RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: D.r NAPOLEONE C.OLAJANNI (Deputato al Parlamento) Esce In Roma il 15 e il 30 d'ogni mese I TALI A : anno lire 6 ; semestre lire 3,50 - EST ERO : anno lire 8 ; semestre lire 4,50. Un. n.uxnero separato Cen.t. 30 <>->Amministrazione: Via Campo Marzio N. 43. ROMA «. AnnoVIII. - N. 13 Abbon.aULento postale .I Roma,15 Lug'io1902 S01\.:l:J.v.CARIO: Noi: Gli avvenimentie gli uomini: (I partiti popolari e le elezioni amministrative. - Cose di"Napoli. Tra Saredo e Cavasola in Senato. - Il popolo inglese e. la monarchia. - Mazzini Bovio e i socialisti. - Jaurès scrittore di st0ria, con ritratto). - La Rivista: La Triplice alleanza (Il passato e il presente). - Avv. G. PaI•atore: Politica di corte? (Sul proposito della Triplice e sulla reale visita e Peterkof). - 11 problema sociale in Ispagna (Lectura di Madrid e Zeit di Vienna). - Prof. Augusto Graziani: Il valore della moneta. - Rassegnaeconomioa doganale. - Siculus: Le nostre colonie (Il Brasile). - Sperimentalismosociale: (Il lavoro delle donne in Francia). - Prof. Mario Pilo: Stelloncini letterari. - Rivistadelle Riviste: Il problema polacco in Russia (The Forum). - L'America e la Francia (North American Review). - Ore di quiete (Cultura Sociale). - Come vincere i trusts (Nor//, ..Ame1'ican Review). - L'idea pan-germanica (Notional Review). - L'Università di Londra (Ni11eteentl, Century). - La provvista artesiana di acqua in Australia (Geographical :Magaz.ine). Come gli inglesi proteggono le loro Colonie (Revue Scientifique). - Recensioni. - lllustra?ionlnel testo. GLI AVVENIMENTI E GLI UOMINI I pa1•titi popolaI•i e le elezioni amministrative. - Il ministero dell'on. Pelloux lasciò in Italia, oltre il ricordo del tentativo fallito d iuna reazione sistematica, quello della contro!'eazione vittoriosa. Questa si esplicò nella Camera dei Deputali coll'ostruzionismo; nel paese coll'Unione dei partiti popolari. Occupiamoci della seconda, per vedere a che cosa é ridotta dopo due anni dalla sua clamorosa vittoria politica. L'Unione tra radicali con larghissimo programma politico ed economico, repubblicani evoluzionisti e socialisti minimisti avrebbe dovuto preesistere all'attentato contro la mag,·a libertà consentitaci dallo Statuto Albertino. Infatti, i tre partiti avevano molte cose comuni e, salva la finalità più remota degli ultimi due, si può dire che avevano ed hanno un programma i cui articoli principali sono comuni a tutti e tre. Se il conseguire la realizzazione delle aspirazioni politiche e sociali comuni giovava alla cosa pubblica in generale ed a ciascuno di essi in particolare, é _evidente che il più elementare buon senso avrebbe dovuto consigliare a tutti l'unione contro i comuni nemici - che non erano solo quelli che si misero in vista sotto il Pelloux, e che non sono scomparsi colla caduta del suo ministero - per percorrere insieme la lunga st!'ada che precedeva la biforca1.ione ideale. I risultati ottenuti contro l'ultima reazione, consolidatisi sotto i due ministeri Saracco e Zanardelli, insegnavano chiaramente che il metodo dell'unione e1·a eccellente: assicurava le riforme e non soffocava la personalità di alcun partito: nelle elezioni generali del 1900 i radicali, i repubblicani e i socialisti aumentarono sensibiliuente di numero, conservando i rispeLLivi caratteri, ma a spese degli altri partiti. Era evidente, dun,:rue, di fronte alla prova dei fatti, che l'Unione dei partiti popolari avrebbe dov~to precedere al Ministero Pelloux e avrebbe dovuto continuare dopo la sua scomparsa. luvece scomparso o attenualo il pericolo della reazione, l'Unione, almeno come regola e come criterio generale, si sfracellò. Di chi la colpa~ Non c'è alcun dubbio: la rottura tra i partiti popolari avvenne per calcolo dei socialisti e fu voluta da loro quasi dappertutto. Qualche guascone che va per la maggiore fra i socialisti della rivoluzione ... astronomica poté aggravare o accelerare l'avvenimento; ma esso era n-on solo nell'aria, come si suol dire, ma nell'animo della massa socialista, che sin dai primi suoi vagiti vide sempre come un bruscolo negli occhi l'esistenza di un partito repubblicano autonomo, che aveva l'ardire di Le:1er fede a Cattaneo o a Mazzini e di non prosternarsi innanzi a Carlo Marx. I socialisti promossero e intensificarono la lotta contro i repubblicani, per la salda convinzione professata che nel conflitto a loro avrebbe arriso la vittoria e che a loro principalmente sarebbero andate le masse che cominciavano a ridestarsi. E ciò avvenne ed avviene in molti punti per opera dei socialisti: sarebbe una diso- · nestà od un segno d'imbecillità nasconderlo o negarlo. J socialisti, poi, rompendo l'Unione dei partiti popolari, procedettero adottando una Lattica accorta: si misero di fronte ai soli repubblicani accarezzando, generosamente contracambiati, i radicali. Radicali e socialisti, strettamente ::lleati, dettero addosso ai repubblicani e . divennero i beniamini del ministero Zanardelli-Giolilli, che non esitò a prodigare lodi a loro ed a calunniare gli ultimi. In tali rapporti si trovarono gli antichi componenti dell'Unione dei pa,.titi popolari alla vigilia delle elezioni amministrative del Giugno-Luglio 1902. Se fosse durata l'Unione si poteva esser sicuri che moltissimi municipi sarebbero venuti nelle mani dei suoi rappresentanti. All'Unione invece si sostituì una vera anarchia nella tattica elettorale. I socialisti dovunque credettero di potersi affermare o di potere vincere non vollero saperne di alleanza cogli affini, come venivano chiamati gli altr·i due partiti nel periodo del!' Unione. Dovunque si sentirono deboli, da non poter guadagnare una minoranza, furono umili e cortesi e vennero alle allean-
338 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA. LEITERE E SCIENZE SOCIALI ze, o coi repubblicani o coi radicali. La tattica dei socialisti suggeri, o meglio impose, quella dei repubblicani e dei radicali, che, dovunque poterono, specialmente i primi, lottarono da soli sdegnando o respingendo qualunque alleanza. Prima e dopo le elezioni si é giocato a scaricab:irile tra i diversi partiti sulla responsabilità dei risultati. Dove i socialisti erano pochi deplorarono la intransigenza degli altri; e viceversa dove erano i repubblicani a cercare l'alleanza, perché si sentivano in minoranza. Di notevole c'era questo: l'intransigenza, o la separazione degli affini non venne elevata a dogma che dai soli sociali:;ti. Ed inni veri alla intransigenza vennero innalzati dai socialisti a Genova e altrove; perciò quando essi si lamentarono umilmente o sdegnosamente della non avvenuta unione la loro figura fu miserevole e contraddittoria. Intanto c'erano da denunziare responsabilità gravi, poiché la ma11cata unione dei partiti popolari poteva assicura1·e ed assicurò la vittoria