Rll'ISTA POPOLARE Dl POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 245 - Parti, avea detto la fanciulla, gli Liberti radunano gent.e. Il giovine mandò su la punta delle dita, nn bacio alla bella e disj)arve rasentando i mu!'i, alla svolta della eh iesa di S. Piero Scheraggio. La notte era ardente e buia, le strade deserte; una voc,~ ruppe il silenzio in Calimala: - Su Fiorentini, destatevi; i Grandi l'anuo carne! La voce si perse lontano per le vie; riecheggiò ripetuta, parve sopita; poi sembrò ridestarsi, avvicinarsi, allontanarsi ancora come un'onda che tornasse e ritornasse ad invadere una caverna: - Destatevi I Destatevi! I Grandi fanno carne! - Alle finestre apparivano faccie spaurite di donne destate nel sonno; faccie rabbiose d'uomini felici di poter dire: - Ecco perchè da tanti giorni non piove! - In Calimala la voce ora giungeva affievolita dalla distanza. Forse chi gridava era già da Porta Ros-~ sa; forse traversava il Ponte, entrando nel Sesto d'Oltrarno. Improvvisamente l'aria vibrò d'una commozione strana ne la notte ; parve che le parole sinistre fossero ripetute da mille bocche che le urlassero al disopra de' tetti delle case e de' merli delle torri. Parve che le bandiere s'agitassero all'uragano che imperversava nell'aria e la riempiva cli voci sonore, M voci urlanti con frementi scatti di note chiare e lunghe di bronzo e d'acciaio: - Destatevi! Destatevi! - Le campane di Santo Stefano e di Badia suonavano a storno. Le vie erano ormai tutte illuminate JJe!' il grande numero di torce e di lucernine messe su davanzali delle finestre, ficcate ne' bracciai i accanto alle porte; gruppi d'uomini mezzo vestiti ed armati comparivano sotto gli archi, sbucantno da' vicoli; pareva che a fiotti gli vomitasse la terra; e al bagliore delle torce le picc;he, le mazze :·errate, le alabarde scintillavano seminando bagliori cli gemme rare su i dorsi nudi e bruni, mettendo rapidi guizzi di fiamma su le faccie in mezzo a le quali bl'illavano come carbonchi gli. occhi inferociti. Or correvano pressanti le YOci discordi, mentre i più ardenti s'affannavano a battere col pomo de' pugnali e delle spade alla porta de' più tiepidi: - Sù Maso; sù Orlando; nc•n siate restii; sù Giannetto, sù buoni popolani, i grandi fanno carne! - La parola terl'ibi.le metteva fremiti d'orrore e di rabbia. Ognuno vedeva se stesso nel mescilinello tenuto stretto da' ribaldi mentre il famiglio gli cacciava l'aculeo fra !'unghie e la carne, gli mordeva la pelle con le tanaglie, gli rompeva le ossa. - Lena, vattene con Dio: non senti? J Grandi fanno carne. - E l'uomo passava urtando contro la porta la moglie che lo voleva rattenere. - Ah! i figli di male femine ! Fanno parlamento? Ebbene anche noi ci anderemo e ci porteremo fava nera! - E le voci s'alzavano, le p<!,roles'incrociavano; minaccie e preghiere insieme. Dal fondo del Sesto di Borgo apparve una bandiera: bianca col Becco nero in mezzo. - Viva Fiorenza! - urlò la folla. - Il Podestà è con noi. - - Vogliono dunque rovesciare il reggimento? - - E che? - Non sapete che Ciotto Tedaldini Ila fatto battere da' suoi, i famigli del Podesta 1 - Abbasso i Grandi - Viva parte Guelfa. - - No, no; viva Fiorènza. - - Sclliattuzzo degli Uberti ha detto che JJioverà rtuando la sua cavalla figlierà d'un papa. - Il vento, come una vampata rovente passò su la folla e tutti seppero, in cor loro, perchè da tanto tempo non pioveva; perchè i pozzi erano quasi asciutti, il greto d'Arno allo scoperto e perchè il caldo era tanto feroce quell'anno. - Non sapete che messere :Manfredi è a casa degli Uberti? - - Dit.e davvero mastro Ciolo? - - Se dico davvero? Ma non sapete che l'hanno veduto entrare in città vestito da cattano? - Andiamo a casa degli Uberti! - urlano alcuni. - A casa degli Uberti ! - ripetè la folla. La bandiera intanto s'avanzava seguita dalla massa compatta de' beccai c;he armati delle loro larghe coltelle, ,,enivano, urlando: Vivano i popolani! Viva Fiorenza! - Un fr:emito passò sulla folla assiepata in Calimala. I beccai raramente si muovevano, raramente spiegavano la loro bandiera; portarla in piazza Yoleva dire una giornata cli sangue. Improvvisamente uno squillo di tromba dominò tutte le grida. Veniva di lontano, d'oltre il ponte, e prima ancora che apparissero i suonatori, si vedeva su le mura e sul cielo come un riflesso di incendio; una grande luce rossa che s'avanzava rapidamente. Poi apparvero in mezzo alle arcate del vecchio ponte alcuni portatori di torcie, e le roteavano intorno come strumenti di distruzione e di morte; poi Yenne una compagnia d'uomini. armati di lunghe picche e finalmente, in mezzo ad una folla di donne scarmigli.ate, armate di lunghi punteruoli di ferro, e di uomini che brandivano lunghi e forti raffi, arrivò una bandiera: bianca col Ponte vermiglio. Era il Sesto d'Oltrarno èhe rovesciava nella città la sua terribiìe orda di bagascie fameliche e di cenciai furenti; la tribù temuta dei ribaldi della città, e Llei ladroni della campagna. Di dietro le case degli Adirnari le trombe de' beccai risposero alle trombe dei cenciaioli e la l'olla, tutta, come un fiume in piena dilagò giù per Por' Santa Maria e prese la corsa verso Porta San Piero, alle case odiate degli Uberti. Saliva il terribile rumore della folla elle s'avanzava avvolta da un nuvolo di polvere, OYe guizzavano, con bagliori d'argento, le lame delle larghe coltelle, e l'acciaio brunito delle lunghe pic;- che, con la costola dentata come una sega. Sali va un tumulto sordo di passi e di voci; un boato come di terremoto avvertiva i. l'adunati nelle cas(J degli Uberti che il Popolo veni Vl:I,.
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