultimi tempi le maggiori riviste europee hanno pubblicato scritti più o meno obbiettivi, ma sempre dal titolo: « L'irredentismo dinastico in Italia ». Ed infine fra la pleLe parlamentare si parla addirittura di una guerra nazionale, rimedio efficace pell'italica indifferenza. Ora, diciamo una buona volta che la nostra parola è semplicemente animata dallo spirito civilmente pacifico, dalla persuasione che i nostri interessi in Austria con una azione dignitosamente pacifica potranno meglio esser tutelati, dalla sicurezza in ulLimo, che la indifferenza del nostro popolo si cura con un buon governo e nella scuola piuttosto che sul campo di battaglia. A tutto ciò si aggiunge un sospetto, che da tempo non lascia la mente nostra: tutto codesto movimento non gioverà in fondo a qualche altra nazione, che, per ragioni di prudenza e di politica non é al caso di farlo f Ed allora f.. Insomma, domandiamo, abbiamo si o no stretta una alleanza f Continuando di questo passo, non potrà qualcuno pensare che rinnovammo la alleanza, per costrizione. anzi per imposizione f Insomma, perché tutti questi bellicosi pubblicisti e politicanti non riconoscuno che un solo nemico ha l'Halia nella monarchia austriaca, ed in Europa, e nel mondo: il Vaticano'!' Perché, così coraggiosi, non .sanno alzar la voce contro il Cardinale Rampolla? Ma il cardinal Rampolla è il buon santo protettore degli slavi, e la Russia in questo irredentismo dinastico ecc. Questa condizione di cose non può, nè deve durare. Cou tutto il ritorno allo Statuto, noi siamo, grazie agli Dei, in un Governo parlamentare; e se l' art. 5 della Carta permette al potere regio certa iniziative nella politica estera, e se la formula di Thiers é falsa, non è men vero che il Parlamento può - in nome degli interessi nazionali - e deve sapere imporre al Governo una politic11 seria e dignitosa. Conviene una buona volta lasciare gli equivoci: dica il Gabinetto Zanardelli una parola, che ci sbarazzi di questi politicanti dinastici (sono essi invece che rendono un cattivo servizio alla dinastia l) - ovvero confessi il signor Prinetti quella sua funzione, attribuitagli all'estero, di commis ooyagew·, ma non della aristncratie romaine.... SEPP Saggsui lmovimento operaiinoFrancia(1> Confesso anzitutto nell'occuparmi di questi Saggi che il nome dell'autore mi era ignoto e che il titolo mi faceva sospettare uno dej tanti libri - raramente sprovvisti di pregi - che si pubblicano in Fran ;ia sul socialismo e sulle quistioni sociali. L'indice diceva poco; una tricotomia: I. Il sindacato; II. La cooperativa, l'Università popolare, la Casa del popolo; III. L'azione politica. Inultimo la sua brava, conclusione. I titoli dei capitoli delle tre parti erano meno promettenti; perciò lessi le prime pagine che mi capitarono colla ferma intenzione di scriverne una recensione anodina come tante se ne pubblicano. Ma le pagine lette m'interessarono e mi spinsero a leggerne delle altre e continuai rapidamente sino all'ultima pagina. Di fronte a questo libro non voglio fare della · critica; non dire ciò che vi· manca o ciò che c'è di più o che non si trova al suo posto; non rilevare come alcuni suoi giudizi mi sembrino errati - ad esempio quello su Roberto Owen, che fa il paio coll'altro. che riguarda Fourier; ijOn osservare che difficilmente si può afferrare quale sia la tendenza sua; ammenocchè non si voglia chiamarlo anarcoide - non nel senso Turatiano, veh! - dalla grande simpatia che mostra pei sindacati, per Proudhon e dallo scarso entusiasmo per Marx e pei marxisti. Ma voglio dire soltanto ai lettori della Rivista che questi Essais sono magnifici. Danno spesso notizie esatte quali si possono desiderare da uno statistico; ma anche quando par !ano di cifre l'Halevy sa farle parlare con parola calda e con· immagini vive. E sia che accenni al sorgere dei Pionieri di Rochdale o della Maison du Peuple di Bruxelles o del Vooruit di Gand, sia che ci faccia assistere alle proteste di Jean Volde;·s o alla fondazione della vetriere cooperativa di Albi e all'azione di Hamelin per convincere L' Egalitaire a dare il suo contributo, egli trascina e commove. È veramente artista; e le sue sono pennellate· da maes~ro nella descrizione del Congresso per l'unità del partito francese. È insuperabile specialmente quando scrive su ciò che ha visto e sentito. Daniele Halevy dispera dell'unità del partitosocialista francese: la disciplina rigida non gli sembra fatta pei propri concittadini; ed egli che (1) Daniele Halevy: Essais su,· le rnouvement ouorier en: France. Paris. Societé Nouvelle de Librairie etd'Edition.17, Rue· Cuya,. L. 3,50

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