38 RIVISTA POPOLARE DI P.OLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI Per quei tempi dice Brofferio. Ma quei tempi erano di circa quarant'anni posteriori alla rivoluzione francese; e in pieno secolo XIX in Piemonte, mentre si promulgava un Codice in cui si dichiaravano le leggi penali uguali per tutti, si continuava a distinguere tra nobili e plebei anche nel modo di farli morire: la mannaia era riserbata ai nobili, il capestro pei plebei. Il paragone più istruttivo tra Borboni e Sabaudi tra Carlo Alberto .e Ferdinando II, si può fare sul terreno del reato politico. Notissima ed ampiamente illustrata la ferocia del Re Bomba e dei suoi coadiutori. Molto meno, se non del tutto ignorata, quella del primo Re costituzionale d'Italia e dei suoi Galateri, dei suoi Andreis di Cimella, dei suoi Favergues. Qualche cosa si sa delle fucilazioni di Chambery, di Alessandria, di Genova, che tolsero la vita a Vochieri, Tola, Miglio, Gavotti ecc., dei processi che spinsero Jacopo Ruffini al suicidio, e terminarono colle condanne a morte di Mazzini e di Garibaldi. Ma sono molto meno noti i procedimenti adoperati in tutte le occasioni. Spigoliamo nel libro di Brofferio: ·o: Raccolte a malefica cqngrega le jene di corte pre- « sero a ragionare intorno al modo più acconcio di pre- « valersi delle scoperte improntitudini; e dopo di aver « toccato dell'indole di Carlo Alberto;· si levò un sicario « in berretto da giudice e disse: - A costui é d'uopo o: far gustare il sangue. « Suonò gradito l'orribile consiglio : e nel giorno stes- « so il re fu informato che una grande cospirazione al- " !ignava. nell'esercito per strappargli dal capo la corona. « Furone alterati i fatti, furono esagerati i pericoli, si « frugò in tutte le fibre dell'uomo e del principe per a~- « cendere mortali risentimenti, si denunciò, si menti, si « calunniò, si pose in opera ogni reo maneggio » (pag. 60). « Si fucilava nelle spalle pe1• semplice accusa di non ... « rivelazione. Fu promulgata una legge sopra i libri e i « giornali provenienti dall'estero, in virtù della quale chi « avesse introdotto o soltanto fatto circolare in. Pie- « monte un libro o un giornale contrario ai principi « della monarchia soggiaceva alla pena della galera da « due a cinque anni, e in alcuni casi soggiaceva alla «morte» (pag. 47). Che cosa non si scrisse - e talora si esagerò o si inventò - contro la onnipotenza della polizia sotto i Borboni~ Vediamo cosa era sotto i Sabaudi: « Stando in continuo sospetto di congiure e di rivolle, « sciagurato sospetto con sanguinosi artefizi mantenuto, « Carlo Alberto dovetle collocare la sua maggior fidu- « eia nella polizia. E cosi fu. Ma non gli bastarono le " spie. « Tutta la sua corte fu trasformata in ufficio di poli- « zia. Volle denuncia e denunciatori nel Municipio, nella « Magistratura, nella Milizia, nell'Episcopato, nel!' Ari- « stocrazia, apri persino secrete scale a qualche altro « genere di delegazione che saliva dal trivio; e quelli « che un'ora prima denunciavano erano spesso denun- « ciati un'ora dopo. » « Per tal modo la polizia che già era onnipotente, « come non può a meno di essere nelle assolute mo- « narchie, diventò usurpatrice di tutti gli altri poteri e « si assise fieramente sopra i gradini del trono. ~ BibliotecaGinoBianco « L'inviolabilità del domicilio, il rispetto della fami~lia, « l'intimità degli affetti, la liberlà, l'incolumità, e per- « sino la Jiguilà del nome, persino l'onore della per- « sons, tuLLo insomma ciò che