Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 1 - 15 gennaio 1902

RlV!STA POPOLARE Dl POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 515LETTERATURAD'ERUDIZIONE" 1jt La moderna letteratura amena non sgorga spontanea dall'immaginazione, ma è riflessa, e com e tale tende a rappresentare la coltura anziché l'inspirazione dello seri ttore. Gli antichi considel'avano l'arte come una manifestazione dell'essenza divina, come una specie di sovraeccitazione, come una seconda natura che sgorghi potente dall'animo umano: est Deus in nobis, diceva Vi1·gilio, agitante, calescimus, illo. Dante mostrava avei· dell'arte lo stesso cdncetto ciel « maestro», allorché cantava: •... « lo mi son un che, quando Amore spira, noto, ed a quel modo Che detta denL1·0,vo significando ». Tra i moderni parnassiani il l\fallarmé l'icluce l'ufficio dello scrittore a registrare i sentimenti inter11i: « toute ilme est une melodie qu'il s·agit de renouer » e che bisogna lasciar « se mocluler libre111ent >>. Egli a questo modo respinge tarte 1·iflessa, e predica l'arte pura e semplice degli anticlii scrittori, i quali non avevano regole precise né misura. Certo, se l'arte non è d'essenza divina o suggestione, l'artista nasce, come J1asce il poeta; lo scienziato diventa, invece, come l'oratore. L'artista può educare il proprio ingegno, avvia1·lo per una rneta sicura, affinarlo, togliendogli il modo cli una manifestazione tumultuaria; ma se la fantasia che è la dote principale ùell'a,·tista, manca, n u Ila vale a crearlo,. Ora quando le a1·ti sono in decadenza, la scienza piglia il sopravvento, l'e1·udizione cresce sempre a danno della fantasia, che viene depressa, come da una rudis indigestaque molés, fino a che si annulla. Nei Lempi di decadenza è avvenuto sempre così: le opere di fantasia sono state senza importanza, mentre tutta l'attività letteraria si riversava nelle i-icerche storiche; gli uomini diventano tanti topi e rosicchiano senza posa nelle biblioteche, nei conventi, tra i monurnen ti, e nelle anticaglie, e cosi ricostruiscono con iutenti nuovi la storia della civiltà e delle lettere, delle scienze e delle arti. I letterati - specie dei tempi scorsi - hanno avuto sempre una certa antipatia per la scienza; basterebbe citare il Leopardi, che pone ogni feliciLà umana nella letteratura e nelle chimere degli antichi poeti, e che in tutta l'opera sua mostra cli aborrire la scienza, e le invenzioni meccaniche come nella Proposta di premi. r ell'Orlando Furioso l'Ariosto par mi che fac-' eia una leggiadra caricatura del « cacafoco », orclegno da poco inventato, che non tolse la morte al p,.lVero Cimosco; e il Baretti, in una lettera, ci narra della fenomenale ignoranza di tre letterati inglesi, il Pope, famoso poeta, il Walsh, riputato critico e il Wyecherley, autore di alcune commedie; essi colsero una spiga, che uno diceva essere cli frumento, l'altro di segala, il terzo d'avena; il botanico l\lille1·, che di là passava, decise la questione. L'antipatia, çhe i letterati hanno per le scienze, gli scienziali n,ostrano per le lettere, che essi, con nn ce1·t0 fonda111ento, stimano inutili ed incapaci di apportare alcun bene all'umanità; anzi alcuni di essi si tengono 011orati di non toccare romanzi, poesie 0d altro clie non ilbbiano un J'r.btivn interesse scinntifico BibliotecaGinoBianèo * * * Quando l'arte agonizza, oppure si man tiene a sten· to sui trampoli, essa, non essendo una libera e spontanea manifestazione ciel genio dello scl'ittore, diventa un artifizio, e ricorre a tanti espedienti per p1·olungare la propria esistenza; tale quale gli ammalati, che si tentano far vivacchiare il più a lungo. possibile, a fuda cli ossigeno o d'iniezioni d'etere e morfina. Se l'arte è ammalata, sorgono naturalmenLe i medici, numerosissimi, in persona dei critici, ognuno dei quali ha il suo specifico, la sua cur,, omeopatica pe1· guarire l'ammalato. Tale fatto il Checclria ha n1olto bene dimostrato: « (Juando nel suo tempo - scrive lui - l'uomo denuda le sue piaghe e, bisognoso di profondarsi nel suo interiore, diventa il critico e il medico cli sè stesso, allora la produzione spontanea, la elaborazione disin tere-;- sata e immediatamente inspirata, cioè non riflessa, non può rivive1·e pU1, per la contraddizion che nol consente: arte e scienza son due termini opposti, contradditorii (1) ». Si può quasi affermare che ad ogni periodo di spossatezza ne succede uno di vitalità; è una eterna altalena. Al trecento succede il quattrocento, al cinquecento luminosissimo il seicento; quindi l'epoca dell'Alfieri, Parini e Goldoni, cli nuovo depressione e poi Foscolo, Monti, Leopardi, Manzoni: adesso siamo daccapo. L'altalena é, veramente, tra l'erudizione e la fantasia; un periodo cli erudizione .ne prep:,ra un altro cli spléndore. Studiando, il gusto si affina e la generazione che segue dà 1·opera classica. Col cinquecento parve esaurita oµni attivilà lelteraria, onde nel secolo seguente avemmo unn. g1·ande fioritura di ricerche; fu un secolo studio. o quello: fu coltivata con amore la tilosofia dal Bruno e dal Telesio; la storia dal Davila, dal Sarpi, dii Pallavicino, ecc.; le scienze ebbero per interpreti il Galilei, il Viviani, il Redi. Allora per la prima volta la storia fu seri tta con metodo positivo, sulla sco1·- ta cli clocumcn ti; ed allora so1·se una vera e prppria critica letterai-ia. La letteratura invece fu a11emica e le poche produzioni letterarie furono riflesse, artificiali e r·isentirono del temro. L'11omo erudito difficilmente può darci insieme un·oper-a scientific:a ed una artistica dello stesso valore: se s'occupa di tutto riesce mediocre in tutto. r-orse il solo DanlP, intelletto sublime, ha avuto la facoltà di poterlo fare, riunendo nella Divina Commedia, opera potente men I e fantastica, tutto lo scibile del Medio Evo. l\Ia le eccezioni confermano la regola; i critici se sanno iitclicare come si fa a scrivere un capolavoro e quali doti debba aver·e un'opera per essere tale, non san· no poi scriverne essi una buona; anche qui Carducci ci dà un'eccezione, lui. che é un vigor·oso e classico poeta; però é evidente, come è stato già notato da qualcuno, che Argia Sbolenfi, il bibliotecario di Bologna, non ha la limpida e scorrevole (i) Poeti, 7J1·0.,cifo,.i e fi{r,.-;o.fl. - Il Checchia in questo libro scritto bene. ma con f'reciuenli squarci retorici, è t.roppo sistematicamente carducciano: e luUo pieno d"enlusiasmo pel maeslru grida come nella San//i1°ellri: Ì'Ìon c'è che lui! :'\on c'è che lui! Ì'Ìelle biog-ratie e nei medaglioni ùci diversi autori non osserva una giusta proporzione (forse perché il libro è mio l.ibaldone di articoli già pubblicali): ,. mentre si dihm~a p,·r troppe pagine intorno a,l autori più o llleno illust1·i. dedica un picco! miseral,ile Cf!uno a .\Iario Rapis:ll'di, cl,e e,·l'l.o, dopv Carducci. i; il pii'1 forte ·ro~la jtaliano. ·

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