Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 12 - 30 giugno 1902

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA'LETTERE E SCIENZESOCIALI Dh'ettore: D.r NAPOLEONE COLAJANNI (Deputato al Parlamento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese ITALI A: anno lire 6; semestre lire 3,50 - EST ERO: anno lire 8; semestre lire 4,50. Un nuJllero separato Cent. 80 <>-> Amministrazione: Via Campo Marzio N. 43. ROMA <~ AnnoVIII. - N. 12 AbbonaJllento postale Roma3, 0 Giugno1902 SO~ARIO: La Hivista: Antonio Fratti. - Noi: 611 avvenimentei gli uomini: (Gli scioperi. - Per l'Acquedotto pugliese. Una possibile grande disillusione. - La Federazione brittanica. A proposito dell' lncoronazionc. - Ancora l'uomo Giuseppe Mazzini. - La schiavitù nelle colonie inglesi. - Paolo Sabaticr.) - On. Dott. Napoleone Colajanni: In tema di acdit0 agrario. - Edua1•do Cimbali: Le pretese dell'Italia sulla Tripolitana. - Alrredo Nicefo1•0: La nuova tattica di guerra della marina francese. - A\'v. G. Pa1•ato1•e: Qualche osservazione sulla questione di :--!apoli. - Sperimentalismso ciale: La situa1.ione economica e so.:ialc degli Stati Uniti. - Rivista delle Riviste: L'incoronazione ('1{.ey,wld's Newpaper). - Organizazione agricola (Peti/e Republiq11e). - Alcuni insegnamenti della guerra sud-africana (Revue des Deux M.o,ules). - Il sogno di una Zollverein brittanica (Nineleettth Cenl11r_1~. - La situazione in Spagna (.Vortb ...A11ttrica11 Re1·ù1u.) - Il Yegctarismo e la vita a buon mercato (:J.-Cediàue moderne). - Recensioni. - Illustrazionni el testo. A:NTO:NIO F:RATTI Mentre scnv1amo, a Forlì, in mezzo al popolo generoso ed ai rappresentanti .della democrazia repubblicana e socialista cli tutta la Romagna e di ogni angolo rl' [talia, passa :;otto gli archi trionfali la salma di Antonio Fratti, l'ultimo cavaliere garibaldino che si sacrifica va a Domokos per l' indi pendenza di una nobile nazione. La commozione universale,e universalmentesen· tita, che durante la solenne cerimonia affratellerà migliaia di cuori, migliaia di pensieri nell' Eterno Ideale a cui Antonio Fratti fece olocausto di posizione sociale, di avvenire, nell'età che per la comune degli uomini è per lo più I' evoi uzione verso l'egoismo: quella calda corrente, vibrante d'entusiasmo, che in vesti1'à tutti coloro che assbteranno all'apoteosi del Cortee gentile repubblicano italiano, non potrà a meno di las,;iare nelle coscienze un'orma educatrice non co8i facilmente cancellabile. Dinanzi alla salma dell'uomo che con Aurelio Saffi combattè a viso aperto, chiamando assassinio l'assassinio, i delitti di sangue che contaminavano la sua regione, 0111 certo dovrà sorgere spontanea e generale tra repubblicani e socialisti la maledizione al le lotte fratricide che sono rinate nelle Romagne e nelle Marche : un'uguale condanna per gli omicidi politici come per gli omicidi comuni. La vita di Antonio Fratti fu tutto un esempio di nobiltà e di carattere, e compendiandosi nel suo ultimo supremo sacrificio a Domokos, ha dimo- :;trato - come ha scritto in qnesti giorni scultoriamente Giovanni Bovio - che in ogni ora e in ogni classe battono cuo • ;·i in cui abita l'Ideale. Nato a Forlì il 15 maggio 1845 ebbe nella sua casa un nido tranquillo, in cui il suo pensiero potè evolYere liberamente, e da dove doveva poi uscire il forte soldato che col Cavaliere deli' umanità si batteva nel :l'irolo, a Mentana, a Digione, il pubblicista valoroso del Do- · vere, dell'E1nancipazione e della nostra Rivista Popolare, ch'egli diresse fino al 1897, il tribuno repubblicano che conquideva pel colore dell'eloquenza, per le sue maturate e serene convinzioni, e soprattutto per la

310 RIVISTA POPOLARE DI POLITICJ, LErI'ERE E 'ìCJENZE SOCIA.LI squisita sincerità che metteva in ogni cosa sua. Dov'era Antonio Fratti, ivi era la gentilezza fatta persona, fosse nelle polemiche vivacissime sostenute nel Dovere contro .Alberto Mario che fuiminava i repubblicani astensionisti dalla Lega, fosse nei comizi, fosse nell'ordinaria conversaziune dove talora, nella foga della passione che tutti ci investe, la parola va al di là del pensiero. ì\lente aperta ad ogni progresso, convinto come noi che « ogni intelletto stretto in lacci dogmatici • è spento •, che l'esercito dei credenti della repubblica ·avvenire dovrebbe accogliere nel suo seno anche coloro tra i qua.li « vi. fosse non lieve • varietà di mezzi e di metodi», Antonio Fratti, negli ultimi anni, e specialmente nella Rivista Popolare, non si stancò mai di incitare quel la pie.; cola parte della Democrazia re]_Jubblicanache ancor oggi, pur troppo, s'immobilizza nell'adorazione buddistica soltanto delle forme, • a camminare coi. « tempi•, a inanellare alle antiche tradizioni tutti i concetti possibili del moderno progresso, » a marciare alt' avanguardia. » «Stia• - scrive Antonio Fratti in uno dei suoi ultimi articoli - « alla coda chi vuole, noi vor- " remmo essere come i nostri padri furono, alfieri « e arai rii nella gran prova continua della vita « oggi, dell'azione quando la ventura vorrà.• In queste parole, sigillate col martirio, v'è tutto l'uomo, dinanzi al quale riverenti e' inchiniamo. LA RIVISTA. GLI AVVENIMENTI E GLI UOMINI Gli scioperi. - Gli anni 1901 e 1902 cet·tamente saranno segnalati come quelli che hanno visto il maggior numero di scioperi sia nell'agricoltura sia nell'industria che nel commercio. I conservatol'i non esiLano ad attt-ihuire la responsabilità della frequenza di quesLe incruente loLLe economiche al Ministero GioliLLi-Zanardelli e soprattutlo alle famose dichiarazioni del secondo in diverse occasioni, e specialmente al discorso del Giugno 1901. Non si può negare che la libertà concessa abbia conlTibuilo ad acuire luLte le aspirazi.oni ed i desideri di miglioramento che erano laLenti 11elle clasRi lavoratrici, e che aspetlavano l'occasione propizia pet· potere esplodere. Le condizioni abbastanza tristi, ed in taluni punti del Lutto pessime, degli operai lasciano inleudere come tali scioperi doYessero avvenire non appena venisse meno la brutale compressione materiale. Noi non abbiamo mancalo di deplorare ripelulamente che ne sieno avvenuti taluni ingiustificati, ed abbiamo anche rilevato che molti di essi, pure essendo giusti in gran parte, avrebbero dovuto evitarsi per ragione di opporlunità politica nello stesso interesse degli operai; non nascondiamo altres't che spesso fummo agitati dal timore di vederli terminare malamente ed in guisa da dare occasione ai partiti reazionari di soffocarli 11el sangue prendendosi una brutta rivincita, E' perciò che noi non esitammo a biasimare quei socialisti che soffiavano nel fuoco, specialmente in talune regioni, come le meridionali, nelle quali la materia incendiaria abbonda. Che i nostri timori non fossero infondati no1t lo desumeremo dal consenso che ci venne dai pa1•titi costituzionali - e ci piace ricorda1·e che ci riusci graditissimo quello manifestalo sulle colonne della Nuova A.ntologia -; né ricorderemo che tra i socialisti Filippo Turati ci segui incondizionatamente nel biasimare taluni scioperi e nell'adopera1·si a tutt'uomo nello sconsigliarli - non ci teniamo a questa concordia di intendimenti col