o dei clericali nemici di ogni progresso o di accozzaglie monarchiche disoneste e dilapidatrici. Alle popolazioni, quindi, poteva venire e venne dalla disunione grave danno economico e morale. Ed ora alla cronaca. L'Unione fu mantenuta a Brescia, a Catania, ad Imola, a Bologna, a So11drio ed in parecchi altri centri minori e fu seguila da vittorie rimarchevoli cont1·O il clericalismo o contro l'affarismo. Condusse alla sconfitta a Messina, a Roma ecc. per le condizioni specialissime della lotta. La separazione condusse alla villoria clamorosa dei repubblicani a Ravenna, a Cesena ed in parte anche a Pisa ed altrove. I social-isti contro Lutti vinsero a Sampierdarena, a San Remo e in vari 11ltri paesi di secondaria importanza. Jr.vece la mancata Unione assicurò il trionfo della reazione ad Alessandria, a Fi1·enze, a Novara, a Siena, a apoli ecc. ecc. Non ricordiamo Torino perchè vi radicali e repubblicani se fossero stati alleati ai socialisti, di ben poco avrebbero potuto modificare il risultato della lotta. l più malconci della lotta si può dire che escono i radicali; i repubblicani dove lolla1·ono separati o mantennero la posizione o fecero dei guadagni, come a Ra venna ed a Pisa, a spese dei socialisti. Questi ultimi, però, in generale ful'ono i veri t1·ionfatori perché quasi dappertutto dove lottarono da soli guadagnal'ono essi i posti della minoranza, e talvolta con delle voLazioni splendide come a Genova, a Firenze, ad.Alessandria ecc. ecc. Riassumendo si può affermare che le ultime elezioni 11mminislrative dimostrarono tutt'altro che morto il partilo repubblicano; confermarono che il partito radicale é ancora una nebulosa; misero in evidenza una fioritura tropicale, meravigliosa del partito socialista. Sicché i socialisti come uomini di parte possono andare orgogliosi dei risultali; come cilladini onesti devono sentire il rammarico di avere p1·ocurato il t1-ionfo colla loro tattica ai nemici della libertà, e più spesso agli elementi più COl'rotti e più perniciosi che infestano l'Italia. Pel' ora constatiamo, coll'ordinaria lealtà, il fenomeno; diremo altra volta i commenti. Cose di .Napoli. - Tra Saredo e Ca,,asola in Senato. - Nalla inchiesta su Napoli del senatore Saredo ricorre spesso il nome del senatore Cavasola, ex prefetto della provincia di Napoli, e vi é fatto segno a critiche abbastanza vivaci - anzi a vere accuse. L'accusato ha conservato per molto tempo un religioso silenzio, che isorprendeva coloro che lo conoscono e che addolorava i non pochi suoi amici ed estimatori. Il silenzio del Cavasola fu male interpretalo, ed egli lo ha rotto appena gli si presentò l'occasione opportuna: nell'ultima discussione dei provvedimenti per Napoli. Si é detto che l'ex Prefetto ha pronunziato una requisitoria contro il Sa1·edo; e non é esatto. Egli si é limitato a difendere l'opera sua malamente giudicata dal gra:ide inquisitore su Napoli; e si deve riconoscere che il diritto alla difesa é legittimo, é sacro. Si aggiunga che tale difesa, in quanto !'iguarda la bontà dei più importanti servizi pubblici - acqua, tramvie, illuminazione - ed alcuni atti finanziari - prestiti pubblici - sui quali poté spiegare la sua azione non tutrice, ma inspiratrice, il Cavasola, é riuscita trionfale. Tale apparve specialmente in Senato per la grande fiacchezza della risposta del Saredo, che se,nbrò tramutalo in accusato da accusatore. Requisitorie aspre, partigisne, vengono invece pubblicate a Napoli contro Saredo e contro Cavasola. Gli uni glorificano il primo e trattano da.complice della camorra il secondo; gli altri, invece, tuonano conlt·o le iniquità sistematica del President,e del Consiglio che considerano come un dentgratore sistematico della grande citlà del Mezzogiorno,e credono nell'ex prefetto il rivendicatore del suo buon nome; e a carico del Saredo pubblicano anche atti ed episodi del suo Regio Commissariato che egli ha flagellato a sangue negli altri. La verità, in queslo ca.so, davve1·0 sta nel mezzo. I due senalol'i sono due uomini con tutti i difetti dei mortali. Che la passione o l'interesse accechino i detrattori e gli apologisti di entrambi si scorge chiaro da questa circostanza: alcuni giornalisti a loro riguardo chiamano bianco ciò che in altri tempi dissero nero. Cosi il Cavasola oggi viene glorificato da alcuni che durante la sua Prefettura ne dicevano corna dalla mattina alla sera. Ma se coloro che dife~ero sempre gl' interessi della camorra non dettero mai tregua al Cavasola Prefetto, come può egli essere considerato complice di camorristi, solo perché egli og;;i nel fare la propria e legittima e doverosa difesa giova indirettamente ai suoi irreconciliabili nemici di una volta? Ecco la domanda che abbiRmo voluto rivolgere ai nostri amici del 1'799 e della Propaganda, per quell'amore della verità al quale non vogliamo mai venir meno anche quando essa ci renda antipatici ad amici ed a nemici. • Il popolo inglese e la monarchia - Flelcher, uno dei più simpatici redattori del giomale repubblicano inglese Reynold's Neu,spaper studia in uno degli ultimi numeri le ragioni per cui la monarchia sembra incontrare così pochi avversari in Inghilterra. E' il caso di riassumere qui l'importante articolo che in p1·oposito scrive Jean Longuet nella Petite Republique del 6 luglio. « Trent'anni or sono - egli scrive - un movimento repubblicano si designava in Inghilterra. La caduta del secondo impero in f.i'rancia, l'espulsione della regina Isabella dalla Spagna, la fine del potere temporale del PapH avevano dato un vero slancio a questo movimento, e nel 1872 si contavano in Inghilterra un ceutinaio di clubs repubblicani· Degli uomini co!TleCharles Bradlaugh, Auberon Herbert e sir Chai-les Dilke erano stati eletti alla Camera dei Comuni cor!!e dei repubblicani dichiarati. Lo stesso Chamberlain, nell'ardore del suo radicalismo aveva partecipalo alla conferenza repubblicana di Birmingham .. « Disgraziatamente le lendenze repubblicane della borghesia radicale inglese erano in fondo assai superficiali, e allorquando il· partito liberale fu schiacciato nel 1874, e Disd1·aeli chiamato al potere, non se ne parlò più. Con lui dovea cominciare il vento dell'imperialismo, e fu in-
RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALJ 33g fatti Disdraeli che fece coronare la regina Vittoria im· peratricc delle Indie, e fu lui che dette il primo slancio a quell'.iingoismo che il suo pallido imitatore Chamber1ain, venticinque anni dopo, dovea tanto sviluppare. « Nel fatto, la predominanza del problema economico, la lotta di clas<ie sempre piu acuta, fu la vera ragione che impedì lo sviluppo di un movimentò puramente politico come il repubblican ismo di Bradlaugh e degli Harrison. « Quando nel 1883, sotto_ l'influenza di Hyndman e di William Morris, si disegnò in Inghilterra il primo movimento socialista, il partito che si formò non fece che attirare la maggior parte dei repubblicani che non si confondevano coi vecchi liberali inglesi. In Inghilterra tutti i socialisti sono repubblicani, e lo hanno dimostrato in queste u!Lime settimane in diversi consigli dove si era venuti a proporre dei voti su mozioni monarchiche a proposito dell'incoronazione. « A BatLersea, un importante sobborgo operaio al sud-ove&t di Londra, la maggioranza del consiglio muGran Bretagna: questi hanno lottato_ seoza' tregua con tro l'imperialismo, e alcun atto di adulazione monarchica si può loro rimproverare. « Noi socialisti democratici - dice la Social Democratic Federation di Londra, nel manifesto pubblicato otto giorni or sono dalla Justice - noi non siamo, noi non possiamo essere monarchici. Noi lottiamo pel raggiungimento di una repubblica sociale, ove [non vi sarà posto per un re, ,;ome non vi sarà per una aristocrazia o una plutocrazia dominante >>. « Su ciò non vi è dubbio possibile, e tutti i socialisti inglesi sono unanimi. . . « Ma se noi vogliam esaminare seriamente fla situazione noi dobbiamo convenire che non abbiamo alcun& ragione, nello stato attuale delle cose, di d_etronizzare re Edoardo VII per rimpiazzarlo col re Capitale, sotto le spoglie di un Dittatore scelto dalla potentissima plutocrazia che ci domina ». « Le riforme politiche che il proletariato reclama - estensione a tutti i cit- nicipal~, composta di amici del deputato John Burns e dei socialisti, ha rifiutato di partecipare in qualsiasi modo aIle feste dell' inco1·0nazione. La Triplice rinnovata. tadini del diritto del voto (quasi 3,000,000 di proletari inglesi non hanno diritto al voto), indennità ai deputa1i, soppres:;ione della Camera dei lords; - sono delle misure che il potere regio in Inghilterra non può impedire come non può impedire le riforme economiche come la giornata di otto ore, le pensioni operaie e una migliore legge sugli infortuni del lavoro. « A Bradford i sei eletti dell' lndipendent Labour Party, in unione di due eletti della popolazione irlandese della città, hanno rifiutato energicamente di votare l'indirizzo al re proposto dal capo dell' amministrazione comunale, che la maggioranza liberale sostenne con grandissimo ardore. (1). -::---:::=;... « Solo l'estrema destra del socialismo inglese, i Fa· hiani, con Webb e Shaw, affettano il più completo sprez. zo per queste manifestazioni radicali e pretendono anche conciliare il loro socialismo nebuloso coi 'loro sentimenti imperialisti; il banchetto ch'essi hanno dato a Seddon, il primo ministro jingos della Nuova Zelanda, - Speravo d'aver finita la mia pena, ed eccomi invece condannata per altri dodici anni I (Uomo di Pietra di Milano). « Il potere del Re in Inghilterra essendo in fatto molto me1,o grande di quello del Presidente della Repubblica francese, e di quello del Presidente degli StaLi-Uniti é contro la classe capitalista, contro i grandi industriali, contro i land lords o proprietarii fondiari, padroni de\ suolo e dei mezzi di produzione e di scambio, che la classe operaia organizzata d'Inghilterra deve dirigere tulti i (che fu presieduto da Sydney Webb, segna una triste pagina nella loro storia. « Ma questa attitudine dei fabiani, sempre più lontana dal movimento socialista internazionale, é in assoluta contradizione con le nettissime tendenze democratiche del movimento socialista, come di tutto il movimento operaio inglese. La demot.:razia sciovinista ha incontrato gli avversari più decisi nei lavoratori organizzati della t. (1) Il cittadino I-lartley, uno degli eletti, si scairliò energicamente contro la proposta di « loyalisme • verso Edoardo VII. Egli disse ch"esso rifiutava di dichiarare alcun « loyalisme » verso un qualunque monarca, ciò ~he non gl'impediva di amare il suo paese come chiunque altro. Combatté poi con speciale energia la parte dell'indirizzo al re che parlava « delta prosperità pubblica del suo regno » mentre una parte dei lavoratori di Bradford guadagnavano 22 lire e 50 centesimi la settimana. Terminando, propose che il consiglio domandasse al governo di pensare anzitutto alla miseria della classe operaia che non poteva sfamarsi, e che viveva in delle vere tane (stums) ove le peggiori malattie si sviluppavano liberamente. suoi sforzi, é contro essi zarsi più fortemente. che innanzi tutto deve organiz- ~- l\1azzini, Bovio e i socialisti, - Si é pubblicato un Profilo di Giovanni Booio. L' ha scritto l' avvocato G. Lombardi e va letto e lodato mollo. Non é la prima volta che si scrive dell'illustre filosofo dalla democrazia con parole di calda ammirazione: ma confessiamo che questo studio, quasi diremmo lirico, del Lombardi l'abbiamo letto :on una compiacenza veramente straordinaria e con grande diletlo. Si occupa a grandi tratti dell'uomo e della dottrina sua in una forma eletta. Ci piacque l'accenno ai discepoli ingrati, che c'induct!, in uns al Lombardi, ad augurare al maestro beneamato che la sua viLa non abbia ad essere ama,·eggiata con altre prossime ingratitudini; e ci piacque pure la delicatezza somma colla quale lo scri~tore sorvola, senza dimenticarne uno, e sui dissensi teorici col Bovio e su quelli che gli sembrano defi<!ienze o er-
340 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI rori scientifici; ma ci piacque sopratutto, che questa onesta e non smaccata apologia del Bovio 'l'enisse in questo quarto d'ora da un socialista meridionale. Spieghiamo la ragione dello speciale compiacimento. Sp'3sso dai socialisti abbiamo sentito giudicare Giovanni Bovio in modo o villano o disonesto. Ne provammo difigusto quando non fummo sospinti all'indignazione. Talaltra le parole petulanti o ingiuste furono accompagnale o sostituite da atti altrettanto riprovevoli. Si videro, ad esempio, i socialisti di Trani - patria di Giovanni Bovio I... - accordare i loro voti ad un monarchico, - al Senatore Vischi ! - anziché al loro illustre concittadino nella nomina di un consigliere provinciale. .... E Bovio sarebbe riuscito; Vischi cadde miseramente! Nel Profilo di Giovanni B'lvio, però, l'autore ha voluto versare un pò di salsa socialista scrivendo : "' egli « rimane repubblicano, quale fu e sarà, ma a differenza « dei suoi compagni di fede, rimasti fermi al verbo in- « transigente di Mazzini o al dogma della proprietà in- <c dividuale, egli allarga l'ala del suo pensiero fino a « comprendervi il succo vitale della quistione sociale e <e inneggia alle rivendicazioni del proletariato ... » Qui l'inesattezza e !'equivocità del linguaggio raggiunge tali proporzioni da rasentare la malafede. Vogliamo escluderla perché non ne crediamo capace il Lombardi; ma t'imane innegabile la profonda ignoranza sua della dottrina sociale di Mazzini, di Bovio e dei repubblicani italiani. E valga il vero : · 1° Si può rimanere fermi al verbo intransigente di Mazzini t: comprendere nella propria dottrina il succo vitale della questione sociale e le rivendicazioni del proletariato. Certe sciocchezze bisogna lasciarle dire ai ministri della monarchia, che sono costretti dalla loro posizione - vorremmo dire: dal loro mestiere - a svisare il pensiero del partito repubblicano per togliergli forza. St' riconosce anche da qualche socialista italiano - incredibile dictu - che Giuseppe Mazzini volse il suo pe!1siero alla que,tione sociale e alle rivendicazioni del proletariato sessant'anni or sono quando i rivendicatori socialisti non erano nati, quan lo Marx non aveva formulato il nuovo vangelo. 