Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 9 - 15 maggio 1902

RIVISTPAOPOLARE DI l~OLJTICALETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: D.r NAPOLEONE C.OLAJANNI (Deputato al Parlame1110) Esce 1n Roma il r 5 e il 30 d'ogni mese ITALIA: anno lire 6; semestre lire 3,50 - ESTERO: anno lire 8; semestre lire 4,50. Un nun1ero separato Cent. 30 #· Amministrazione: Via Campo Marzio N. 43. ROMA <~ AnnoVIII. - N. 9 Al:>l:>onan1ento postale Roma,15 Maggio1902 SO:M:MARIO s Noi: Gli avvenimentei gli uomini: (Uu'altro po' più di luce rngli eventi politici e mi/ilari del I 866. - Tempesta in 1111 bicc/iier d'acqua. 'Per il Catasto. - La crisi vinicola. - Emilio Vauderwelde, conritratto). - La Uedazione: La salute del nostro Direttore. - On. l\1aggiorino J<'erra1•is: Lo spirito sociale della riforma agraria. - Lino l•'er1•iani: Scuole e case di correzione. - L'evoluzione politica, economica e sociale della Russia. - Arturo l,abriola: I nuovi orizzonti del Socialismo. - A. Agresti: Una folla fiorentina al secolo XIII (Bozzetto). - Rivistadelle Riviste: L'Italia, la Francia e la Triplice (Revue Bleue). - I grossi problemi algerini (Nouvelle Revue). •- Primo Maggio (Cultura sociale). - 11 trionfo del lavoro (Review of Reviews for Australasia). - L'avvenire della società (Tl!e Lady's Realm). - Come insegnare ai fanciulli cosa leggere (Tlie Outlook). - Recensioni. - lllustra?ioninel testo. GLI AVVENIMENTI E GLI UOMINI Un'altro po' più di hu·e sugli e,•enti poliUci e militar•l del 1 866. - I buoni e sinreri monarchici non mancano, quotidianamente, di ricantare le lodi delle istituzioni da loro prcdilelle; gl'ignoranli e gl'inter·essali, quelle lodi accettano, senza benefizio dell'inventario; ma le lodi, spesse volle, ed anche con relativa rapidilà, vengono ridotte dalla storia vera dei fatti. sentisse, riuscirebbe assai opportuna la ripubblicazione di quell'articolo, il cui tilolo, Torre Malimberti, sembra una sciarada al gior!lO d'oggi. li Fisco però, ha creduto - e per una volta tanto ha fatto il proprio doYere - di lasciar passare tranqu.illamenle, nella Nuooa Antologia (1 maggio '902), un brano di una pubblicazione del geuerale Chiala che por·terà In llalia si11rnousi a sentir chiamare Vittorio Emanuele Il il Gran padre della Patria; e guai a chi si arrischia a ridurre a minori proporzioni tale grandezza. Qual fosse il 111erito vero del cosi dello Re galantuomo venne, con felicissima parola, significalo da Giovanni Bovio: egli fu un fortunato occupatore. ~-~=== ,=~CC<m?.W.&&'&anl:0oc'.,W/@Wi,t~r· I ffl Preghiamo, nel n ...odo più calo- I I roso che per noi si possa, tutti gli abbonati della Rivista in arretrato coi ~: ancora un po' piu di Luce sugli eventi politici e militari dell'anno 1866. Lo storiografo del generale Lamarmora, ha messo ben poco del suo nel brano riprodotto dalla autorevole rivista di Roma; e il succo della pubblicazione si trova in alcune lettere clie tra loro si s<·ambiarono i generali Pelitti, Lamarmora e Cialdini. Ci sono due altre lellere, e sono precisamente di Villorio Emanuele Il al Conte di Cavour. dalle quali si rileva che il Ministro non aveva alcuna buona pagamenti a volersi 1nettere subito in regola coll' An1minis·trazione, perchè altrimenti saremo Non ripeteremo ciò che dovrebbe essere nolo a tulli sulla parte da lui rappresentata nella spedizione dei Mille e nella liberazione di j I costretti, a nostro malincuore, di manI dare ai ritardatari la ricevuta per l'in1 casso gra,,ata di tutte le spese postati. _ ~ ~~ ~ e r'()QQ(OXX<XXlfA'.XX ~ tutto il Mezzogiorno; ma crediamo sia nostro dovere richiamare l'attenzione dei nostri lettori sulla parte da lui rappresentala nella guerra fatale del 1866. I monarchici qualche cosa ne sapevano dalle pubblicazioni notissime del generale Larnarmora che, per difendere il proprio buon nome, non volendo rassegnarsi a farla da caprio espiatorio, fu coslrello a sollevare un lembo del velo che nasconde i prindpali responsabili della disfatta di Custoza. I repul,blicani ne sapevano qualche cosa di più dalle brillanti polemiche di Alberto Mario sulla Lega della democrazia. Se il Fisco lo conidea sulle attitudini amministrative e militari del re, e che il re era insofferente di osservazioni. Ad una di queste lettere di Vittorio Emanuele, ,·he porta la data del 10 maggio 1859, « il Conte di Ca- « vour - dice il Chiala - rispose dignitosamente II S. « M., che in altre circostanze avrebbe rassegnalo le sue « dimissioni; ma nelle gravissime condizioni del paese, « si rassegnava a continuare, avendo la coscienza di po- « ter cooperare efficacemente al trionfo della causa na- « zionale ». Torniamo llll'epistolario dei tre generali. Che cosa es-

226 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALl so ci appl'ende f Queslo solo: che lt'a Pelitli, Lamarmora e Cialdini, alla vigilia della guc-rra del '1866, vi fu una nobile gara pet' far sì che il comando supremo fosse affidalo al più meritevole, e che s'impedisse sopratutto, in un modo o nell'altro, lo assumesse ViLtorio Emanuele li. l tre non riuscirono, poiché il 1·e fu nominalo duce supremo della gue1·ra, e il genel'ale Lamarmora non ne fu che il gerente responsabile. Ciò viene riassunto in una lellera del 1868 del generale PcLiLLi al generale Lamarmora, dove è detto: << La nostra fu una campagna disgraziata, « e doveva essere così, perché la s'impegnò in condi- « zione di Comando clte non potevano andal'e. Per abne- « gazione tu accettasti siffatte condizioni, e il risultato « .fu quello che doveoa essel'e ». L'ostinazione del re, nel volere essere il duce supremo nella campagna contro l'Austria, risulta da questi pochi periodi del generale Chiala, che riproduciamo: « Vittorio Emanuele! e Vittol'io Emanuele Il ebbero un « punto di contatto (e fu il solo!), che entrambi, cioè, « credettero di essere grandi gene1·ali. « Del re Vittorio Emanuele I, ha raccontato recente- « mente il generale Genova di Revel, che si reputava ca- « pace di fare quanto Napnleone, e lo diceva aperta- « mente. Nel 1820 ribadiva sulle gesta da lui operate « netta guerra delle Alpi, e 1·ipeteva che se lo aoessr:1•0 « lasciato agire come intendeva, avrebbe battuto-Napoleone. « Vittorio Emanuele li era più modesto, ma già du- « rante la campagna del 1848, nella quale come Duca cli « Savoia comandò la divisione di 1·iserva, mostrò di « avere di sè. un buon conceLLo come stratega, Lanlo da « renderne geloso il padre suo, Carlo Albel'lo, che in « un consiglio di guerra tenutosi a Sommacampagna, « ebbe a indirizzargli queste pungenti parole: Dites, donc, « Vieto,·, est-ce que vous croye:::,par !tasard, d'étre de- « oenu un gèneral? >J Il riavvicinamento tra i due ,·e e sarà trovalo irriverente e forse calunnioso dai monarchie!; ma la cor1·ispondenza dei tre generali riesce a provare che re Vittorio Emanuele li, su cui pesa parte della respor,sabiliLà della disfatta di Novara nel 1849, volle essere lui il direttore supremo della guerra del 1866. Il giudizio dei tre generali pesava meno di un fuscellino, poiché il re voleva essere il direttore supremo, e nessuno aveva il diriLLodi oppo1•si. 