deputato di Milano, perché egli da molti di gi~ viene additato come un reprobo -; ma non possiamo non rilevare un giudizio perfettamente consono col nostro che fu emesso di recente dal deputato Varazzani sull'organo ufficiale del parlito socialista. l pericoli maggiori da noi erano visti negli scioperi agl'ari. e specialmente in quel!i del Mezzogiorno, ed i motivi di questo nostro maggiore timore sono in gran parte spiegati dalle condizioni intellettuali e morali sia dei lavoralo1·i, sia dei proprieta1·i del Mezzogiorno. Oggi constatiam,i con piacere che la campagna degli scioperi agrari per l'anno agricolo 1901-1902 si può dire terminata senza che sieno accaduti incidenti gravi e tali da giustificare i Limori precedentemente manifestaLi. Se le cose ,;ono terminale abbastanza bene, se ne deve in massima parLe il meriLo alle autorità politiche che hanno mostrato in generale tatto e prudenza; ai proprietari che hanno spesso ceduto di fronte a tulle le domande ragionevoli; a non pochi cittadini che godono popolarità .e che l'hanno spesa lutta quanta nel porsi da intermediari nel fa1·e opera di pace. Una parola speciale di lode va daLa a Nicola Barbato che nelle Puglie 11011 posò un istante nel cooperare affinché gli operai non trasmodassero e non 5omministrassero pretesto a repressioni sanguinose. A questa prudenza che c.itladini ed autorità largamente spiega·rono non corrispose sempre una condotta corretta da parte dei lavoratori della terra. A giustificare il nostro severo giudizio basterebbero le accoglienze ostili ricevute dal Barbato in Andria ed in qualche altro luogo delle Puglie. Di ciò noi non ci sorprendiamo menomamenle e non ne facciamo una colpa ai lavoratori della letTa, poiché la loro educazione politica non autorizzava a sperare che essi adoperassero bene la libertà. Sono le classi di1·igenti infatti le vere responsabili della loro mancanza assoluta di educazione. Riferiamo infine una notizia che mentre scriviamo non abbiamo avuto modo di controllare. Ci si afferma che in molti paesi delle Puglie il lavoro si offra a con· dizioni di molto inferiori a •1uelle conv.,nute tra le Leghe e i proprietari; e che la contravvenzione avvenga per espresso desiderio dei co11tadini che non trovano lavoro. Se cos't fosse la loro vittoria si risolverebbe in una disfatta. E disfatta vera f'u quella dei lramvieri di Napoli, che, contro l'avviso dell'on. Ciccotti, vollero fare uno sciopero; fanno molto male, quiudi, colot·o che la presentano ai lavoratori come una vittoria: li educauo ad ingannarsi. Ed ora che tutto fa sperare che scioperi turbolenti e minacciosi non avremo per alcuni mesi, sarà bene fare la statistica di quesLe lolle del lavoro. Saremo brevissimi e non sce1~deremo a deLLagli, ma ci limiteremo a dare poche notizie sommarie degli scioperi avvenuti dal primo gennaio 11!01 al 31 marzo 1902, servendoci di un Allegato che segue all'ottima relazione Mazza sullo stato

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 311 di previsione della spesa del Ministero dell'Interno per l'anno '190:2-HJ03. Vi furono in tutto 1844 scioperi; dei quali 889 industriali, 660 agrari e 295 commerciali. Milano è alla tesla degli scioperi industriali e commerciali rispettivamente con 134 e 36; Pavia, Rovigo, Fer1·ara, Novara, Como, Cremona dettero in ordine decrescente il maggior contingente di scioperi agrari. Altre provincie essenzialmente agricole, come Sassari, Avellino, Cuneo, Potenza, Reggio Calabria ecc. ecc., sino al 31 marzo non avevauo dato alcuno sciopero agrario. In talune di queste provincie nei tre mesi successivi avvenne qualche altro sciopero; e quella di Bari, che sino al 31 marzo figura a 'luell'epoca con due scii scioperi, dopo ne ha visti almeno una cinquantina. E' da nota1·si che la provincia di Reggio Emilia, ciltadella del socialismo, nei quindici mesi di cui la relazione Mazza ci dà la statistica non ebbe un solo sciopero. La mancanza di scioperi in talune provincie, come Anni Italia (1) GermaniaAustria GranBrettagna Francia 1894 109 130 172 929 391 95 126 201- 209 745 405 96 210 483 305 926 476 97 217 578 246 864 356 98 256 985 255 711 368 99 25U 1298 311 7'19 740 1900 648 902 In quanto all'esito degli scioperi si deve rilevare che le proporzioni di quelli terminati con esito favorevole ai lavoratori, dal 1879 al 1899 in !Lalia furono minori di quelli degli ultimi quindici mesi, con un massimo negativo del 50 0(0 nel 1892 ed un minimo negativo del 34 nel 1893. In Germania, nel 1899, su 2101 scioperi, 772 ebbero esito completamente negativo per i lavoratori. In Austria dal 1894 al 1899 le proporzioni degli esiti negativi si avvicinarono a lJUelli italiani dianzi accennati, con un massimo di 48,33 010 nel 1895 ed un minimo di 39,55 nel 1899. In Inghilterra le proporzioni deLe Grandi Arpie .--,; \? .. 7;,;(:':.,'-, . . ·>¼_;j;\, ~ ' .,, . :'. ·1 \•1 Il/ j t ·:,.· I Coraggio e persev~ranza !. .. :-ìon indarno scorre nelle nostre vene il medesimo sangue. quelle delle Calabr-ic, degli Abruzzi e della Sardegna, non deve trai-re in inganno: gli scioperi vi mancaro110, non perché vi fossero buone le condizioni economicLe dei lavoratori, ma perché manca in cs:si la coscienza dei propri diritti e la organizzazione. Ciò che maggio1wenle imporla rilevare, e clic conferma per altra via ciò che da noi è slalo rilevato precedentemente sull'attitudine pl'Udente dei proprietari, viene confermato dal risultalo degli scioperi; inl'alti 1098 terminarono vittoriosamente, e solamente 732 termina1·ono senza beneficio degli scioperanti. La cifra degli scioperi terminati favorevolmente ai lavorato~i certamente aumenterà quando si avranno le statistiche dei mesi di Aprile, Maggio e Giugno Hl02. Per apprezzare più convenientemente l'altissima cifra degli scioperi italiani nei quindici mesi in discorso, noi crediamo opportuno riprodurre, togliendola da uno studio comparativo diligentissimo del Prof. Berlolini, la seguente tavola sugli seioperi avvenuti dal 1894, al 1900 in !Lalia, Germania, Austria, Gran Brettagna e Francia, (Fischietto di Torino) gli esiti favorevoli ai lavoratori dal 1896 al 1900 sono alquanto superiori, con un massimo del 37 010 come esilo negativo nel 1897, ed un minimo di 33 nel 1896 e 98, In Francia infine è slato osservato un decremento quasi continuo degli scioperi falliti, con un massimo di 52,44 nel 1890 ed un minimo di 37,36 nel 1900. Il Berlolini nota, a questo proposi lo, che in Francia il numero degli scioperi terminali con un compromesso, fu quello che realmente moslrò il maggiore incremenlo; infatti gli scioperi parzialmente riusciti in favore degli operai crebbero costantemenlc da 20,85 010 nel 1890 a 39,91 nel rnoo. 11Berlolini rileva che que3ti esiti parziali rappresentano quel temperamento medio, forse meno decisivo nel senso di classe, ma economicamente più importante e sopra tutto più significante. Avverte altresi il fenomeno della diminuzione costante degli scioperi nella Gran Brettagna (1) Il Bertolini avverte che in questi dati non sono compresi gli sciop~ri agricoli e le chiusure; ma è bene avvertire che pel passato gli scioperi agricoli in Italia furono po~o numerosi, o a meno non raggiunsero le proporzioni attuali.