2° Non é detto e provato da alcuno che quistione sociale e rivendicazioni del proletariato siano elementi costitutivi esclusivamente del collettivismo. Se i proletari dovessero attendere l'abolizione della proprietà indi~iduale per veder migliorata la propria condizione starebbero freschi I 3° Tenendo conto dei discorsi, degli articoli, dei libri òi Giovanni Bovio abbiamo ritenuto sinora ché egli so- .pralutto rimanessi! fermo al verbo di Giuseppe Ma:.:.ini, che chiamò bellamente fondatore di civiltà. Che Giovanni Bovlo si sia convertito in questi giorni al collettivismo? Noi non ce ne rammaricheremo affatto; ma non ,ci consta che la conversione sia avvenuta. 4° Sfidiamo il sig. Lombardi ad indicarci un repubblicano italiano che non comp1·e:ida neIJa propria dottrina le rivendicazioni del proletariato. Noi non conosciamo repubblicani verbalisti; ma conosciamo molti socialisti, che predicano la rivoluzione in un senso che la fa confonderd colla ciarlataneria. Questo abbiamo sentito il dovere di dire al sig. G. Lombardi, ch'è giovane di molto ingegno, che fa bene ad esaltare Giovanni Bovio; ma fa molto male a scrivere dei partiti, che non conosce. • Jaurès sci•ittore di storia. - Quattordici socialisti militanti francesi si son messi insieme per scrivere a storia « socialista » dal 1789 al 1900. Sono: Jaurés che dirige i lavori e scrive per conto suo la Costituente, la Legislativa, la guerra franco-germanica, e infine il bilancio sociale del secolo XIX; Gabriele Deville, che continua i primi volumi di Jaurés.sino al 18 brumaio; poi i Brousse dal 18 brumaio a !ena; Enrico Turot, da Jena alla Ristorazione; Viviani, la Ristorazione; Fourniére e Rouanet, il regno di Luigi Filippo; Millerand e Giorgio Renard la repubblica del 48; Ana dler e Herr, il secondo impero; Dubreuil, la Comune; Labusquiére e Gerault-Richard, la terza repubblica sino at 1900. Non tutti questi nomi, per queIJo che se ne conosce; inspirano un'uguale fiducia; tuttavia non si può sottrarsi a un senso di ammirazione innanzi al piano di quest'opera intrapresa dai militanti di un partito. Ecco primo J. JAURÈS Jaurés: eccolo uscire dall'assorbente lavoro della politica attiva a cui partecipa da un decennio con un'intensità senza pari - dalla direzione di un partito al giornalismo polemico, dai libri di discussione dottrinale e tattica a quella sua magnifica azione nel processo Dreyfus - eccolo, dico, uscire fresco da una tal bolgia con un volume, intanto, d'oltre settecento pagine: la Constituente. Ripensando tutto ciò. ancor pri111ad'aprire il volume, senza punto e;s we malati di rispetto verso la carta stampata, bisogna ammirare. Storico e politico sono in generale persone ben distin• te, e chi ha per professione di capire la storia, cioè la politica del passato, mostra di rado di possedere quel « senso storico » del presente senza di cui non si fa politica durevole. Pure, in Francia vi é una specie di tradizione di storici che son anche uomini politici; basti ricordare Thiers, Guizot, Louis Blanc; di politica non volle sapere quasi solo il Taine, che all'offerta della deputazione rispose di esser forse troppo tardo per quel mestiere, giacché vedeva la Camera sbrigarsi in mezz'ora di faccende che a lui parevano richiedere lo studio di mesi, almeno. Non dovete credere a una boutade; questo stesso criterio il Taine ha applicato alla rivoluzione francese. Infatti la sua maggior accusa é quella di impreparazione agli uomini che l'hanno fatta; uomini pieni solo d'idee
RIV,(STA POPOLARE DI POLITICA., LETTERE E SCIENZE SOCIALI 341 generali, che s'erano fabbricato un loro uomo con pezzi di teorie di Rousseau, e per quello legiferavano, senza curarsi di sapere come fossero fatti e di che abbisognassero i francesi del 1789. Egli avrebbe voluto gli stati generali applicati a ripartire giustamente l'imposta, rimaneggiare, rifondere e riportare alla frontiera le tariffe doganali, sopprimere per transazione e con indennità i diritti feudali ed ecclesiastici; operazione immensa, dice, e non si poteva condurla a buon termine « qu'à fol'ce d'enquétes minutieuses,de calculs vérifiés,de tàtonnements prolongés et de concessions mutuelles ». Incapaci a un tal lavoro fecero invece un gran falò, e Taine lungo tutta la sua storia par sempre perseguito da quell'odore di bruciato. Vi sono molli modi di intendere la storia e quello del Taine nou é di certo de' più superficiali, ed é in ogni caso uno dei modi più geniali e interessanti in cui sia sto un vasto e minuto esame dello sviluppo della borghesia; la borghesia commerciale dei porti con la sua vasta sfera d'azione ma1·ittima e coloniale; la borghesia industriale di Lione e del nord tra .cui cominciava a penetrare la macchina; il carattere speciale della borghesia bancaria parigina, del rentier ecc.; lo sviluppo dei rapporti internazionali di commercio; é tutta una gran rete nuova di interessi e di rapporti a regolare i 11uali il vecchio potere appariva o inetto perché straniero alla materia, od ostile por sentirsene toccato a morto. D'onde la necessità d\rn potere nuovo. Esempio in cui il Jaurés spiega l'attitudine rivoluzionaria del rentier e del banchiere parigino che aveva prestato allo Statq ora vicino a fallire: « E siccome la nazi,me non potrà rimborsagli il debito o a,sicurargli il servizio degli interessi se non impadronendosi dei beni del clero, vi é un irriducibile antagonismo fra l'interes. Nel circo di l\Iontecitorio. ·Z, . > • ~ ~i:::.