RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: D.r NAPOLEONE C.OLA.JANNI (Deputato al Parlamento) Esce in Roma il I 5 e il 30 d'ogni mese ITALIA: anno lire 6; semestre lire 3,50 - ESTERO: anno lire 8; semestre lire 4,50. Un numero separato Cent. 30 AnnoVIII. - N. 7 Abbonamento postale Roma,15 Aprile 1902 SO:iv.I:Jv.I:ARIO: Noi: Gli avvenimenti e gli uomini: (Tripoli. Si torna al briganlaggio collettivo? - Lo spirito di rivolta 11ell'esercito. I fatti e la loro iuterpetraz.ione. - Repub/Jlica1ti e socialisti i1t Milano. Calcagno contro 'J'urat-i. Alla slealtà I - Un buon discorso di Enrico Ferri sul Mezzogiorno, profetizzalo da Cosenza. - Le concessioni del Governo alla città di Napoli. - Una lettera di J::rcolc Vidari. - 1:,"doardolJernstàn d,;putato, con ritratto. - Il movimento rivol11zio11ario belga). - J,a Heda:r.ionc: La s:dute dell'on,.. Colajanni. - l,a Rh·ista: Il riscatto economico del Mezzogiorno. (Un articolo dell'onorevole :\1aggiorino Ferraris). -- .Jean Pinot: L'Inghilterra malata (Re·vue des Revues). - Avv. A. Nataletti: La riforma delle societ:ì cooperative. - Pompeo Colajaoni: I sindacati obb~i~atori nel disegno di legge 8 giugno 1901. - Fi-:.mcesco Gael·a: Rileggendo la « francesca ». - G. Vailati: Note scientifiche (Scienza e Filosojir1). - Rivistadelle Riviste: li futuro ministro socialista (La Folla). - Il ministero delle:Strade !·errate. (Critica Sociale). - Un governo economico (Mo11ve111eutSocialiste). - Gli Stati Uniti della Inghilterra imperiale (Coutemporary Review). - La politica estera della Gran Brettagna (Fortniglitly Review). - Gl'irlandesi in Irlanda (Co11te111poraryl?eview). - Il Dio swnosciuto (Fort11ightly Review). - La costruzione di serbatoi nelle regioni aride per opera del governo (Nort/i .American Revii-w). - Recensioni. - Illustrazioninel testo. /ì I J \I ~-~~ J \\' .. ~ 1 -\ Tradimenti russi. Forse non è la pi(l:;u lumulluanle il più terribile nemico dell'aulocra/i:;11w ,·usso I (Fischietto di 'l'orino); .J
170 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI GLI AVVENIMENTI E GLI UOMINI 'J'ripoli. Si torna al brigantaggio collettivo"?- La spedizione di Tripoli è all'ordine del giorno ..Negano gli organi ufficiosi che ad essa si pensi, ma queste denegazioni non hanno alcun v11lore. Possiamo forse ammellere che a Tripoli non andrebbero con piacere né l'on. Giolilli, né 1'011. Zana•delli, ma la loro volontà e le loro simpatie o antipatie in queste quistioni non contano. Se essi fo%ero veramente decisi a non rinnovare all'Italia le lristi avventure africane, potrebbero abbandonare il poi.ere, ma non impedire l'cwoenùnento. Ci consta che la occupazione di Tripoli fu consentita dalla Francia all'Italia, esplicitamente, fin dal 1899; l'intervista t1·a il conte di Bulow ed un reporter di un giornale di Roma, dà q11asi l'impronta ufficiale alle intenzioni che vengono attrihuile al governo italiano. Tulle le denegazioni, quindi, dei suoi organi e tutte lo dichiarazioni in senso contra1·io che potrà fare l'on. Prinelli a)la Came,·a non sono soltanto vane ma anche ridicole. Non si tratta che di aspella1·e l'occasio:1e fRvorevole o di crea1·e al'lifìciosamenle e disonestamente il pl'elesto per intervenire nella Tripolilania ':! nella Cirenaica. Se il governo italiano esita ancora, ciò avviene, a nof'lro avviso, per assenza di coraggio nello assumere la responsahilitù di un allo manifesto ed ingiustificato di ostilità contro la Turchia; la quale esercita in quella plaga africana un dominio non nominale, ma effellivo. Il governo italiano forse assumerehbc rruesla responsabilità per prendersi la rivincita ùella disfalla di Abba Carima, sicu1·0, come esso si deve sentire, di potere avere ragione della debole lfotl11ottomana. La resistenza che potl'ebbero opporre i venti o trentamila soldati tu1·• chi non lo scoraggerebbe; essa, anzi, servirebbe a re11. dere militarmente più glol'iosa ed impo1'Lante l'i1npresa. È molto probabile però che se si ottenne il ptwet della Germania e della Fl'ancia non si abbia ancora ottenuto quello dell'lngl,illerra cl,e avrù potuto metto1·e addosso il suo avido sguardo sulla Cirenaica limitrofa all'Egitto, oppure aspetta una propizia occasione per contraccambiare il consenso al brigantaggio italiano con quello su di un altro brigantaggio proprio. Come verrebbe accollo in Halia lo annunzio della spedizione di Tripoli t Noi crediamo che s'ingannino grossolanamente coloro i quali a/formano che il popolo italiano in grande maggioranza si mostrerebbe avverso. Molti fattori esistono in favore della reviviscenza del sentimento che si esplica nel brigantaggio collettivo, volgarmente chiamato politica cotoniate. È in molti il desiderio della rivincita di Abba Carima: questo desiderio è ardente in alto e nelle sfere militari, e non vi sono. estranei molti di quei boni borghesi che sono affetti da sincera megalomania. Non sono poco numerosi gl'individui i quali vedono una buona speculazione nella progettata avventura; e sono, infine, numerosissimi coloro i quali vedono davvero nella Tripolitania e nella Cirenaica un ottimo affare per conto dell'Italia ed un vasto campo dove indirizzare le centinaia di migliaia dei nostri emigranti, senza far perdere loro la impronta della nazionalità p1·opria. Ai primi, nulla abbiamo da obiettare: essi sono perfettamente logici e provvedono ai loro bene intesi interessi di classe, desiderando Ia spedizione. Essi, del resto, non si limitano a volere andare nella Tripolitana, ma guardano con bramosia ali' Albania ed ai Balcani come campi di azione dova potrebbero raccogliere quelli allori che ritengono indispensabili per la loro esist~nza. Ed in proposito, agli amici nostri rammentiamo un articolo del nostro Direttore, pubblicalo alcuni mesi or sono nel Secolo, e in cui si melleva in guardia la democrazia contro le nuove e int1·aprendenti tendenze che in fatto di politica estera si manifestavano nelle nostre alle sfere. Agl'llaliani che astraendo da ogni considerazione morale ~uardano di buon occhio ad una futura manifestazione di brigantaggio collettivo credendolo vantaggioso dal lato economico al proprio paese, noi non abbiamo bisogno di ripetere lulto ciò che abbiamo sc1·il.lo in questa Rivista; tullo ciò che hanno dello e scriLto gli uomini che alla medesima fanno capo dal 1885 al giorno d'oggi (1). A costoro va indi1·izzata l'ironia finissima che Carlo Russo ha versato in un al'lirolo del Tempo di Milano sulla conquista det mondo, sul .flirt internazionale italiano, sulla f'atuilà cou cui si pensa di andare a buttare centinaia di miliopi in Africa, mentre tanti rni11arciosi problemi, economici e sociali, rimangono insoluti in Italia, ·p,·ecisamente per maucanza di da11aro. Con ciò, r1uanlun'lue 11011 re ne fosse stato il bisogno, abbiamo dichia1·alo esplicito il pensiero