'l'e1n1lesta in un bicchier d'acc1ua. Pe1• il Catasto. - La mozione presentala pall'on. Giusso e sotLoscritl'lt da oltre 70 deputati meridionali, minacciò per un momento di assumere grandi proporzioni nella discussione del bilancio delle finanze; ma la tempesta fin'1 in un modo allegro pel ministero e con una semi rilirata ed una sconfitta da part,3 dell'ex Ministro dei Lavori Pubblici. Tratta vasi della interpretazione da dare all'art. 14 della malaugurata legge sul nuovo catasto, di cui si è intrattenuta tante volle la nostra Rioista. Secondo la legge il valore dei prodotti del suolo deve assegnarsi in base ai prezzi del dodicennio che corse dal 187ft al 1886. Ora è risaputo che i prezzi di oggi per ak,uni prodotti agricoli sono mollo al disotto di quelli del 1874-85, e in conseguenza di questo ribasso, il rnddilo imponibile delle terre col nuovo catasto, verrebbe ad essere stabilito in modo ini.quo. Questo inconveniente fu segnalato dall'on. Colajanni e da allri, ma la maggior parte dei deputali meridionali, colla loro abiLuale noncuranza, non se n'erano allarmali. Ci vollero le proteste dei proprietari della penisola sorrentina e di Capri, per destarli; e il 1·isveglio generò la mozione Giusso. L'on. Carcano, ministro delle Finanze, non volle saperne della proposta che mirava ad ottenere più equi criteri nell'accertamento del reddito attuale, dicendo, e non aveva torlo, clte se lale proposta fosse stata aç__cel• tata, avrebbe sconvolta interamente l'economia della legge. Soggiungeva - od altri deputali setlenlrionali, come il Carmine, lo appoggiavano - che l'art. 14 potevasi interpretare in guisa che senza nuovi provvedimenti legislativi si avrebbe potuto ovvia,•e al deplorato inconveniente che suscilò le proteste dei sorrentini. Si disse ancora, nella Camera e fuori, che. se la mozione Giusso fosse stata acccllata, si sa1·cbbe commesso una ingiustizia a danno di quelle provincie che hanno già fatta la valutazione dei prodoLLi agr1coii in base ai prezzi del periodo 1874-85. Il fatto della valutazione esorbitante avvenuta in alcune zone della provincia di Napoli, prova già clie l'interpretazione dell'art. 14 non dà alcuna garenzia ai conLribuenli. La seconda difesa dello· statu quo ha solo le apparenze della giustizia. Si parla di sole apparenze per il seguente motivo: le provincie che hanno già ottenuto il nuovo catasto, sono quelle sellentrionali, i cui prodoLLi hanno oLLenulo - 11deccezione dei bozzoli - il minore deprezzamento dal 1874 al giorno d'oggi; le provincie del Mezzogiorno, che sono ancora sotto la spada di Damocle rlell'applicazione del nuovo Catasto, sono invece quelle il prez:-:o dei cui prodoLLi - vino, agrumi, mandorle, nocciole, olio, ecc. - ha subilo i maggiori ribassi. Perciò el'a opportuna la primitiva mozione Giusso che avrebbe almeno presentato un rimedio contro una delle maggiori iniquità della legge sulla perequazione fondia1·ia. L'ordine del giorno De Nava - del quale si dovevano insospeLLire i meridionali, pel fallo semplicissimo che lo accettava !'on. Carmine--, che fu sostenulo da ministeriali e ben visto dall'on. Cal'cano, rimettendosene all'equità del Ministro, a parer noslro si riduce ad una canzonatura, di cui non può e non deve dichiararsi soddisfallo il Mezzogiorno. La cr1s1 ,,inicola. - Se ne discusse lungamente alla Camera in questi giorni ma non si può dit'e che gli inLerpellanLi e coloro che sentono le conseguenze della crisi si possano dichiara1•e soddisfatti. Questa discussione parlamentare come i comizi del Piemonte e le commissioni venute dalla Sicilia, dicono se c'era esagerazione nell'articolo nostre Triste vendemmia pubblicato nello scorso anno. Sui rimedi che da varie parli si proponevano eravamo sceLLici allora e lo siamo ancora di più adesso. Speriamo pochissimo nell'aumento della nostra esportazione per motivi inesol'abili che esporremo altra volta, e dettagliatamente. I\ ribasso delle tariffe ferroviarie, invocalo dai piemontesi, rappresenta una perequazione di cui nessuno può negare la giustizia: ma sbagliano i forti viticultori del Piemonte se sperano trarne sensibile giovamento sino a tanto che la produzione meridionale si manterrà qual' è attualmente; forse si avrebbe giovamento da un fortissimo ribasso che ci consentirebbe la concorrenza ai vini spagnuoli sul mercato svizzero. Poco ci attendiamo palle cantine sociali; ma siamo d'accordo con !'on. Ferraris nel ritenere indispensabile il credito a buon mercato che rende1·ebbe efficienti molti dei rimedi che senza di esso rimarrebbero sollanlo potenziali. L'abolizione del dazio di consumo certamente sarebbe uno dei mezzi più po-

... RIVISTA POPOLARE DI POLITICJ., LETTERE E ')CIENZE SOCIALI 227 derosi per aumentare il consumo del vino, sia perchè ne diminuirebbe il prezzo, e ancora di più perché ne renderebbe poco incoraggiante l'adulterazione; ma dall'orrorevole miuistro per le finanze si apprese che per ora non si poteva pensare a tale abolizione non consentita dalle condizioni del bilancio. Noi non sappiamo dargli torlo, e ci sorprendiamo della ingenuità di quei deputati i quali vogliono sgravii Lribularii, ma non vogliono toccate le spese militari: le sole possibili di diminuzione. In quant.o agli cfTeLLdi i una riforma della legge degli alcools crediamc, che siano ipotetiche le benefiche conseguenze che se ne :attendono. Pour La bonne bouche riserbiamo una parola sulla dichiarazione del sollo-segretario per l'agricoltura e commercio che venne giudicata cinica dai sentimentalisti della Camera e del giornalisrr.o, ma che noi troviamo improntala ad un doloroso realismo. Disse l'on. Fulci che la filossera s'incaricava di attenuare la crisi. E così è; ma dal punto di vista della realtà non sappiamo vedere in quale senso si dovrebbe verificare la trasformazione delle colture da lui consigliate. · A tempo opportuno ritorneremo su queste importantissime quistioni. Emilio Vantle1'weltle è nato a Bruxelles il 25 gen. naio 1866. Avvocata presso il 1'1-ibunale di Bruxelles, professore della Scuola Superiore e direllore dell'Istituto di sociologia Solvay, egli ha già conquistato una posizio11e sociale ragguardevole. La sua devozione alla causa proletaria rimonta da quando, diciannovenne, s'iscrisse alla Lega operaia di Ixelles prima della fondazione del Partito operaio (1885). Da· allora egli fu iP.stancabile nella propaganda e nell'organizzazione del partito socialista. Nel 1888 fondava il