312 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCJENZE SOCJALI e l'aumento negli altri paesi; ed aggiunge: « Evidente- « mente i metodi della lotta vanno acuendosi nel con- « tinenle, mentre in Inghilterra assumono aspetto di- « verso. Il fenomeno é importantissimo e merita bene « che se ne studino le cause; le quali non possono certo << stsre né in una avvenuta pacificazione degli elementi << in lolla né nel carattere dei contendenti ». Noi crediamo di poter aggiungere che la spiegazione di questo fenomeno inglese va ricercato nella poteme organizzazione degli industriali, della quale si ebbero prove eloquentissime in quella che fu chiamala La grcmde battaglia del Laooro, cioè lo sciopero dei meccanici nel 1897. Di fronte a questa potenza di organizzazioue del capitalismo, gli operai inglesi, molto coscienti dei loro diritti e della loro forza, sentono spesso di non dovere impegnare una lotta la quale nel maggior numero di casi terminerebbe con la loro sconfitta. Ciò che é avvenuto in Inghilterra, il paese più evoluto industrialmente e capitalisticamente, man mano si ripresenterà nel continente europeo. Già anche in Italia abbiamo i primi accenni di un'organizzazione degli industriali e dei proprietari fondiari. Pe1·ciò si può prevedere che nell'avvenire gli scioperi andranno diminuendo dappertutto e che altri metodi di lotta dovranno essere adottali dai lavoratori a difesa dei propri interessi. Essi che, in lnghilterra specialmente, sotto l'inf-luenza del Tradesunionismo disprezzaro110 la politica e i parlamenti, si convinceranno che le Ll'asformazioni a loro benefizio dovranno compiersi per mezzo della politica e dei parlamenti. E' assai p1·obabile ed è sperabile quindi che gradatamente all'arma dello sciope1·0 si vada sostituendo l'arma del volo, e che le maggiori battaglie in favore del miglioramento delle classi lavoratrici saranno combattute nelle elezioni politiche ed amministrative. Ad ogni modo questi ultimi diciotto mesi di vita italiana hanno mostrato, con tutte le deviazioni da parte delle autorità e da p3rte dai lavoratol'Ì, che in Italia si può governare con la libertà, e che questa non è un dono riserbato esclusivamente agli Anglo-Sassoni. Per· l'Acc1uedotto Puglies~. - Una possibile grande disillusione. - Il Parlamento italiano dando prova di sincero patriottismo e di solidarietà beninlesa tra i rappresentanti delle varie regioni della penisola ha votato la costruzione dell'Acquedotto Pugliese con un largo contributo finanziario da parte dello Slalo. L'opera se verrà a compimento riuscirà davvero grandiosa e degna delle tradizioni e degli esempi di opere consimili lasciatici da Roma antica. Se ne giudichi da questi dati: lunghezza 1660 chilometri : 75 chilometri, in complesso, di g1!llerie, una delle quali di oll1·e 12 chilometri, superiore in lunghezza a quella del Moncenisio; 8 chilometri di ponti-canali ecc.; un enorme sifone tubulare di 136 k.m oltre gli altri sifoni per 19 k.m 89 serbatoi e parecchi impianti di macchine elevatrici per portare l' acqua a 19 Comuni. Ma un dubbio atroce sorge già negli animi degli italiani: sarà costruito davvero l'Acquedotto Pugliese? Durante la discussione qualche dubbio fu affacciato; ma noi oggi abbiamo acquistalo la convinzione che nè alla Camera né al Senato si disse tutto quello che in proposito si sarebbe potuto e dovuto dire. Questa convinzione ci siamo formati adesso leggendo un articolo comparso nel Giornate degli economisti di questo mese (Le insujficienze dei progetti per L'Acquedotto Pugliese). Questo articolo è venuto ad impressionarci maggiormente che non l'abbia fatto quello altra volta pubblicato dal Senatore Cadolini nella Nuor,a Antologia (1° Ottobre 1901). Ed infatti la quantità delle cifre e delle dimostrazioni convincono, se le prime sono es11tte, che l' Acquedotto per le Puglie non sarà costruito, e che la legge votata sarà davvero un miraggio, come quelli che nel deserto del Sahara alimentano per qualche istanle le speranze degli assetati lasciando negli animi più crudele che mai la disillusione. L'anonimo autore di quell'arlicolo comincia dal dimostrare la insufficienza tecnica del progetto governativo; eleva dubhi sulla convenienza della scelta del Sele come fù1•nitore dell'acqua da condurre nelle Puglie, e lascia intravedere che sarebbe stata preferibile la_presa del Calore. L'acqua del Sele, anche a non avere la pretesa di darne agli abitanti delle Puglie lanta quanta ne danno le p1•incipali città del mondo civile e 65 minori città d'Italia, sarebbe sempre insufficientissima: tenendo con lo dell'originaria scarsezza della sorgente, delle perdite inevitabili lungo gli at:quedotti e della deficienza di serbatoi e contatoi, la provvista di acqua si ridurrebbe a 15 lilri a testa per giorno ! La parte finanziaria della legge votata non sarebbe meno deficiente della parte tecnica. La spesa complessiva prevista sarebbe già insufficiente; ma ammettendo che possa bastare, tutto induce a ritenere che non si troveranno i capitalisti filantropi che vorranno assumere la grande impresa. Invero per la costruzione senza alcuna garanzia o sussidio dello Stato rimarrebbero investiti 133 milioni di lire. Ma poiché tra ammortamento durante i 90 anni della concessione, interessi del 4 1120JO e spese di esercizio e manutenzione, l'acqua dovrebbe dare agli azionisti oltre i 5 milioni di sussidio dello Stato un reddito annuo di 8 milioni e mezzo; ebbene, ammettendo - ciò che è assolutamente impossibile - che l'acqua sia tutta venduta non si potrebbero ottenere, nella miglio1·e delle ipotesi, che 5 milioni e 200 mila lire di reddito; cioè un interesse del 2 010 sul capitale impiegato. Ed ecco pe1·chè noi abbiamo detto che i costruttori dell'Acquedotlo Pugliese dovrebbero essern dei capitalisti filantropi. Sinora di questa varietà di capitalisti in Italia non ne aQbiamo conosciuto che uno: il duca della Galliera che volle consac1·are molti milioni al porto di Genova; ma i milioni li regalò, e non intese mai impiegarli in una speculazione. Per tutto questo anziché deplora1·e come fa l' Ingegnere A. Manfrediui nella Critica Sociale, che la concessione sia slata fatta per una durata troppo lungo tempo, per 50 anni, c' è da lemel'e che l' acquedotto non si costruisca affatto! La federazione brit.annica. A 111•0110,;;it.o dell'Incoronazione. - Quando avrà visto la luce queslo numero della Rivista, certamente :staranno per terminare le feste per la incoronazione di Re Eduardo Vll. Sull'io, sicme degli episodi e sul significato di té'li feste ce ne scriverà da Londra il nostro amico e corrispondente Gastone Chiesi. Qualche cosa però anche noi vogliamo anticipare. Le notizie copiose che portarono i giornali quotidiani sui preparativi della incoronazione si prestano ai più mordaci commenti. Non basterebbe l'ironia fine di Parini; forse sarebbe 11nche inadatta ed insufficiente quella spiegata dal Carducci dei bei lempi antichi nella sua Commissione araldica, e crediamo che all'argomento si presterebbe meglio la satira, un poco più volgare ma più caustica, 1 ◄ .J I

