Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 13 - 15 luglio 1902

,.. RIVISTA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE B SCIENZE SOCIALI 353 marchi 104.713.000 di merci grezze nMessarie all'industria tedesca e eh~ la Germania non produce, marchi 45.936,000 di merci vegetali alimentari, che là non si producono affatto; marchi 13.090.000 di merci alimentari animali, che l'impero non produce in quantità tale da bastare al consumo interno. Dei 29.569.000 marchi che restano, soltanto la metà rappresentano merci manufatte e semi lavorale. Queste cifre dimostrano che l'esportazione nostra verso la Germania non sia di quelle che pili e meglio si prestano ad essere colpite dai diritti di confine. Le importazioni tedesche in Italia sono invece cosliLuile, quasi per inlero, da prodolli fabbricati, i quali esercitano attiva concorrenza ai similal'i italiani, e che, per conseguenza, si avrebbe convenienza a colpire. Su per gili nelle stesse condizioni ci troviamo colla Svizzera. · La Confederazione vicina non potrebbe colpire le materie prime, che noi le vendiamo - corrispondenti al 61 0[0 alla no,tra esportazione - senza danneggial'e le sue industrie; come non potrebbe assoggettare a pili alli dazi le sostanze alimentari, che assorbono il 31 010 dell'esportazione stessa, senza nuocere ai suoi consumi. Anche qui, da parte della Svizzera, ci troviamo di fronte ad una esportazione manufalluriera, che po1 .remmo benissimo colpire con la certezza di giovare alle nostre fabbriche. In quanto all'Ausll'Ìa-Ungheria, il punlo pili incerto e diverso è quello della rinnovazione della clausola sul vino; pet·chè la famosa esenzione daziaria per gli agrumi italiani riesce forse pili giovevole alla Monarchia che a noi slessi: essa alimenta un forte commercio di transito attraverso il territorio dell'impero. lnquanto ai favori concessi per la pesca, l'espe1·ienza ha provalo che essi furono ripagali ad usura. . •• Ed ora come nostra conclusione ci piace di constatare che il libro del Fontana-Russo ollenne la più simpatica e calorosa accoglienza in ogni parte d'llalia e da tuLLii partiti politici. La Stampci di Torino, tra i tanti giornali che se ne sono occupali, segnala quesla pubblicazione in un leader in cui le lodi non sono lesinale, e la segnala come ricch;ssima miniera di n?tizie e di dati raccolti e sapientemente commentati, che può supplire alla deficienza dell'azione governativa e costituirà la jonte piti autoreoole di rijeriment0 per tutte le numerose quistioni sociali ,·etatioe atl'industrie ed ai trattati coi dijferenti paesi che piu c'interessano attualmente. LE NOSTRE COLONIE (Continuazione - Vedi N. 11). .••-,..;:.e:::-~ Gli scambciommerciacliolBrasile - Le nostre e-;portazioni nel Brasile rappresentano una _cifra assolutamente sproporzionata col numero dei counazionali ivi residenti: ap• pena appena noi esportiamo per 16 milioni di prodotti e ne importiamo per circa 14. Non si esagera affermando che se gl'ltaliani fossero buoni clienti della madre patria queste esportazioni dovrebbero per lo meno in poco tempo raddoppiarsi. Se i nostri coloni consumano così scarsamente i nostri prodotti, ciò $i deve a queste cause principali: 1° alla lontananza dai cenlri e dai porti di mare resa grave dalle poche e pessime strade, 2° alla triste condizione economica dei coloni, resa piu acuta rispetto ai consumi da quella proverbiale sobrietà dei contadini italiani che permette loro, del resto, di far dei risparmi e d'inviarli nella madre patria; 3° dalla mancanza di spirito nazionale che male si afferma con un ritrallo del re o della regina appeso alle pareti, e che meglio si farebbe apprezzare dando la preferenza ai prodotti nostri sui similari stranieri; 4° alla deficiente iniziativa degli esportatori italiani e alla deficienza di quella organizzazione nella esportazi,me di cui ci danno mirabile esempio i Tedeschi e di cui s'intrattenne con tanta competenza il Dott. Sabalini. Ciò nonostante per taluni prodotti l'importazione italiana ha un posto considerevole in quella totale del Brasile, come risulta dalle seguenti cifre: marmi 97,65 010; formaggio 53,56; vino 21,80; olio 21,25. Su questi ultimi due prodotti noi dovremmo trovarci in condizione di guadagnare, e ancora di pili dovremmo guadagnare su questi altri, nei quali la nostra produzione si trova in buone condizioni: conserve 13,84 010; burro 11,47; coloni 11,37; cauccili 10,i1; carta 7,98; medicinali e droghe 6,75; filali 5,67; prodotti chimici 2,84; riso 1,89. Gl'Italiani devono pensare ad organizzare meglio la loro esportazione cd a sperare meno in un ribasso considerevole delle tariffe doganali brasiliane - difficilissimo, se non impossibile a causa delle condizioni finanziarie della Repubblica - poiché ogni vantaggio a noi concesso per la clausola della Nazione pili favorita, che non tutti in Italia bene intendono, verrebbero eslesi alle nazioni concorrenti, colle quali ci troveremmo alla pari come ora. Su questo punto ci ll"oviamo perfettamente di accordo col Maldifassi ; il quale per certe voci per mezzo di discriminazioni e di suddivisioni, vorrebbe ottenere una tariffa speciale di favore rassomigliante a quella che l'Austria ci concesse pel vino. La cosa certamente ci riuscirebbe utilEl; ma se pure é possibile, é chiaro che noi doVl'emmo fare molte concessioni al Brasile. Le concessioni reciproche si devono giudicare mollo facili e con sviluppo notevole del movimento d'importazione e di esportazione riflettendo che il Brasile su circa 16 milioni di prodotti italiani, incassa circa 14 milioni di lire e che parimenti l'llalia su circa 14 milioni di prodotti brasiliani esige pei dazi doganali circa altri 14 milioni. È evidente che il dazio sui prodotti brasiliani si avvicina al 100 010 e che di poco da questa elevatissima misura si discosta il dazio bra,;iliano sui prodo~ti nostri. Epperò da questi dati risulta evidente la possibilità e la convenienza di mutue concessioni. Nella misura delle medesime i Brasiliani non dovrebbero dimenticare che le consE>guenze di una guerra doganale, sarebbero pili gravi per la loro Repubblica anziché per l"l talia. In falli l'esportazione del Brasile in Italia rappresenta una percentuale abbastanza pili considerevole che non sia l' esportazione italiana pel Brasile. n· altra parte noi dobbiamo riflettere che i prodotti nostri esport,1li nel SudAmerica in confronto con quelli importati industriali, cioè contengono nel loro valore una parte maggiore di lavoro. Tutte queste considerazioni dovrebbero indurre a dimenticare la scortesia, anzi la brutalità del governo Brasiliano verso l'Italia nel chiedere la riduzione del dazio sul caffè; scortesia tanto pili deplorevole - e giustamente deplorata dall'on. Luzzatti - in quanto che non è stata adoperata colla Francia che si trova nelle stesse condizioni nostre in quanto a regime doganale. Ma su queste sconvenienze, ripetiamo, bisogna passar

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