circolo degli studenti e antichi studenti socialisti, nel 1891 la Sezione d'arte e d' insegnamento della Casa clel .Popolo, nel 1898 la Lega socialista antialcoolica, prendendo poi parte attivissima nei congressi socialisti, belgi e internazionali, nonché all'affine movimento intellettuale belga per l'Unioersity Extension. Emilio Vanderwelde ha pubblicato numerosi lavori sulle questioni sociali. Parecchie sue pubblicazioni sono state tradotte in varie lingue, tra i quali alcuni resoconti di viaggi in Norvegia,al Montenegro, in Algeria e in Tunisia. Egli collabora inoltre in diverse riviste e giornali belgi ed esteri, come il Peuple, la Neue Zeit, l'Arbeiter::eitung, la Sozial Praxis, il CLarion, la Critica Sociale, e la nostra Rivista nella quale pubblicò La citta pioo1·e, uno studio interessantissimo e coscienziosissimo che già raccogliemmo in opuscolo per la nostra Bibtiolecct. Il circondat'io di Charleroi mandò Vanderwclde per la prima volta alla Camera il 12 ottobre 1894; a 28 anni. Ora egli è deputalo di Bruxelles dal 27 maggio 1900. Nell'ultimo movimento belga, Vanderwelde in pel'feLto accordo con Lutti i capi socialisti e col Consiglio generale del Partito, composto dai delegati direlli delle varie Federazioni, fece tutto quanto gli fu possibile e compatibile con le proprie convinzioni per inalveare il torrente rivoluzionario, visto che la lotta corpo a corpo sarebbe riuscita - a parte qualche piccolo seco!ldario successo - complessivamente a danno degli inermi quanto coraggiosi combattenti. Questo contegno è stato giudicalo da molti come debole, e tra questi da Amilcare Cipriani con la seguente lettera da lui diretta giorni sono a Vanderwelde e che, autorizutto a farlo, ci trasmette il nostro egregio corrispondente da Bruxelles, Giuseppe De Nava, che divide in gran parte le idee di Cipriani. Mio caro Vanderwetcle, Tutto ciò che voi ed i vostri amici avete fallo fino al momento delle sanguinose ostilità, è ammirevole. Voi avete preparato da molto tempo un gran movimento rivoluzionario, ma senza prevederne, convenitene, tulle le conseguenze. Voi dovevate prevedere e sapere che dato lo slancio, i valorosi lavoratori si sarebbero trovati faccia a faccia coi banditt al servizio ...... •·. e che vi sarebbero state delle vittime. In circostanze simili, dato lo slancio bisogna non soltanto seguire il movimento - ciò che é un dovere - ma occorre spingerlo sino alla fine. Ma voi avete preferito imitare l'indecisione dei Girondini invece dell'ammirevole e gloriosa audacia dei Montagnardi. Se voi personalmente non vi siete perduto, voi avete però perduto la rivoluzione. Voi siete stato incendiario e pompiere al tempo stesso. Il suffragio universale pel momento voi non l'avrete. Persisterete a sacrificare ancora dei lavoratori in manifestazioni pacifiche che gli sb-irri ...... trasformeranno in carneficine f Voi sapevate che dietro il suffragio universale stava la gr·ande questione sociale, e se voi vi foste dato il lusso d'un po' di energia, così indispensabile in simili circostanze, voi avreste avuta la Repubblica. Voi avete pre• ferito indirizzarvi a' mezzo degli intermediari dei suoi ministri al re, ed egli vi ha fatto la sola risposta che vi poteva fare: no. Egli ha creduto che voi avevate paura. E, infatti, se io non conoscessi il vostro ardore, lavostra grande divozione, il vostro coraggio: la tattica diplomatica e l'estrema prudenza che voi avete spiegato in questo affare potrebbero benissimo esser presi per della paura. Ma, il certo è che voi avete voluto far paura al governo, e quando avete veduto che gli operai andavano più in là del vostro pensiero li avete fermali. Questi bravi operai avevano però una coscienza precisa della gravità della situazione, quando vi hanno gridato : « della calma ne abbiamo avuta abbastcm::a », perché mentre voi consigliavate questa calma e facevate appello alla moderazione, gli sbirri della ......... sgozzavano i nostri fratelli. Secondo voi, quando l'operaio avrà il diritto di respingere la forza con la forza 't Nemmeno quando le baionette entrassero nelle sue viscere, o le palle ne bucas sero la pelle f Voi avete fatto versare del sangue per

228 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI niente. Si, ...... l'arrestars; in una Rivoluzione, è fare un patto con la mor-le, ha detto giustamente Saint Just. La monarchia non ghigliottinerà nessuno, è vero, ma voi avrete perduto un'occasione splendida per abbatterla e per far trionfare, con il suffragio universale, la questione sociale. Voi avete detto che i morti devono esser vendicali con la conquista del suffragio universale. Caro amit:o mio, oggi ciò non basta più. Essi devono esser vendicati con la conquista della. Repubblica sociale. Scusate, caro Vanderwelde, queste osservazioni, ma coi compagni, io ho l'abitudine di parlar francamente. Auguri a voi e a tutti. A,IILCARE CIPRIANI. Parigi, maggio 1902. Emilio Vanderwelde ha precedentemente risposto alla lettera del Cipriani, con la intervista che ebbe col corrispondente dell'Italia del Popnlo, che è appunto Giuseppe Di Nava. « Io non credo - disse Vandervelde - all'efficacia « dei mezzi riooluziona,ri, specialmente nel Belgio. Non « dico che il continuare a far dimostrazioni sotto l'egida « delta polizia possa seroire a g1·an cnsa - ma penso « che la vera arma, l'arma per eceellenza, cui si tornerà «' a ricorrere (per quanto di difficilissimo impiego) al!a <' ripresa delle ostilità, è quella dello sciopero generale ... « Intendiamoci. .. se oggi è mancala, non v,uol dire che « fallirà domani >>. E quindi, dopo avere accennato alla seconda fase della lotta, aggiunse: « Noi tutti siamo repubblicani. Noi non abbiamo mai « separala la questione politica dalla economica. Sono « riforme che debbono camminare di pari passo, almeno « nell'epoca attuale. E la repubblica figura in tesla al o: nostro programma. Soltanto, doricement,doucemcnt, col « minor sacrificio di sangue possibile, preparandola a poo: co a poco .... Leopoldo II è vecchio ..... senia eredi « diretti. .... ». e - li che verrebbe ii dire-interruppe il Di Nava - « che non sareste troppo contento di una venuta di Ci- « priani r E Vanderwelde subito: « - Francamente, ora, e non ostante tutta la profonda « ammirazione che nutro per quell'uomo, no. Il momento « non mi sP-mbra pl'opizio per una rivoluzione: Troppo « presto o troppo tardi, amico mio .... ,> Ci sembra che Emilio Vandervelde, che non erede all'efficacia dei mezzi riooluzionari, non potesse essere più chiaro I Nor. Non ci siamo occupati del risultalo delle ultime Elezioni francesi perché ad una sempli,:ie nota di cronaca che si può leggere in qualunque giornale quotidiano, abbiamo creduto preferibile il commento autorevole che dopo i ballottaggi promise di mandarci il