~~~:_:-;~.:~~-·-. d:-~~ ~~~ - Volete andare in vacanza, signorina 1 Prima si ti-atta di passare lntti quei. cerchi: dopo vi riposerete. (Il clown). - Però non e' è bisogno di andare a rompicollo nell'esercizio ..... mai stata intesa. Ora poiché bisogna rinunziare a pretendere dalla storia una vera ricostruzione di vita, ed é sempre piu at·te che scienza, il Taine rimano uno degli scrittori di storia di più a'.traento e impressionante lettura. Ma cedo, dopo tanto bagno di materialismo storico alla fonte o nei rivi di derivazione piu o men legittima, chi torni a leggerlo sente, pur tornar.do a subire il fascino di quel pensiero forte vasto ingegnoso, sente come un vuoto; è la mancanza di ciò che alla nostra generazione é poi passato nel sangue, quel senso delle classi nella storia che ci ha dato almeno l'illusione di capire di piu. Ed ecco Jaurés intitolare Cause della rivoluzione il capitolo in cui descrive la formazione della ricchezza borghese prima della rivoluzione; sotto quel titolo s'era abituati a trovare gli abusi del vecchio regime e la filosofia degli enciclopedisti; il socialista mette a quel po- (Fischietto di Torino). se della borghesia finanziaria e la potenza territoriale della chiesa >>. E' un esempio fra molti; ma qui ab-· biamo già di meglio delle « idee generali >>. E cosi procede a spiegare la prossima azione politica di questa classe sociale disegnando1te il gran quadro degli interessi. Ma basterà'? E perché i delegati di questi grandi armatori di Bordeaux o di Marsiglia, di questi setaioli lionesi, di questi prop1·ietari di case parigine e via dicemfo, giunti a parlamento per ,·imediare a un bilaneio, proclameranno non la loro parte di diritti, ma i « diritti dell'uomo'? » Jaurés dice: due sono le « sorgenti di fuoco » della rivoluzione: da una parte la borghesia francese era giunta alla maturità sociale, dall'altra la nazione francese era giunta alla maturità intellettuale. È quella maturità intellettuale compassionala dal Taine come una povera nutrizione filosofica in cervelli impre-
342 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI parati, un'incapacità ad applicarsi al mondo reale derivata dalla educazione classica; il Jaurès combatte eloquentemente in poche pagine una tale opinione e meglio la rettifica poi in un particolareggiato esame dei cahiers. Ma ciò che riman posto in maggiore evidenza è la maturità economica, com'era naturale che avvenisse in una storia « socialista » che, a lungo andare, vuol presupposta in quel!a la maturità nel senso più vasto. In ciò è, appunto, e doveva essere il carattere particolare di questa storia: mettere in evidenza (necessariamente per qu~sta via la storia va troppo sovente confusa con la pura storia economica) quella parte che altri storici o di spirito conservatore o inclinati a vedei• solo l'azione dell'uomo negli avvenimenti, e, degli avvenimenti, l'~steriorità, il pittoresco - avevano trascurato o solo parzialmente posto in rilevo. Cos·1 fa, ad esempio, nel capitolo sull'assegnato, dove la funzione di questo mirabile stru::nento rivoluzionario è minutamente ricercata ed esposta. Co 1 Jauré5 u,ciamo dalle generalità per penetrare nel particolare vivo della slo1·ia, e come sappiamo a chi appartenessero le case di Parigi, e di quali categorie sociali fosse1·0 gli assalitori della Bastiglia, cosi apprendiamo a quali classi, a quali persone poi pa,sarono i beni della chiesa. A favore di chi si é compiuto questo enorme spostamento di proprietà di tre miliardi~ Lunghe liste di compratori, pagine coperte di nomi di borghesi in gran parte, ma anche, per piccoli innumerevoli lotti, di contadini e artigiani, ci rendono in evidenza tutta nuova questo gran fallo storico. Noi vediamo, per così dire, un infinito numero di famiglie legarsi, con la proprietà, alla rivoluzione. La rivoluzione « crea una democrazia rurale con canLlere laico e moderno » e salva se stessa. È ciò che ha fatto, ma quanto imperfettamente, la rivoluzione italiana tra il 60 e il 70. • . . Dato questo carattere, gran parte del drammatico, di cui le altre storie son piéne, va perduto; non certo per incapacità dello storico a renderlo; di questo storico che ha in sò qualcosa delle figure d'allora: forse vi u in lui u11<>sfo1·zo di non abbandona1·si alla natura sua, di oratol'e-poela che pur tratto tt'dtto riesce a prendergli fe. licemente la mano: così in certi tocchi su Mirabeau della cui veemenza oratoria a fine e con effetto mode1•atore, dice: « et comme des coups de foudre qui déchargent l'horizon de ses colères, !es éclats de passion du tribun Jaissaient dans !es esprits une larga sérénité »; così in certe rapide _evocazioni di scene, come il ritorno delle donne a Parigi con il Re, o la kermesse del popolo parigino la nolte in cui caddero le barriere daziarie lasciando entrare lunghe file di carri di provviste e di bolli « celle large allegresse de tout un peuple qui espère enfin rnanger à son appetit et boire à sa soif »; così in cet"te battute d'annunzio di personaggi come : « au dessous cncore de loute celle agitation, à des profondeurs inoules de colère et de révolte commence à agir la pensée de Marat ». E cenl.'allri esempi. Son tocchi di .:olore che rischiarano la trattazione procedente talvolta troppo minuta e lenta, per quanto sempre sorretta dalle risorse di un vasto spirito coordiaatore. Giustifica a questa storia l'appellahvo di « socialista > - che a tutta prima sconcerta - anche la ricerca del primo apparire di un movimento proletario e il richiamo continuo dalla rivoluzione borghese a quella « prossima > rivoluzione socialista dalla quale il Jaurès si sente chiamato a essere il Mirabeau - senza patteggiamenti nascosti con il nemico. Così fin dal principio descrivendo la persistenza delle orme corporative all'inizio dello sviluppo· capitalistico, prevede un periodo di transizione .. in cui istituzioni a tendenza colletti vista potranno coesistere con istituzioni borghesi ». E l'obbiezione c:ornunista è introdotta nelle discussioni della Costituente sulla proprietà ecclesiastica; « il n'y a pas là et il ne pouvait pas y avoir l'accession du prolétariat à la propriété; ce sera l'objet d'une plus vaste révolution ».... Un « primo saggio impotente e confuso di poiitica operaia " riscontra Jaurès nei progetti di Marat, nella propaganda dell'Ami du Peuple a cui egli dedica un acutis- · simo esame; par di intravvedervi talvolta un presentimento di politica socialista alla Louis Blanc; ma il più sovente non è che « une douleur obscure qui crie avant de pa:·ler et de penser »; per allora la rivoluzione credeva d'averla finita con le classi; con la stessa legge Chapelicr, che è una schi"lttissima legge di classe, non vedeva nelle coalizioni operaie che una riviviscenla di corporativismo; e denunziava i padroni che tenevano bassi i salari come « aristocrates ». Tant'altt·o resterebbe a dire sul libro e·sull'intrapresa: dirò che se si trovasse in Italia una dozzina d'uomini di questo indirizzo intellelluale - che del resto non può più dirsi l'indirizzo esclusivo di un partito - per darsi a un'opera simile su un periodo della trascurata storia nostra, non ci sarebbe questa volta da lamenlarsi della imitazione d'un esempio letterario francese. Bel'lino. AMEDEO MORANDOTTI. Noi ~ ••••••••oooOOOOooo••••••••••••••••••••• ~ LATRIPLICE ALLEANZA (Il passato e il presente) J1f.' I giornali hanno annunziato la rinnovazione della Triplice alleanza per altri dodici anni, ed hanno commentato l'a·,venimento con molta calma, tanto in Italia, quanto all'estero: calma quasi dappertutto sottolineata da un pizzico di ottimiqmo, che ha di verse origini. Si deve aggiungere, per caratterizzare meglio il momento in cui si compie l'avvenimento, che il suo annunzio non ha suscitato nè le recriminazioni antiche dei francesi, nè le fiere proteste di una volta dei partiti avanzati italiani. Come si spiega tale mutamento nella oprn10ne pubblica francese e nella democrazia italiana ì Salvatore Barzilai, alcuni anni or sono, in uno dei suoi più brillanti discorsi pronunziati nella Camera dei Deputati, dimostrò che il carattere della Triplice alleanza mutò col temperamento e colle idee dei tre maggiori uomini politici, che avevano retto il paese dal 1882 in poi: Depretis Crispi, Di Rudinì. La trovò - ed era vero - costosa e minacciosa sotto il solo Crispi ch'era dominato dall'idea fissa di una imminente aggressione da parte della Francia. Oggi l'attitudine dei francesi e di una parte degli italiani si potrebbe spiegare colle tradizioni e colle opinioni degli uomini che stanno al governo
