RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE È SCIENZE SOCIAll mente difficile ammettere che il contadino veda nel prepagandista rlel socialismo, nell' « organizzatore • delle Leghe, qualche cosa altro che un vero direttore SJ)irituate. L'egemonia locale che i sette o otto socialisti più noti esercitano nelle loro regioni deriva dal naturale ossequio che le masse hanno sempre per i loro « educatori •. Se queste sette o otto persone son d'accordo, il Partito è virtualmente privato d'ogni libertA <.li scelta (2). A ciò ha aiutato l'organizzazione burocratica del Partito. GI' innumerevoli segretari colh,giali e provinciali, delle CalJlere del lavoro. delle Leghe; i direttori e i redattori di quel centinaio di giornaletti settimanali che il Partito Socialista pubblica in Italia son tutti costretti a esser rlell'av• viso del Turati, del Prampolini, del Bissolati e cosi via. C'è naturalmente anche il rampino della vanità e la suggestione degli uomini eminenti, ma resta il fatto che chi di pende economicamente deve esser (lell'opinione della maggioranza. Così è avvenuto che il Partito Socialista italiano si trovasse ridotto al punto che una opinione concordemente sostenuta dal Turati, dal Bissolati, dal Prampolini e qualche altro debba, per necessità di cose, esser l'opinione di tutto il Partito. Non esito anche a dire che se il Ferri fosse stato dell'istesso avviso del Turati, al Congresso d'Imola noi •rivoluzionari• ci saremmo trovati a fare veramente la più comica figura. • .. Ma oramai è constatata, ali' interno del Partito, l'esistenza d'un forte nucleo, costituito in gran parte dalle Sezioni delle granrli città, il quale non intende punto seguire la tattica moderata e semimonarchica della grande maggioranza. Quel nucleo può, a seconda delle circostanze, avere una di queste funzioni: o fornire la base cl' un vero partito socialista, sul modello dei grandi partiti socialisti internazionali, o trattenere la maggioranza e i suoi uomini più eminenti dal!' impelagarsi a fondo nella piccola politica delle riformette e degli accomodamenti ministeriali. La prima cosa vuol dire la scissione, la seconda l'unità del Partito. Ora si avrà la prima o la seconda cosa, a seconda della condotta che terrà la maggioranza, cioè a dire i quattro o cinque uomini •eminenti» che fanno il bel tempo e la pioggia in seno al Par-· tito. Se essi sentiranno di doversi imporre un freno e non secondare soverchiamente l'inclinazione propria, avranno forse salvato l'unità del Partito. Ma se non sarà così, se intenderanno accentrare ancora più il carattere che hanno dato al Partito, io dubito sinceramente che p0ssa continuare l'attuale unione, la quale, allora, vorrebbe signifì,care sacrifì,cio incondizionata della tradizione socialista alle esigenze del riformismo monarchico. ARTURO LABRIOLA. (2) E' degno di nota che mentr(in un centro cittadino il Turati non è giunto quasi mai all'assoluto predominio, il Prampolini domina 'luasi senza contrasto in tutta l' Emilia e il Costa sulle Romagne. IL CONGRESSO D'IMOLA È stato il settimo congresso nazionale del partito socialista italiano; non il più importante, io credo, ma certo il più attraente. Le Iunghe pole- ~ miche, talvolta assai vivaci, che parvero il prologo di una clamorosa divisione di uomini e di metodi, avevano solleticato la curiosità della stampa ecomunicato alle val'ie parti politiche timori, speran7.e, dubbi. Da olt1·e un anno si tenzonava inturno alle così dette tendenze, per istabilire se esistessero e quale consistenza di pensiero le nutrisse. I risultati del congresso non corrispo~dono, nelle proporzioni, all'aspettativa: chè il congresso d'lmola, nonostante lievi incidenti, inevitabili in assemblea tanto numerosa, ha avuto srnlgimento normale. Che cos'è la tendenza riformista 1 Che cosa la ·rivoluzionaria? Quale prova hanno l'atto nella piccola ospitale città di Romagna? Hanno dimostrato di avere virtù d'espansione tra le plebi d'Italia 1 E quanta 1 Prima di tutto, non è apparsa alcuna differenza dottrinale tra i contendenti dell'una e l'altra parte. I principii fondamentali dell'ortodossia socialista, cioè la IJror,rietà collettiva e la lotta di classe, non soni) stati nemmanco discussi. -è sono risultate differenze profonde di metodo. Gli uni e gli altri ~ pensano conseguire le gran<li trasformazioni socia! i a grado a grado, senza scosse e senza violenze, almeno per quel tanto che dipende dalla nostra volontà di parte, con riforme ,::hemigliorino la condizione economica e morale del proletariato, e che ne accrescano la l'orza reale e potenziale. Citi alle due tendenze aveva dato vita nominale e che perciò si deve reputare il loro migliore interprete chiari che la tendenza rivoluzionaria è la prima lezione intorno ai principii generali del so· cialismo impartita dai volgarizzatori alle moltitudini ignare e semplici, e che la tendenza riformista è l'azione vasta e compiessa, è l'insegnamento di tutta la dottrina, è principalmente l'applicazione del metodo a tutti gli atti, anche minuti, della vita sociale. Sembrerà strano, per altro, che si sia potuto levare un vento di tempesta, durato non un giorno od una settimana, ma lunghi mesi e travagliati, così vanamente, senza un chicco di grandine; che una questione bizantina abbia occupato con tanta prevalenza di esclusività, tutt'una parte politica, a cui il lavoro non manca e dovrebbe mancare ~ il tempo per le questioni oziose. La spiegazione del fatt0 non è difficile, se ci si riferisca ai progressi conseguiti con rapida fortuna dal socialismo italiano e alle modificazioni verificatesi nella politica "'enerale e se si pensi che ogni spostamento di o , uno stato di cose determina in sulle prime turbamenti, perplessità e malessere nell'anima d~gl'individui e delle moltitudini, finché la legge d1adattamento, riprendendo il suo impero, ristabilisce
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