RIVISTA POPOLARE DI POL111CA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 209' « coll'altra, tanto più, poi, quando si tratta di « reati di sangue o per vendetta, che nei po poi i « poco civili non sono riguardati come reati, ma « considerati spesso come dovere ». IV. Queste ultime pagine sulla genesi sociale della delinquenza calabrese, mostrano a luce meridiana che non c'era alcun bisogno di ricorrere alla razza, per ispiegare i fenomeni dolorosi cl1e tutti deploriamo. Che questi fenomeni si debbano esclusivamente alle cause sociali, risulta, all'evidenza dai paralleli storici. Pullulavano i briganti in altri tempi nella Germania, dove vennero idealizzati meglio e più che in Italia; dominavano i briganti nelle vicinanze di Londra e vi er-ano non temuti, ma ammirati come eroi dalle popolazioni; era tutto un grande semenzaio di ferocissimi briganti, guardati come esseri as olutamente normali, l'Higland della Scozia, oggi mornlissima; nella dotta Università di Oxford, si leggono ancoi:a gli aiti. nei quali si fa menzionè delle misure severe prese dai rettori per impedire che gli sturlenti esercitassero il brigantaggio; in P iemonle, in Lombardia, a B0logna, vissero, pochi secoli or sono, briganti e delinquenti assai peggiori di Giuseppe Musolino, e la Repubblica Veneta ebbe i suoi banditi celebri che vennero cl i recente illustrati da Pompeo· Molmenti, e che ernno tanto più detestabili, in quanto che venivano reclutati tra le classi elevate e non sospinti al delitto dalla miseria, dalla ignoranza e dal!' iniquità politica e sociale. Tutto ciò dimostra che sotto tutti i climi e press0 tutte le razze, quando le condizioni sociali si presentarono opportune, il brigantaggio vi sbocciò e vi fiorì come un prodotto autoctono e naturale. Ma che ricercare altrove gli esempi per dimostrare che questa influenza della razza è una stolta calunnia? Cesare Lombroso, propl'io lui, nella Nuova Antologia ha scritto << che il calabrPse dei « capi.luoghi e delle capitali. come Catanzaro, Co- « senza, R<'ggio, non differisce dal cittadino di ~Ii- « lano e di Torino! » Si dirà, forse, che mutò la razza a Catanzaro, a Cosenza ed a Reggio? No: mutarono le condizioni sociali. Che cosa ha fatto il governo italiano in q uarantadue anni per mutare le condizioni sociali ·c1i tutta la regione? Nulla, a 'Solutamente nulla. Non ha provveLluto all'istruzione, non ha promosso gli scambi e i contatti sociali colle strade, non ha Pliminato le prepotenze e le iniquità semifeudali, non ha promosso con opportuna legislazione sociale una migliore ripartizione della proprietà fondiaria e più equi. rapporti. tra proprietari e lavoratori della terra; ha invece aumentato formidabilmente la pressione tributaria ed ha fatto sorgere nuovi bisogni., aggravando la impossibilitù di soddisfaeli. Del!' azione nefasta esercitata dal governo italiano sinora mancò la coscienza nelle Calabrie : ora pare che cominci a risvegliarsi. Alla Calabria. arrivi l'augurio caloroso e sincero cli. chi tale risveglio desiderò sempre ardentemente, colla speranza che esso valga a rialzare le condizioni morali, economiche ed intellettuali. di una razza che, non è inferiore ad alcun altra, ma che è semplicemente sventurata. D.r NAPOLEONE CoLAJANNI. Deputato al Parlamento I NUOV.l. ORIZZONTI DELLA CRITICA SOCIALISTA (t) I. Nell' Inclfrizzo inaugurale dell'Internazionale, Marx. spiega in che moùo • l'economia politica della borghesia soggiacque all'economia poi itica della classe lavoratl'ice 1 >. La borghesia britannica, per mezzo dei suoi scienziati più arrendevoli: il dottor Ure, il « Pindaro .delle fabbriche» il professor Senior e altri economisti di questo calibro, aveva profetizzato che ogni limitazione della giornata di lavoro avrebbe suonato il rintocco funebre dell'industria britannica. L'economia delle « leggi naturali• Jell'offerta e della domanda non avrebbe sofferta violenza dal capriccio interveotore e regolatore dell'economia sistematica e metodica delle classi lavoratrici. Pure il bill cielle 10 ore di lavoro fu approvato. L'economia britannica non ne fu sconvolta, anzi alla rigenerazione fisica ed intellettuale delle classi lavoratrici, compiutasi sotto l'impero lii quella legge, si accompagnò il mirabile sviluppo clell'in<lusti'ia e dei commerci paesani. Onde « il bill delle dieci ore non f'u soltanto un gran succes o pratico, ma la vittoria di un principio•. L'istinto delle masse aveva mirabilmente trionfato dei sofi-.;mi ac~umulati dalla dottrina. In clie cosa con'iiste,se i.I •principio• cl1c aYeva trionfato col bitl delle dieci Ol'e vedremo in prosieguo. Io ho voi uto ricordal'e ll uesto pensiero del grande comunista rii Treviri soltanto per stabilire una facile an,dogia. li /Jlll clelle dieci Ol'e di la vorn, come lo stesso movimento cooperativo, come tutto il complesso dei provvedimenti designati sutto il nome di • legislazione sociale •, in hl'eve: tutte le aspirazioni. e i movimenti pratici della cla'3se lavoratrice, furono un trionro della pratica sulla teoria. Mentre la teoria . i sfol'zava a dimostrare che il regime capitalistico non tollerava limitazione legale della giornata cli lavoro, nè legislazione delle fabbribriche, ed assumeva la ferrea necessità dell'imprenditore nei procedi.menti industriali, la legislazione delle fabbl'iche si a<lùttava e i.l movimento cooperati rn most.1·ava la pratica possibilità della eliminazione dell'imprenditore dalla intrapresa industriale. 1Ia come la pratica pigliaYa di così allegl'e vendette sulla teoria ciel capitalismo, essa è parsa infliggere più decisive sconfitte alla stessa teoria del . ocialismo; talchè se mi è lecito eprimere sotto forma paradossale una evidente veri tù, può osservarsi che tutto l'attuale movimento sociali.sta si è compiuto a dispetto della teoria del socialismo, adoperando questa e. pressione per (1) Conferenza tenuta a Venezia, il 22 febbraio scorso. Conservo per rag-ioni, dirò cosi, storiche il liloto preteozioselfo, che trova la p:iusliticaziooc nello scopo immediato del cliscor o.
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