Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 14 - 31 luglio 1902

366 RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA., LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI presente situazione scrivendo: « Lasciamo andare le fantasticherie. Apprezziamo la situazione come realmente si presenta: è vero o no che la Triplice ci salva dalle mltul'e coll'Austria f È vero o no che la Triplice non impedisce oggi il cordiale ravvicinamento italo-francesef Perchè vol,ir negare questi vantaggi per l'ossessione ài una alleanza italo-francese~ No, noi lo diciamo apertamente: l'alleanza italo-francese, nelle presenti condizioni, indebolirebbe la situazione italiana e costituirebbe un pericolo pe1· la pace europea. L'adesione dell'Italia alla Francia, ossia alta Russia, romperebbe troppo l'equilib1·io delle due avverse alleanze, e rinfo1·zerebbe i sogni del nazionalismo e le aspirazioni della réoonche ,,. « Quets a sarebbe la poli Lica c!ie piace al Secolo e al Lab1·iola, e rhe piacerebbe molto in Qufrinale ... ma non è troppo di nostro gusto. E per questo il La bl'iola dice che sic1rno monarchici ». Noi nulla abbiamo da replicare alle osservazioni dell'Avanti!, che ha dato prova di coraggio vero affrontando la impopolarità cui si va incontro in Italia militando nella fila dei partiti avanzati quando si proclama110verità, clie urlano nelle -::onvinzioni e nelle sentimentalità dei medesimi; ma noi crediamo che sia andato troppo oltre nell'allribuire al Secolo il de~iderio di una al!eanza franco-italica e di una guerr11 a breve scadenza coll'Austria. È noto, notissimo, che il giornale democratico di Milano è il più sisten1aLico partigiauo della pace quasi ad ogni costo, e che odia e combatte la Triplice soprattutto per gli oneri militari che ci ha imposto e continua ad imporci. E sotto questo aspetto l'avversiamo anche noi. Dove l' Aoantil ha torto evidente si è nella confusione che fa sul potere di contrarre i trattati, di dichiarare la guerra e di concludere la pace. Esso distingue repubblica da repubblica , e noi disLinguiamo tanto che non abbiamo mai augurato al nostro paese una repubblica unitaria e militarista come quella francese. Ma per quanto essa sia cattiva, non si potrà mai accomunare la costituzione Rivet allo Statuto Albertino perché nella prima non c'è un articolo che equivalga all'articolo 5 della nostra Costituzione. Di più: l'insieme degli ingranaggi politici della repubblica pone un freno indiscutibile al potere del Presidente, ch'è assolutamenti sconosciuto nelle nostre monarchie. Il potere esecutivo vero ed effettivo risiede nelle mani del Ministero; e si sa che nella 1·epubblica francese il Presidente non esercita alcuna influenza diretta od indiretta nella loro formazione e nella sua vi La. Sinora parecchi Presidenti sono andaLi via per volere dei Ministeri sor·retti dal Parlalllento, ma non c'è stato un Ministero caduto per volontà del Presidente. Si può dire altrettanto dall'Italia? E quale interesse proprio e non nazionale potrebbe aver un Presidente nel contrarre un alleanza? Reponse s'il oous plait. [}emigrazione italiana. - Le proporzioni assunte 4alla nos1 ra emigrazione nell'anno 190l, secondo le recenti pubblicazioni della Direzione generale della Statiitica, sono veramente spaventevoli. Era stata già elevatissima nel 1900 con 352,782 emigranti; arrivò a cifre vertiginose nell'anno successivo con 533,245. La Direzione della Statistica giustamente avverte, che a determinare il considerevole incremento, oltre alle condizioni disagiate di taluni luoghi, ha particolarmente contribuito una maggiore attività degli agenti di emigrdzione in previsione dei freni che dal nuovo regolamento, approvato con Regio Decreto 10 Luglio 1901, stavano per essere posti a coloro che arruolano e che m·andano o conducono emigranti all'estero. Aggiuugiamo che l'elemento psicologico, il contagio che sospinge all'imita:r.ione, ha pure la sua parte nel fenomeno; ma è innegabile che questi grandi esodi furono sempre un indizio di g1·an malessere economico; perciò si vide sensibilmente diminuire l'emigrazione irlandese, inglese e tedesca II misura che migliorarono le condizioni economiche dei rispeLlivi paesi. La gravità del fatto sta poi in questo: quesla colossale emig1·azione iLaliaua avviene in un momento in cui lanlo in Europa quanto nei paesi transoceanici c'è sul mercato del lavoro sovrabbondanza di braccia disoccupate. Cosi per la emigrazione tempol'arn~a, soltanto in cifre tonde, si sono diretti in Austria 68 mila emigranti, 52 mila in Francia, 45 mila in Germani3, 44 mila nella piccola Svizzera. Eppure si sa che in alcuni di questi paesi la disoccupazione, specialmente in Germauia, è minacciosa. E come non allarmarsi dei 60 mila emigranti circa che si sono indirizzati nel1'ArgenLina, e di oltre 80 mila che partirono pel Brasile, sapendo che le due repubbliche attraversano una crisi veramente eccezionale? Non si può quindi non lodare vivamente la Direzione del Commissarialo dell'Emigrazione che ha proibito l'emigrazione gratuita pel Brasile e che diffonde largamente le notizie sul mercato del lavoro in Europa e fuori. Ad evitare tutte le conseguenze dolorose che l'emigrazione nostra talora l1·ae seco, sia provocando la concorrenza spietata del lavoro sia sottoponendo a privazioni inaudite i nostri concittadini in tutte le pal'ti del mondo, sorge evidente ed impellente il dovere in tutti di porre un freno, nella misura delle forze di ciascuno, a questo esodo straordinario. Non si deve nascond~re, però, che l'emigrazione funzionando da vera valvola di sicurezza, la sua chiusura dovrà necessariamente peggiorare le condizioni dei lavoratori in Italia. Lo spostamento vi diverrà sempre più generale e non è difficile prevedere che se l'emigrazione si arresterà, guai di vario geDere si avranno a deplorare - dall'aumento dei reati alle sommosse. In Italia c'è grande disquilibrio tra l'incremento della popolazione, della ricchezza nazionale e delle imposte; da tale disquilibrio trae origine l'emigrazione, di cui bisogna rallegrarsi come di una fortuna, sino a tanlo che essa viene assorbita sen:..:a inconvenienti dall;eslero. Ma questo non è più il caso, come si • visto, e occorre dunque che un certo equilibrio l1·a i tre fattori si ri::;tabilisca all'interno. Una diminuzione delle nascite non si può sperare da masse analfabete e spensierate, e non agirebbe che a lunga srade1;za. Il solo mezzo, quindi, per prevenire malanni grossi l'ha in mano il governo diminuendo considerevolmente le imposte. Con ciò permetterebbe una più notevole capitalizzazione, che attenuerebbe i risultati del rapido incremento della popolazione. Disgraziatamente nulla fa sperare che il governo, conscio della gravità del problema, voglia mettersi sulla buona strada. .. Il ccntenar•io della legislazione operaia in lnghilte,·ra. - Il 22 giugno è compiuto un secolo da che la prima legge di protezione operaia fu votata dalla Camera dei Comuni in Inghilterra. È un centenario che non soltanto dalla classe operaia di oltre Manica ma dal mondo inte1·0 dovrebbe essere commemorato. Il f actory act del 1802 riguardava « la protezione della

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==