nostro illustre collaboratore G. Sorel, il quale si occupò in questa nostra stessa rivista dello spirito pubblico in Francia alla vigilia delle elezioni. Per abbonairsi alla " RIVISTA POPOLARE ,, mandare cartolina-vaglia all'On. Dr. lVA.POL. OOLAJANNI. Roma. Siamo dole TI tissimi cli dovere annunziare ehe la malattia del nostro Direttore non è aneora, pur troppo, entrata netta via risolutiva alla quale tutto pareva aeeennare. tJ,· stato necessario anche un terzo dolorosissimo taglio ehe vogliamo sperare sia oeramente l'ultimo. Agli amiei che continuano sempre eon tanta aJfettuosa insistenza a domandare notizie del nostro Direttor'e, sentiti ringraziamenti. LA REDAZIONE. LO SPIRITO SOCIALE DELLA RIFORM.A AGRARIA Caro Colajanni, Poichè lo desideri eccoti una modesta pagina sullo spirito sociale della Riforma agraria. Oltre che sull'intera economia. nazionale, quali effetti avrà la Riforma agraria sulle dolorose condizioni del contadino italiano~ La risposta. mi par semplice. Il contadino in Italia è povero, perchè la terra è povera: e la terra è povera, perchè - tranne in poche plaghe - vi manca dell'istruzione e ciel capitale necessari ad un agricoltura razionale, intensiva e rimuneratrice. Pauore paysan, pauvre 1·oyaume I dice un aforismo antico. Così la povertà dell'agricoltore si traduce in Italia, - paese essenzialmente rurale, - nella inferiorità economica della nazione intera. Arricchire la terra, per rendere più ricco il contadino, l'agricoltore, il propr·ietario e con essi la nazione intera, eccoti il pensiero economico e sociale, semplice e piano, che inspira la Riforina agra!'ia. La quale appunto altro non si propone che di dare alla terra italiana quanto occorra di capitale - sotto forma di credito in natura, di sementi, concimi, bestiame, aratri, macchine ecc. - e di istru.::ione - mediante le cattedre ambulanti cli agricoltuea., che eia noi hanno realmente fatta buona prova. Non è qui il caso di spiega.re il congegno della nuova organizzazione agraria., da me proposta per raggiungere i due scopi del capitale e dell'istruzione alla terra. Esso risulta dal progetto cli legge che sta ora dinnanzi alla Camera allo stato di relazione. Consensentimi anzi di esprimere in questa occasione i sensi del mio grato animo agli egregi colleghi, che al disegno di legge vollero cortesemente dare il loro esame coscenzioso e la· loro autorevole approvazione (1). (1) Dalla Riforma 1lgraria. Proposta di legge svolta e presa in considerazione nella seduta del 14 i\larzo 1901, N. 233. La Commissione e composta degli on. Sacchi presidente, Colosimo. Fe,·- rero di Cambiano. Guicciardiui, Rava, Sinibaldi, Vagliasindi, Vendramini e Maggiorino Ferraris ,•etatore.

I ... I I I f Rll'ISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI . • • La Riforma ogì·aria si presenta a.dunque essenzialmente come una i•ifor,na sociale. Valga a tale uopo una br-eve dimostrazione. Le di verse categorie di agricoltOl'i che vivono sulla terra o della terra, cosi si possono riassumere: Proprietari-coltivatori; - mezzadri; - coloni e piccoli fittaiuoli;- salariati di varia specie; - grandi fittaiuoli e proprietari. Il p1:oprietario-coltivatore è il mio ideale-eco-'" nomico e sociale. Creare e mantenere una classe, forte e prospera, di picco] i proprietari i, liber i, inmalanni - nei limiti della umana possibilità - è l'intento, è l'u.fficio della Riforma agraria. Essa dà al piccolo proprietario, il credito in natura, verchè non sia distolto a scopi iJl}produttivi: lo riunisce in liberi sindacati per gli acquisti: lo associa in Cooperative di lavoro, di produzione, di vendita - in società di trebbiatura, in latterie, in cantine, in oleifici sociali, - sia p&rchè possa partecipare a metodi perfezionati di produzione, sia per sottrarlo alle usure che lo flagellano: gli facilita le assicurazioni agrarie, ancora così poco sviluppate nel nostro paese: lo circonda di istituzioni di previdenza, per la malattia, l'invalidità e la vecchiaia. 'l'riJJOli e Ja Sinistra. ~ ,"'¼•:· ") .,.-i..;\i ~ .. -- -- ·~.:;~---~~~~~.i,·.::~~ ~ ......_...:.~. 7:~- :Stiamoa vedere che sarà la Sinistra che darà a S. E. Prindti la pinta verso Tripoli! diµendenti, agiati ed istruiti. <' la 111ctadella politica agraria di tutti gli Stati dell'Europa continentale. Aci essi soprattutto è dedicata la Riforma Agraria, che consiste essenzialmente nell'organizzazione economica e socialr> della piccola proprietà. Sono continue le lagnanze in Italia perchè la piccola proprietà scompare, e anclie di recente se ne fece eco alla Camera !'on. Lacava. Ne sono note le cause: metodi di coltura primitivi: scarsezza di capitale circolante: ipoteche ad alto saggio di interesse: usure stridenti nel credito, negli acquisti e nelle vendite: imJioste graYose: mancanza di assicurazioni agrarie. Rimediare a questi (Fischieito di Torino). A questa prima serie di ordinamenti, deve tener' cl ietro un'altra grande riforma, quella della sistemazioue e conversione ciel debito ipotecario, come per impuho del i\Iiquel, venne felicemente compiuta in Prussia: è un'idea elle da gran tempo vagheggio ed a cui è oramai assicurato un non lontano successo, dopo che essa ha conquistato per sè l'autorevole appoggio dei nostri amici, on. Luzzatti, Fortunato, Fortis ed altri. Ilo !'erma convinzione che per effetto di questi due provvedimenti uniti - Riforma agraria e Riforma ipotecaria - si riesca non solo a mantenere, ma ad accrescere la piccola proprietà in ltalia. Sono anzi persuaso cll'essi costituiscano il

230 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIAI.1 miglior mezzo economico per creare la piccola proprietà e spezzare per leggi naturali il latifondo, specialmente dopo il mantenimento del dazio sul grano, che tt.. hai così validamente difeso, con felice intuito delle condizioni vere dell'economia rurale italiana. Questa mia persuasione la deduco da tutta l'esperienza della colonizzazione interna in Prussia, che solo può mantenersi organizzando i piccoli proprietari, con metodi analoghi a quelli della Rifoi·nia agrai•ia. E questa parmi vera e benefica opera sociale I • • •• Dei vantaggi, che la Riforma agraria è destinata ad assicurare alla mezzadria - alla cara e bella mezzadria delle mie valli natie - sarà breve il discorso, tanto essi appaiono evidenti. Il mezzadro divide per metà il prodotto del podere, Se, grazie ad un agricoltura più razionale ed intensiva, aumenta il prodotto totale del fondo, cresce la metà che spetta al mezzadro. Nelle nostre provincie, proprietari e mezzadri hanno cominciato a persuadersene e con diversi accordi tendono ad istituire dei conti speciali per i concimi chimici. Seguiamo gli importanti esperimenti del nostro collega on. Guicciardini. Una coltivazione a grano produce, col 'sistema