172 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALJ Ma si dirà che queste manifestazioni non hanno alcun rapporto collo sviluppo del sentimento democratico e che sieno, piuttosto, un indi:r.io di anarchia, di dissolvimento ed un grave pericolo per l'integrità della patria? Non esageriamo, e non confondiamo. Noi non esitiamo a dichiarare che siamo lieti di questo spirito di rivolta che serpeggia nell'esercito e siamo convinti che quando esso sarà più generalizzato, suonel'à l'ora dell'infausto militarismo, che é la negazione vera della democrazia, sia che esso venga sormontato dal berretto frigio come in Francia, sia che porti la corona imperiale come in Germania. Militarismo e democrazia sono termini antinomici, possono coesistere transitoriamente, ma, a lunga scadenza, l'uno ucciderà l'allra o viceversa. Ricordiamo in proposito che alcuni anni or sono, sul Figaro di Parigi, quest'esito fatale venne splendidamente illustrato in una serie di articoli che vennero attribuiti al famoso generale Gallifet.. In una ve1·a democrazia, non avverranno le manifestazioni cLe sono state segnalate ultimamente in Halia, per la semplicissima ragione che vi mancherà un esercito ordinato come il nostro, che dev'essere strumento cieco nelle mani di riualunquc governante che voglia servirsene ai fini di una politica estera o interna ignota ai soldati ed ai cittadini. In una democrazia vera, come sarebbe ad esempio la elvetica, i soldati sanno e discutono perché ess_ivengono richiamali sollo le armi, e si avve1·11, quindi, quella condizione che sembra' tanto scandalosa ai nostri reazionari, cioè: la cosc.enza nella forza armata del compito che le viene assegnato, e l'appre>vazione nella massa dei cittadini dei provvedime111.i cui mira il richiamo dei militi sollo le armi. Tutto ciò é democrazia, ma n•m é a/Tatto annrchia, dissoluzione, impotenza dello $talo e della nazionf', così all'intel'llo, come di fronte ali' estero. In ls"izzera come uegli Stati Uniti, le milizie democ,·aticlte !,anno saputo, in parecchie occasioni, mantenere !"ordine all'interno. In quanto alla difesa dello Stat0 di fronte allo straniero, di cui si preoccupa moltissimo uno scrittore della Stampri di Torino, noi potre,nmo invocare lo stesso esempio eloquente che ci offrono tanto la Svizzera, quanto g!i Stati Uniti. Preferiamo, invece, perché di vera attualità, rammentare il <'aso dei boeri. Nelle due repubbliche sud-africane non v'era traccia di organizzazione militare e di disci. plina quali l'intendono e l'esaltano i nost11 conservatori. Ma dicano questi ultimi, in coscienza, se possono presentare un caso simile di difesa eroica e sublime della patria contro lo stranie,·o, riunle l'hanno opposta i burghers contro gli efierciti innumerevoli del!' Inghilterra! Questo, invece, è vero: che potranno mancare i segni esteriori dello spirito di rivolta in un esercito organizzato a modo europeo, ma se il malcontento sarà profondo e generale !lei paese che all'esercito dà i suoi figli, nell'ora del pericolo, i soidati mantenuti obbedienti e silenziosi dalla severa disciplina, non opporranno valida resistenza allo straniero e verranno meno alla difesa della patria. Uepnhblicani e soc•ialisU in l\'lilano. - Calcag·no contro Turati. -· Alla ;;alealtit! - Ciò che é avvenuto nel V. Collegio di Milano ci rattrista profondamente, e conferma de\ tutto ciò che abbiamo sempre pensalo e dichiarato. Intrattenendoci delle candidature Turali-Calcagno e della lotta aspra lra repubblicani e socialisti, noi ci troviamo a disagio, perché, disgraziatamente, non possiamo trovarci in pieno acco!'do né cogli uni né cogli altri. Noi non esitiamo a