Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 11 - 15 giugno 1902

• RIVISTA pnPOLARE DI FOLJTJCA, LETTERE E SCIENZE SOCIALJ SCUOLAVECCHIAE BISOGNINUOVI I. Cominciamo col ricordare a noi stessi un aneddoto che documenterà anche et pour cause la nostra grande modestia. Nel luo-lio del 1830 l'coppiò, come tutti sanno, o . a rivoluzione che dovea t'11r passare la corona d1 Fra.I).eia dalla _testa di Carlo X a queHa 4 poir.e di Luigi Filippo. Quasi contemporaneamente (10 di quel mese) avveniva nelÌ' Accademia delle scienze in Parigi · una solenne - la prima - discu ·sione tra l'audace Geffroy Saint-Hilaire, sostenitore della mutabilità, e l'a_utorevole Cuvier, difensore eloquente della fìssilà della specie. Il 2 agosto, mentre i due fatti - grandissimo in apparenza il primo, tenue il secondo - volavano per mezzo dei giornali dappertutto - tra il Sorel e l'illustre Goelhe avveniYa il dialogo che riass~miamo. Il gran poeta domandava: - Leggesti il grande avvenimento neì fogli parigini i - Oh si - la rivoluzione trionl'a, e Carlo X ... - E che importa a me di un accidente volitico localizzato e superficiale i Io parlo di un avvenimento ben più vasto ed importante: 'della discussione gigantesca, avvenuta nell'ortodossa Accademia delle scienze, sulla mutabi! ità della specie. La maggioranza fu per Cuvier - ma oramai la genealogia biblica è scossa. Altri pochi anni e il trionfo ineluttabile del trasformismo rivoluzionerà tutte le scienze, le cosr.ienze e le istituzio~i, se"'nando l'inizio della novella istoria. " ' l fatti posteriori cominciarono a dimostrare che Goethe non si apponeva a torto: l'avvenire completerà tale dimostt'azione. La simmetria del paragone che segmi, mette noi sacrilegamente al posto del Goethe. Ebbene, noi ci sentiamo diversi, ma non inferiori all'autore della Filosofia zoologica, dappoichè misura comune tra noi due non esiste. Se egli scrisse il Faust, noi vedemmo l'automobile e sentimmo il gramm'ofono... Fermato ciò, procediamo. Fece· alla chetichella e quasi vergognosamente il giro dei giornali una notizietta di origine russa, che, al paragone coi festeggiamenti fatti allo Czar in viaggio, parve meno che niente. Invece, quello stelloncino, agli occhi nostri eretici assume le proporzioni di un avvenimento di ben più grande portata che non la pr·omenade rumorosa di Nicola IL Ecco la notizia di che si tratta: « gue moderne, a scelta, l'inglese, il francese. o « l'italiano •. Al leggerla, ci rifiorì nella memoria l'aneddoto goethiano e poi ci ricordammo dello sfondo ùi realismo che origina e potenzia i paradossi brillanti del Ferrero, sulla missione civilizzatrice <!ella forte razza slava. « Maintenanl c'est du nord que nous vieni la lwnière! » È v ro. Noi latini - eredi sfiaccolati delle cento congregazioni religiose, morte fuori ma non dentro di noi - siam tropJJO ·vincolati da tradizioni e superstizioni, per osare alcun che di nuovo. La qual cosa ci mantiene in uno stato di coc'- ciuto imbambolamento, rispetto alla questione importantissima deìl'educazione. L'atteggiamento dello Stato educatore verso i giovani, naturalmente avidi di sapere reale, è equivoco e disonesto in Italia, dove la educazione che ufficialmente s'imparte ben merita ancora il battesimo rlel povero Leopardi: « formale tradimento ». O non è forse un vero e !H'Oprio tradimento il tenere a bada i giovani, negli otto migliori anni della vita, .col tormento di meccaniche esercitazioni linguistiche, destinate a vanire allegra men te dalla memoria dopo la licenza liceale 1 E tutto questo, mentre le lingue moderne, e spesso la µropria, non che tutta la fiumana fecondante delle scienze biologiche e sociali, rimangono loro estranee1 Esclusi ne pochi illustri docenti, non si trova, nei professori, il dieci per cento che sappia :;;inceramente e con decenti ragioni dimostrare l'influenza benefici essenziale, nei giovani, del greco e del latino. Gli stessi assottigliati sostenitori dell'ìnsegnamento classico non sono per altro, pacifici tra loro nello argomentare. E mentre l'uno tempra: le armi su ragioni filologiche ( l), l'altro s'abbarbica alla misteriosa influenza del-le lingue morte nella · formazione (Lombroso corresse: deformazione) del carattere; e mentre il terzo fa a sproposito, in una scuola di cultura generale, dell'archeologia preziosa, un quarto vorrebbe mantenuto l'insegnamento del greco e del latino in omaggio al pro- "'resso continuo delle scienze, reclamanti, come si " sa, sempre nuove denominazioni (2). Fermiamoci qui. Evviva dunque lo Czar ! Il quale ha avuto la cortesia di attuare ciò che noi, sfidando le scomuniche del pubblico, osammo chiedere dieci anni adùietro, per le scuole italiane. . . . Che anche in Italia la questione sia matura si scorge da mille sintomi. Osare ... ecco il verbo diJ.'ettivo specialmente per noi, quieti militi del dol- « I giornali ufficiosi di Pietroburgo annunziano (1) W. F. Webster, direttore tiella scuola superior~ di ~inn~apolis, nel The Forum, dicembre 1899: ~ Non ho ma, sentito d11:e che i greci leggessero il Zend-Aoesta per imparare la propria • che lo Czar ha definitivamente approvato la ri- « forma delle scuole medie. Esse avranno sette « corsi. La lingua greca viene del tutto abolita e 11. il latino verrà insegnato nei corsi superiori. In « sostituzione del greco, s'insegneranno due linlingua"· . . (2) A buon conto Lombroso e Wirchow,-:- due rompt~o~lt pro fani - protestano energicamente. E protes~a _11 fatto c_h~già m Russia, negli Stati Uniti e nella Svizzera si d1V1enemed1c1anche senza la cresima dello lingue morte.

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