nostro sulla deplorevole avventura bl'igantcsca che si va m111.urc1ndo. Possiamo noi sperare d'impedirla'? Possiamo noi attenderci dall'Estrema una e/Ticace e Yilto1·iosa opposizione 1 Non siamo cosi ingenui da pe11sarlo. Egli è vero che il Guascone del sociàlismo ha fallo appello all'ope1·a concorde dell'l!.'8tt·l'ma pe1· impcdi1·e la spedizione di Tripoli; rna come essa potrà farlo cogli ordinamenti politici attuali? Potrà e;;sa distruggere l'art. 5 dello Statuto? Essa non potrà che presentare qualche interpellanza, come ha gii, fallo l'on. Miralielli. Alla interpellanza si risponderà dal Governo con vaghe parole o si 1wglie1·anno addirittu1·a i propositi attribuitigli; un brutto giorno, poi, il fallo compiuto verrà annunzialo. Così l'Estrema ?.vrù potuta scinrlere la prop1·ia 1·esponsabililà da quella dei governanti; avrà potuto fare la sua doverosa anticipala protesta, ma non avrà polulo impedil'e il fallo. Questo, però, poirà servire a distaccarla detìnitivamente dal Ministero. ('erchè un avvenimento del genere di quello che discutiamo, possa essere impedito dalla maggioranza del popolo o da coloro che lo rappresentano, occorrerebbero per lo appunto quegli ordinamenti politici che sono stati sinora calunniati e derisi dai socialisti come 1°idi~ coli ed inutili. Le dissertazioni dotte e brillanti sui rapporti tra militarismo e politica coloniale, l'invocazione dell'autorità di Spencer, di Darwin o di Marx per condannarla, si riducono ad una vana e meschina esercitazione retorica quando si consacrò la dottrina, l'eloquenza, l'ingegno a combattere le istituzioni efficaci ad impedire gli attuali lemuti avvenimenti politici (2). (1) Raccomandiamo ai lettori la seconda edizione della Politica coloniale dell'on Colajanni nella quale troveranno ampiamente svolte le ragioni contro il brigantaggio collettivo. Per gli abbonati della Rioislct il prezzo da L. 3,50 è ridotto a L. 1,50. (2) Quello che valgano le istituzioni in falto di politica colonia]., potremmo saperlo benissimo se potessimo leggere i documenti che appartennero a Francesco Crispi e che non sappiamo se siano sfuggiti attraverso i famosi suggelli di Villa Lina. Che cosa pos· sano contenere quei documenti altra volta abbiamo accennato; poe• siamo anche oggi farne menzione prendendo atto della valanga di ' ◄
1?.IVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE È SCIENZE SOCIAll l7l L'appello alla concordia e all'opera efficace di tutta l'Estrema, sono una menzogna o una vergognosa ipOCl'isia, quando colla propria parola si é seminata la discordia tra gli elementi popola1·i e quella discordia sinistramente venne ravvivata dal sangue dei socialisti e dei repubblicani. l,o spit•ito cli rivolta ncll' csc1'cito. I fatt.i e la l<n•o inte1~prctazione. - Tutta la stampa monarchica ha commentalo assai vivncemenle le manifestnioni da parie dei richiamati della classe 1878 in Milano, Piacenza, Tortona, Como, ecc. ccc. Nalurc,lrnenle la stampa di opposizione minislel'iale ne hn lrallo argomento non p1·ivo di valore, per attribuire il fallo alla innuenza dissolU 11a se,lnta di m1 consiglio ll'amministra1.ionr i 1111 ni,;tria le. Il Presi,J,•uh·: Signori miei, noi lirenzie,.0mo il :,O010 ·degli operai, ridurl'emo i. sala1·i del :10 010, e cos·, pa15her01110uu dividendo del 20 010, e "' cav~1·e1uo da una brutta s1tunz1onc. ( \Vharc lacob di St11llµ-art). vento esercitala dalla politica del mi11islel'O ZanardclliGioli tti. Ciò ha fallo specialmente il Gionirde d'tta/i(I, che se ha interpretato pa1-Ligianamcntc il fenomeno, ha però bene osservalo che le manifestazioni dei richiamati italiani sono più gravi dei pronuntiamcnti "pagnuoli, che si dovettero sempt'é ali' iniziativa di pochi caporioni, e che la simultaneità di tali manifestazioni, senza complotto e senza preparazione, prova che la menLalita morbosa e molto diffusa tra i richiamali. Queste osservazioni cori-ispondono alla verità, ma devono essere corrette le induzioni che i reazionari vorrebbero trarne. La mentalità delle masse non s· improvsignificanLi punLi interrogativi che l'eritreo (Primo Levi) ha scaraventalo addosso all'infelice e impt'udentc generale Morenni nell'ultimo nume1·0 della Rivista Moderna Politicci e Lcltel'ciria. visa in un mese o in un anno, come non si fabbricano in un tempo uguale le coscienze: lo abbiamo rilevato altra volta e con allri intendimenti. Solo può dirsi che le manifestazioni di una data mentalità esplodono a momento opportuno, quando si presenta l'occasione favorevole. Che lo spirito di rivolta nell'esercito, di cui si soPO avuti i recentissimi saggi, non sia il prodotto di una data politica ministeriale si può provarlo facilmente con un ricordo storico, a cui qualcuno ha accennalo incompletamente e vagamente. Nel 1869-70 le so1·Lid'Italia non erano in mano di un ministero liberale. Era al governo quel generale Menabrea che rappresentava la quintessenza della reazione. Cc1·Lamenle nessuno oserà dire che gli esempi e gl'incoraggiamcnti anarchici si allingevano nei discorsi e nelle circolari del famoso ministero di Santa Caterina: ma proprio in quel periodo si ebbero i segni più pericolosi e più diffusi dello spirito di rivolta nell'esercil0. Si erra grossolanamente quando si ritiene che il caso Barsanti sin stato un fatto isolalo. Un tentativo analogo a quello di Pavia contemporaneamente si era avuto rn lughilterra, Stati-Uniti e Gel'mania. fohn l3ull ~ ll'adilo Jal fratello Tonalhan che fa all'amore colla Ul'eLchen tedesca. ( Timr>s di Minneapolis). Piacenza. I due tentativi insurrezionali da parte della bnssa forza dell'ese1'cilo, poi, erano i11Limamonle connessi a quel processo di cospirazione repubblicana cd a quella serie di arresti che cominciarono con quello dell'on. Colajanni in Napoli, nel L8G!) (26 febbraio/, e che 0ontinuarono con quello di Pantano in Milano e di molti altri altrove. Come e rtuanto questi ai-resti e questi processi sLesse1·0 in relazione collo spirito di rivolta nell'esercito, si comprenderà meglio apprendendo che nella sola Napoli, in quell'occasione, furono arrestali in una nolle ottantacinque tra caporali, sergenti e furieri dei va1·i reggimenti della guarnigione, oltre qualche ufficiale. Della impo1·tanza del fallo e dello allarme che suscitò nelle autorità militari e politiche, il Gior,w!c cl'ltalin potrà assumere esalle informazioni dall'on. Di Rudini che allora era prefello di Napoli. Ma che significano dunque queste manifestazioni dello spirito <li rivolta nell'esercito, allora cd oggi'? Significano che il malessere e il malconlenLo sono profondi e generali nel paese. Gli uomini di Stalo, veramente tali, invece di palleggiarsi le accuse e le responsabilità, se vo gliono essere considerati veramente tali. devono pensa-- re a ricercarne le cause int.imc ed a rimuoverle, se lo possano e lo vogliano.