l'uomo ha di più caro e « di più sacro si trovò confidato all'arbitrio di 1·cgii in- « quisitori. Dai casi che ho narrali si è polulo vedere « come fossero rispettate le leggi e come sapessero me- « ritar rispello i tribunali; eppu,·e anche i lribunali fu- « rono sospettati; e sopra i Senatori si posero i Com- « mis5a1·i di Polizia. » « Ne:;sun -mandato di arresto ern 11cccssa1·io p.c1· I 1·a- « durre in carcere un cittadino; lulli avc1·a110 dirilLo di « arrestare. Il Giudice, il Sindaco, il B1·igadicrc dei C:,- • rabinieri, l'Avvocalo fiscale, l'Assesso1·,·, l'I,lrutlorc, il « Comandante, il Vicario ·cd ogni µiccolo agcnle di « Piazza, ogni povero caporale di pallugliP, ogni arciere, « ogni birro, ogni spia ave1·ano aulorilà di mellere le cc mani addosso a qualun'luc onoralo citladino. · « Quando poi si e1·a carceralo, le difficoltà del rilascio « diventavano immense. Pcl' arl'estarc tutti avevano « autorità, per rilasciare nessuno si lrovava compelenle. « Suprema dea dei chiavistelli era sempre la polizia. << Con economici provvedimenti si scioglieva la maggior « parte delle cause Cl'iminali r1uando si traltava di pu- « nire; quando lraltavasi di assolvere la cosa cangiava « d'aspetto: era necessaria una sentenza. » « Quando gli impiegali di Polizia stimavano che. vi « fosse argomento di giudiziale condanna, trasmelLevano « la pratica al Fisco perchè si pronunziasse a· termini « di ragione e di giustizia. Ma per timore che alle « volte la ragione fosse tl'oppo ragionevole e troppo « giusta la giustizia, la Polizia poneva una· nota a' pie' « della lellera di trasmissione, la quale rliceva eosi: « Nel caso che il Magistrato non trovasse bastevoli ar- « gomenti pe,· condannare si custodirà in carcere t'ac- « cusato a disposizione della Polizia. » « E con questa nota il povero accusato non poteva « salvarsi da Scilla senza essere divorato da Cariddi. » « Cosi. frequenti erano i processi di questo genere, e « tanto era terribile la condizione dei carcerati sotto- « posti alla Polizia che diventava carilà nei dif,rnso1·i « non far assolvere gli inquisiti. » « Condannati, resliluivansi dopo breve pena a libertà; cc assolti e1•ano ingoiati dalla Sal'degna. E in questi casi " era pietà il rigore; l'ingiustizia era beneficenza. » « Non tardò ad avvedersi la Polizia di questo mise- « ricordioso ripiego, e il lenore della nota fatale si ri- « formò nel modo seguente: Net caso che il Magistrato « non trovasse indizi sufficienti per condanna ad una « lungapena si custodirà in carcere l'accusato a disposi- « zione della Poti:::ia. Con questa riforma divenne im- « possibile ogni pietosa transazione, e i Magistrati non « ebbero ribrezzo a farsi docili esecutori di polizieschi « ordinamenti. ~ « Non vuolsi tacere a onor del vero che Borio, Pre- « sidente della prima classe criminale nel Senato di To- « rino, quel desso che lamentava l'abolizione della lor- « tura e della ruota, non voli" mai acconsentire all'uf- « fizio di sgherro di polizia. e Pronunziata sentenza di assolutoria, Borio ordinava « subito il rilascio dell'accusato, e cosi adoprò molle « volte ad onta del generale Galaleri che nella divisione « di Alessandria esercitava l'ufficio di pubblico carce- « ratore. » « Ed anche a questo provvide la polizia. Per ol'dine « del Senato il detenuto si rilasciava oggi, per ordine « del Governatore si tornava a carcerare domani; una « sentenza giudiziale lo dichiarava innocente e lo rel l t
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