174 RIVISTA. POPOLA.RE DI POLITICA.., LETTERE E SCIENZE SOCIALI anza altrui, volendo far comprendere che egli in Pararne nlo volle offendere soltanto l'alta borghesia e le camorre amministrative e non calunniare tut,to il Mezzogiorno: il significato preciso e malematico delle sue parole venne ~1uiesposlò, e !'on. Ferri non osò mai, perché non lo poteva senza cadere nel ridicolo, riballere ciò che fu dimosl1·ato. Egli, da abilissimo leguleio e sempre profittando dell'ignoranza, del servilismo e del fanatismo delle masse me1·idionali, nello interesse del!' uomo politico ba messo sotto aceto le convinzioni dello scienzialo, e trionfalmente va affermando in tutte le citlà del Mezzogiorno che nella Camera solo i camorristi si ribellarono conlro di lui; egli ciò facendo mentisce e non può non avere la coscienza di menlire. Veniamo ora al profeta di Cosenza. Sinora, lr·anne i lentativi di giuslificazione del discorso della Camera nel senso sopra accennato, noi non sapevamo che l'ou. Ferri si fosse mai occupalo della quislione mel"idionale, se non con benevolenza almeno con relliludine. Conoscevamo sollanlo dalla sua produzione scientifica, che egli da circa vent'anni va sostenendo in tulli i modi, che il Mezzogiorno e la Sicilia sono le terre predestinale alla grande delinquenza allua le per ragioni falali di clima e di razza; sapevamo soltanlo che in conformilà di lale sua profonda convinzione, egli aveva affermalo solenncmenle alla Camera, che nel Mezzogiorno l'oneslà era rappresenlala da piccole oasi, come nel ScLtentrio:1e la disoneslà era rappresentala da oasi altrettanto piccole. C'è voluto, quindi, il dono superumano della profezia per far preannunziare al DoLL. Pasquale Rossi di Cosenza il buon discorso dall'on. Ferl"i pronunzialo in Bari sulla questione meridiouale. 1l sullodato dotlore cosentino, infalti, iu una prefazione ad un libriccialLolo (1) - in cui si ripetono le solite fantasticherie sull'axione del clima e sulla sorle cui questo fatlore assegna al Mezzogiorno d'Italia - ha voluto constatare che della quisLione meridionale il Col-ajanni si è occupalo con passione, il Ferri con generosità. Il d0Llo1· Rossi, p1·obabilmenle, anzi con cel"tezza, ignora quale sia sta la l'ope1·a deli'on. Colajanni sul Mczzogior110: però crediamo d' inLerpreLare il pensiero del nostro direLLore, ringraziandolo di Lanla sua bontà. Era tanto facile una volta che si ammetteva la generosità verso il Me;,:zogiomo dell'on. Ferri, lasciarsi irndare nell'affermazione che l'on. Colajanni lia calunniato sempre la sua regione natia !... A chi non volesse prestai· fede nel dono profetico del doLloP Rossi, a spiega1·e il suo giudizio, non J"imane che una sola ipotesi: il doLLore calabrese, benchè persona colta ed onesta, 1·appresenlerebbe psicologicarnc:1Le quel fenomeno del servilismo per secolare e 11011inlenolta trasmissione ereditaria, quale venne magistralrnenle descritta da Giuseppe Sergi in: Degenera:::ione. Con riuesta ipotesi si capisce come i! Doll. Rossi L1·ovi che sia generoso il superiore che gli accorda l'onore di un colpo di scudiscio sul viso e Lale che glie ne lasci per lungo tempo le lividure. Le concessioni ,lei Govci•no alla <.:ittit di Napoli. - Si commetterebbe g1·ave ingiustizia negando o attenuando la importanza delle concessioni che il Governo ha fallo per contribuire alla sislcma;,:ione del bilancio comunale della città di Napoli; e pcl"ciò noi abbia- (4) All'autore di quel libricciattolo, un Settentriouale, raccomandiamo <li leggere ciò che Melcliiorre