JUviSTAPÒPOÌARÉ DÌ PotitìèA., LEffEtlit É SCiENtH SòCIALJ 343 in casa nostra: affidano che essi non daranno ca• rattere aggressivo contro chicchessia alla Triplice~ Infatti Zanardelli, Giolitti e Prinetti furono sempre o tiepidi sostenitori o av,rersari decisi dell'alleanze dell'Italia colla Germania e coll'Austria Ungheria; tanto che si ritenne necessario un convegno tra von Biilow e Zanardelli, appena costituito l'attuale ministero, per eliminare le diffidenza suscitate negli imperiali alleati. Il mutamento, però, ha cause più sostanziali. La fiducia che Zanardelli e Prinetti ispirano ai francesi non basterebbe a far parlare un Ministro·delrère, tra l'Italia e la Francia si è ristabilita una entente; che se non è interamente cordiale; segna un gran passo nella via '.che potrà renderla tale, come noi -ci auguriamo. Sono noti i segni e le cause del ristabilimento rlei buoni rapporti di amicizia tra le due nazioni a ci viltà latina; ma la misura del lieto evento più che dagli articoli dei principali gio1;nali dei due paesi e dalle recentissime manifestazioni di Torino - dove alle banrle francesi si fecero accoglienze entusiastiche, che alla lor volta suscitarono il più schietto entusiasmo negli animi dei nostri vicini di oltr' Alpi - si avrà dalle dichiarazioni di la repubblica come parlò il Delcassè rispondendo alla interrogazione di Chastenet. Egli è che realmente,quali che possano esAtlante nella disperazione. Delcassè cui si accerinò in principio. sere le .clausole 1 1,! . segrete della Triplice alleanza, nei 1 rapporti interna- 1, zionali sono avvenute delle mo- .tlcazioni importanti che hanno dato la sicurezza agli uni e diminuita l'arroganza negli altri; gli angoli si I' ! sono smussati e negli animi di tutti alle inquietudini e ai sospetti di una volta si è sostituita una serenità che permette di guardare con fiducia allo avvenire e di giudicare con calma gli uomini e gli avvenimenti. ··· .. . ( I J/ t·,.. ~(:~\\:: L'"~t_r. ! ~.-'".' . ~:• , .. ·, : --: .. ---~"~ ~·. . . .. Il Ministro degli , esteri della repubblica franr,ese disse esplicitamente: Anzitutto tra l'Italia e la Francia scomparvero le asprezze politiche ed economiche ch'erano divenute acutissime dopo Atlante : Accidenti ! Se quel grasso continua ad ingrassare, chi ce la fa più!! Bisogna che lo butti giù per forza I Io ebbi già occasione d · dichiarare alla Camera e al Senato che dalle spiegazioni reciproche era risultata la constatazione cheinnessun punto gl'interessi essenziali dei due paesi si trovano in opposizione,e il Mediterraneo ehe aoeva allontanato l'una dall'altra Francia e Italia, d1veoa rlaooieinarle e mantenerle unite. Vada sè che si felice accordo non può essere senza influenza sulla politica generale tra la Francia e l'Italia. Ciascun a di esse, ben inteso, determina nella sua pienezza la pro• pria indipendenza . Nessuno potrebbe avere la pretesa di conoscere gl'inleressi dell'Italia meglio dell'Ila lia stessa, e meno ancora potrebbe pretendere di tracciarle una linea di condotta che i suoi l' occupazione di Tunisi, e dopo la denunzia del Trattato di commercio del 1881. È doveroso ricordare ìn questo momento, che a tale risultato contribuirono i due Ministeri Di Rudinì, ed anche quello Pelloux.. Gli on. Zanardelli e Prinetti hanno raccolto frutti del lavoro dei loro predecessori. Non ostante la Triplice, mercè l'opera volenterosa di alcuni politici italiani coadiuvati dal Bar- (Neue Gluhlichter di Vienna). interessi, i quali sono complessi come quelli della nostra grande nazione, possono consigliarle. Essa è· abbastanza grande, abbastanza forte per poter decidere su questo punto riguardante lei sola. « Ma nessuno sarà sorpreso di apprendere che quando fu annunziato alle tribune di parecchi Parlamenti prossima la rinnovazione della Triplice, noi ci siamo preoccupali della misura nella quale questo allo diplomatico poteva, essere in a"rmonia coi rapporti di ·am;cizia e de-
344 RiVISTA POPOLARE DI POllt'lCA. LEITERB B SCIENZE SOC!At.1 gl'interessi così opportunemente riannodati tra la Francia e l'Italia. La nostra preoccupazione, che era naturale, non fu, m'affretto a dirvelo, di lunga durata, il Governo del Re avendo preso esso stesso cura di chia1·irci e precisarci la situazione. « E le dichiarazioni che esso ci fece permisero a noi di acquistare la certezza che la politica dell'Italia, in seguito alle sue alleanze, non é volta né diretlamenle né indirettamente contro la Francia, e che tale politica non ~otrebbe in alcun caso implicare minaccia per noi, sia in forma diplom11tica, sia in protocolli o stipulazioni militari internazionali, e:che in nessun caso e sotto nessuna forma l'Italia può divenire né istrumento né ausiliaria di una aggressione contro il nostro paese. Queste dichiarazioni non possono lasciar nessun dubbio nel nostro animo sul carattere risolutame:1Le pacifico ed amichevole della politica italiana a nostro riguardo, né sul sentimento di sicurezza, a cui debbono ispirarsi oramai le relazioni fra le due nazioni. Esse ci danno infine la ferma fiducia, di cui la Camera sarà senza dubbio felice di ricevere le espressioni, che nu Ila si oppone più allo sviluppo di un'amicizia che già ebbe feconde conseguenze. Il linguaggio del Ministro della repubblica non poteva essere più elevato, più dignitoso, più chia• ro e preciso. Si può essere sicuri che eserciterà una grande influenza nel restringere i legami di amicizia, che non avrebbero dovuto essere mai rallentati, tra la Francia e l'Italia. •· L'accenno al Mediterraneo fu sopratutto notevole e noi, che siamo avversi alla politica coloniale a base di conquista, siamo disposti a guardare con simpatia a Tripoli - pur non desiderandone il possesso - che diviene pegno di pacificazione tra i due paesi, come Tunisi era stato pomo di discordia. L'accenno al Mediterraneo ha tanta