RIVISTA PUPOLARE DI POLITICA, LRTTE:RE E SCIENZE SOCIALI 313 della, Incoronazione' della buona anima di Beppe GiusLi. Passiamo sopra alle lunghe minuziose ricerche per la riproduzione esaLLa di Lutti i particolari sugli abbigliamenti, sulle parrucche, sui seggioloni, sugli emblemi del potere, sugli strascichi delle vesLi delle dame di corte, sul dispendio co1:siderevole cui devono sobbarcarsi i Pari per assistere all'incoronazione; e sorr-idiarno pure passando sul banchelto che la regina Alessandra darà alle 10 mila domesLiche e Re Edoardo ai 75 mila poveri di Merry England. Ma non possiamo non fare speciale menzione dei prezzi favolosi dei posti per assistere alpassaggio del corteo; e ne facciamo speciale menzione non già pel faLto che un buon borghese approfitli di una fesLa per affittare a caro prezzo una finestra della sua casa : questo si verifica in ogni paese del mondo in cui ci sono imbecilli che provano un grande diletto nel vedere sfilare sotto i propri occhi una mascherata più o meno regia; ma per una circostanza peculiare che in questo caso viene rappresenta la dal faLto che i posti vengono negoziali in Borsa .... Il contribuente inglese e l'antico romano -~· -~·,:-:,,zi~ ~1··1 .• 1 Un mosaico scoperto nelle rovine di un tempio mostra che i contribuenti erano sempre restii a pagare le tasse. (Il caricaturista ino-lese cerca tranquillizzare cosi il Fisco inglese che comincia a incontrare delle resistenze.). (Moon teine cli Londra). Apriti Cielo se ciò si verificasse a Napoli, a Roma o a Madrid! Se ne conchiuderebhe che la degenerazione latina è avanzata tanLo da non essere più susceLtibile di rimedio. La colossale mascherata - come la chiama Guglielmo Ferrero che fuapologista smaccato, cd ora è pentito a metà, degli Anglo-sassoni - avviene a Londra e dev'essere presa come un segno di forza, di grandezza, e forse di genialità. Certo essa viene presa sul serio ed enfaticamente ammirata dal popolo inglese in massa : le proteste del municipio di Battersea, che rifiutò il suo concorso aIle feste, del 'Tl'llth, del Re11nold' s 1\Tewspaper, di pochi socia listi non rappresentano:l)he una sparutissima minoranza. Chi conosce l'Inghilterra e sa che essa è la terra classica del cant, della ipocrisia più raffinala, non può provare alcuna meraviglia assistendo agli entusiasmi di un popolo intero, per un Re che passerà alla celebrità pel suo sconfinato libertinaggio, che rasentò spesso il codice penale: al popolo ipocrita per eccellenza basta per dimenticare il passato del f(ing il ravvedimento, cui gli anni necessariamente lo hanno costretto. E poi, a dir vero, pel popolo inglese il Re non è più una persono, ma un simbolo, una comparsa teatrale, come lo conside1·ano eminenti scrittori di diritto costituzionale.· Gl'inglesi però sono gli uomini del business: agli affari pensan11 sempre anche in mezzo alle feste più carneva- !esche cui non si sono date le nazioni che esse inrnltano col Litolo di Carnival-Nation. Durante le feste del sessantesimo anni versa rio del regno di Vittoria furono fatti i primi passi per la costituzione della cosi detta federazione impe,-iale. La grande idea alcuni credono che sia sulla via della realizzazione; ma si afferma del pari che essa abbia bisogno di ritocchi, di perfezionamenti, di vincoli che la rendano più salda, e le diano le forme e la sostanza di una unità federale. Al Transvaal Pncc! (Nebelspatler di Zurigo) Sul terreno politico è stato facile intendersi. Le colonie inglesi che godono del regime rappresentativo e di una quasi indipendenza non hanno trovalo alcunché da obiettare alle vedute imperialiste che ad esse ass:curano i benefici della difesa militare che può dare una grande potenza qual'è l'Inghilterra, senza sottostare ai danni <.:he dalla medesima difesa derivano quando la si deve ottenere a spese dei contribuenti. I legami poliLici, che hanno la loro base nella comunanza di razza, tra la Metropoli e le colonie si sono ristrelli durante la guerra scellerata; alla quale australiani e canadesi - sia ricordato a loro vergogna - presero parte con modi da guasconi e da barb11ri crudeli ad un tempo. E durante I.aie guerra governo e cilladini d'Inghilterra serbarono un contegno grottescamente adulatore verso i youngters - i più giovani britannici - come venivano chiamati i soldati delle colonie. I !JOungters alla loro volta, come lulli i fanciulli male educati, hanno assunto arie di protezione verso la madre patria, che non hanno alcuna ragione di essere. Sono invece ben foudale le critiche che alcuni australiani, secondo una lettera pubblicala dal T,·uth, hanno rivolto agli uomini e alle cose d'Inghilterra. cc Se mi si domandasse di descrivere la madre paLria in due parole, ·scrive il figlio della Commonwealth australiana, direi che c'è da impantanarcisi, tanto nel senso proprio che al figurato. »