antico, 8 quintali l'ettaro - ossia Lire 200, compresa la paglìa -. Con un sistema progredito di rotazioni, di coltivazione e di concimazione, il prodotto sale a 18 quintali per ettaro, ossia a lire 450, da cui bisogna dedurre lire 100 di maggiori spese: restano lire 350. Nel primo caso, il mezzadro ha la metà di 200 lire: ossia lire 100 di sua quota per ettaro. Nel secondo caso, egli avrà la metà di 350 lire, ossia lire 175: guadagno netto lire 75 per ettaro, È adunque evidente che il miglioramento ed il benessere dei mezzadri è indissolubilmente collegato al progresso tecnico dell'agricoltura ed all'aumento della produzione. Come possono ottenersi questi benelìci, in modo abbastanza rapido e serio1 Soltanto, colla Riforina Agraria! Questo è il punto su cui non bisogna farsi ilI usione e per il riuale bisogna combattere contro tutti i dottrinari e gli spiriti Jìacchi, che nulla conoscono delle nostre campagne. Tranne in poche zone di grande proprietà, per lo più ad affitto, e Ritnate nella vicinanza di centri intlustriali, l'agricoltura - e soprattutto la piccola prOt)rietà - anche nel Nord, è poverissima, patriarcale e priva di istruzione tecnica e di organizzazione economica. Chiedere a questi picco!i proprietarii l'energia morale, la cultura, e il capitale necessario alla loro redenzione è un utopia: è la continuazione di quei metodi. _digoverno, dottrinari, cattedratici, clte formano la povertà e la sventura d'Italia ! Quindi o Riforma agraria o decadenza economica e sociale di milioni di piccoli proprietari e di mezzadri. Non è questa una vera opera di redeniione sociale 1 • • • Dopo i mezzadri abbiamo tutta l'immensa categoria dei coloni e piccoli fittaiuoli. I coloni potremmo dividerli in due classi: quelli che partecipano al prodotto e ad essi si applica ciò che dissi della mezzadria: quelli a compenso fisso, e vanno compresi fra i salariati, di cui dirò in appresso. Il piccolo fittaiuolo non esiste praticamente nel Nord: è assai più frequente - a quanto credo - nel Mezzogiorno ed in Sicilia. Ora paghi egli il Jìtto in danaro od in natura - l'aumento del prodotto, che è conseguenza delìa Riforma agrai•ia, non può che notevolmente migliorare la sua posizione economica e sociale. r ella Rifo1·ma agntria troverai appunto tutto un complesso di proposte per venire in aiuto ai fìttaiuoli - sia direttamente c0l prestito di macchine, strumenti e bestiame e coll'iscrizione a società cooperative - sia indirettamente, col tramite delle Banche Popolari e delle Casse rurali, là dove esse esistono. La Riforma agraria non si sostituisce a questi istituti, ma si collega ad essi e si giova della loro diffusione. . • • Eccoci ai salariati., obbligati od avventizi.i, nei quali si concentra tanta iliade di miserie, di dolori! Mi è impossibile anche solo accennare in brevi tratti, ai varii aspetti della questione e ai numerosi problemi - di popolazione, di istruzione, di educazione, di previdenza, di organizzazione del lavoro - che essa solleva. Tu sei maestro in queste discipline e mi consentirai quindi di limitarmi ai rapporti che la questione ha colla Ri(oi·rna agraria. Stefano Jacini - che quanto più studio, pili ammiro - trovò la nota esatta, quando scriveva « che al miglioramento della condizione economica dei lavoratori si possa arrivare, mantenendo la libertà contrattuale .... però, ad una condizione, a quella che si migliori l'agricoltura "· Ed aggiungeva che ogni tentativo che prescindesse dall'aumento rlella produzione agraria, si.risolverebbe in una chimera. Ora, egregio amico, se non vogliamo inseguire chimere, in questa via dolorosa e doverosa del miglioramentv del bracciante e del contadino italiano - rla un capo all'altro della peni.sola - non vi è che un mezzo: proclurre di più! come già Yoleva Camillo Cavour. Così la Riforma agraria si riannoda al regi.me della grande proprietà ed a quello del grande affitto, che prevalgono in alcune zone d'Italia e vi accelera il nuovo progresso sociale del miglioramento della sorte dei contadini. Il credito, a mite condizioni, le maggiori facilità di produzione e di vendita, e soprattutto la trasformazione del debito ipotecario, devono - colla perequazione fondiaria - aumentare il reddito e diminuire gli oneri del grande propriet,1,rio, affinchè trovi un .

RIVISTA. POPOLA.RE DI POLITWA., LETTERE E SCIENZE SOCIALI 231 margine disponibile per accrescere il salario dei hraccianti e dei contadini. Il problema è impor• tante soprattutto per il l\Jczzogiorno, dovo mancano i forti Istituti di credito popolare -· ed è vano sogno l'improvvi arli - e dove è notevole la scarsezza di capitale circolante, come venne rilevato nelle recenti discussioni parlamentat'i. Non disconosco alcuno degli aspetti, vari.i e molteplici, della questione meridionale che con utile risultato per l'Italia intera, tu hai fortemente sollevata in Parlamento e fuori: ma appunto perciò domando agli altri che riconoscano anche, che senza la ricostituzione agraria del Mezzogiorno, molta parte dei nostri sfor7.i resteranno opera vana. Così concludo queste note necessariamente som-- marie: 11 miglioramento e l'elevazione a più alta dignità sociale del popolo rurale minuto è uno dei maggiori prohlemi sociali del tempo nostro. Nessuna grande questione si risolve con un solo provvedimento, ma di essa neppure si inizia la solUzione, dimenticandone il lato economico, che ne forma genei<almente il substrato. Ora il problema economico di molta parte d'Italia è essen~ zia1mente iin vroblema agricolo. La scienza e l'arte di Stato dei tempi nostri nulla hanno prodotto in questo campo di più serio, di più enicace, della Potiticd e delta Riforma agraria, Coloro che la considerano come una creazione - quasi eccen~ trica - di qualche studioso solitario, ignorano semplicemente tutto il movimento scientiflco rhi '\Vagner a SchiiOle - tutto l'immenso edificio della più recente legislazione, della Germania, della Francia, dell'Austria-Ungheria, alla quale sono sono collegati. i nomi di ministri eminenti, come il Buchenberger, il v. Miquel od il Méline. Si tratta di nuove conquiste scientifiche e pratiche a beneficio dell'umanità; ed è con vero rammat·ico che devesi constatare che nè la scienza nè l'arte di Stato in Italia, hanno, in qneste materie, progredito. come altrove. L;scia per ultimo che faccia astrazione da ogni incresciosa ricerca, se la Rifornia agraria gioverà più a questa od a quella regione. Kon si.amo forse tutti itali.ani? E non sono queste previsioni quasi sempre smentito dai fatti? Il progetto di legge stabilisce che il fondo (li dotazione, di cento milioni, sia ripartito in quote intangibili per ciascuna regione: in misura della sua superficie: il che costituisce nn criterio assai più favorevole al Mezzogiorno, che non quelli della popolazione o dell'imposta. Nessuna regione può quindi usurpare, la parte che spetta all'altra! Credo anzi di aver dimostrato che per la prima volta viene un progetto eflìcace per la perequazione del capitale e dell'interesso del danaro fra rord e Sud, il che costituisce, a mio avviso, uno dei maggiori benefizii che si possano assicurare a_lle provincie meno ricche. E poi, non potrei che ripetere col Miqnel: a chi giova la Riforma rtgrariri. se rie;;;ce?