Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 16 - 31 agosto 1902

RtVtSTA POPÒlARE Dt POLtTTèA, LETTERE E SCIENZE SOCtAll 425 Peurnaberrazione intellettuale emorale Appern1 fu noto il verdello di Bologna la Rivista se ne occupò onestamente e sob1·iamente: l'on. Colaianoi, alla sua volt11,nel Secolo, a correggere infalli giudizi e ad inco1·are i corregionali nella lolla contro il delitto e lo spfrito della mafia, che offusca il buon nome dell'isola, pubblicò un articolu, che raccolse l'approvaiione degli italiani tulli-'compresi quelli di Sicilia. Ma il verdetto da una parte suscitò un'agitazione inqualificabile nella forma e la costituzione di un Comitato prn-Pali~::olo: dall'altra l'articolo del nostro direttore ebbe una risposta dit·P.lta ed una indiretta nell'Ora e nel Giornate di Sicilia di Palermo : perciò egli si senn nel dovere di mettere le cose a posto con due articoli pubblicati'.nei àue accennati giornali e che furono parzia_lmente riprodotti dai più importanti giornali del continente. Molti dei nostri lellori in seguito alla monca ripubb_licazione fattasene ci hanno immediatamente manifestato il desiderio di leggerli integralmente. Noi perciò li diamo tali quali vennero pubblicati a Palermo dove produssero una enorme iq:ipressione ; li diamo anche per convince1•e i nost1•i amici del Settentrione che il nostro direttore se spesso scrive parole amare, che feriscono i sentimenti degli italiani del nord, non esita un istante a scriverle amarissime verso la propria regione nat'ta. Egli intende la missione di-pubblicista e di uomo politico in un modo alquanto. diverso di parecchi altri, coll'unica dir<'tliva cioè del rispetto illimilato della verit1ì, ~h'è la sola che possa giovare ::ll'ltalia e possa rendere migliori gl'italiani. ► · A r1uanto abbiamo scritto nel numero precedente della Rioista, intanto, sentiamo il bisogno di aggiungere poche altre considerazioni sul verdetto di Bologna e sull'agitazione che n'è venuta. Gli amici del Palizzolo appena venuta la condanna, non potendo manifestare i loro sentimenti cogli archi di trionfo preparati pel caso della sua assoluzione, li resero noti con accenti irati e costituendo un Comitato: Pro Palizzolo per promuovere uììa sconveniente i>gila• zione intesa a tentare una pressione sulla Corte di Cassazione, che deve decidere sul ricorso dei condannati : agitazione che, secondo alcuni giornali, ebbe quasi un incoraggiamento diretto dal Prefetto della Provinèia di Palermo. Il Comitato : Pro Pali::zoto dopo poco tempo si tramutò in Comitato : Pro Sicilia, giustificando la Lrasforrna7,ione coi comnienti della stampa settentrionale al verdetto di Bologna, nei quali si volle scorgere una diffamazione alla Sicilia ed un offesa ai sentimenti dei Siciliani. Noi dichiariamo esplicitamente che avremmo compreso, pur non approvandolo, un Comitato Prn Pali::- ::o/1J colla missione, sempre nobile, di dimostrarne l'innocenza e di provare che l'ex-deputato per Palazzo Reale è villima di un grave errore giudiziario. Ma i I promotori di un tal Comitato compresero che le adesioni e il successo sarebbero stati be11scarsi ; perciò lo l"trasformarono in Comitato Pro Sicilia con un carattere I spiccatamente regionale e col compito di difendere il buon nome della Sioilia. I Approveremmo toto corde questa trasformazione se le I cause che la determinarono fossero reali. Ciò che a noi non sembra. Non discutiamo il significato del vei·dello ; questo potrà pure esse1·e erroneo, ma i giurati non intesero in alcun modo di colpire la Sicilia. A Bologna si trovarono di fronte siciliani contro siciliani, Notarbartolo contro Palizzolo ; Marchesano contro Maggio. La condanna