314 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LErrERE E SCIENZE SOCIALI « Voi fate del denaro intelligentemente; ma lo spendete male .... « Imperialismo e insularità, sono le due parole che dipingono il vostro carattere. Voi provate il bisogno di spandervi ali' estero e di isolarvi in casa vostra. Chiamate questo conseroatorismo. Io lo chiamo ipocrisia, perché si riduce a questo: pretendete insegnare agli altri ciò che dovrebbero fare e vi astenete di farlo voi stessi. In quanto al vostro amore del denaro, non si vide mai nulla di simile dal principio della storia .... » Ma ciò che interessa a Chamberlain ed al popolo inglese sono i rapporti economici colle loro colonie. Sul terreno· economico, per lo appunto, se ben poco, anzi nulla si otlenne nel 1897, poichè le Colonie, specialmente l'Australia e il Canadà, mantennero la loro indipendenza doganale che sperimenlat'ono anche contro la madre patria, pare che si otterrà meno adesso. Chamberlain, che non è uomo da scoraggiarsi ai primi ostacoli incontrali, non vuole lasciarsi sfuggire questa nuova occasione di vedere riuniti in Londra i rappresentanti di tutte le Colonie per indurli a fare qualche passo di più sul terreno politico, e ad ottenere concessioni sul terreno economico doganale che assicurino ali' Inghilterra un grande mercato. Sul terreno politico adesso dagli imperialisti della metropoli si vorrebbe ottenere che le colonie avesser·o spe~iali ordinamenti militari che all'uopo dovrebbero se1·- vire alla difesa dell' impero. Le previsioni su questo punto non sono facili. Ma ciò che maggiormente imporla a Chamberlain, - il vero uomo di affari, nel senso pi~ laido della parola, dell'attuale governo britannico - è la quisLione doganale. Sentono gl'imperialisti che da un lato essi vengono stretti ogni ora più dalla concorrenza della Germania e degli Stati Uniti di America; dall'altra pa1·le comprendono che la federazione imperiale si riduce ad una specie di burletta, se non vale ad unificare il regime doganale tra le singole parti che lo compongono o ad assicurare a queste qualche vantaggio o 'lualch(. privilegio di fi'onte agli altri Stati. Due proposte vengono discusse per risolvere il problema. Chamberlain vonebbe un vero Zolloerein tra la madre patria e le colonie, mercé le quali l' impern avrebbe la sua unità doganale <.:onuna reciprocità di trattamento privilegiato a danno delle altre nazioni o a difesa contro le medesime. I seguaci del libero scambio, che in Inghilterra sono ancora molto numeroi;i, non vogliono saperne di quequesto Zolloerein che rinnegherebbe le doltrine di Cobden. Essi preferiscono un regime generale di libero scambio. Se si guarda ai precedenti delle due colonie pincipali a regime rappresentativo, cioè il Canadà e l'Australia, si può essere sicuri che le due proposte incontreranno gravi ostacoli, poiché tanto nel Commonwealth AustraLian quanto nel D()minion sinora prevalsero le idee protezionistiche. E infatli, Barton, il primo ministro della Federazione australiana, è partito da Sidney col mandato preciso di non aderire ad alcuna forma di Zollverein, e lo ha dichiarato in un banchello dato in suo onore. Sir Wilfrid Laurier, primo ministro del Canadà, alla sua volta ha detto, appena sbarcato in Inghilterra, che una proposta di ZolLoerein solleverebbe un tempesta d'indignazione nel Dominion, e metterebbe a dura prova la lealtà dei canadesi. Non resterebbe che il grossolano e ciarlatanesco rappresentante della Nuova Zelanda, il Seddon, a propugnare una stretta unione colla madre patria ..... tutta a benefizio del suo paese. Probabilmente si deve II queste manifestazioni dei rappresentanti delle colonie, se Hiks-Beach, a nome del govel'no ha fatto sa pere alla Camera dei Comuni che l'Inghilterra non vuole saperne di ZoLLoerein. Si potrebbe osservare, che questo è il caso della volpe che non potendo mangiare l'uva la proclamava acerba. Le parole <lei cancelliere dello scacchiere, però, suonano sempI'e sconfessione brutale degli ideali di Chamberlain. Ad ogni modo l'Europa continentale non 1·imarrà indifferente e disinteressata di fronte agli avvenimenti che potranno svolgersi su quesl.o terreno. Se prevalesse l'idea del libero scambio certamente essa se ne rallegrerebbe, poiché vedrebbe aperti ai propri prodotti due grandi mercali quali quelli Australiar,i e Canadesi. Se invece trionfasse il Chamberlain, l'Europa continentale si vedrebbe economicamente minacciata, e di fronte a questo avvenimento forse si costituirebbe quella unione doganale europea che cin'luant.a anni or sono venne preconizrnta da un liberista 'lual' è il De Molinari, ed è ora caldeggiata da un uomo di Stato qual'è il Golouchoucky, da un socialista marxista qual'è il Calwer. In questo caso si potrebbe di1·e che da un male sa-, rebbe uscito un bene maggio1·e. Era composto e corretto questo stelloncino quando ci pervennero i teleg1·ammi sulla malattia di Re Edoardo e sul 1·inviodelle feste. Noi lo las..:iamo tale e quale senza muta1·vi una virgola: le osservazioni e i fatti, che vi sono esposti rimangono di attualità. Qualche cosa vogliamo invece aggiungere, ed é questo telegramma che mandano da Londra ad un giornale italiano: « In un villaggio, ad 1,matrentina di miglia a nord-ovest da Londra, avendo il Comitato per le feste dell'incoronazione deciso di I ivendere un bue ed altre provvigioni destinate ad un pranzo che doveva esser dato ai poveri, questi scagliarono sassi contro le finestre dei memhri del Comitato. « In altra località del paese di Galles, il presidente del comitato per le fesle dovette rifugiarsi in un albergo per sfuggire alla folla, iITilata per la soppressione del tunch che doveva essere offerto ai fanciulli del paese. » li pendant II questo telegramma meraviglioso non si può trovarlo che in quest'altro pervenuto al Giornate d'Italia, dopo l'operazione subita dal Re Edoardo: « li comandante in capo dell'esercito inglese, Lord Roberts, indirizza ai giornali una lettera colla quale prega il publ,lico di astenersi di dare ai soldati tornanti dall'Africa bevande alcooliche per evitare che non siano spinti da un eccesso di bere a far sconsiderare l' esercito del quale sono l'onore. « Lord Roberts aggiunge: « Ho fiducia che tutta la popolazione desideri fare ai nostri valorosi soldati le accoglienze cordiali che essi hen meritarono. Spero che il pul,blico mi perdonerà questo invito, poiché anch' esso riconoscerà la necessità che le accoglienze d'oggi non debbano avere per risultato di offuscare il decoro, la dignità e l'ordine dell'esercito che tutti amiamo vedere senza macchia, e che é per noi una sorgente di legittimo orgoglio. » Questi due telegrammi richiamano alla mente i tempi più laidi dei preto,·iani e della plebaglia che chiedeva panem et cù·censes. Tacito crediamo che non parli di un ammutinamento della peggiore marmaglia di Roma antica per le feste mancale a causa di gravissima, improvvisa malattia dell'Imperatore, che dovevasi festeggiare ...