172 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALJ Ma si dirà che queste manifestazioni non hanno alcun rapporto collo sviluppo del sentimento democratico e che sieno, piuttosto, un indi:r.io di anarchia, di dissolvimento ed un grave pericolo per l'integrità della patria? Non esageriamo, e non confondiamo. Noi non esitiamo a dichiarare che siamo lieti di questo spirito di rivolta che serpeggia nell'esercito e siamo convinti che quando esso sarà più generalizzato, suonel'à l'ora dell'infausto militarismo, che é la negazione vera della democrazia, sia che esso venga sormontato dal berretto frigio come in Francia, sia che porti la corona imperiale come in Germania. Militarismo e democrazia sono termini antinomici, possono coesistere transitoriamente, ma, a lunga scadenza, l'uno ucciderà l'allra o viceversa. Ricordiamo in proposito che alcuni anni or sono, sul Figaro di Parigi, quest'esito fatale venne splendidamente illustrato in una serie di articoli che vennero attribuiti al famoso generale Gallifet.. In una ve1·a democrazia, non avverranno le manifestazioni cLe sono state segnalate ultimamente in Halia, per la semplicissima ragione che vi mancherà un esercito ordinato come il nostro, che dev'essere strumento cieco nelle mani di riualunquc governante che voglia servirsene ai fini di una politica estera o interna ignota ai soldati ed ai cittadini. In una democrazia vera, come sarebbe ad esempio la elvetica, i soldati sanno e discutono perché ess_ivengono richiamali sollo le armi, e si avve1·11, quindi, quella condizione che sembra' tanto scandalosa ai nostri reazionari, cioè: la cosc.enza nella forza armata del compito che le viene assegnato, e l'appre>vazione nella massa dei cittadini dei provvedime111.i cui mira il richiamo dei militi sollo le armi. Tutto ciò é democrazia, ma n•m é a/Tatto annrchia, dissoluzione, impotenza dello $talo e della nazionf', così all'intel'llo, come di fronte ali' estero. In ls"izzera come uegli Stati Uniti, le milizie democ,·aticlte !,anno saputo, in parecchie occasioni, mantenere !"ordine all'interno. In quanto alla difesa dello Stat0 di fronte allo straniero, di cui si preoccupa moltissimo uno scrittore della Stampri di Torino, noi potre,nmo invocare lo stesso esempio eloquente che ci offrono tanto la Svizzera, quanto g!i Stati Uniti. Preferiamo, invece, perché di vera attualità, rammentare il <'aso dei boeri. Nelle due repubbliche sud-africane non v'era traccia di organizzazione militare e di disci. plina quali l'intendono e l'esaltano i nost11 conservatori. Ma dicano questi ultimi, in coscienza, se possono presentare un caso simile di difesa eroica e sublime della patria contro lo stranie,·o, riunle l'hanno opposta i burghers contro gli efierciti innumerevoli del!' Inghilterra! Questo, invece, è vero: che potranno mancare i segni esteriori dello spirito di rivolta in un esercito organizzato a modo europeo, ma se il malcontento sarà profondo e generale !lei paese che all'esercito dà i suoi figli, nell'ora del pericolo, i soidati mantenuti obbedienti e silenziosi dalla severa disciplina, non opporranno valida resistenza allo straniero e verranno meno alla difesa della patria. Uepnhblicani e soc•ialisU in l\'lilano. - Calcag·no contro Turati. -· Alla ;;alealtit! - Ciò che é avvenuto nel V. Collegio di Milano ci rattrista profondamente, e conferma de\ tutto ciò che abbiamo sempre pensalo e dichiarato. Intrattenendoci delle candidature Turali-Calcagno e della lotta aspra lra repubblicani e socialisti, noi ci troviamo a disagio, perché, disgraziatamente, non possiamo trovarci in pieno acco!'do né cogli uni né cogli altri. Noi non esitiamo a dichiarare che troppo rammarico ci arrecherebbe la mancanza di Filippo Turati nel Parlamento, e ciò pel valore dell'uomo e per la parte assuntasi negli ultimi tempi di opposizione a chi nel Partito socialista par-lamentare, prese un'attitudine pericolosa di ciarlatanesca intransigenza. Noi, infine, lo avremmo voluto vedere sempre alla Camera perché siamo d'accordo con lui, in questo quarto d'ora, in quel mini-_ sterialismo che suscita l'indignazione degli amici dell'Italia del Popolri. La condotta di Filippo Turati negli ultimi tempi ha prestato il fia11co alla critica: egli ci ha tenuto a chiarirsi non un ministeriale per ragioni di opportunità, ma un ve1·0, sistematico legaliLario che tutti i suoi sforzi pareva avesse voluto concentrare nel combattere i repubblicani pur facendo plaloni<'i voti per la repubblica. Perciò il vigoroso attacco di Pirolini contro la tattica dell'ex deputato del V. Collegio, sugli errori da lui commessi e specialmente sulle ullime inopportune dimissioni, guardato onestamente ed obbiettivamente, non può considerarsi infondato. Fermiamoci un istante sull'ultimo punto. Comp1·endemrno cd approvammo la prima dimissione di Turati in seguito al dissidio col Ferri; era doveroso per lui interrogare gli elettori per conoscere se •e approvavano la condoUa. Ma, rieletto, dopo le esplicite dichiarazioni da lui falle, doveva 1·imanere al suo posto, tanto più che il suo era un posto di combattimento, come risultava da tutti i suoi precedenti discorsi e dalle sue letture. Veniamo adesso al contegno dei socialisti cli Milano dopo la pro,•lamazione della ca11didatura Calcagno fatta dai ,·epubblicani. L'esplosione d'ira, d'ingiut"ie che si ebbe contro i repubblicani nella loro riunione nel salone dei ferrovieri la sera del :j aprile, ha fatto ritornare alla più schietta since,·ilà i socialisti. Essi, e non solamente a Milano, più dei cleri,·ali, più dei monarchici, odiano i repubblicani. Tutte le tregue, tutti gli accordi, t~lli gli sdilinriuirnenti di ce,·ti momenti, di certe occasioni e di certi luoghi, con quella esplosione si è provato che non sono altro che menzogna e ipocrisia. L'intollerabile aria di orgoglio e di sp1·E-zzantti protezione che essi hanno rip1·esa con tutr.a la schiettezza antica verso i repubblicani, melle le cose al loro posto; e noi non possiamo che associa1'ci pienamente alla fiera risposta che l'Italia del Popolo del 6 aprile, ha dato a loro in un articolo di •~l'Onaca intitolato Brigantagyio. Ma possiamo considerare come corretta la condotta dei repubblicani milanesi, nel propone la candidalu1·a Calcagno contro quella di Turati~ Se tale candidatura fosse sorta in altro ambiente e sem.a i noti precedenti, avrebbe potuto essere ritenuta come una sincera e generosa protesta contro la iniquità del domicilio coatto di cui vi é vittima il Calcagno; ma nessuno tra gli stessi repubblicani osa presentarla per tale: tutti in essa vedono un espediente per battere Turati o per fargli dispetto. Bene a proposito osserva Gustavo Chiesi nel Tempo, che sarebbe stata cosa più nobile, più cavalleresca e più politicamente utile, contrapporre alla candidatura Turati, una candidatura schiellamenlc repubblicana. Vi si rinunziò per evita,·c di mostrare la propria debolezza nel V. collegio f Ma in questo caso nulla si é guadagnato colla candidatura Calcagno che non serve se non a ritardare la constatazione che, del resto, è stata fatta altre volte. L'espediente non ha servito cl1e ad aul orizza1·c i socialisti italiani a gridare ad una VCICC, da un capo all'altro d'Italia, in una ali' A vanti: Alla slealtà! Noi alla no-
