RIVISTA. POPOLA.RE DI POLITICA., LETTERE E SCIENZE SOCIALI 247 RIVISTADELLERIVISTE Charles Gil'adeau: L'Italia, la Francia e la Triplice.- Le buone azioni sono sempre ricompensate. Esempio, l'ILalia, a cui la rinuncia alle sue follie avventurose e la sua riconciliazione con la Francia hanno reso prosperità ed influenza: la prima di cui fa fede il suo bilancio in avanzo, la seconda che é dimostrala da ciò che avviene pel rinnovamento della Triplice. È lontano il tempo in cui l'llalia s: teneva LimidamenLe da una parte, in un cantuccio Jell11 tavola ; oggi essa meLLe delle condizioni, e si potrebbe quasi dire che le deLL11.Essa ha meno bisogno dei suoi alleati, che questi di essa. Per la !)rima volta dopo venti anni la Triplice sla per scadere senza che sia stata preventivamente rinnova La, é si dice persino ch'essa sarà provvisoriamente prolungala per un anno sollanlo. La vanità di essere unila alla Germania non le b11sta più: l'ILalia vuole dei vantaggi più seri e più pratici. Vuol sapere il Lrallamento economico che le si dara. A Roma si conosce il vento protezionista che soffia a Berlino, si 1·ammentano i magri compensi che si sono avuti in Germania durante la guerra economica con la Francia, e si vorrebbe qualche cosa di scritto. Non é diffidenza, é semplice prudenza. Caduto Crispi, dopo la disfalla d' Adua, l'!Lalia si é riaYuta. Essa ha fallo il suo esame di coscienza, e guidata da dei ministri più chiaroveggenti, Lra i quali il nome di Visconti Venosla s'impone, ha compreso che sollo il pretesto della melagomania la si era semplicemente condoLLaalla rovina. Visconti Venosla delle macchinci indietl'o, e non si lardò a comprendere che la sparizione di Crispi segnava più che la fine di un uomo, la fine di un regime. Si cominciò coll'intendersi con noi riguardo alla Tunisia, elemento di discordia: il nostro protellorato era riconosciuto formalmente, l'abolizione delle capilolazioni era accettata, e l'!Lalia firmava con noi un conlrallo di commercio per le sue transazioni con la Reggenza. Un alLra convenzione seguiva poco tempo dopo, più imporlanle e generale, con la quale, per opera di Luzzalli, si poneva fine alla slupida guerra di tariffe che la gallofobia insanabile degli antichi minisl1·i di re Umberto aveva scatenalo, e da cui l'!Lalia usciva quasi rovinala, affannala, avendo invano domandalo ai suoi alleali gli sbocchi che non aveva trovalo più presso di noi. li ghia,!cio era rollo, non ci si liLicava più, ma anco1·a non ci si abb1·acciava, benchè il nuovo regno - con un re che non era completamente infeudalo alla Germania, e con una regina che aveva portato dalla Montagna 1era, con l'amicizia l'iconoscenle di suo padre per la Russia, un'indefinibile tendenza per la nazione « amica e alleala » - avesse prodotto un'intesa più accentuala. Si era a queslo punto quando venne 111convenzione anglo-francese che regolò, dopo Fachoda, i diritti e le frontiere delle due potenze nel bacino del Nilo e nell'hinterland mediLert•aneo. L'Italia, per cui Tripoli sollo il regime crispino fu il gran cavallo di ballaglia, drizzò l'orecchio e si senti lesa nei suoi inLeres i. Essa ce,·cò delle assicurazioni dapprima presso la Germania che fece la sorda e rispose che non sapeva nienle di ciò che si si Lrallava, poi presso l'lnghillerra che non rispose niente: e allora si rivolse alla F1·ancia, presso la quale trovò la migliore accoglienza. Si parlò diver!je volte li Parigi e a Roma, e ci si in, Lese. Delcassé e Barrere dimostrarono a Tornielli e Prinelti che la Francia non aveva, né nel Mediterraneo