342 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI parati, un'incapacità ad applicarsi al mondo reale derivata dalla educazione classica; il Jaurès combatte eloquentemente in poche pagine una tale opinione e meglio la rettifica poi in un particolareggiato esame dei cahiers. Ma ciò che riman posto in maggiore evidenza è la maturità economica, com'era naturale che avvenisse in una storia « socialista » che, a lungo andare, vuol presupposta in quel!a la maturità nel senso più vasto. In ciò è, appunto, e doveva essere il carattere particolare di questa storia: mettere in evidenza (necessariamente per qu~sta via la storia va troppo sovente confusa con la pura storia economica) quella parte che altri storici o di spirito conservatore o inclinati a vedei• solo l'azione dell'uomo negli avvenimenti, e, degli avvenimenti, l'~steriorità, il pittoresco - avevano trascurato o solo parzialmente posto in rilevo. Cos·1 fa, ad esempio, nel capitolo sull'assegnato, dove la funzione di questo mirabile stru::nento rivoluzionario è minutamente ricercata ed esposta. Co 1 Jauré5 u,ciamo dalle generalità per penetrare nel particolare vivo della slo1·ia, e come sappiamo a chi appartenessero le case di Parigi, e di quali categorie sociali fosse1·0 gli assalitori della Bastiglia, cosi apprendiamo a quali classi, a quali persone poi pa,sarono i beni della chiesa. A favore di chi si é compiuto questo enorme spostamento di proprietà di tre miliardi~ Lunghe liste di compratori, pagine coperte di nomi di borghesi in gran parte, ma anche, per piccoli innumerevoli lotti, di contadini e artigiani, ci rendono in evidenza tutta nuova questo gran fallo storico. Noi vediamo, per così dire, un infinito numero di famiglie legarsi, con la proprietà, alla rivoluzione. La rivoluzione « crea una democrazia rurale con canLlere laico e moderno » e salva se stessa. È ciò che ha fatto, ma quanto imperfettamente, la rivoluzione italiana tra il 60 e il 70. • . . Dato questo carattere, gran parte del drammatico, di cui le altre storie son piéne, va perduto; non certo per incapacità dello storico a renderlo; di questo storico che ha in sò qualcosa delle figure d'allora: forse vi u in lui u11<>sfo1·zo di non abbandona1·si alla natura sua, di oratol'e-poela che pur tratto tt'dtto riesce a prendergli fe. licemente la mano: così in certi tocchi su Mirabeau della cui veemenza oratoria a fine e con effetto mode1•atore, dice: « et comme des coups de foudre qui déchargent l'horizon de ses colères, !es éclats de passion du tribun Jaissaient dans !es esprits une larga sérénité »; così in certe rapide _evocazioni di scene, come il ritorno delle donne a Parigi con il Re, o la kermesse del popolo parigino la nolte in cui caddero le barriere daziarie lasciando entrare lunghe file di carri di provviste e di bolli « celle large allegresse de tout un peuple qui espère enfin rnanger à son appetit et boire à sa soif »; così in cet"te battute d'annunzio di personaggi come : « au dessous cncore de loute celle agitation, à des profondeurs inoules de colère et de révolte commence à agir la pensée de Marat ». E cenl.'allri esempi. Son tocchi di .:olore che rischiarano la trattazione procedente talvolta troppo minuta e lenta, per quanto sempre sorretta dalle risorse di un vasto spirito coordiaatore. Giustifica a questa storia l'appellahvo di « socialista > - che a tutta prima sconcerta - anche la ricerca del primo apparire di un movimento proletario e il richiamo continuo dalla rivoluzione borghese a quella « prossima > rivoluzione socialista dalla quale il Jaurès si sente chiamato a essere il Mirabeau - senza patteggiamenti nascosti con il nemico. Così fin dal principio descrivendo la persistenza delle orme corporative all'inizio dello sviluppo· capitalistico, prevede un periodo di transizione .. in cui istituzioni a tendenza colletti vista potranno coesistere con istituzioni borghesi ». E l'obbiezione c:ornunista è introdotta nelle discussioni della Costituente sulla proprietà ecclesiastica; « il n'y a pas là et il ne pouvait pas y avoir l'accession du prolétariat à la propriété; ce sera l'objet d'une plus vaste révolution ».... Un « primo saggio impotente e confuso di poiitica operaia " riscontra Jaurès nei progetti di Marat, nella propaganda dell'Ami du Peuple a cui egli dedica un acutis- · simo esame; par di intravvedervi talvolta un presentimento di politica socialista alla Louis Blanc; ma il più sovente non è che « une douleur obscure qui crie avant de pa:·ler et de penser »; per allora la rivoluzione credeva d'averla finita con le classi; con la stessa legge Chapelicr, che è una schi"lttissima legge di classe, non vedeva nelle coalizioni operaie che una riviviscenla di corporativismo; e denunziava i padroni che tenevano bassi i salari come « aristocrates ». Tant'altt·o resterebbe a dire sul libro e·sull'intrapresa: dirò che se si trovasse in Italia una dozzina d'uomini di questo indirizzo intellelluale - che del resto non può più dirsi l'indirizzo esclusivo di un partito - per darsi a un'opera simile su un periodo della trascurata storia nostra, non ci sarebbe questa volta da lamenlarsi della imitazione d'un esempio letterario francese. Bel'lino. AMEDEO MORANDOTTI. Noi ~ ••••••••oooOOOOooo••••••••••••••••••••• ~ LATRIPLICE ALLEANZA (Il passato e il presente) J1f.' I giornali hanno annunziato la rinnovazione della Triplice alleanza per altri dodici anni, ed hanno commentato l'a·,venimento con molta calma, tanto in Italia, quanto all'estero: calma quasi dappertutto sottolineata da un pizzico di ottimiqmo, che ha di verse origini. Si deve aggiungere, per caratterizzare meglio il momento in cui si compie l'avvenimento, che il suo annunzio non ha suscitato nè le recriminazioni antiche dei francesi, nè le fiere proteste di una volta dei partiti avanzati italiani. Come si spiega tale mutamento nella oprn10ne pubblica francese e nella democrazia italiana ì Salvatore Barzilai, alcuni anni or sono, in uno dei suoi più brillanti discorsi pronunziati nella Camera dei Deputati, dimostrò che il carattere della Triplice alleanza mutò col temperamento e colle idee dei tre maggiori uomini politici, che avevano retto il paese dal 1882 in poi: Depretis Crispi, Di Rudinì. La trovò - ed era vero - costosa e minacciosa sotto il solo Crispi ch'era dominato dall'idea fissa di una imminente aggressione da parte della Francia. Oggi l'attitudine dei francesi e di una parte degli italiani si potrebbe spiegare colle tradizioni e colle opinioni degli uomini che stanno al governo
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