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 173 slra volla soggiungiamo che sleallà ci è poLuLa essere in quesl'occasione a Milano, ma che il pulpiLo dal quala viene lanciala l'accusa è assai più discrcdilalo di un pulpito di gesuiti. Tutta la condoLLa dei socialisli italiani, da quindici anni in quà, non rappresenta all1·0 che la sislemalica sleallà elevata alla ennesima potenza. Dobbiamo ancora una pal'ola alla Tribuna, la quale é intervenuta nel dibaLLiLotra repubblicani e socinlisLi per dare piena 1"agio11ea questi ulLimi, e scaraventare addosso ai pl'imi le più atroci accuse d'ingratitudine e peggio. Siamo sicu1·i che tale articolo non si deve alla penna del senato1·c Roux: egli che conosce la storia dei partili politici ilaliani uon lo avrebbe poLuto scrivere. L'ignoranza più completa di tale storia ha polulo f'ar· dire che i 1·epubblica11i sono stati Liiali su dai socialisli. La verità è diversa: da pe1· Lutto e scmpl'e i socialisti, colla propaganda schielta o coli' insidia si so110 sviluppati a danno dei repubblicani. Que;;li ultimi c1·a110numerosi alla Camera, prima clic soq;esse la Unione dei partiti popolari; quest'ultima giovò agli uni ed agli nllri, ma se st'rnltarnenLo ci f'u, certamente avvenne a danno dei Perchè i .Boeri hanno l'ihtscjaio lot•(l l\fathnm1. I Uclarc~•: Toma al tuo campo, valoroso solrlato. e continua a combattere per noi ! ✓ (Nene Gtahliehte,· di Vienna). repubblicani. Su questo proposilo, è Lipica la truffa del collegio di Ravenna. Il contegno della Tribww e di altri giornali n1ona1·- chici in quesLa occasione, coufenna luminosamente ciò che noi ablJiamo più volte aITermalo; e cioè, che i socialisti in ILalia sono slati e sono i migliori alleati della mo11arcl1ia. Un buon disco1·so ,li Enl'ico )<'cri-i sul l\lczzogio1·no, profolizzalo a C:oscnza.-Dall'Avanti/ p1·ima, e da un giornale socialista di Bari dopo, abbiamo a vulo nolizia di un disco1·so tenuto dall'on. Ferri nella stessa Bari,. sulla quistione meridionale. Ci costa poco (e lo dichiariamo lealmenle) il lodare incondizionatamente la parle sostanziale di dello discorso, poiché, lutto ciò che egli disse sulle condizio11i aLLuali poliliche, economiche e morali di quelle regioni, da circa venli anni, 111::li bri, nelle riviste, nei giornali e nei di,;corsi della Camera, è slalo esposlo dal nostro direLLore, e da ollo anni viene illustralo in quesl1t nostra Rivista. Il deputato di Ravenna, però, non poteva dimenlicare di essere un guascone che non conosce la storia e gli uomini del Mezzogiorno; quindi, si affretLò a trinciare sen lenze sull'una e sugli altri, colla ba!ordagine e la lcggerez1.a che co11lradislinguono all1·i suoi colleghi selle11lrionali. Così egli affermò che il Menogiorno aveva mandalo sempre e solo dei depulali non curanli che della prop1·ia carriera e del proprio lornaconlo e sempre umilissimi serviLod del governo del lernpo, cancellando con una f1·ase eleganle e menzognera, luLLa la sloria gloriosa della sinistra meridionale dal 1860 al '1876, appaiando con diso11eslà ra1·a Bovio e Forlirnalo, con Agnello Alberlo Casale - MalLeo lmbriani, Co!ajanni, PiCal'di, Mi1·abelli, Giusso, Pansini e cenlo altri onesli e indipendenli, con Alibe1·li e con allri deputali del suo conio, che, del resto, non sc-arseggiano nel SeLLenlrione. A quesla parte del discorso calunnioso e balordo, si affreLLò a rispondere in Molfetta, l'on. Pansini, e fece bene; ma noi avremmo desideralo che la risposla gli fosse venula da altro depulato meno rniLe e genlile. E passiamo sopra alla solila guasconala ripetuta a Bari, di altribuire luLLo ciò che di buono si va Leulaudo adesso nel Mezzogiorno, ali' azione del parlilo socialista. Cur:t (l'animo. - Quauto è facile al povero raggiuugere il regno dei Cieli, alt1·clt:wto è dimcile al ricco. - Ma avete condotto mai nessun ricco alla beatitudine celeste 1 - Sicuro ... ma allora egli era giil impoverito. (Simplicissimus di Monaco]. L'on. Ferri, naturalrnenle, senl·1 il bisogno di accen nare al famoso incidenle della Carnera, e se la cavò dicendo che non si dilungava sulle sue parole che fu,.ono acl arte travisate dagli uvversari e dai loro gir>rnali. Il corrispondente dell'Avanti! accennando a queslo punlo, accetta la inlcrprelazione socialisla· ufficiale del discorso del Ferri alla Camera, aLLribuendogli il solo inlenlo di bollal'e le camorre amrninistralive, e dello stesso avviso è il giornale socialista di Bal'Ì. Assicuranu l'uno e l'alt1·0 che il pubbli.::o che assisteva alla conferenza era numerosissimo e che l'oralore venne enlusiasLicarnenle applaudilo. N()i presliamo completa fede a questa nota di cronaca, sia perché collosciarno le qualità personali dell'on. Fe1-ri che baslano ad assicurargli il successo dovunque; sia perchè c'è nota del pari la grande, la sconfinala ignoranza del Menogiorno, che non denunziamo sola men te oggi per comodi Là di polemica. Ad esempio : se il pubblico di Bari fosse slato meno ig11oraule, quando l'oralo1·e parlò delle ragioni telluriche e geogl'afi'che ~hc rendono i meridionali fatalmenle quali essi sono, cerLamenle agli applausi si sarebbero soslituili i fischi. Ad ogni modo, qui, come in dicembre 1901 e in gennaio 1902, ripetiamo che l'on. Ferri mentiva, profiLLando della igno-
