RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 481 - Miglior sorte non tocca alla moglie quando vuol persuaderlo a tentare di riscattare la condanna mediante dell'argento che gli offre. Infine quando, comparso il messo del Pritaneo che gli ingiunge di comparire avanti l'Arconte, Socrate si dispone ad ubbidire, a Santippe che _gli ricorda la sua vita appartenere alla famiglia risponde: - No, io sono delle leggi! Dopo di ciò, con la notizia della avvenuta condanna ed il passaggio di Socrate sereno e sorridente scortato dagli efori che hanno in custodia la sua persona, il dramma finisce. • . . Dal punto di vista tecnico, il successo dell'opera di G. Bovio costituisce un avvenimento veramente notevole. A coloro che vorrebbero vietare al teatro nuovi orizzonti e lo vorrebbero condannato alla ripetizione dei soliti effetti basati sulla sensitività inferiore della folla, mostra come anche dal semplice contrasto delle idee può scaturire vivo interesse drammatico e nobile godimento estetico. Ed è quanto dire che per un pubblico cli una certa coltura i pensieri possano essere degli avvenimenti, capaci di produrre interesse quanto i fatti materiali, e commozione di ordine ancora più fine ed elevato. Ma, come correttivo di ciò, ammonisce anche che l'idea, per diventare efficace elemento d'arte, assumendo le particolari forme del componimento teatrale, deve informare non ombre fittizie, ma agitare anime di creature viventi, come questo Socrate, che il geniale Autore ha saputo rievocare con sì felice fortuna. Non si può dar notizia della memoranda rappresentazione senza tributare una doppia lode ad Ermete Novelli. Lode come capocomico perchè, vincendo le pre- :venzioni di palcoscenico contro ciò che si allon- • tana dalle consuete forme teatrali, seppe, attraverso la concezione del filosofo, intravvedere l'opera vitale dell'artista. Lode ed ammirazione incondizionate gli sono dovute poi come interprete. Per fondere nella per- ~ona del grande filosofo greco la pensosa e serena austerità fondamentale con la bonaria festività nel discorrere, con l'arguta ironia nel polemizzare; dissimulata dall'apparente ignoranza, in che faceva, quel grande, consistere la sul!, sapienza; per far ciò, senza rasentare nè la solennità tragica, inopportuna, nè una comicità sconveniente, occorreva un grande sforzo di arte. Occorreva che l'interprete, ripetendo, con i suoi particolari mezzi della plastica e della dizione, l'opera dello scrittore, rivivesse nella grande anima del maestro di Platone. Questo Ermete Novelli seppe fare degnamente, magnificamente. F. SAV ARESE. BibliotecaGino Bianco INTORNOALFENOMENGOENIALE Lo studio del fenomeno geniale, il più straordinario, più complesso, più nobile de' fenomeni naturali, rimonta sino a Plutarco ed a Platone: fino ad Aristotele ed a Seneca risale il rapporto tra il genio e la follia. Ma per ritrovare i più importanti e veri precursori della teoria psichiatrica, bisogna scendere giù fino· al 1836,anno in cui il Lélut mise fuori un libro, Du démon de Socrate, sostenendo che anche gli uomini di genio corrono il rischio di entrare nel novero de' degenerati, de' folli. Ai lavori di Lélut seguirono quelli di Moreau di Tour.s e di Brierre de Boismont su la natura degenerativa del genio. Parecchi anni a questa parte però, dopo gli studi del Lombroso, è una gara tra i discepoli di lui, tra i cultori e i dilettanti o semplici orecchianti ( cosi E. Mo.rselli ha chiamato testé M. Nordau) della scienza psichiatrica, per confermare la dottrina del maestro. Qualcheduno di costoro, più fanatico, o in mala fede, che scienziato, intento a raccogliere - spesse volte con metodi d'indagine poco fidi ed incerti, se bene perfino indiscreti - tutte le noie psico-somatiche., tutte le notizie su' costumi, i temperamenti e le intimità della vita d'un uomo di genio, a pena ricostruitane la personalità psichica, facendolo passare pel crogiuolo dell'antropologo e del psichiatra, senza liberarsi da qualsiasi idea preconcetta, esclama esultante, nuovo Archimede: Eureka! Ugo Foscolo ebbe, dicesi, U:nprognatismo: ecco un grande sciocco; Pericle, Dante sortirono dalla natura una asimmetria cranica: altri esempi di squilibrati, cli degenerati; Giordano Bruno fu un megalomane, ergo un pa::::::o! Un'altro uomo cli genio, come nota il Paratore in questa Rivista (A. V. n. 9), ha uria cefalgia forse da indigestione, o un senso cli tristezza per qualche lutto di famiglia, o - pure perfettamente sano - ebbe lo zio della cugina del nonno, paralitico, ed ecco l'encefalite, la lipemania, l'ereditarietà psicopatica! Ed ora è la volta di Giulio Cesare, di Pietro il Grande, di Carlo V, di Napoleone I, ora quella di Maometto, di lord Byron, di G. Mazzini, di C. Colombo, etc. che entrano a far parte della illustre coorte de' geni degenerati o de' degenerati superiori, come fu classificato anche E. Zola da Max Nordau, « tra le forme teratologiche della mente umana, tra le varietà della pazzia)), (C. Lombroso). Ad ingrossare le file di questi spiriti luminosi, che, come canta V. Hugo in Les Contemplations; « Ont un rayon qui de leur àme Va jusqu' à l' oeil de Jéhovah », sono pronti: Machiavelli, Shakespeare, Bacone, Kant, G. G. Rousseau, Newton, Donizzetti, etc., etc. E' confortante però la constatazione fatta dal Colajanni nel suo libro Per la razza maledetta, e in un articolo su la Questione meridionale (v. Il Pensiero Contemp. An. I, n. 3), nel quale scrive: l( E' destino di questi giovani cultori della scienza lombrosiana di non poter perdurare in una opinione per lungo tempo! » A la bonne he ure I * • * È difficile anzi tutto distinguere i veri geni, rari nantes, da' pseudo-geni, i quali, prendendo solo lo' aspetto esterno de' primi « hanno imparato, come dice il Gothe citato '.dall'Axenfeld, a soffiarsi il naso
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