- A tutti - E se non riesce, chi no an·à danno?- Nessuno! - La somma ad essa assegnata, non avendo trovato impiego, restoi'i\, come essa è attualmente, investita in rendita dolio Stato, sema spesa o perdita per alcuno. Ma in Germania, la Riforma (lgrai·ia ha un successo crescente e i suoi mal cauti oppositori di un tempo, fuJ"Onocostretti, dalla conente della opinione pubblica, a. presentarsi al Parlamento e riconoscervi i loro errori. Valga l'esempio di ammonimento a tutta la selva degli spiriti critici ed ipercritici dell'Italia, che nè fanno, nè lasciano fare, e che sono causa, non ultima, delle condizioni insoddisfacenti del paese intero e del Mez• zogiorno soprattutto. La Rifo1·ma agraria è darnnti. alla Camera allo stato cli relazion~. Tosto che sarà approvata per legge, p0trà ,~ssere appli.cata a tutto il Regno. Comincierà con essa un'indiri7,zo efficace cli riscatto economico clell' ltal ia agricola; ma si inizierà pure un'opera, più grande ancora, cli redenzione sochtle a favore di milioni di contadini e di piccoli proprietarii, che formano tanta parte del nostro edifizio nazionale. Con questo augurio, credimi Atf.mo MAGGIORINO FERRARIS nep1itato at Parlamento. AGLI AMICI Chiunque procurerà un nuovo Abbonato,che paglviperò anticzjJataniente, riceverà in dono, a scelta, una delle seguenti pubblicazioni del1'on. Dott .. Napoleone Colajanni: M ouvements sociaiix en Italie; Ire. e svropositi di Oesa're Lorrnbroso; Nel regno della Mafia; Gli Uffici del lavoro; La Grande Battaglia del lavoro. Uhiunque procurerà due nuovi Abbonati, che paghùio però antzczj:;ataniente, .ricevera, a scelta, tre delle suaccennate pubblicazioni, oppure l' A.ttrciverso la Svizzera dell' on. prof. Ettore Ciccotti.

232 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALJ SCUOLE E CASE DI CORREZIONE Non occorre dire in questa rivista, in cui trovano eco vigorosa tutte le cause vibranti d'umanità, come una nazione non possa aspirare a vera supremazia civile, se non volge il pensiero ardito, rinnovatore, materiato d'amore, a una legislazione sociale, che si prefigga, au5pice sopratutto l' iniziativa privata, il salvataggio del fanciullo, povero, infelice, abbandonato, e che di.verrà fatalmente ospite del reclusorio. In codesto non ho bisogno d'insistere si.aperchè, ripeto, queste idee ebbero più volte l'appoggio sgorgante dal gran cuore dell'illustre Colajanni, sia perchè le svolsi ne' miei libri, sia perchè infi- _ne troveranno nuovo e doloraso sviluppo nel mio volume d'imminente pubblicazione: «. I drammi dei fanciulli •, confortato da una prefazione di Bovio. In questo terreno siamo tutti d'accordo; il guaio si è che dalla teoria, pur vivificata dal fatto positivo, dalla scienza sperimentale d'ogni giorno, e gran maestra della vita, non siamo ancora discesi all'applicazione pratica. Tanto per citare alcune cose, che documentino questo asserto, ricorderò, che siamo tuttavia molto, ma molto lontani dal creare una scuola popolare, che arm'onizzi con i nuovi bisogni sociali: una scuola come sorse in Francia, e così, che Mauri.ce Faure, discutendosi il bilancio dell'istruzione pubblica francese, potè, di recente, con legittimo orgoglio, leggere uu largo encomio, che ad essa, largì, con serena equanimità, una relazione uff/,ciale della Germania (fonte, non sospetta, come ben ognuno vede), in cui testualmente si dice: • È un meccanismo ideale, perché assicura lo sviluppo vigoroso tiella scuola popolare con il concorso di tutti: è un'organizzazione, che sorpassa cli gran lunga quella di tutti gli altri paesi •. Orà se è giusto che ci dimostriamo grati a Novicow, che con l'ultimo suo geniale e splendido volume su « La missione delt' Italia•, ravvi.-ò la nostra fede, e solleticò il nostro amor propri.o paesano; è giusto altresì che non dimentichiamo un altro libro, non meno - (per me anzi più) - socialmente utile, di Bolton King e Thornas Okey « Italy to-day • (Nisbett e C.0 - London 1901), nel quale con serenità ammaestratrice, cllè solo dal desiderio di giovare animate, si denudano le nostre dolorose piaghe scolastiche (maestri mal retribuiti, scuole-stalle, igiene calpestata, energie educatrici depresse, incuria fenomenale delle classi dirigenti, che ... poi strillano contro il dilagare della delinquenza precoce). Io ho visitato più volte le scuole popolari della Svizzera francese, e tedesca, e il mio cuore d'italiano ne provò una dura stretta, perchè, ricordiamolo, non è sempre vero ciò che scrisse Burton « comparisons ar·e odious », e non lo è quando appunto i confronti servono a sradicare il male, a inaugurare una terapeutica sociale, che deve convergere i primi suoi sforzi benefici alla creazione della scuola popolare, cos come la vagheggia, con sovrano intelletto educativo il mio illustre amico De-Dominicis. t Altro ancora occorre rammentare a chi. sa, può, e deve. I fanciulli abbandonati moralmente o fisicamente sommano a oltre 30.000. Non basta, la nostra generale vanit.:'i di settentrionali, nutrita dal fatto d'appartenere a regioni, per varie cause più evolute cli quelle del Mezzogiorno (ed è colpa nostra se questo è meno progredito, chè non si elette aiuto alle sue potenti energie latenti), si t1ccupa solo della ma(ì.a, della camorra, e dimentica il barabbismo di Torino, il teppismo di Milano, il becerume criminoso di Toscana, il bulismo dell'Emilia e della Romagna: dimentica, ma invece sarebbe equo ricordare, che il male nel territorio della criminalità giovanile è qua'3i ovunque identico, che codesto male - te11dente ogni dì a ingigantire - trae la sua origine da una causa unica; l'abbandono dell'infanzia, l'ignoranza, la miseria economica, la scuola popolare, che, non per colpa d'insegnanti - povere vittime anzi del loro dovere lottanti co..1un tozzo di pane - ma di sistemi irrazionali, è in urto con l'odierno movimento soGiale, donde quel fiero ant.:--igonismog, ià rilevato da Rocheblave, tra la vita interiore, e quella esteriore del bambino, cioè dell'uomo in formazione. Tutto ciò per quanto concerne la prevenzione, di cui dev'essere cardine la scuola, sorretta dal fattore economico: se poi diamo uno sguardo alla repressione, ne' riguardi sempre della delinquenza giovanile, troviamo facilmente, elementi deleteri, purtroppo numerosi, mercè cui solo a un osservatore superficiale è concesso <limeravigliarsi, se la criminalità precoce è in aumento, giacchè quegli elementi - che da anni vo' studiando ed illustrando - congiurano a corrompere la psiche de' ragazzi, già in parte guasta da un ambiente domestico saturo cli.miasmi micidiali. Notiamo intanto (questo per la cifra 30.000 ricordata), che gli Istituti cli previdenza in Itali.a si contano sulle dita, e però non possono adoprarsi, elle a un salvataggio parziale, monco; insomma irrisorio. Cerio, meglio qualche cosa che niente: ma non cessa d'essere spettacolo doloroso, umiliante per la civiltà, il fatto, che quando si accoglie un fanciullo abbandonato, maltrattato, si chiuda poi la porta in faccia ad altri mille, che formeranno la loro educazione in istrada questuando, bestemmiando, rubacchiando, e magari percorrendo tutte le vie tortuose dell'oscenità, vendendo fiori, cerini, cartoline illustrate pornografiche. Poveri piccoli merciai ambulanti, che vendono pure la loro onestà, e che rappresentano, quasi sempre, la colposa apatia sociale. E dove andranno 1 Al reclusorio, attraversando le ca ·e cli correzione. Perfettamente logico cosi avvenga, perchè anche queste, come le nostre scuole popolari, non rispondono a un retto principio scientifico, non sono governate da un criterio di selezione senza cui è

,:;,v,.~rA POPOLAÌlE DI POlJTJCA. LETTERA' E SCIENZE SOCIA.LI 23S impossibile si emendino gli emendabili, si educhino - come disse Raux - gli educabili. I discoli, ma puri da delittuose tendenze; i veri criminali, per ragioni ereditarie, per morbose trasmissioni alcooliche; gli abbandonati, ma con la psiche non ancora deturpata; i piccoli teppisti; i fanciulli forzatamente fatti divenir cattivi, ribelli onde in casa vi sia una bocca di meno da sfamare: ebbene tutti questi ragazzi, così diversi tra loro, con un profilo psichico cotanto differente l'uno dall'altro, vengono rinchiusi nello stesso luogo, assoggettati allo stesso regime, curati con lo stesso sistema, e intanto il contagio del male emanante dagli uni si comunica agli altri, e li allaccia, conq uide, piombando] i negli abissi della corruzione. E la scienza, 1 umanità addolorate si vestono a bruno, mentre il rimedio dulcamaresco La Triplice. La Triplice o i\lichel (Germania) e le sue due pecore (Alt· stria e Italia). (Novoie Vremia di Pietroburgo). trionfa, e danna a sicura morte morale pur quelli che potrebbero venir salvati. Anche qui - Io dirò ancora onde non venga frainteso - la colpa non è dei Direttori delle Case di Correzione - ve ne sono di ottimi, e mi basti per tutti rammentare Giustino De-Sanctis - ma del sistema con cui funzionano, che tarpa le ali alla selezione, e fa d'ogni erba un fascio, e - ahimè I - un fascio, che la difesa sociale pagherà poi a caro prezzo. O da quando in qua nella stessa corsìa di un ospedale vedete l'uno a fianco dell'altro, tubercolosi, alcoolizzati, paralitici, convalescenti? Ebbene, o non dice nulia l'igiene dell'anima, se quella del corpo detta legge 1 Conclusione: è melanconie~ davvero. Non prevenzione salutare, non repressione idonea, quando pur lo potrebbe, a curare il male, ma un complesso cli fattori, che prima o poi, facilita il deviamento psico-fisiologico del fanciullo. E quando si muterà strada Y O che si crede sul serio, che così si possa tirare innanzi a lungo, e che all'infanzia debbasi provvedere ':lOlocolle guardie di pubblica sicurezza 1 Illusione micidiale, fonte di nuovi dolori sociali, e che ancora più oscureranno l'orizzonte dell-a civiltà italiana. LINO FERRU.NI. L'evoluziopnoeliticae,conomiecasociale DELLA RUSSIA ~>.... L'impero russo è un colosso destinato a rappresentare una parte preponderante nella storia del vecchio continente. Ciò che esso potrà essere si può argomentare dai due grandi elementi che formano la parte essenziale delh evoluzione dell'organismo sociale: il territorio e la popolazione. In Europa la Germania, ch'è la più popolosa _nazione coi suoi Gli inglesi al Traswaal. L'armata inglese accusa pubblicamente i bovi e i muli d'aver cospirato contro di essa al Transwaal. ( Tag di Berlino). 56 milioni di abitanti, sorpassa appena la metà della popolazione dell'impero russo ; e il territorio è talmente vasto che non ostante i suoi centodieci milioni circa di abitanti la densità non è che il 20 0t0 di quella italiana. Continuando lo sviluppo attuale, fra un secolo la Russia Europea avrà oltre 200 milioni di abi- . tanti e dovrà arrivare a cil'ca 400 milioni - tenendo conto delle pessime condizioni dell'estremo Nord - prima che si senta la pressione della popolazione nella misura in cui attualmente si sente in Italia! Questi due dati, sern:a tener conto della genialità dei suoi grandi scrittori contemporanei, delle sue continue conquiste, dell'azione della sua politica che si sente preponderante nell'Asia come in Europa, deve richiamare l'attenzione degli studiosi sulla evoluziorre del colosso moscovita più che sullo splendore delle riviste militari dello Czar o della eco dei suoi prestiti e delle sue alleanze colla Francia. Molte opere si sono pubblicate sulla Russia, e sono abbastanza note quelle del Tikomirow, di Leroy-Beaulieu, di Combes de Lestrade, di Kowalewsky ecc. ecc. Ma in tutte queste, o si prende

234 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALJ in esame lo stato presente o si studia un particolare fenomeno. Come opera che ci dia l'insieme della evoluzione crediamo, però, che nessuna delle accennate soddisfi alle esigenze della scienza sociale contemporanea quanto quella del 1\Iilioukow, professore dell'Università di Mosca, che gli ed itori Giard et Brière hanno messo alla portata tlel gran pubblico europeo pubblicandone una traduzione in francese (l ). Koi che abbiamo fatto conoscere ai nostri lettoei La Russia che ha faine del giorno d'oggi, l1uale l'hanno fotografata Parvus e Lelw,ann, sentiamo di rendere un vero ·ervizio ai pri111i riassurnentlo largamente - in ispecie alcuni capitoli - !"opera interessantissima del prnf. di :Mosca, nel la quale - caso ra1·issimo - non si sente alcuna preoccupazione politica o di scuola economica, e che può considerarsi come un capolavoro per la sua obbiettivitù. E rias,;umiamo, senza commenti e ,:;enza critiche. INTRODUZIONE. - È incontestabile la superiorità del metodo statistico sul biog!'afico nella storia (2). La storia delle civilizzazioni comincia a nrevalere. E' intel'media tra la tendenza politica tt.ntica e la tendenza economica attualmente in vigore. Più noi siamo vicini ugli inizi del p1·ocesso storico, più sono elernental'i le n,anifestazioni dei diff'erenti lali clellitvila materiale e psichica, e più questi lati sono st,·cLtamenle legati gli u,,i agli altri. A misu1·a clie il processo si svolge, i differenti elemenli vivono di una Yita pl'opria e i prodotti delle loro azioni reciproche divengono complessi. La jllosoj7,a eletta stol'ia, compresi\. nel.senso della spiegazione della storia dal punto clt vi ta della sua finalità, non è che uno degli ultimi avanzi di un concetto gene1·ale nrrnai so1·passato. L'ambiente 0sico-geografico escrci ta unit grande influen7.a sulla evoluzione sociale. Servano di esempio la .storia dell'Inghilterra; l'influenza del comme!'