174 RIVISTA. POPOLA.RE DI POLITICA.., LETTERE E SCIENZE SOCIALI anza altrui, volendo far comprendere che egli in Pararne nlo volle offendere soltanto l'alta borghesia e le camorre amministrative e non calunniare tut,to il Mezzogiorno: il significato preciso e malematico delle sue parole venne ~1uiesposlò, e !'on. Ferri non osò mai, perché non lo poteva senza cadere nel ridicolo, riballere ciò che fu dimosl1·ato. Egli, da abilissimo leguleio e sempre profittando dell'ignoranza, del servilismo e del fanatismo delle masse me1·idionali, nello interesse del!' uomo politico ba messo sotto aceto le convinzioni dello scienzialo, e trionfalmente va affermando in tutte le citlà del Mezzogiorno che nella Camera solo i camorristi si ribellarono conlro di lui; egli ciò facendo mentisce e non può non avere la coscienza di menlire. Veniamo ora al profeta di Cosenza. Sinora, lr·anne i lentativi di giuslificazione del discorso della Camera nel senso sopra accennato, noi non sapevamo che l'ou. Ferri si fosse mai occupalo della quislione mel"idionale, se non con benevolenza almeno con relliludine. Conoscevamo sollanlo dalla sua produzione scientifica, che egli da circa vent'anni va sostenendo in tulli i modi, che il Mezzogiorno e la Sicilia sono le terre predestinale alla grande delinquenza allua le per ragioni falali di clima e di razza; sapevamo soltanlo che in conformilà di lale sua profonda convinzione, egli aveva affermalo solenncmenle alla Camera, che nel Mezzogiorno l'oneslà era rappresenlala da piccole oasi, come nel ScLtentrio:1e la disoneslà era rappresentala da oasi altrettanto piccole. C'è voluto, quindi, il dono superumano della profezia per far preannunziare al DoLL. Pasquale Rossi di Cosenza il buon discorso dall'on. Ferl"i pronunzialo in Bari sulla questione meridiouale. 1l sullodato dotlore cosentino, infalti, iu una prefazione ad un libriccialLolo (1) - in cui si ripetono le solite fantasticherie sull'axione del clima e sulla sorle cui questo fatlore assegna al Mezzogiorno d'Italia - ha voluto constatare che della quisLione meridionale il Col-ajanni si è occupalo con passione, il Ferri con generosità. Il d0Llo1· Rossi, p1·obabilmenle, anzi con cel"tezza, ignora quale sia sta la l'ope1·a deli'on. Colajanni sul Mczzogior110: però crediamo d' inLerpreLare il pensiero del nostro direLLore, ringraziandolo di Lanla sua bontà. Era tanto facile una volta che si ammetteva la generosità verso il Me;,:zogiomo dell'on. Ferri, lasciarsi irndare nell'affermazione che l'on. Colajanni lia calunniato sempre la sua regione natia !... A chi non volesse prestai· fede nel dono profetico del doLloP Rossi, a spiega1·e il suo giudizio, non J"imane che una sola ipotesi: il doLLore calabrese, benchè persona colta ed onesta, 1·appresenlerebbe psicologicarnc:1Le quel fenomeno del servilismo per secolare e 11011inlenolta trasmissione ereditaria, quale venne magistralrnenle descritta da Giuseppe Sergi in: Degenera:::ione. Con riuesta ipotesi si capisce come i! Doll. Rossi L1·ovi che sia generoso il superiore che gli accorda l'onore di un colpo di scudiscio sul viso e Lale che glie ne lasci per lungo tempo le lividure. Le concessioni ,lei Govci•no alla <.:ittit di Napoli. - Si commetterebbe g1·ave ingiustizia negando o attenuando la importanza delle concessioni che il Governo ha fallo per contribuire alla sislcma;,:ione del bilancio comunale della città di Napoli; e pcl"ciò noi abbia- (4) All'autore di quel libricciattolo, un Settentriouale, raccomandiamo <li leggere ciò che Melcliiorre Gioia, circa settantacinque anni or sono, rispondeva ad uno svizzero che assegnava l'onestà al Nord e lu disonestà al Sud. mo appreso con dolore che gli amici nostri Pansini e Salvi si sieno rifiutati ad associarsi al volo di plauso e di ringraziamento al Governo. Essi certamente partono dal nobile concetlo che il governo non abbia falto se non il semplice suo dove1·e. Ma non avrebbero dovuto dimenticare che oramai é cosa rara, anzi rarissima, che un governo al dovere si attenga: né, del resto, si può fare a meno di ricorda re che lo Stato cedendo 85 milioni circa in favore della cillà di Napoli, ha rinunzialo a ciò che gli spelta secondo le leggi e le conve11zioni esisten Li. Se colle convenzioni ollenule dall'On. Senatore Miraglia il bilancio della cillà, con quale he allro lieve ritocco potrà ritornare alle condizioni normali, si sbaglierebbe però credendo che con ciò abbia risoluto il problema di Napoli. Questo è essenzialmenle economico, e non potrà essere risoluto se 110n il giorno in cui si troverà modo di dai-e stabile occupazione e salari deceuti a quelle 200 mila persone circa che sono incerle della loro esistenza, e che non sanno la mattina come provvedere alla sussistenza della giol'nata. E però rima· ne sempre la grande quistione della trasformazione industr·iale della grande città, come l'ha posta in termini chial'i e precisi il Prof. NitLi, e comè in parte anche risulta da un nuovo libro dell'Io g. Rispoli di cui avremo occasione di occupa1·ci. Il pl'oblema di Napoli, infine, è intimamente connesso con quello del Mezzogiorno di cui è una pal"lc, ma 11011 dev'essere col medesimo compreso, come meglio si rileverà da un articolo dell'On. Maggiodno Ferraris, che viene largamenle riassunto e discusso in questo slcsso numero della Rivista. Una lettera tli Ercole llitlari. On. Direzione, La dngrazio, innanzi luLlo, delle parole genlili che c.:odesla on. direzione volle scrivere di me nel N. 5 della Rivista Popola,-e, e le quali mi compeusano ad usura delle insolenze e delle scipilezze altrui. Poi, rispondo alla domanda che ella mi rivolge e che suona cos'i: « consLalalo, ella dice, questo punlo di contatto L1·anoi e il prof. Vidari, ci pennelliamo di domauda re : se la mona,-cltia seeonclando te ,·ivcncliw;;io,ii popola,-i scava la p,-op,-ia fossa, che cosa essa dovrebl,e fare per consolidarsi ~ >> E rispondo: che la monarchia, se avesse avulo più senno e previdenza, secorrdando s'i, ma frenando e 111ode1·ando, il movimento ascensionale delle classi popola1·i, anzichè losciarsene sopraffare, non si troverebbe ai ferri corti dell'ora p1·esenLe; clw, or-mai, quel movimento 11011si può più a1Tesla1·e .da nessuno, massime dopo gli incitamenli e gli aiuti del Governo; che, in ogni modo, l'ipotesi di una resislenza rnate1·iale a quel pericolo, da pal'Le della monarchia, é quasi impossibile, perc.:hé questa, popolal"C come vuol esse1·e, fa a1ni del suo meglio per asseconda1·e le rivendicazioni e le aspi1·a1,ioni del popolo come esso le intende, e pa1·e quasi che tranquillamente si disponga a quei placidi ll'amonti (se pul'C saranno placidi) che già furono vaticina ti da Alberto Mario. Ora, che tuLLo ciò debba <lispiace1·e assai a chi crede che h1 monarcl1ia, per del lempo ancol'a, sia la sola forma di governo che ci possa assicurare la unità e la indipendenza nazionale, si eapisce benissimo, ma che noi possiamo desiderare nessuna 1·esistenza materiale, e tanto meno una resistenza a mano armata, non sarà mai.