importanza che a Londra provocò il più vivo malumore, che non potè dileguarsi colle dichiarazioni di Crawborne. In quanto alla meraviglia e a! disgusto manife, stati da qualche autorevole giornale inglese - la Wesbninste1· Gazette, se non erriamo - per la volubilità e instabilità del!' Italia nel passare da un amore all'altro, si può rispondere che certe prediche venendo da tali pulpiti fanno ridere. Non i soli nostri alleati hanno fatto ìl comodo proprio in fatto di alleanze; ma è proprio l'Inghilterra la grande maestra dell'egoismo illimitato nella direzione della politica estera. Perchè soltanto l' Italia dovrebbe imporsi dei limiti, che gli altri stati non conoscono e non rispettano? Il malumore inglese d'altronde si comprende. In Inghilterra si sente che l'attuale equilibrio del Mediterraneo tutto a suo benefizio, potrebbe modificarsi a suo danno, se una buona volta s'intendessero le tre nazioni latine, che hanno maggior diritto degli altri a dominare in questo mare, che dal taglio dell'Istmo di Suez fu restituito all'antica importanza nei commerci e nella espansione della civiltà. E non ci dispiace che il ministro inglese abbia adoperato un linguaggio molto sibillino, che si può anche considerare ostile, riguardo alla quistione di Tripoli. Ciò mentre ci può allontanal'e da qualche follia, serve nello stesso tempo ad avvicinarci maggiormente alla Francia. Si deve aggiungere a questo che alcune altre circostanze notevoli hanno contribuito a tor.rJiere l'antic0 carattere alla rinnovazione ùella Triplice alleanza. L'annunzio del viaggio di Vittorio Emanuele a Pietroburgo non può che riuscire gradito alla Francia. Riesce indifferente all'Italia democratica, ma questa si conforta apprendendo che il capo d~llo Stat? alme~o non è costretto a passare per Vienna; ciò che {a dire ali' Extrablatt di Vienna che la visita più degna di rilievo è quella che Re Vittorio .... non fa. . Il dispetto della stampa austriaca· in generale e di quella militare e reazionaria in particolare indica che la Triplice non ha più l'antico siO'~ificato. Il Reichswehr - organo dei discende1~ti di Radetzky e di Hainau ~ arriva a trattare da ineducato il Re d Italia perchè non va a salutara l'Imperatore d'Austria, che non senti il dovere di restituire in Roma la visita, che stoltamente fu fatta fare ad Umberto 1c a Vienna. Il ser·:ilismo dell'Italia verso gl' imperiali alleati tante volte denunziato dalla nostra democrazia, J;a fatto perdere la ragione ai servitori degli Absburgo ! Però noi crediamo che sia dovere della medesima democrazia il non incoraggiare i sentimenti anti-austriaci della nostra Corte. Essi possono piacere agli irredentisti del vecchio stampo; ma non devono addormentare i democratici veri ed accorti che nell~ simpatie ed antipatie dinastiche devono scorgere un pericolo perenne di sgradite sorprese bellicose; pericolo, che sarebbe prossimo, se sono esatte le informazioni della Neue Freie Presse sulle domande avanzate dall'Italia ai suoi alleati per una loro cooperazione ali' azione, che vorrebbe spiegare nel Mediterraneo e nei Balkani. D'altra parte la Francia per la sua alleanza colla Russia ha acquistato la coscienza della propria forza; ciò che· le ispira un senso di giustizia velat.o pel passato dalla coscienza della propria debolezza. L' Italia, alla sua volta, nel miglioramento della economia nazionale e del bilancio dello Stato, nella impossibilità di ritrovare in Franc.ia il maggiore mercato ai propri prodotti agricoli, scorge le condizioni precipue per essere creduta del tutto disinteressata nel ritorno alle simpatie sue verso la vicina repubblica; e di questo disinteresse devono essere ben convinti in Francia, dove, più che pel passato, sbollito il vecchio chauvinisine, si comincia·:o a studiare seriamente le condizioni reali dei popoli vicini. Quest'ultima circostanza in pari tempo attutisce l'avversione dell' elemento democratico italiano verso i due imperi centrali, dove abbiamo trovato un mercato che in parte ci compensò dalla perdita del mercato francese, che non potremo mai più riacquistare, almeno pel vino, ch'è il prodotto di cui ci preoccupiamo maggiormente nel momento attuale. Sta in potere degli agrari tedeschi ed austro-ungarici il somministrare alla democrazia italiana gli argomenti economici per ravvivare le
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 345 antipatie politiche; e gli agrari infatti vogliono chiud•~re le porte ai nostri prodotti agricoli. La mancata rinnovazione dei trattati di commercio del 1892, si può essere sicuri che distruggerà in gran parte il valore della rinnovazione della Triplice. La Duplice che equilibra la Triplice,· col riavvicinamento dell'Italia e della Francia da un lato, della Russia e del i'Austria Ungheria dal!' altro, rischiarono l'orizzonte p,>Jitico e fanno sperare nel mantenimento della pace. La qu,de, del resto, ha un grande e poderoso octroyé dal magnanimo Carlo Alberto,' rimane in piedi e consente al Capo dello Stato di fare e rinnovare i trattati, che dispongono dei beni e della vita degli italiani, dell'avvenire dell'Italia senza che essi nulla sappiano - senza che abbiano il diritto di sapere. • Re Vittorio Emanuele III va a Pietroburgo e si assicura che la pace vi guadagnerà. E se da un altro suo viaggio, o da questo stesso, venisse fuori un tratt~tto che conducesse la nazione alla guerra i Al popolo non resterebbe che il dovere di combattere e di pagare I alleato nella paura che tutti gli Stati sentono di assumere la terribile responsabilità di una conflagrazione europea, le cui conse guenze sono tanto spaventevoli da far dire a Jean Bloch, che la guerra cliviene ognora più impossibile. L'ultimo discorso del Trono. E ci sono burloni socialisti che negano ogni differenza tra la repubblica e la monarchia! E la guerra scellerata dell' Inghilterra contro le due repubbliche africane pare che abbia voluto dare piena· ragione, prima che morisse, al filantropo banchiere di Varsavia. LA RIVISTA Politi~ciaCorte ? (Sul propositodella Triplicee della reale gita a Peterkof.) Massimiliano Harden, il giornaIist~ fedele del Principe dli Bismarck, così commenta, nel numero 40 della Zulwnft, il rinnovamento della Triplice Alleanza: Della pace che sembra assicurata per molti anni non hanno però molta ragione di rallegrarsi i popoli: ri man triste e inesorabile sulle loro spalle ilpeso schiacciante di quella che noi chiameremo la guerra virtuale, cioè dell'opprimente sistema di pace armata. A.lfousl110: Dinanzi alle catastrofi delle Indie occidentali, meno male • È strano che ancora esistano persone, le qual i considerino con un certo interesse la Triplice, quando dalle stesse Memorie di Bismark resulta tutta la inutilità di'questo protocollo. che noi spagnuoli all'Antille non ci siamo piu! Fuvvi un tempo, Non basta, perciò, di rallegrarsi della pace mantenuta ed anche resa sicura per molti anni; ma si deve insistere, per fare respirare i popoli, nèl disarmo o almeno nella diminuzione delle spese militari, che assorbono il meglio delle forze economiche delle nazioni europee. E in questa necessità risiede la ragione del successo colossale dell'eloquente brindisi-discorso di Jean Jaurès nel recente banchetto franco-italiano di Parigi per cammemorare Garibaldi. Intanto un insegnamento agli italiani si ripete anche in questa occasione: l'art. 5 dello_ Statuto (Lilstige Bliitter di Berlino). è vero, in cui il trattato aveva un significato, quando, in ispecial modo, la Germania temeva una alleanza franco-austro-russa. Allora la volontà prude:nte e (orte (Kluger und starker Wille) clel Principe di Bisrnark seppe persuadere gli italiani che: 1°l'Italia doveva temere una aggressione· francese; .2°·c. he l' Italia solo con una alleanza con le poteM,t! ·centrali poteva premunirsi. · . 