dichiarare che troppo rammarico ci arrecherebbe la mancanza di Filippo Turati nel Parlamento, e ciò pel valore dell'uomo e per la parte assuntasi negli ultimi tempi di opposizione a chi nel Partito socialista par-lamentare, prese un'attitudine pericolosa di ciarlatanesca intransigenza. Noi, infine, lo avremmo voluto vedere sempre alla Camera perché siamo d'accordo con lui, in questo quarto d'ora, in quel mini-_ sterialismo che suscita l'indignazione degli amici dell'Italia del Popolri. La condotta di Filippo Turati negli ultimi tempi ha prestato il fia11co alla critica: egli ci ha tenuto a chiarirsi non un ministeriale per ragioni di opportunità, ma un ve1·0, sistematico legaliLario che tutti i suoi sforzi pareva avesse voluto concentrare nel combattere i repubblicani pur facendo plaloni<'i voti per la repubblica. Perciò il vigoroso attacco di Pirolini contro la tattica dell'ex deputato del V. Collegio, sugli errori da lui commessi e specialmente sulle ullime inopportune dimissioni, guardato onestamente ed obbiettivamente, non può considerarsi infondato. Fermiamoci un istante sull'ultimo punto. Comp1·endemrno cd approvammo la prima dimissione di Turati in seguito al dissidio col Ferri; era doveroso per lui interrogare gli elettori per conoscere se •e approvavano la condoUa. Ma, rieletto, dopo le esplicite dichiarazioni da lui falle, doveva 1·imanere al suo posto, tanto più che il suo era un posto di combattimento, come risultava da tutti i suoi precedenti discorsi e dalle sue letture. Veniamo adesso al contegno dei socialisti cli Milano dopo la pro,•lamazione della ca11didatura Calcagno fatta dai ,·epubblicani. L'esplosione d'ira, d'ingiut"ie che si ebbe contro i repubblicani nella loro riunione nel salone dei ferrovieri la sera del :j aprile, ha fatto ritornare alla più schietta since,·ilà i socialisti. Essi, e non solamente a Milano, più dei cleri,·ali, più dei monarchici, odiano i repubblicani. Tutte le tregue, tutti gli accordi, t~lli gli sdilinriuirnenti di ce,·ti momenti, di certe occasioni e di certi luoghi, con quella esplosione si è provato che non sono altro che menzogna e ipocrisia. L'intollerabile aria di orgoglio e di sp1·E-zzantti protezione che essi hanno rip1·esa con tutr.a la schiettezza antica verso i repubblicani, melle le cose al loro posto; e noi non possiamo che associa1'ci pienamente alla fiera risposta che l'Italia del Popolo del 6 aprile, ha dato a loro in un articolo di •~l'Onaca intitolato Brigantagyio. Ma possiamo considerare come corretta la condotta dei repubblicani milanesi, nel propone la candidalu1·a Calcagno contro quella di Turati~ Se tale candidatura fosse sorta in altro ambiente e sem.a i noti precedenti, avrebbe potuto essere ritenuta come una sincera e generosa protesta contro la iniquità del domicilio coatto di cui vi é vittima il Calcagno; ma nessuno tra gli stessi repubblicani osa presentarla per tale: tutti in essa vedono un espediente per battere Turati o per fargli dispetto. Bene a proposito osserva Gustavo Chiesi nel Tempo, che sarebbe stata cosa più nobile, più cavalleresca e più politicamente utile, contrapporre alla candidatura Turati, una candidatura schiellamenlc repubblicana. Vi si rinunziò per evita,·c di mostrare la propria debolezza nel V. collegio f Ma in questo caso nulla si é guadagnato colla candidatura Calcagno che non serve se non a ritardare la constatazione che, del resto, è stata fatta altre volte. L'espediente non ha servito cl1e ad aul orizza1·c i socialisti italiani a gridare ad una VCICC, da un capo all'altro d'Italia, in una ali' A vanti: Alla slealtà! Noi alla no-
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