RIVISTA POPOLARE L>l J->OLJTJCA,LETTERE E SCIENZE SOCIALI 175 Le idee, disse anche Cavour, « non si combattono efficacemenle se non colle idee, i pl'incipii coi principii; poco vale la compressione maleriale. Per qualche lempo, sicuramenle, i cannoni, le baioneLlc polranuo comprimere le Lcol'ic, potranno manLenere l'ordine materiale; ma se queste teorie si spingono nell'ordine intellelluale, credete, o signori, che toslo o Lardi quesle idee, queste teorie si tradurranno in effetto, otterranno la villoria nell'ordine politico cd ecouomico » (Camcm de deputa,ti, seduta del 15 aprile 1851). Cos·1 parlava il grand'uomo; e, se potele, pensale senza pi11ngcre ai grandi uomini di oggid'i. Ma, fo1·se, anche Cavour sarebbe oggi un sovversi \'O per certi modera ti. O'alLrondc, la colpa delle presenti t1·istissime condizioni economiche e sociali, non é tanto del popolo, quanlo di chi non seppe inLendere il popolo e provvedere a Lempo a' suoi giusli e lcgitlimi bisogni. Non fu inteso ed ascoltalo; cd ora esso preLcnde assai più del 1·agionevolc. D1 Lai modo, il movimento economico degene1·ò, o si Lramulò, in movimento poiitico; il quale, ora (per chi non vuole chiudere gli occhi pe1· non vedere), è principalmcnle rivolto conlro la mouarchia. So anch'io che ai conladini poco i111po1·Ladi repubblica o di monarchia. Ad essi imporla di vi\·ere meno disperaLameuLe. Ma imporla, in\'l!cc, ai lavoratori cittadini meno incolti di quelli, ed imporla pu1·e assaissimo a chi li sommuove e li guida e li fa agire. Se '!osi è, vana sarebbe qualunque resistenza materiale. Principiis obsta, sero medicina pa,·atur; JH'eccllo vecchio quanto il mondo, e pur semp1·e vero, e che non mula se anche la medicina sia falla di quei cannoni e di quelle baionelle, di cui diceva il conte di Cavou1·. Hipelo ancora una volta: avele scatenalo Eolo; ed 01·a nè voi, uè più nessuno, sielc capaci di ricacciarlo nel suo antro. D'altronde, chi mai pol1·cbbe esse1·e il ieuuno f Pavia, 30 Marzo '1902. Devotis. Encou: Vw.\n1. Edoaa•do ncrnstciu tlcpul.at.o. - li Reichslag riarrendosi l1·ova sui suoi banchi Edoat·do BcrnaLcin, eletto dur~nle le fe1·ie a B1·eslavia. Se questa elezione fosse avvenuta un anno fa, essa sarebbe parsa di uno sL1·aordinario significalo. Ma c:ssa avviene ora, dopo che u11 g1·ande silenzio si è fatto intorno alle polemiche sulla cosiddella crisi del marxismo, e dopo la dichiarazione del Bernslein al Congresso di Lubecca. Quella dichiarazione passò come una specie di alto di abiura; non Io fu; ma passò per lale in quelli che giudicano all'ingrosso, e son quesli che contano. Da un congresso come quello di Lubecca sarebbe uscila in Francia una nuova scissione dal partilo socialista; in llalia, un'accentuazione di «correnti~ disLinlc: in Germania non avvenne nulla ; cessarono anzi le dispute intorno al Bernslein; e a mc che lo interrogavo in quei giorni sull'cffello probabile che avrebbe avulo un suo rifiuto a « Lener conto » del volo del Congresso, e cioè se non credeva che parecchi lo avrebbero seguilo, uscendo lui dal parlilo, il Bernslein rispose: Ma nemmeno uno! e in nessun caso, si tratti di chi si sia; non suebbe mai altro che uno che esce dal parlilo. li lellore sarà qui LenLalo di ammirare la disciplina, la compattezza del partilo socialista tedesco. E ammiri; ma pensi anche che, per buona pat·le tale compallezza deriva dalla lonlananza d'esso partilo !10n dico dal polcre, ma dalla possibilità di un'azione dirella sul polere e dalla mancanza, in Germania, di una democ1·azia all'italiana o alla francese con la quale i socialisti possano far causa comune. Per il gran pubblico la fama del BernsLei11 data da un paio d'anni, dalla pubblicazione dei Presupposti del socialismo. li Kaulsky insinuò spi1·iLosamenle che il grande successo di quel libro fosse del'ivaLo dal fallo sensazionale di un socialista che sc1·ive un libro per da1·e addosso al socialismo. Arguzia, se mai, di po1·Lala universale pe1· i movimenti di i·iforma: il riformatore é sempre un uomo che c1·esciulo in una tradizione r·eligiosa o politica, di cui ha abbraccialo e difeso e diffuso i principi, si acco1·gc a un certo momenlo di parziali falsità coulcnule in essi e le denunzia; ma, badiamo, l'imanendo ossequente a LulLo il resto e cercando di far passare la prop1·ia novità come una semplice differenza di interpretazione, e rimanendo nella fede, nel partilo. Chi pen:sa liberamente, stando fuori, é condannalo a un'azioue minima. In verità il successo del Bernslein de1·ivò dalraver egli saputo dar forma a un pensiero che era nell'aria - nell'aria socinlisla per cos·1 dire - senza che 11essu110del partito osasse, -o pensasse che fosse utile t·idurlo in pa1·ole stampate. li pensiero e1·a, a un dipresso, questo: che non valeva la pena di chiudere cos'i oslinalamenlc gli occhi per figurarsi riltc quelle parli dell'edificio doll1·inale socialisla che cadevano inlomo, quando si era in possesso di una 1·callà cos·1 viva e polente come il motJimento socialisLa: che e1·a errore f'ar dipencle1·e dall'avvel'arsi di l'erlc pl'Oi'czie o pt·cvisio11i S('riltc nei lib1·i la honlà, In giustificazione di un movimento che si giusLifica da sò per il fatto cho vive; d'onde il famoso « per mc il movimento è lullo, lo scopo nulla» che 11011vuol essere preso alla leLlcra, ma 1·imane il mollo alalo dl·l bernsLcinismo. Del 'luale ben1slci11is,110 come lcndenza Leo1·ica non l10 io qui da pa1·la1·vi cssPndosene discusso a sazietà iu Italia. :\la 'lualcuno sentendo che il Bemslein è stato clcllo deputalo polt·à chiedere se la nota bel'llsliana si fa1·à ora ui:lil'c al Rcichstag. Certo a Lirar le consegucuze pratiche dalle critiche - pur sempre caule e in fil di rasoio - del Bcl'llslein, si atTiverebbc a una poliLica diversa da quella costante del gruppo sociali5La al ReichsLag in cui par ancora sempre presente lo spiri lo clirellivo di Guglielmo Liebknechl. A spigola1·e negli articoli del BernsLein - che son come scorribande in quella specie di Hinterland sempre più vasto che si è fo1·mato dietro il socialismo mandandone mezzo smarrili i confini - si possono raccogliere giu-