Gioia, circa settantacinque anni or sono, rispondeva ad uno svizzero che assegnava l'onestà al Nord e lu disonestà al Sud. mo appreso con dolore che gli amici nostri Pansini e Salvi si sieno rifiutati ad associarsi al volo di plauso e di ringraziamento al Governo. Essi certamente partono dal nobile concetlo che il governo non abbia falto se non il semplice suo dove1·e. Ma non avrebbero dovuto dimenticare che oramai é cosa rara, anzi rarissima, che un governo al dovere si attenga: né, del resto, si può fare a meno di ricorda re che lo Stato cedendo 85 milioni circa in favore della cillà di Napoli, ha rinunzialo a ciò che gli spelta secondo le leggi e le conve11zioni esisten Li. Se colle convenzioni ollenule dall'On. Senatore Miraglia il bilancio della cillà, con quale he allro lieve ritocco potrà ritornare alle condizioni normali, si sbaglierebbe però credendo che con ciò abbia risoluto il problema di Napoli. Questo è essenzialmenle economico, e non potrà essere risoluto se 110n il giorno in cui si troverà modo di dai-e stabile occupazione e salari deceuti a quelle 200 mila persone circa che sono incerle della loro esistenza, e che non sanno la mattina come provvedere alla sussistenza della giol'nata. E però rima· ne sempre la grande quistione della trasformazione industr·iale della grande città, come l'ha posta in termini chial'i e precisi il Prof. NitLi, e comè in parte anche risulta da un nuovo libro dell'Io g. Rispoli di cui avremo occasione di occupa1·ci. Il pl'oblema di Napoli, infine, è intimamente connesso con quello del Mezzogiorno di cui è una pal"lc, ma 11011 dev'essere col medesimo compreso, come meglio si rileverà da un articolo dell'On. Maggiodno Ferraris, che viene largamenle riassunto e discusso in questo slcsso numero della Rivista. Una lettera tli Ercole llitlari. On. Direzione, La dngrazio, innanzi luLlo, delle parole genlili che c.:odesla on. direzione volle scrivere di me nel N. 5 della Rivista Popola,-e, e le quali mi compeusano ad usura delle insolenze e delle scipilezze altrui. Poi, rispondo alla domanda che ella mi rivolge e che suona cos'i: « consLalalo, ella dice, questo punlo di contatto L1·anoi e il prof. Vidari, ci pennelliamo di domauda re : se la mona,-cltia seeonclando te ,·ivcncliw;;io,ii popola,-i scava la p,-op,-ia fossa, che cosa essa dovrebl,e fare per consolidarsi ~ >> E rispondo: che la monarchia, se avesse avulo più senno e previdenza, secorrdando s'i, ma frenando e 111ode1·ando, il movimento ascensionale delle classi popola1·i, anzichè losciarsene sopraffare, non si troverebbe ai ferri corti dell'ora p1·esenLe; clw, or-mai, quel movimento 11011si può più a1Tesla1·e .da nessuno, massime dopo gli incitamenli e gli aiuti del Governo; che, in ogni modo, l'ipotesi di una resislenza rnate1·iale a quel pericolo, da pal'Le della monarchia, é quasi impossibile, perc.:hé questa, popolal"C come vuol esse1·e, fa a1ni del suo meglio per asseconda1·e le rivendicazioni e le aspi1·a1,ioni del popolo come esso le intende, e pa1·e quasi che tranquillamente si disponga a quei placidi ll'amonti (se pul'C saranno placidi) che già furono vaticina ti da Alberto Mario. Ora, che tuLLo ciò debba <lispiace1·e assai a chi crede che h1 monarcl1ia, per del lempo ancol'a, sia la sola forma di governo che ci possa assicurare la unità e la indipendenza nazionale, si eapisce benissimo, ma che noi possiamo desiderare nessuna 1·esistenza materiale, e tanto meno una resistenza a mano armata, non sarà mai.
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