RIVISTA. POPOLA.RE DI POLITICA., LETTERE E SCIENZE SOCIA.U 315 Ancora l'uomo Giuseppe l\fazzinl, - Riceviamo e pubblichiamo: Onorevole Direttore, Terzo verrò (a grande distanza invero) fra l'alto senno di Lorenzo Gualino che su premesse arbitrarie costruisce un Giuseppe Mazzini tutto suo proprio, e del burbero Zotico il quale, confondendo la spuma con la sostanza, tira legnate da orbi alla cc pretesa scienza. » Io rileverò soltanto un errore del Gualino, anzi una indimenticabile Jeggierezza, là dove passa ad esaminare il senso dell'amore di Giuseppe Maz?:ini. Giuseppe l\fa7,zini senti profondamente (e ne dà saggi parecchi nelle sue opere) l'amore. Ora l'ammirazione per quello squisito istinto che avvicina e lega l'uomo alla donna, può cl irsi la condizione di spirito di un uomo colpito da anestasia sessuale ? Logicamente e scientificamente no. Spegne nel petto e non tiene in grancle conto il senso di amore, chi, giunto all'età matura, non ha del I' amo1·e delibato almeno un sorso di felicità. Ma Giuseppe Mazzini anche p1•ovò direttamente santa per mc, men tre ti prego a mani giunte, d'amarmi sempre, per poi dire a me stesso: « Che ho fatto per essere eia lei tanto amato? ».... «Se potessi vederti, se potessi abbracciarti, dormfr.e magari una sola volta con la testa appoggiata sulle tue ginocchia. » Ben dice il De Gubernatis, nella breve prefazione allo studio coscienzioso e prezioso di E. Del Cerro, che la luce che emana dai documenti rivelati, rende a noi, se non più grande, più attraente, più umana l'austera figura cli G. Mazzini. Anche più grande diciamo noi, poichè il cospiratore e pensatore Genovese mostra ancora una volta, pur nelle lettere d'amore, l'altezza del suo sentimento d'ilaliano. Ed al signor Gualino rispondiamo: diradi pure la scienza la luce che avvolge gli dei dell'Olimpo per tramutarli in uomini, ma tenga presente sempre la scienza che gli edifici non si cost1·uiscono sulla molle arena. UN Al3l30NAT0 L'oro e1•itreo ~~~::'.'\ if' .... :)f! ~~-. '. 1 - i\iaestà, l'oro .... non è oro .... - Me ne rincresce per voi .... ma cio non mi riguarda I. .. ·":..1· \_.,.,. .. ~, . ( r', dell'amore i conforti e le ambascie. Emilio Del Cerro pubblicava nel 1895 (Ed. Max Kantorowicz - Milano) un breve saggio storico intorno acl un amore di Giuseppe Mazzini la cui cronistoria balzò agli occhi del paziente indagatore da parecchi documenti dell'Archivio di Stato di Firnnze. Si tratta di un~, signora venuta in Italia, sotto il falso nome cli Paolina Gérard, ad intessere le fila cli una corrispondenza fra i rifugiati nell'ospitale Svizzera e i liberali specialmente di Toscana. Con essa il Mazzini teneva assiduo carteggio alternando le più gentili espressioni d'amore ai forti proponimenti ed ai consigli per il lavoro cli agitazione. Non darò che un breve saggio di una lunga e commovente lettera scritta dal grande cospiratore alla sua amica il 26 di Febbraio 1834 dopo l'infelice spedizione di Savoia: « .... .In questi ultimi giorni ho potuto apprendere da me stesso la forza dell'amore che mi lega a te. Quasi morente in uno staLo cli completa insensibilità, io t'ho veduta. Credevo cli morire e pensavo a te. Anche oggi tu mi stai dinanzi bella, amorosa, - ì\Iaeslà, esisle v.iramente .... l'oro .. - Sta bene I Bisognerà allora eh 'io lo escluda da Ife... concessioni ! (Fischietto di Torino). I ,a schiavitì1 n«'lle Colonie inglesi. - Al principio della guerra contro il Transwaal i filantropi inglesi mossero un'accusa grave ai Boeri: quella di manLenere la schiavitù degli indigeni. Si sapeva da tutti che l'accusa era ben fondata, ma che gli accusatori erano in mala Cede, dappoicbè essi facevano nella loro Colonia africana ciò che rimproveravano ai loro nemici. A suo tempo noi portBmmo diverse testimonianze che stabilivano in modo irrefragabile l'esistenza della schiavitù nelle Colonie inglesi dell'Africa. Adesso siamo lieti di potere ribadire l'esattezza dell'accusa colla testimonianza di due memb1·i autorevoli dello stesso parlamento inglese: Sir Charles W. Dilkc e J. A. Pease. Essi, in due articoletti pubblicati dalla Reoue (15 giugno), denunziano formalmente la esistenza d'illegaliLà sociali e della schiavitù nei paesi inglesi. Risulta anche dall'articolo di Dilke che i capitalisti sostenitori della schiavitù erano più contenti del governo inglese del Capo anziché di quello del Transwaal. Il Pcase ricorda eziandio che nel Zanzibar gli arabi che l'anno il com-

316 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI mercio degli schiavi considerano le declamazioni magniloquenti degli inglesi contro la schiavitù come una farsa trasparente. Perciò il Dilke non ha esitalo a ricordare ai proprii concittadini che nei primi tempi della guerra del Transwaal si sono fatte molte dichiarazioni filantropiche; si parlò della missione che aveva l'Inghilterra di migliorare il trattamento degli indigeni considerando com'è disonorevole quello di cui essi erano l'oggetto sotto il governo della repubblica Sud-Africana. Molti inglesi, continua il Dilk(<, si mostrarono ostili ai Boeri a causa dd!a loro attitudine verso gl"indigeni; crede quindi un impegno d'onore per l'Inghilterra i provvedimenti intesi a fare scomparire questa grande ve1·- gogna. Dello stesso avviso è il Pease che se ne appella all'azione degli elettori. Vedremo se la penseranno in egual modo i capitalisti c~e facevano capo a Ceci! Rhodes, e che sospinsero l'lnghiltena alla guerra scellerata. -¼- Paolo Sabatier. - In rruesti giorni si è costituito in Assisi l'Istituto internazionale per gli studi francescani, sotto gli auspici di Paolo Sabatier e pe1· cura del medesimo si è pubblicata nel testo originale latino la prima edizione dei .Fioretti di S. Francesco. Il Sabatier è noto molto più all'estero che in Italia, per una Vitrt di S. F,·ancesco d'Assisi che vide la luce da principio in francese e che poscia è stata tradotla in tutte le l111gue, compresa l'italiana (Roma: Loesche1·, 1896). Alla Vita di S. F,·ancesco, ~he in Francia ha avuto venti edizioni, e a cui l'Accademia conferì il promio Guèrin, segu·1 la pubblicazione, a cura sempre dello stesso Sabatier, dello Speculurn pe,fectionis. (S. Francisci Assisiensis, Legeuda antiquissima auctore fratre Leone, nunc primum edidit Pi!ul Sabatier. - Paris, Fischbacher, 1898). « Francesco d'Assisi era del popolo ed il popolo in lui si riconobbe. Del popolo aveva la poesia e le aspirazioni, del popolo sposò le rivendicazioni e perfino il nome della sua istituzione, che ebbe dapprima senso politico; vi erano in Assisi, come nella m~ggior parte delle città d'ltalia, i maggiori ed i minori, il popolo grasso ed il popolo minuto. Questo !alo politico del suo apostolato dev'essere bene apprezzato per comprendere il meraviglioso processo che ebbe, e lulta l'originalità del movimento Francescano nei suoi p1•imordi. ,J Con quesle parole il Sabatier presenta il Santo di Assisi, e tali parole, scrive un'autorevole rivista, ci danno l'idea completa del suo storico; il quale non è nè un adoratore supino, nè un iconoclasta, ma un felice connubio di erudizione e di entusiasmo, un uomo che si è appressato con diflidenza alla grandezza legendaria e mi1·acolosa di Francesco, e ha trovato sollo le ombre del simbolo una grandezza mille