176 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E "ìCIENZE SOCIALI dizl sulla politica coloniale (e di conseguenza sulla politica militare-navale) sulla politica sociale inlerna ecc. che la rompono con l'alliludinc tradizionale del socialismo e accennano a una nuova politi0a positiva. Appunto un'allra ragione di successo per le ide~ del Bernstein fu che un par d'anni fa, ment,·e esse suscitavano tanto rumore di polemiche entro il partilo, la situazione politica della Germania aLLrave1·sava un momento singolarissimo che fece credere a un nuovo orientamento e raggruppamento dei partiti abbracciante anche i socialisti. Non si vedeva allora per la Germania altro problema di quello della espansione coloniale (flolla), e il govemo parve un istante disposto a formarsi una maggioranza con un sostegno meno oneroso di quello degli agrari. Documento interessantissimo di quel periodo rimane un libro del nazionale-sociale Naumaun (ebbe allora una gran voga e potrebbe tornare ad averla) in· cui era disegnata la evoluzione della Germania a una democrazia imperialista che, voltale le spalle agli agrari, avrebbe trovato il suo naturale e necessario appoggio nei socialisti. Per quel tanto che si sapeva delle idee del Bernslein poteva giusto parere che esse coincidessero con un tal piano e preparassero davvero la trasformazione del partito socialista al Reichstag in una sinistra democratica sul terreno costitaziouale. Si sa1·ebbe trallalo di iJffrire da parte dei socialisti una « politica nazionale», cioè l'abbandono delle ostilità in tema di spese militari, contro una politica democratico-sociale da parte del go;verno. Ma ora il momento è troppo mutalo perché tali - e in qualunque parte autorizzale - conseguenze del bernsteinismo possano essere non che L1·atte, pensale. La maggior causa d'aneslo fu la crisi economica. Si può infatti dire - per seguire il cattivo andar.zo che vuol vedere in ogni pensiero d'uomo minutamente il 1·iflesso del tempo - si può dire che il socialismo ollimista del Bernstein sia figlio del pe,·iodo di proprietà economica di cui la Germania con il suo prolctariaLo industriale godelle nello scorso decennio. Non si è inclinali a disperare del mondo e a rimetter tuLLoad una catastrofe quando i salari sono in rialzo. Ma è sopraggiunta la crisi, e con la crisi il famoso progetto di tariffa con ~ui il governo s'è ricaccialo dalla parte degli agrari; i socialisti si son ritrovali di colpo al loro posto di opposizione accanita, e se duo anni fa poté parer lecito il pronostico di un placido tramonto del rivoluzionarismo socialista nella sacra monarchia imborghesita e democratizzata di Guglielmo II, oggi"rollo quel principio d'incanto i socialisti minacciano di portare nelle strade l'ostruzione contro la tariffa, facendo intervenire direttamente il proletariato nella politica, a modo del Belgio, Confesso che mi tocca fare un certo sforzo d'immaginazione per figurarmi i socialisti berlinesi dimost1·anti nella Friedrichslrasse contro il pane caro; ma ciò non vuol dire che non possano, venirci. È a sperare che il mondo ci riserbi ben altre sorprese I Dala questa situazione s'intende che il Bernslein giunga al Reichslag più come un compagno disciplinalo che non come capo di una corrente dissidente. Berlino, 23 Marzo. A. MoRANDOTTI. Il movimento rivoluzionario belga, - Le nolizie che giungono dal Belgio sono di una gravilà eccezionale. Non è ancora la rivoluzione, ma cominciano a disegnarsi tutte le sue;prime forme. Le repressioni violenti sanguinosissime di Bruxelles clic pure senza knout 11è nagaike, hanno avuto niente da indiviarc alle ullime in Russia, e in cui si contano a_centinaia i fe1·ili dalla parte del popolo, e a non pochi da_ quella degli i11ferociti rcprcsso1·i, non hanno an·cslalo 1I movimento di ribellione che anzi si accentua ogni giorno di più con gli sciopel"Ì che si allargano come macchie d'olio in ogni centro operaio, e specialmente colle manifestazioni delle giovani gua1die civiche socialiste, che fanno dubitare al generale Bussine, comandante delle medesime - e non soltanto a lui! - della possibilità di potere mantenere il solito 01·dine: A I momento elle andiamo i11macchina giungono telegrammi che annunziano che i g1·ossi industriali belgi fanno pratiche allivissimc presso il Re perché intervenga onde evitare altro spargimento di sangue e per 1·islabilire la calma negli animi, e che re Leopoldo pare non sia disposto a cedere per quanto impressionalo com'è da un movimento diretto dai socialisti, i quali nel Belgio - è bene ripeledo ai socialisti nosl1·ali - sono dicliia1·alamente e spiccatamente repubblicani. Ma del movimento socialista nel Belgio, e della ·siluazionc che il Belgio oggi attraversa, ci occuperemo largamente nel pl'Ossimo nume1·0, pc,·chè non pochi insegnamenti si possano trarre clall'cvoluzionc di quel paese, anche tra le classi popolari uno dei centri più interessanti d'F.uropa. ~©©~~~~~~~~~~©~~~~~~~~~~ eia ~atu10 bel!' C9n.rEol0;fann-i Speraoamo cli potere annu'lziare ai nostri amici ed abbonati c!te era già bene aooiata la guarigione del nostro amico e Direttore: disgraziatamente, il Jlemmone settico, con segni anche d'infezione generale si r;proclusse in altro punto eletta mano. Perciò il giorno 9 fu necessaria un'altra dolor-osa operazione. Al Prof Lupò e al Dott. llindone che, con tante, affetto e con tanta intelligenza prestano le loro cure aU'infern.o, è stato anche as ociato il Senatore Prof. D'Antona. Gli amici tatti vorranno scusai·e l'on. Colajanni se egli non risponde singolarmente per ringraziare quanti s'interessano eletta sua salute e gli chiedono notizie. LA REDAZIONI, ©©©©©©©©©©©©©©©©©©©©©©©© II riscatetoconomdeiclMo ezzogiorno (Un :u·th-olo tlcll'ono1.•cyole i\!aggiodno J•'crral'is) L'on. deputato per Acqui ha pubblicato nell'ultimo numero della Nuova Antologia un artic.:olo vibrante di simpatia vorso il i\lezzogiorno e ricco di acute e giuste osservazioni, di confessioni leali e coraggiose. E so è tale che a noi corre l'obblio-o di riassumerlo largamente e di farlo seo-uire in ultimo da poche nostre considerazioni. 0 . .. « Il problema del Mezzogiorno grandeggia nella vita politica italiana. La sua soluzione - a fianco della questione sociale - costituisco il còrnpito precipuo della presente generazione. Il problema del .:\Iezzogiorno, che !'on. Co!ajanni, primo in.ItaliaUumeggiò nei suoi vari aspetti, è