se dava torto ad un gruppo di siciliani, dava ra• gione in pari tempo ad un altro gruppo di siciliani. Dove il movente regionale o l'intenzione di offendere la Sicilia? Però affermasi che con molla prohabilità i giu- · rati intesero in Palizzolo e Fontana condannare la mafia. Vennero i commenti della stampa settentrionale. Li abbiamo letti, e in quasi tutti abbiamo visto una g1·ande soddisfazio11e 1ilorale perché videro nel giudizio di Bo1ogna la condanna, non della Sicilia, ma della sua mafia. Ora è logico, è prudente, è decoroso confondere la causa della mafia colla causa della Sicilia f A noi questa sembra la maggiore aberrazione morale e intellel.- uale che ci potevano dare un gruppo di cittadini del- 'isola-, tra i ,1uali ce ne sono di eminenti e moltissimi n buona fede. · In un caso solo comprenderemmo la connessione t;·a i vari fatti che condussero alla costituzione del Pro Sicilia: nel caso in cui fosse dimostrato che la mafia sia una invenzione calunniosa della stampa settentrionale .... Ma il voler negare la esistenza dello spirito della mafia, denunziata i settentrionaldl aglistessiSicilianida circa quarant'anni n qua, ci. sembra addirittura una follia negli uni, unn manovra disonestissima negli altri. E quesli altri sono coloro che per giovare al Palizzolo hanno crealo in mala fede la malaugurata confusione tra 111 causa della Sicilia e la causa della mafie, : confusione per quanto disonesta altrettanto accorta, perché mercé sua in tutta l'isola si raccolgono firme in una petizione che si fa credere agli ingenui debba suonare difesa dell'onore della Sicilia. Sono firme truffate ! Un ultima considerazione sul carattere regionale che si vuol dare all'agitazione. Il comm. Biagio La Manna, presidente della dcputazio- ~';; provinciale, in una lettera aperta ad un sig. K. <li Milano, dopo alcune osservazioni giustissime sulla pietìt che deve ispirare ed ha ispirato il Palizzolo - di Fonlana, meno male, non si parla - in coloro che lo credono innocente, formula nettamente la questiono regionale e conclude : « Il Siciliano, spunti in esso il greco, l'arabo, od il « 1101•manno, ha I istinto della ribellione, e, come disse « Arcoleo, della propaganda alle ribellioni: adoratore « della forza simboleggiala dai giganti della sua mii.o• « lo<>ia,ha il culto pella giustizia. « Ei fu offeso nel concetto, magari falso, della pro- « pria forza; nel sentimento innato e generoso drlla « giustizia. o: Noi ci ribelliamo a queste infami leggende della « nost1·a inferiorita etnica, noi ci ribelliamo a que><Lo « iniquo trattamento, per cui ci strappano ai nostri « giudici naturali. e ci mandano innanzi a giudici che « hanno bisogno dell'interprete per comprende1·e la no- « stra lingua che non ha parola che non sia nala pel « gent.it sermone, della gran madre latina, e quel che 1' « peggio, ci mandano fuori con processi indi::iarii fo11- « dati su fantastici rapporti imbastiti dalle Questure del- « l'isola; che ci mostrano come una razza di barbari, di "' beduini, di malfattori, di gente nata e cresciuta nelle « grigie fetali zone della delinquenza. « Abbiamo voluto protestare con tutte le nostre forze <' contro questo delitto politico, che ci divide, che ci se- « para moralmente dal nord d'Italia, e rompe e fiacca « quell'unita per cui le zolle delle nostre terre, le bJI.- « late delle ·nostre vie sono bagnate del sangue dei « martiri ». • Ora tutta questa eloquenza, che noi avremmo ammirato in ogni altra occasione, ha un gravissimo difello che la sfata: è tardiva. E' da anni ed anni che viene imprudentemente e stupidamente affermata l'infel'io,.ilà ·

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