volte più sublime: ryuella dell'uomo. Noi arriveremmo in ritardo se volessimo occuparci di queste due pregevoli opµ,re che sono abbastanza conosciute nel mondo degli studi storici e religiosi: preferiamo in questa occasione riprodurre, traducendola, una lettera del Sabatier diretta all'on. Colajanni, che gli richiese copia del S. Francesco. La riproduciamo perché in tale lettera vibra eloquentemente tutto l'affollo che l'illustre scrittore nulre pel suo Eroe prediletto, pel poverello di Assisi, e vi si sente tutta la malinconia che l'indifferenza degl'ltaliani verso il medesimo, gl' ispira. Ecco la lettera, datata da Assisi: Onoreoolissimo Professore, « Aderendo al vostro desiderio, v1mvio la mia ultima opera con un esemplare della Vita di S. Franeesco. Lasciatemi dire che sarebbe una fortuna per me se I'Autore i cui lavori sono s·1conosciuti ed apprezzati in tutta Europa, volesse concedere quakhe allenzione ai miei studi. « Ve ne sa1•ei tanto più riconoscente in quanto che non vedo, senza qualche dolore, l'accoglienza differentissima che è stata fatta ai miei libri nei diversi paesi. Certamente essi hanno svegliato in Italia vivissima simpatia di cui sono molto l'iconoscente, ma essi non vi sono divenuti popolari. Mentre che la t1·aduzione tedesca e inglese, per non parlare che di esse. hanno avuto di già molte edizioni, la traduzione italiana è rimasta ignorata dal gran pubblico. Di ciò io non trovo spiegazione; a meno che l'abitudine di considerare il Poverello come un Santo, non sia tanto potente che non si possa più vedere in lui l'uomo, il poeta, il patriota. Perché non bisogna dimenticarlo: i primi francescani, col loro istinto d'amore universale, fu1·0110ciononpertanto, degl'intrepidi patl'ioti. La più antica camp,,na della chiesa fra!1cescana di Assisi, fusa nel 1230, (distrutta or sono pochi anni dai frati I) pol'tava questa isc1•izione: Mentem sanrtam, s1ionta11eamhonorem Dé'J et Patriae liberationem. « Come avviene che nessuno in Italia pensi a studiare a fondo quesL'ammirabilE: Xlii secolo, innanzi al quale l'Umbria è stato l'angolo dellEuropa dove si è fallo lo sforzo di emancipazione religiosa più sincero e più rimarchevole dopo Gesù C1·isto?Dappoichè il vostro paese in quel momento_ è stato sul punto di dare al mondo la rinn,)Vazione religiosa -.::ome alcuni secoli più tardi gli dette il rinascimento delle lettere e delle arti, non sarebbe Lene che alcuni dei giovani delle vostre scuole, volgessero la loro atlenziouc da questo lato 1 « E poi, perché non dovrei dirlo? Trattando -:ì'un modo scientifico la storia religiosa, si creerebbero a I clero delle nuove preoccupazioni; esso sal'ebbe a poco a poco obbligato a cercare, a rispondere, a pensare. L'attività storica ed ese~etica è la grande forza del protestantesimo; è il suo principio di vita. Chi potrebbe lncgare che il protestantesimo non sia un fattore notevole nella preponderanza della razza anglo-sassone ? « Il mio vivo desiderio sarebbe dunque che si formasse in Italia una corrente di simpatia per la persona del Poverello. « Scusatemi di avere abusato del vostro tempo, e vi prego di non vedere in questa causerie che la pruova della profonda riconoscenza che io sento per la 'l'Ostra cara patria. « Malgrado tutte le tristezze attuali io spero, per l'avvenire ,, pe1· la soluzione delle quistioni ch"l tormentano l'anima umana in questa fine del secolo XIX più sull'Italia che sui paesi in apparenza più progrediti. Voi avete in Italia una numerosa gioventù di buona volontà e con potente spirito .di sacrifizio che non si troverebbe altrove. I mali sono grandi, ma c'è un altro solo popolo in cui l'egoismo sia così raro ~ « Perdonatemi e credetemi cordialmente vostro PAOLO SABATlER NOI 1AOOCi<'oiiviòoo:i:ioocmix:i:iooii>iaoo:ii<i::oèi:X:i:iooc~ Nei prossimi numeri pubblicheremo un articolo di Arturo Labriola sui Nuovi orizzonti del Marxis.lllo, e uno di Alfredo Nice(oro sulla Suggestione.

RIV.lSTA POPOLARE DI POLITICA, LEITERE E SCIENZE SOCI.ALI 317 INTEMDAICREDIATGORARIO (Illusioni e pressioni) Il credito agrario per l'Italia è una vera vexata quaestio. Se ne discute da anni ed anni, si votano leggi le une dopo le altre; e ad ogni legge votata !"animo di coloro, che ne hanno maggiore e più urgente bi ,ogno, si apre alla speranza, si fanno rosei sogni... Ma poi - dopo non lungo tempo - tutto svanisce, e nell'animo non resta che l'amarezza del disinganno! Il bisogno del credito agrario è maggiore e più urgente nelle regioni d'Italia in cui l'agricoltura dirige l'Istituto di emissione del Mezzogiorno e che ha tutta la responsabilità delle sue sorti, vuole anctare coi piedi di piombo. Tra i due chi ha torto, chi ha ragione? Chi conosce l'opera di Luigi Luzzatti in prò del Banco di Napoli - salvato nel senso più rigoroso della parola dalle sue leggi del 1896-97 - non può lontanamente immaginare che egli ne voglia il ùanno. :Ma le buone intenzioni non sono suffi~iente garanzia per la buona gestione di un I'ltituto di emissione; erano eccellenti, insospettabi. i, quel le dell'on. Conte Giusso, e trassero a rovina precis tmente il Banco di Napoli. Nessuno e ancora un po' primitiva, in cui mancano i capitali, in cui l'usura fa le sue devastazioni; perciò questo bi-_ sogno si sente dapertutto, ma assume proporzioni spaventevoli nel Mezzogiorno. Dopo la pace penserà che in Luigi Luzzatti in materia bancaria ci siano soltanto le buone int·mzioni; chi lo pensasse sarebbe un ignorante matricolato. Ma è innegabile che in questa quistione del Credito agrario nel Mezzogiorno egli mette molta passione - e nobilissinu passione. I ma• ligni · aggiungono che ci sia in mezzo anche un pizzico di vanità, e tutti in casi analoghi ce la metteremmo: egli teme elle la legge, che a buon di ritto ri Liene sua, venga meno parzialmente allo scopo, e elle i meridionali, che vi fondarono le lorn speranze, si credano c1uinùi burlati., ingannati. Sono sue parole. Sospinto dalla passione, perciò, egli nel giornale c1·edtto e cooperaztone ha pubblicato un articolo sul Credito agrario nel Mezzodì, che io, sebbene a malincuore, non esito a considerare Come·-,u~a _pressione sconveviente ed imprudente (sull~ale 'direttore del Banco di Napoli. Sconveniente7per~ chè con "'tutte~!elmanifesta-' zioni di stima, che va sino all'ammirazione verso Ì' uomo, in sostanza lo si addita Come provvedere'? Due uomini politir.i hanno studiato con grande amore e con grande com11etenza, negli ultimi tempi, il problema vitale di dare alla terra il capitale che deve fecondarla: Luigi Luzzatti e Maggiorino Ferraris. Il primo coadiuvato. o meglio seguito, da molti deputati meridionali, è riuscito già a far votare la sua brava legge; ora si affanna a volerla far funzionare, e s'impermalisce per gli ostacoli che incontra precisamente da parte dell'Istituto che nel Mezzogiorno deve vivificarla. Il secondo con una tenacia rara tra i nostri concittadini, parla, scrive, si agita accaparrandosi la simpatia anche di coloro, che non nutrono le sue speranze, per far votare la legge sulla Riforma agraria, di cui è parte principale il Credito agrario. E precisamente alcuni Coatume anglo-hoero (Lustige Bléitter di Berlino) articoli di Luigi Luzzatti e di Maggiorino Ferraris 1-ull'argomento in discussione mi hanno indotto ad in trattenermi sull'ultima manifestazione del loro santo apostolato. Per intendere ciò che ha scritto testè l'ex Ministro del Tesoro, bisogna ricordare che la legge sul Credito agrario nelle provincie meridionali. di cui egli fu il benemerito promotore, s'impernia sul Banco di .Napoli. Ora votata la legge è avvenuto questo: l'on. Luzzatti, certo colla eccellente intenzione di lenire le sofferenze economiche del Mezzogiorno, vorrebbe correre; Nicola Miraglia, che al risentimento delle migliaia di agricoltori, ché vorrebbero sottrarsi alle unghie adunche degli usura1 e ai quali si fa comprendere, eh~ chi si oppone alla loro liberazione è il Miraglia. Imprudente, percllè se questi cedesse alle pressioni e allargasse i cordoni della borsa, provocando la ripetizione di un disastro riverserebbe sopra se stesso buona parte del la responsabilità. Per apprezzare al giusto la resistenza dell'attuale Direttore alla raccomandata larghezza in favore del credito agrario, bisogna rimontare all'anno 1896: all'epoca in cui la legge Luzzatti salvò dal falli-