RIVISTA PUPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 171 di una grandiosità che s'impone: è morale ed economico ad un tempo; è politico ed amministrativo. Non abbiamo la pretesa, nè ci sentiamo di affrontarlo intero, in queste poche pagine: ci limitiamo ad un solo dei suoi tanti aspetti: a quello economico. E diciamo espressamente problema del Mezzogiorno - comprese le isole - e non problema di Napoli, perché l'uno e l'altro sono due parti Llistinte di una stessa quistione. Nei recenti dibattiti troppo si è confuso e quasi identificato l'intero Mezzogiorno colla popolosa sua capitale. Sono invece, a nostro avviso, due problemi che, sotto l'aspetto mòrale, politico ed amministrativo, possono avere molti punti di contatto comuni; ma che si diversificano cli molto nel campo economico, a cui principalmente restringiamo le nostre brevi indagini. S'intende, però, che la prosperità di. Napoli rifluirebbe su tutto il Mezzodì, ma è assai più vero altresì, che il risorgimento delle provincie avrebbe un effetto ancora più benefico sulla stessa metropoli partenopea. Quindi il riscatto del Mezzogiorno e delle isole ci si affaccia come il primo e più vitale problema della vita economica presente. Non c'è dubbio: per consenso degli uomini più intelligenti che si sono occupati dell'importante questione (Fortunato, Sacchi, Lacava, Luzzatti, Sonnino, Cappelli ecc.) la base della questione meridionale è essenzialmente agricola; e dalle diverse analisi risulta che: 1° Il risorgimento economico dél Mezzogiorno si deve principalmente iniziare col ri$orgimento agrario di qnelle provincie; 2° L'agricoltura non vi può risorgere per l'assoluta deficienza del capitale circolante e d'esercizio ::id essa necessario; 3° La proprietà è schiacciata dallo ammontare e dall'elevatezza degl' interessi del debito ipotecario. Il risorgimento agrario del Mezzogiorno non si ottiene che per tre vie diverse: 1° Aumentare la quantità della produzione; 2° Migliorare la qualità dei prodotti; 3° Accrescere lo smercio all'interno e all'estero delle derrate :agrarie. Per ottenere questi scopi occorrono il capitale e l'istruzione. Così Sonnino riconosce che il maggior bisogno dell'agricoltura del Mezzogiorno consiste nel capitale d'esercizio circolante. Ma l'impiego del capitale dev'essere fatto in modo razionale, altrimenti si traduce in un disastro. A ciò provvede l'istruzione agraria, o per dir meglio col Jacini, la pratica e l'intelligenza illuminate e guidate dalla scienza. Capitale abbondante ed istruzione pratica sono due elementi indispensabili all'aumento della quantità della produzione agraria del Mezzogiorno. Ma bisogna pensare alla qualità. e allo smercio dei prodotti. A ciò provvede essenzialmente l'organizzazione eooperativa. L'organizzazione cooperati va è il più grande fatto dell'economia rurale moderna. Perciò Ferraris propone: le unioni agrarie, le stalle sociali, le società di lavoro, le latterie, le cantine e gli oleifici sociali, le società agr'umai·ie, le società orticole, i granai cooperativi, le società cli vendita e di esporta,;;ione all'estero. A tutto questo insieme d' istituti, relativo alla organizzazione e alla cooperazione agraria. s'informa il suo disegno di legge Della riforma agraria presentato alla C.:amera nello scorso anno, che mira sopratutto ad assicurare l'istruzione agraria, il credito agrario, l'organizzazione cooperativa e la preparazione ad una non lontana sistemazione e conversione a mite interesse del debito ipotecario italiano. Questo programma agrario esclude un programma cli lavori pubblici che altri crede più utile e più urgente? I due prngrammi non si escludono, ma si completano a vicenda. Sen:rn strade rota - bili, senza ferrovie è impossibile sviluppare la ricchezza anche agricola d'una regione. Lo Stato deve quindi prosegu iee la rete stradale e ferroviaria del Mezzogiorno, in ragione delle forze del bilancio ~ dell'utilità vera dei lavori richiesti. È tuttavia un grande errore il credere che i soli lavori pubblici bastino a promuovere, in modo decisivo, la ricchezza ed il benessere d'un paese. Coloro che lo promettono o lo affermano, ingannano le popolazioni. I lavori pubblici che precorrono troppo i bisogni reali di una regione, e clle non sono accompagnati da un !'orte risveglio agrario od industriale del paese, costituiscono soltanto un movimento fittizio e precario di danaro: non creano la ricchezza, la distruggo·no. >> L'on. Maggiorino Ferraris a queste paeole fa :;eguire una _viva descrizione della crisi cl1e sovraggiunge nelle regioni agrarie ai pochi anni di espansione artificiale durante i quali avvennero nel luogo le costruzioni ferroviarie, e conclude: « Coll'apertura della ferrovia la regione passa dal regime antico dell'economia patriarcale a quello moderno dell'economia industriale. È una traslazione benefica, ma che può solo compiersi dolorosamente attraverso a lente e lunghe sofferenze. Le antiche vie e gli antichi mezzi di trasporto cessano, spostando e rovinando una folla cli piccoli interessi. Un nugolo di viaggiatori di commercio invade il paese, ed i prodotti delle grandi fabbriche sch iacchiano le piccole industrie casalinghe ed indigene, che si mettono in crisi. Si stabiliscono relazioni dirette fra produttori e compratori, cosicchè decadono i me1'cati locali e vanno in rovina coloro elle sovr'essi vivevano. Le famiglie più agiate profittano della ferrovia per kasferirsi, almeno l' inverno, dal villaggio alla grande città. Soltanto. col lungo andare del tempo, i benefici della nuova ferrovia si fanno sentire; il che avviene a misura che si attivano nuove produzioni e nuovi commerci. Ma ad ogni apertura di ferrovie, la crisi è rapida ed intensa, perchè si svolge in breve spazio di tempo e si concentra in determinate categorie di persone: il benessere è lento e più diffuso, sopravviene più tardi ed è me.no avYertiw. La crisi della vita rurale è uno dei fenomeni più sicuri della costruzione di nuove ferrovie: o-
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