1 .r n Ma oggi l'Europa si presenta, anche all' oc..: chio del profano, in una condizione ben diversa .. La Russia è diventata una potenza asiatica, j Katkow, Milutin, Makow sono morti e nessuno' pensa più ciò che Bismark scriveva (sett. 187g). à:
346 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERH B SCIENZE SOCIAU Luigi di Baviera: - Io mi convinco sempre che la pace Europea, dalla Russia, e solamente dalla Russia, possa essere ora, e nel futuro, minacciata. Gli interessi dell'Austria, nei Balcani, vanno di conserva con quelli della Russia. L' Italia non teme più una aggressione f1·ancese, nè può più temerla ora che, seguendo l' ~ sempio Coburgo, treibt die Politi/i der gesegneten Hynienàen, ed ora chr, via Montenegro, ha raggiunto la pcwentela dei Romanow. Dall'altra parte solo un pazzo potrebbe credere che l' Italia sia disposta a mobilizzare il suo esercito per ùifendere i confini tedeschi da un assalto francese. Quel Savoja che lo tentasse perderebbe sen.za meno la Corona ..... Bismarck scriveva nell'autunno del 1890: • Se l'alleanza- tra la Germania e l'Austria fosse completa e perfetta, se, in altri termini, non esistessero in Austria certe c·orrenti tedescofobe, e certe altre di carattere confessionista, noi non avremmo bisogno di una terza alleata. • Chi poi ben pesa gli avvenimenti di questi ultimi tempi, deve convenire che i rapp·orti_ italofrancesi ed austro-russi sono molto migliorati, per non dire proprio sono diventati intimi. Come esposizione (Schaustellung) r.esti dunque la Triplice, fino a quando dalla carta debba esser richiamata alla vita. Sulla sua importanza, però, nessuna illusione. Bismark stesso ci ammonì circa la importanza teoretica dei trattati « Ultra passe nemo ohligatur. • • I trattati non possono obbligare una nazione a sacrificare sul!' altare della fede contrattuale la sua esistenza, il suo benessere I • • .. Questo, chiaro e completo, ma significante il pensiero dello autorevole pubblicista 1,erlinese. Il signor Heinrich Friedjung ccmmenta lo stesso avvenimento, nella Zeit di Vienna, e conchiude, benevolmente, col dire: • la Triplice, come la Duplice saranno inutili, quel giorno in cui i popoli di Europa saranno concordi nell'affermare, che essi non desiderano, anzi non permettono uno spostamento, un cambiamento nella attuale situazione territoriale •. Ma anche la Zeil, nella esposizione delle odierni condizioni internazionali, afferma: (( Vittorio Emanuele non potette ottenere una « principessa cattolica in moglie, per gli intri- « ghi del Vaticano, e scelse una 1nonteneg1•ina. « Il padre di lei, Principe Nikita, si è incaricato, « di tessere quei (ìli mercè i quali l' Italia re- « stasse legata alla Russia. » * * * Ora, lungi da me il pensiero di intrattenermi ~ul valore della Triplice Alleanza, il cui primitivo testo politico, salvo una storica narrativa, voluta dal Principe di Bismarck, - a quanto si dice - nulla di speciale conteneva, rimandando i contraenti ad una separata convenzione militare. Questa si di1ie oggi non rinnovata. Chi scrive fa osservare che nel secondo protocollo firmato dal Di Rudioì, la convenzione militare non fu rinnovata, ma ad essa, in un articolo del trattato, si riportavano le parti. Eppoi, che importa Y FQrse non sono noti gli studi, in coinune, fatti e ripetuti, fino nello scorso inverno, dagli Stati Maggiori di Berlino e di Roma? (Vedi Zeit n. 405. L'importanza militare dell'Italia nella Triplice del Colonn. Bieberstein). A che varrebbe se così non fosse quella famosa dichiarazione del Goluchowski, nell'ultima discus-_ sione alle Delegazioni, rispondendo ad upa interpellanza di un clericale ungherese,_ circa· il li.n)i.te di garanzia territoriale prevista dalla 'l'rtpiice? Una sola cosa voglio osservare: la fretta con la quale si è proceduto al rinnovamento. E questa fretta (la quale si è verificata anche altra volta) è la conseguenza della strana politica estera copdotta da un anno in qua. La incertezza ha dominato sinora nel nostro mini.stero degli esteri, e !a incertezza è stata determinata da c~r,t~;tendenze, buone, senza dubbio, francofile - del Ministero, e dalla decisa, rigida ripulsione,_ altrove, a rinnovare la Triplice. Epperò, mentre i.I ~inìstero nei suoi dubbi era condotto dalla persua~iope che un ravvicinament,, con la Francia era utHe e sano1 altrove erano tendeÌ:J.Ìe russofile che prevalev:+no. « Non è mistero che la Regina El~na abbia visto con dispiacere il rinnovamento della Tripli.ce • - hanno stampato molti giornali. d'Italia del 3, 4 luglio. In breve, però, alla mente del Governo appa1:v~ - siccome era naturale - il pericolo di un carrbiamento repentino e completo , della nostra p~, litica estera - e l'alleanza centrale fu rinnovata così come era. Altro che po~i.tica di equilibrio! , Allora, il viaggio sovrano che fu da S. M, dicono i giornali, comunicato all'improvvis_o al Mi~ nistro Prinetti, e senza perder t_empo in Russia I E qui ancora i nostri cretini giornali. hanno gridato osanna a colei - sono essi che Io, scrivono - cui si deve il reale viaggio. Se così è, sono forse esagerate le .tirate ... montenegrine di M. Herden 1 _ , Dunque, a che pensare e prevedere risultati palitici, che dovrebbero da Peterhof giu nge1:e ff.\lici ~ Ma... nel meglio fermarci. · A VV, GIUSEPPE PARATORE. Il problemsoacialien Ispagna< 1 ) E,saminando il problema sociale in lspagna bisogna cominciare dalle condizioni dei lavoratori, che sono l'elemento più interessl!tO e più interessante del problema. L'operaio. È necessario confessarlo: fatta eccezione di alcuni filantropi, specialmente tra coloro che adesso si chiamano gl'intellettuali, e ad eccezione di pochi padroni, (i) Dalla Lectarci di Madrid riassumiamo largamente qnesto ottimo articolo che da un'idea esatta della situazione d~I proble• ma sociale in Ispagna. N.d.R il
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