né altrove alcuna caLLiva intenzione verso l'llalia, che nella questione .mediterranea gl'inleressi delle due nazioni erano assolutamente connessi; e, per sigillare questa intesa, la Francia promise all'Italia che non l'avrebbe attraversala qualora le prendesse fantasia d'andare in Tripolilania. Da parle sua l'Italia s'impegnava di non intralciare l'azione della F1·ancia al Marocco ove, del resto, noi continuiamo a protestare la nostra ferma intenzione di non Lurbal'e lo stata-quo: la pera cascherà da sè nelle nostre mani un giorno o l'altro: ci basta di tener d'occhio i mal&.ndrini. Il venlo che soffia al Quirinale non viene più dalla Sprea. Villorio Emanuele III non è andato ancora a visitare i suoi alleali; si parla sempre della sua intenzione di• andare a Pietrobu1·go; il conle di Torino é già venuto a Tolone, e si sa che le cortesie navali hanno talora delle gravi conseguenze politiche; la regina Elena ò montenegrina; abbiamo due principesse francesi alla Corte d'Halia; la Germania si prepara a chiudere le suo frontiere a Lulli, anche a i suoi alleali; Crispi è morto ; noi abbiamo a Roma un ambasciatore che non si lasciP.rà sfuggire l'occasione se si presenterà: e LuLLoè ·possibile. (Reouc Biette - 3 maggio). • Albert de Pourooiulle : I grossi problemialgerini. - La crisi economica generale che attraversa l'Algeria proviene da una troppo grande confidenza dei coloni in se stessi e nel loro suolo, e dalle loro troppo grandi vedute, perchè, bisogna ripeterlo, l'Algeria non é una gallina dalle uova d'oro, ma una gallina che fa delle uova comuni, e che non ne fa nemmeno molle. I coloni francesi hanno o!Lrepassalo nelle loro intraprese i limiti assegnali alla loro prudenza dalla fertilità media e dalla mediocrità dell'Algeria; essi vollel'o far più che lo permeLLessero i lol'o mezzi, spinti a ciò dall'errore tradizionale del francese, che ogni impresa in una colonia deve essere 1·icompensata con una quasi immediata fortuna. lncoraggiaLi da alcuni risulLaLisi spinsero in nuove speculazioni, fecero appello al credilo, e ciò condusse ad una sovraproduzione che non rispondeva per nulla ai bisogni del consumo, onde li fece .J,rovare nella condizione di dover pagare degli interessi sui capitali che non li appartenevano e che avevano impiegali così inconsideratamente. Questa situazione si aggravò quando fu complicala con la crisi speciale dei vini e dal rifiuto che fecero coloro che avevano prestalo il danaro, in maggioranza ebrei, di prolungare la durala dei loro prestiti Nello stesso tempo si presentò il momento del rinnovamento del privilegio della Banca d'Algeria come banca di emissione, la quale per ollenerlo dovelle non solo rifiutare il credilo agli agricoltori che in quel momento ne avevano più bisogno, ma opporsi anche al rinnuovo delle cambiali venule a scadere: onde rovina imminente e una situazione cos·1 deplorevole che il Governo stesso fu chiamato a venire a degli accomodamenti. ALLraverso allo studio delle queslioni amministrative, politiche e finanziarie che si discutono oggi in Algeria, si é potuto vedere, ogni momento, drizzarsi una questione sociale. Essa esiste, proronda e complicala, e, vi• sla la giovinezza del popolo algerino, si presenta sollo la forma etnografica. A causa del Lemperamenlo non assimilabile e cliiuso dell'arabo, a causa dell'impotenza dei Francesi di popolare da soli l'Algeria, Lre o quallro razze sono ivi sovrapposte, senza chd il tempo abbia ancora potuto mischiare i loro sangui e i lorn interessi, c,
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