RIVISTA POl'OLARE DI POLl11CA, LETTERE E SCIENZJ; SOCIALI 321 a cuore le sorti depresse dell'agricoltura dovrebbero ribellarsi contro la proposta. Ed ecco comP io credo di avere di mostrato che rimanendo le condizioni finanziarie nostre quali attualmente sono, le speranze nutrite dall'onorevole Ferraris su di un intervento energico de Ilo Stato in prò dell' agricoltura si debbano risolvre in una illusione. Ma nulla c è da fare 1 nulla almeno c'è da sperare 1 C'è da fare e c'è da sperare una cosa sola: falcidiare spietatamente le spese mili tari, e riversare su i campi, per mezzo del credito agrario, tutto ciò che verrebbe sottratto alle caserme che esauriscono le migliori forze fisiche ed economiche dell'Italia nostra. Dottor NAPOLEONECOLAJANNI. Deputato al Parlamento Le pretese dell'Italia sulla Tripolitania ----¾----- Circa le pretese che si attribuiscono ali' Italia sulla Tripolitania, tre opinioni si disputano il campo. V'è l'opinione di coloro che anelano alla conquista militare immediata ed assoluta. V'è l'opinione di coloro che, pnr essendo favorevoli alla politica di conquiste militari in genere, non credono, nel presente momento politico, consigliabile quella sulla Tripolitania: e ciò solamente perché l'Italia non si trova in quelle contlizioni di floridezza economica, che possano permetterle di andare incontro a tutte le spese necessarie ed inevitabili. V'è, finalmente, l'opinione di quelli che sognano una Italia ermeticamente chiusa nei suoi confini naturali, e che, in ogni passo, che essa faccia per varcarli, tremano teriibilmente, perchè vi veggono sempre il pericolo di possibi I i violazioni dei diritti altrui e di ùiss<Jsti economici e finanziari. Confesso francamente che in nessuno dei tre partiti. professanti le accennate opinioni, trova il più piccolo posto quella che sostengo io e che credo la più giusta e la sola che, per ciò, dovrebbe essere accolta. • •• La mia op1mone non trova posto nel primo partito, perché, per me, ogni conquista militare è un delitto in Diritto internazionale ed una calamità in Economia politica. Non trova posto nel secondo partito, perchè io considero la politica di conquiste mili tari delittuosa e rovinosa non già a seconda dei periodi di tempo in cui venga fatta, ma in qualsiasi periodo di tempo. Si compia in condizioni di floridezza o di miseria economica, essa non cessa un solo istante di essere quello che ho atfer·mato che sia dal punto di vista giuridico ed economico. Dal punto di vista economico, tutto al più, quello che può dirsi ancora è questo: che, compiendo i da una Nazione ricca, sarà il principio della sua rovina economica: compiendosi da una azi~ne povera, sarà un mezzo perché questa sia eternamente miserabile. 1\Ia ciò conferma, non esclude che 11ia sempre rovinosa. Chi può mettere menomamente in dubbio che l'Inghilterra, quando iniziò la politica di conquista militare contro i Boeri, si trovasse in condizioni di grande floridezza economica~ Nessuno certamente. Ma ciò esclude forse che quella politica sia stata, oltre che un abbominevole violenza giuridica, una grande calamità dal punto ùi vista economico e finanziario 1 Tutti sappiamo in quali strettezze economiche finanziarie fosse l'Italia, quando fu invasa dalla folle idea cli volere conquistare l'Abissinia. Quelle strettezze non si fecero forse più gravi e tormentose in tutto il funesto periodo in cui dominò la folle idea ~ La mia opinione, finalmente, non trova posto nel terzo partito, perchè io non ammetto che l'Italia debba restare ermeticamente chiusa dentro i confini tracciatile dalla natura, e che ogni tentativo, che faccia per valicarli, sia sempre un pericolo per l'e5istenza dei diritti altrui e per il proprio miglioramento economico. L'immobilità è contro natura. Se non fosse contro natura, gli uomini non sarebbero andati oltre la società del Comune. Invece noi, nella rnaltà, vediamo le s:icietà politiche costituite, più che cli uomini di un sol Comune, non soltanto di tutti i Comuni della stessa nazionalità, ma anche di popoli appartenenti alle più opposte nazionalità ed alle più opposte razze. L'Italia, quindi, al par di tutte le altre grandi Nazioni, non può fare, in alcun modo, a meno di muoversi e di venire a contatto con altri popoli di diversa nazionalità o razza, stabilendo con essi dei rapporti, mercé il naturale ed inevitabile fatto della espansione. Ma l'espansione non deve essere nè una violazione di diritti altrui, nè un sacrifizio economico. È appunto per questo, che io sono contrario e all'opinione di quelli che propugnano l'immediata conquista militare della •rripolitania, e all'opinione di quelli che, pur essendo favorevoli alla politica di conquiste militari in genere, consigliano che l'Italia aspetti un'epoca di floridezza economica per intraprenderla. • • • La mia opinione in sul riguardo, è che l'Italia deve seguire una politica che sia perfettamente agli antipodi con quella che, a grande loro sciagura e dell'intera Umanità, hanno seguito e, pur troppo, continuano a seguire tutti gli altri Stati, che, profanando il sacro ed augusto nome di civiltà, si qualificano civili; con quella politica che l'Italia stessa, scimmiottando, con infinita leggerezza, cotali Stati, ebbe l'infelice idea di inaugurare nel Mar Rosso.
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