- cio oceanico sullo sviluppo economico del ìVJecliterraneo ecc. Non si nega l'importanza ciel fa.tt(\re personn,le. L'esempio degli allori che la storia chiama gmndi ci mostra quanto la forza sociale dell'individuo diviene più grande quando essa agisce nella direzione clel!o sviluppo del processo storico. L'individuo, come rappresentante ed esAcutore dei bisogni della sua epoca, diviene allora. onnipotente. PARTE I. - La popolazione. - Lo sviluppo della popolazione é il più grande propul ore dello sviluppo economico. La densità della popolazione stà poi i11 rapporto della evoluzione economica: minima colla caccia; massima col commercio. Popolazione ed economia esercitano un'azione reciproca l'una sull'altra. I fatti poi dicono che non esiste una legge generale della popolazione. « Nella ripartizione della popolazione, l'azione delle cause storiche che avevano cacciato la popolazioJ1e russa verso il Nol'd e che ve la tenevano per un migliaio di anni ò cessata. Ma i 200 anni che sono passati dopo quella cessazione non l>astano per cancella1·e il l'isultato dell'azione 'di tali cause; la popol::tzione russa non è ancora riuscita a ripartii· i secondo le ricchezze naturali delle sue differenti regioni. Ma bisogna aggiungere che la distruzione di (1) Essais sw· t'histoil'e de ta eivitisation l'asse. Avec une Preface de L. Herr. Pnris. Giarrl et Brière. 1901. L. 6. Gli autori e le riviste di cui si vale l'autore appartengono quasi tuLli alla Russia: no solo italiano vi è ricordato: il nostro Nitli. (21 A conforma delle maggiori simpatie che il Miliuokow nutre per la statistica in 111Limoha aggiunto a+.::uniinteressantissimi diagrammi a Iinee ed a superficie: i. sul movimento della popolazione dalla metà del secolo XVI al 1890; 2. sull'aumento della densità nelle grandi divisioni dell'impero dal 1678 al 1897; 3. sulle percentuali delle spese nei bilanci dal 1680 al 1892; 4. sulla proporzione delle varie entrate nei bilanci per la stessa epoca: 5. sulla distribuzione delle tribù sl:, ve nell ·impero e sui progressi del la colonizzazione della mela del secolo XVII al secolo XIX; 6. sulla densità della popolazione nel 1724 e nel 1885. questi risultati creati dalla storia si accelera ogni anno. Il presente tende sempre più a distaccarsi dal passato e nello stesso tempo il legato delta storia perde sempre più della sua influenza fatflle sul ,,re- ,;en te ». (p. 82). P,1RT1-: IL - 1:e,·olnzione economica. - Nel p1·irno capitolo descrive l'antica economia agl'aria della Russia che può servire di modello per una economia a produzione per consumo diretto e locale senza alcuna interferenza, o in minime propor1.ioni, dell'azione degli scambi. L'evoluzione dell'indusfria clomestiea e meccanica viene analizzala nel capitolo secondo assai interessante. Sino a Caterina 2" le industrie erano un monopolio privato; dell'industria, però, i singoli propl'ietal'i non potevano disporre liberamente. La l'unzione dell'industl'iale era considerata quasi come una funzione di Stato. Coll'ukase del 1780,che chiudeva. il Collegio Mam;/atturiero, Caterina dichiarava le fa1Jbricl1e e manifatture private come beni pe1·- sonali di cui il proprietario poteYa disporre libernmente senza permesso deli·amministrazione. La 111isura di Caterina Il" riuscì proficua, e sotto il regime della l,ber<Lconconenza interna le fabb,.iche da 500 salirono a 2000. Perù non ces"'ò la pl'Otezione di fronte alla concorrenza estera. La protezione subì vicende varie nella intensita: ma il lil.Jero scambio non vi fece che fugaci apparizioni, e durarono per circa 30 anni le tariffe proibizioniste del Con te Kankrine (1822). Sotto la p1·otezione di vario grado le fabbriche da 2423 con 9ò,202 operai nel 1804 arrivano a 25,865 con 86G,238 operai nel ·\887, oltre le 54.468 piccole officine che occupaYano 91681 operai e che non producevano :11 di là di 1000 rubli per una. E' curiosa 4uesta motivazione delle tariffe del 1819: benchè molti capitalisti abbiano subito delle perdite e che le loro labbrichc siano vnote; benchè molte fabbrid1e abbiano subilo delle peripezie. l'esperienza e la perizia acquistata nelle industrie non si sono p,,r·dute nel popolo, ma si sono, invece, sparse maggiorn1e ..te. Gli operai intelligenti clie hanno lascialo le fabbriche hanno portato l'industria nei villaggi. Cosi, dice Milioukow, l'industria russa ritorna allo stato d'industria domestica. (p. 109). Se e quanto la protezione abl>ia giovfl.to allo sviluppo dell'i11dust1•ia;se l'industria potrà fare a meno della protezione - sono questioni che hanno dato luogo alle più vive controversie. Il vero è che risposte assolnte non si possono dare, e che tutto dipende dalle condizioni cli un dato momento. E' innegabile, ad ogni modo, che il protezionismo in Russia riusci sempre a favorire le esportazioni come il Milioukow dimostra nel Capitolo 3 della parte Il". La mancanza del criterio ciel relativismo ha dato occasione al le controversie tra la scuola dei Naroclniki e la scuola marxista. La prima sostiene che la Russia ha una vita economica propria e che non è soggetta a subire la fase capitalista della grande indust1·ia dell'Europa occidentale; crede che le industrie che le sono proprie - l'obstchina, l'rirtel e i koustari (1) - han no una forza capace di fal'ia arrivare con uno sviluppo proprio ad ùna fase superiore di giustizia e cli equità sociale. Questa scuola domanda al governo e alle classi istruite di stimolare ìl loro sviluppo colle riforme e colla propagazione della scienza, dell,, tecnica e dei principii di solidarietà. Questa scuola afferma che il poco di capitalismo creato dagli sforzi del governo è condannato fatalmente a sparire. La scuola ma,·xista invece sostiene che la Russia passerà per la f'ase capitalista come l'Europa occidentale, e che la comunità primitiva agraria è in via cli decomposizione sotto l'influenza della produzione mercantile, e che nemmeno l'industria dei koustari può resistere alla concorrenza della grande industria meccanica e sparirà tra poco. Le due scuole banno torto; ed hanno torto perché (1) L'obstehina è la comunità agrnria conosciuta col nome cli Mii'; l'Artet é una specie di associazione di operai e di at·- tigiani anche a base comuàislica; clell' inclnslria dei /couslcwi si dirà più largamente: corrisponde ali' industria domestica.

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