Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 13 - 15 luglio 1902

356 JUVJStA POPOLARE bJ POLlT!CA, LÈITERE É SCfENiÉ SOCIALJ li abiti (321.229), ,;, pecie t~a quelle che lavorano a d,)- micilio, e dell'industria tessile (306.70}); è minimo nella metallurgia (792) e nelle pietre preziose (654). Quanto ai salari i massimi sono quelli delle 1i17 operaie che lavorano pietre preziose o che guadagnano L. 5.15 in provincia e L. 9,25 a Parigi; quelli delle 15.749 operaie che lavorano nella poligrafia che guadagnano L. '2,15 in provincia e L. 3,40 a Parigi; i minimi sono quelli delle 1542 operaie ~he lavorano nelle <-ostruzioni a L. 1,15, e quello delle 998 operaie che.lavorano nelle cave a L. 1. La media dei salari industriali in tutta la [,'rancia é di L. 2 al gior~o. Il salario industriale massimo della donna non raggiunge la metà di quello dell'uomo (L.3,20 - L. 7,50) mentre che nell'agricoltura può elevarsi fino ai 213 del salario maschile. I salari di L. 2.50 e L. 2 che sono considerati salal'i belli pe~ la donna, dei sa\ari da professionisti, non sono che i salari dei manuali maschi. Si dirà che fisiologicsmente, le donne- hanno meno bisogno di nutrimento, e che le ope1·aie n_onfumano, non bevono come gli operai. ~a la spesa cor_rispondente può o~sere valutata a 115 di 11,eno. Ora la differenzi\ tra i irnlari industriali degli operai e delle op~raie é d'un terzo, della meta e anche dei due ter;i. Questa d,fferenza 1100 può spie1tarsi che con delle ragioni estranee alla produzione propriamente detta, vale a dire con l'inferiorità dal punto di vista del diritto civile e l'incapacità politica della donna. Vi é in ciò un pericolP. per èssa e per l'umanità. L'operaia che non può vivere del suo lavoro professionale é obbligata a ricorrere a qualcunn. Nella maggioranza dei casi questo qualcuno é un uomo. Ammettiamo che sia suo marito. Allora l'operaia che dà alla fabbrica da 9 a 1l ore di lavoro nt1 dovrà dare 11nr.ora 4, 5 e 6 alla casa. Bisogna che adempia, non fosse che superficialmente, ai suoi doveri di donna di ca<1ae spesso di madre. Ora, essa non può bastare alle esigenze accumulate di queste due professioni, senza gravemente affaticarsi, ciò che minaccia la sua salute e l'avvenire della razza. · . Quando questo qualcuno non è il marito, l'esistenza del,'operaia è ancora più penosa e più precaria. Quale moralità si può attendere da essa in tale caso? Ed ecco ancora delle esistenze rovinate e l'evvenire delh1 razza anr.ora compromessR. La situazione alluale dell'operaia é pl!rsa cosi pericolo<1aai governanti dei grandi paesi industriali, che in Francia ed altrove, hanno creato una legislazione protreltrice per le donne impiegate nell'industria. Questa legislazione ha incontrato opposizione tra certi o-ruppi di femmine, appartenenti alla borghesia francese. Cos·1 il Congresso delle ripere e istitu::ioni femminili e il Congresso del diritto delle donne (giugno e settembre 1900) hanno respinto ogni legislazione speciale in materia di lavoro per le operaie, ed hanno raccomandate alle operaie l'organizzazione sinda~ale ~ome mezzo per migliorare le loro condizioni. Ma le operaie che costituiscono circa un ter,;o dell'effettivo industriale, non rappresentano che un diciannovesimo degli operai sindacati. Su 36 operaie se ne conta una sindacata; mentre che si conta un operaio sinda,~alo ogni 5. Le operaie, di cui é più avanzata l'organizzazione sindacale, sono le sigaraie e quelle delle fablwiche dei fiammiferi; ma le ope1•aie dell'industria tessile e delle confezioni d'abiti, malgrado le cifre elevatissime di aderenti (5,792 e 1,002) non rappresentano che un numero infimo dell't.·ffettivo totale occupato in queste due industrie (463,217 e 135,533). Vi sono poi delle intiere industrie sprovviste di sindacati femminili. La gran massa femminile operaia é restata oggi refrattaria all'organizzione sindacai<'. Tutte le persone che si sono occupate di sindacare le operaie sanno che la loro mancenza di denaro e di tempo, d'edu,!azione politica, le loro occupezioni rendano specialmente ardua la loro organizzazione. Su 87 dipartimenti ve ne sono 30 intieramente sprovvisti di sindacati indu~triali. Ve ne sono poi 7 (Basse Alpi, Alte Alpi, Corsica, Charente lnferieure, Correz, Còte du Nord, Niévre) completeme11te sprovviste di sindacati tanto indu,stcia-l-ic-he agrfooli. Le operaie desiderose di farsi sindacare, noh hanno sé1npre ricevuta uua buona accoglienza da parte degli I ' • operai. Cosi i tipografi francesi con un referendum s1 sono formalmente opposti all'entrata delle donne nei loro sindacati. Quali rapporti vi sono tra l'organizzazione sindacale delle operaie industriali e i loro salari 'i Se i si11dacati di femmine hanno fallo profittare i loro aderenti d'un rialzo di solari, non hanno sin qui esercitata che una minima influenza sui salari della u assa femminile operaia. Malgrado il n:umero in apparenza considerevole· dei sindacati, l'industria tessile dà dei salari poco elevati, e la confeziope è anche una delle cattive industrie. Dei dipartimenti, che contano delle numero,:e operaie sindacijle, pagano dei salari infimi, rn,rnt, e che dei dipartimenti ove il numero delle operaie sindacate é insignifìcante, danno i salari più alti. (Continua). W:&lWW~W~ STELLONCINI LETTERARI --~ V. l\fahàhhàl'af,a. 0 Lingua e pensiero. 0 I faU.ori della genialità. 0 La gallel'ia veneziana d'arte 111oderna. 0 Arte e democ1·azla. 0 Per la p1•0paganda del gusto. 0 I.e origini dell' A1•te. 0 I,ib1·i ed opuscoli. ~ Per finire. Delle infinite ragioni di riconoscenza perenne e profonda che mi legano ai miei maggiori, paterni e materni. prossimi e remoti, sardi, subalpini, catalani, liguri, ellenici, prima e massima tengo quella di avermi trasmessa « per li rami» la divina facoltà dell'entusiasmo. Pensavo questo l'altra sera, facendo In mia lettura in terrazza, sdrajato in una chaise-lon;;ue di mio personale modello, tanto semplice quanto epicureo, e seguendo con l'occhio, nelle frequenti parentesi di meditazione o di fantasticaggine, le liete e garrule giostre delle rondini, stormeggianti pel cielo tutto candido e azzurro. Avevo tra le mani, e andavo a poco a poco intarsiando di segni policromi, di postille e di note e di richiami nei margini, gli episodi scelti del Mahabharata, che PaoloEmilioPavolini ha tradotti in buono e terso italiano e collegati "col racconto dell'intero poema, e con cui l'intraprendente editore Sandron ha cosi bene iniziata la sua nuova « Biblioteca dei Popoli». Tagliavo i fogli, contemplavo le fini e suggestive incisioni, leggevo ed annotavo con commozione crescente, con reverenza quasi religi0sa, con grato e lieto stupore, il mirifico testo; m'estasiavo e mi rapivo nell'immensità condensata nel breve volume, di tutto il tesoro della scienza dell'antichis-

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