RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 205 atrern1azione del la propria innocenza, da parte dell'accusato, cerLo è che la sproporzione tra il reato attribuitogli e la condanna, appare straord ina1•iamen tc enorme. Giuseppe i\Iusolino, giurò cli vendicarsi di coloro che avevano direttamente od indirettamente contribuito a farlo condannare iniquamente; e mantenne la parola. Quali cause intrinseche sospinsero il bandito ùi Santo Stefano d'.\spromonte al primo reato, se pur egli ne fu realmente l'autore? Come e perchè egli riusci per tanti anni a tenern la campagna sfuggendo alle Interessa maggiormente conoscere ciò che il Professore di Torino ha scritto sull'ambiente sociale in cui è nato, è cresciuto ed ha agito Giuseppe :.\I uso lino. · .\nzitutto si rilevi che non è la prima volta che Cesare Lombroso si occupa della Calabria. La vide di sfuggita e visitandola da soldato nel 186:2. e sin d'allora pubblicò un opuscolo dal titolo: In Calabria . .\ trentasei anni di distanza, per per la mania delle esumazioni di certi editori, venne ristarn pata nel 1898 dal cav. Giannotta di Catania. Ma il Lomattive, insistenti ricerche della polizia e elci sol dati che gli clettero inutilmente la caccia~ A queste domande ha risposto i I Profes Ol'e Cesare Lom bro:o, in modo o cervcllotic0 o calunnioso per la Calabria. in un a1< ticolo pubblicato nella Nuora AntotofJia (L'ultimo brigante, 1° l'ebbrnio 1002). Disconlie popolari. bro. o sentì il dovere di aggiungere una prefazione nel la quale onestament~ confessava che quel lavoro vuole essere conside1·ato, più come 1·et1•0spett i vo che come attuale. Orbene, mentre nell'edizione del 1898, non si mod iffoano che alcune cifre e si lascia immutato il giudizio complessiva ulle Calabrie, nell' articolo della Nuova Antologia, a quarant'anni di distanza, si ripete c'iò che l' A. aveva scritto nella prima e nella seconda edizione de li' In Catabi•ia. E quello che è peggio. nell' articolo citato l'A. non tiene alcun conto dei dati recentissimi della statistica criminale, e arri va ad uua cl elle affermazioni più contrariealla ve1·ità che si pos ano riscontrarn ·i11uno ·crittore cl i cose socia! i. Infatti, egli afferma Non insisterò sullr note personali del .\lusolino date dal Lombroso in conformit.ì degl' insegnamenti della sua antropologia criminale : nel bl'igan te <'alabi-ese ha trornto l'ererl ità e non poteva 111ancare I' epilcssia. Non ho clementi per giudicare se realmente tra gli ascen• denti di il_[usolino ci ::;;ienostati dei delinquen t.i, nè sccn deri> ad una discu sione scientifica sulla epile.s~ia c sui rapporti Giù dal cerchio dcll'Alp1 f'ratlauto Lo slmniero gli siruardi rivolve. Vede i forti che mordon la polve 11 li conta con gioia crudel. col delitto: l'ho giù l'atto nel primo voi u 1110 ,lei le Socir>loyia cri,11i1Utle. Ignoro se il m0l'bo real111ente l'i sia nel l\Iu!<OIino, ma del 1·esto, ci sia o non ci sia, l'iò Ila scarsa importa.ma. L'<'Sistenza dell'epilessia nrl brigante ammc sa t.lal I.ombroso, dimostroroblJe soltanto ehe l\Iusol ino ò deg-110Licila celrbritù. -Xi• potrebbe dolersene, il ficl'O calabrc'c;e. cllr conw rpilettic·o si trove1·cbbe in e<·c,ìllentc cnrnt•ag-nia. Per Cesare Lombro ·o non sar,•bbc1·0 rpilcttki o LlegPnerati, Cri tof'oro Colombo e Tolstoi. "'apole01w I. e Giuseppe Mazzini e Alessandro Manzoni. ecc.? (l) (1) L'epilessia i11 Musolino viene ammessa dal!' illuslre profos- (Uomo di piefl'a di Milano). che gli omicidi, nelle Calabric, te,ulono act riumentare invece che s r<>Leonardo Bianchi. A me non intere :;a menomamente metterla it1 dubbio: ma la spiegazione della delit1quenza del brigante, dala dal Prof. Giuseppe 'ergi, è assai più logica ed accettabile. L'illu tre antropologo di Roma nega che i\Iusolioo sia un delinquente nalo - ,. per I.ombro o esso sarebbe ad un tempo un delinquenle nato ed un criminaloide - ma invece lo considera come un primitivo, e quindi ingenuo come un fanciullo e logico cnme 1111 uomo di tribù selvaggia. li Sergi dà una lunga dimostrazione della sua tesi. e protesla contro il Lombroso che l'epilessia ritiene essere la cau<a unica, o quasi, della delinquenza. Conchiude il suo bello articolo con quesle parole che vado indarno ripetendo da venti anni: • Pensiamo a rendere civili le popolazioni italiane che • ancora dormono nell<>barbarie, e allora potremo git1dicare più • !:'iustamenlc • (Giornrite d'Italia del 23 aprile 1902).
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