318 RIVISTA. POPOLA.RE DI POLITICA, LETTERE B SCIENZE SOCIALI mento il Banco di. Napoli, che allora venne affidato alla mano ferrea e alla coscienza intemerata di Nicola Mi.raglia. Allora, dato che tutte le attività dell'Istituto fossero state realizzate (cosa impossibile), vi era ancora un deficit di 20 milioni. Le immobilizzazioni in cifra tonda erano 170 milioni, compreso il Credito fondiario rappresentato da 45 milioni. Senza di esso le vere immobilizzazioni erano 123 milioni. Ora si sono ridotte a 70; nonostante gravissime difficoltà, adunque, si sono smobilizzati 53 milioni. E Nicola Miraglia ha fatto miracoli per ottenere tale risultato. Se fossero noti certi episodi, l'ammirazione per l'attuale Direttore del Banco sarebbe assai grande. I miracoli di attività, di perseveranza, di accorgimento, però, non ba-. starono ad impedire che la liquidazione delle passate gestioni si chiudesse colla perdita di 50 niilioni - quanto sono state valutate dal Ministero e dalle Ispezioni triennali! La gravità di tale situazione non impone la massima prudenza come un dovere inesorabile·, Ed inspirandosi a siffatto dovere il Miraglia è riuscito a ridurre al minimum le perdite annue del Banco ed a ridargli tanto credito presso le popolazioni da veder salire in breve tempo da 32 a 62 mii ioni i depositi presso la sua Cassa di Risparmio. 'l'utto ciò sa, riconosce e loda l'on. Luz.zatti, che dell'opera del ::-.Iiragliapuò vantarsi in parte come di merito proprio, essendo stato lui stesso a presceglierlo a Direttore del Banco nel 1896, ed a vincerne le riluttanze per indurlo ad accettare quel posto ed a fargli rinunziare alla carriera politica. Ma il Luzzatti ciò nondimeno incalza il Miraglia per indurlo a largheggiare, e la propria insistenza giustifica osservando: 1 ° che non c'è da pentirsi del credito accordato ai piccoli ed agli agricoltori- ag• giungendo, che la rovina del Banco pel passato fu prodotta dal credito fondiario, cioè, dai grandi proprietari; 2° che le garanzie del Credito agrario crescono accordandolo per 0pera degli istituti intermedi. Ora questi apparenti savi consigli si riducono a ben poca cosa di fronte ai seguenti dati di fatto: 1° mancano in generale i buoni istituti intermedi; Z' molta parte dei 50 milioni perduti dal Banco sono dovuti agli Istituti intermedi di una volta: alle Banche popolari. E le Banche più piccole - Venosa, Canosa, Rionero, Rodi, Lavello ecc. - furono le più insidiose! Sulla solidità degli individui e degli Istituti di intermedi, che ora bussano alle porte del Banco di Napoli, e sul buon uso del Credito agrario che verrebbe loro accordato, non c'è che un solo competente a giudicare: il Direttore dell'Istituto di emissione, che ha la responsabilità piena e diretta del suo andamento, e che vivendo nel Mezzogiorno è in condizioni migliori dell'on. Luzzatti di conoscere chi e in quale misura è meritevole di avere accordato il credito. Si è sempre vivamente e giustamente deplorato che gli uomini pubblici del Mezzogiorno si siano mostrati deboli, facili alle concessioni - specialmente quando queste potevano procurare una qualsiasi popolarità. Ed ora che abbiamo trovato un uomo eccezionale, che si vota all'impopolarità e che tutto sacrifica a quello che crede ed è il dovere, vogliamo farlo deviare dalla retta via 1 Sanno molti in Napoli che il Miraglia per fare il proprio dovere nell'interesse del Banco, resistet• te vittoriosamente a certe altissime intercessioni in favore di un grande latifondista; e a tali altissime intercessioni, per quanto io mi sappia, sinora in Italia nessuno ha resistito I Ciò (a ritenere come cosa sicura che egli adesso saprà resi• stere alla pressione morale, imprudente e sconveniente, per quanto suggerita da buone intenzioni, che su di lui vorrebbti esercitare il Luzzatti. Ma questi chiude il suo articolo con queste caratteristiche e minacciose parole: << Il Miraglia mi « conosce a prova, e sa che non risparmio agli « altri gli affanni che procuro a me medesimo, e « che il credito agrario nel 111.ezzodi si farà co- • me io dissi alla Camera, o egli non avrà più •pace.». Ebbene chi conosce il Mirnglia può predire, che egli di t"ronte al dilemma: cedere o perdere la pace potrà appigliarsi ad un terzo termine: andarsene! E se lasciasse la direzione del Banco si può del pari essern sicuri che il primo a perdere la pace -;arebbe l'on. Luzzatti, ch'è un galantuomo, e che non saprebbe perdonare a sè stesso il danno arrecato ad un Istituto tla lui prediletto.(!) .. Ed ora alle illusioni in tema di credito agrario. Le illusioni sono quelle del carissimo amico personale Maggiorino Ferraris che furono da me più volte qui stesso rilevate. Torno ad insistervi perchè due suoi notevoli articoli comparsi negli ultimi due numeri della Nuova Antologia, mi danno l'agio di ribadire colle sue stesse parole le obiezioni che altra volta mossi alla sua brillante proposta della riforma agraria. La prima volta che mi occupai delle sue notevoli proposte, alle quali auguro il miglior successo, si fu in occasione della polemica che egli ebbe con l' onorevole Salandra. Avvertii allora che ritenevo indispensabile l'intervento dello Stato, e che mi sembravano destinati a fallire miseramente tutti i progetti che non ne avevano l' appoggio finanziario serio. Più tardi, occupandomi sempre del Credito Agra- (I) I giornali polilici hanno annunziato testé che il Ministro di Agricoltura e Commercio, accogliendo pressocchè tutte le proposte del Banco di Sicilia ed aderendo ai voti delle deputazione siciliana, na proposto un disegno di legge col quale si affida il credito agrario alla Cassa di risparmio Vittorio Emanuele nella provincia di Palermo e al Banco di Sicilia nel resto dell' isola. Quando avrò il testo dt!l disegno di legge me ne occuperò; intanto osservo che i due istituti siciliani sono in ottime condizioni per esercitare il credito agrario, che renderà grandi servizi nell'isola. In questa occasione sento il dovere di ricordare che l'Av. Filippo Lovetere, Direttore del Consorzio agrario siciliano, neir O,.a di Palermo ha pubblicato una serie di notevoli articoli sul credito agrario.

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