Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 22 - 30 novembre 1901

RIVfSTA POPOtARE {)f POUTICA, LETTERE E SCIENZE SOClAU Quanto poi alla sua intima organizzazione fun1.ionale parve a me, sin d'allora, che la esistenza ,li un gruppo repubblicano in Parlamenlo, costituito ed operante dirò così ufficialmente e collegialmente, sia ben diversa di quella del grul}PO socialista che - non vincolato da una fede poi itica determinata e tangibile - incontra., nella sua esplicazione parlamenta.re, ostacoli immensamenw minori. Per ben comprenderlo bisogna aver vissuto la vita della Camera e affrontate le molteplici diflicoltà cui si va incontro ad ogni momento per tenere alta da un Iato la propria bandiera, e per partecipare dall' altro ali' opera legislativa senza trincerarsi in semplici proteste o in pure affermazioni di principio; le quali, opportunamente fatte, giovano alla propria causa, mentre come metodo esclusivo o prevalente di lavoro e di lotta - senza corrispondenza effettiva di azione più o meno prossima nelle masse popolari e di largo consenso nella coscenza del paese - si risolverebbero in una sterile manifestazione. Non è questione di opportunismo - da cui ripugnano le nostre tradizioni e la nostra fede - ma di senso pratico della realtà, se vuolsi che l'azione del gruppo riesca veramente proficua, guadagnando credito, simpatie e proseliti alla causa repubblicana. Emerge chiaro da tutto ciò, che sia il metodo di lotta prevalentemente negativo, sia la subordinazione del gruppo al consenso della direzione centrale del partito - la cui maggioranza vivendo fuori della Camera, non può rendersi. un conto preciso dello ambiente nel ([tHl.lebisogna agire caso per caso - ne vincolerebbe l'azione in modo tale <la determinare, anzichè lo s,·il uvpo, l'atrofia delle sue iniziative e delle sue energie. Aggiungete elle le situazioni in cui un partito può e deYe affermarsi in nove casi su dieci organo istantanee. Se per lanciare il grido della Costituente - co- ~liendo a volo l'atti1110 che passava per l'aria. - io a.vessi dovuto cons11 I tare in quel momento non dirò la direzione del partito, ma tutti i membri del gruppo nostro sparso pei banchi, o non mi fossi limitato in piena aula a intuirne rapidamente lo stato d'animo, <]uel grido non sarebbe stato lanciato, o lanciato in ora meno opportuna avrebbe incontrato la. stessa sorte che incontrò in altri periodi del la nostra storia parlamentare: sarebbe cioè caduto nel vuoto,;,enza proYocare la profonda ed r loquente ri perciv;sione uhe ebbe nella coscien1.a J>ubblica. E' mio fermo convincimento, lung,imente pensato, che il gruppo repubblicano pa.l'lamentare, perchè possa convenientemente esplicare la propria azione, clove tenersi bensì in continuo contatto col resto riel pa•:tito, in modo che le. due forze convergrnti armonizzino insieme nelle linee generali, ma senza nè formule a.priosistiche nè ferrei vincoli che renderebbero monca o irtisol'ia l'azione sua positiva nell'ambito legislativo. '1'ale il pensiero d1e espressi in occasiono del Congresso di Firenze e riassnnsi telegrafkamente agli amici del Congresso di Ancoua, impedito di partecipare alle rispettive assemblee prima da grave lutto domestko, poi da impronisa interruzione ferroviaria. Il Congresso di Firenze deliberò, ma in forma · ·vaga, che l'azione del gruppo fosse coordinata con qnella del Comitato Centrale del partito. Ciò diede luogo a vivi dibattiti, avendo io costantemente sostenuto che tale deliberato dovesse intendersi nel senso che non ne restasse lesa l'autonomia del gruppo nel la sua azione parlamentare. La questiono rimase il'lsoluta, fino n che il Con• BibliotecaGinoBianco gresso di Ancona, accentuando i propositi del Con gresso di Firenze, non ebbe a decretare: che l' azione del gruppo deve essere integralmente vincolata a quellct del Comitato Centrale, dentro e fuori la Ca.mera; con l'aggravante di aver voluto circoscriverla entro i cancelli di un metodo aprioristico di lavoro e di lotta prevalentemente negativo. Questa decisione, per (Jua.nto abbia avuto il suffragio della grande maggioranza dei miei colleghi iscritti al gruppo, non scuote nè muta il mio convincimento. Il deliberato ciel.Congresso è quel che è; e l'ordine del giorno esplicativo Yotato dal gruppo parlamentare repubblicano - pure attenuandone le conseguenze pratiche - non ·ne muta l'intima essenza. Rispetto il convincimento dei mei cari e valorosi colleghi coi quali dentro e fuori la Camera proseguirò a collaborare pel raggiungimento dei uonrnni ideali, ma non mi sento di poterli seguire nell' adesione al deliberato del Congresso. Epperò a ciascuno la propria responsabilità. Allorchè 25 anni or sono nel Congresso repubblicano di Genova sostenni, contro la wnace resistenza degli astenzionisti, il dovere pel partito nostro di portare lo svolgimento delle proprie forze anche in seno al Parlamento, rimasi, insieme ad altri, soccombente. Il tempo mi diede ragione: alcuni fra i più fieri oppositori Ji allora divennero più tardi miei colleghi alla Ca.mera e fu orgoglio del nostro gruppo Antou.io Fratti; ma ebbi ragione troppo tardi, quando cioè, l'apatia o la disorganizzazione erano entrate nelle nostre fila, e un altro partito, il socialista - più giovine e perciò più ricco di energie - si era andato assimilando gran parte delle nostre forze mili.tanti. ll risveglio ,lei partito repubblicano è oggi evidente e promettente. Facciamo di non sciuparlo con nuove intransigenze. Il crescere degli elementi repubblicani alla Camera è un fatto scaturito SJJOntaneo e senza preconcette discivline dall'intima condizione delle cose, e la loro azione, prima ancora della st0ssa costituzione del gruppo, si riverberò efficacemente nel paese guadagnando al partito, che traversava ore difficili, simpatie e forze. Il voler ora abbandonare il metodo che fu sperimentato utile, per circoscrivern l'azione dei deputati repubblicani entro formule rigide ed apodittiche, senza tener conto delle condizioni diverse delle diverse regioni d'Italia, dell'ambiente in cui devono svolgersi, del compito difficilissimo a cui sono chiamati, equivarrebbe a segnare il principio della loro decadenza. Faccio voti che ciò non avvenga e che io m'ing-anni. Ma tale essendo il mio convincimento meditato e profondo, nessuna disciplina di partito potrebbe assolvermi dinanzi la mia coscienza, se dovessi sottopormi ad un metodo che non solo uredo erroneo ma dannoso alla causa repubblicana alla quale ho serbato fede in 40 mmi di vita politica non mai interrott.1. Nè molto meno mi assolrnrebbe la grntitudine incancellàbile che io debbo alla democrazia umbra. Allorchè la mia fede politica e la guerra a coltello del governo mi resero per oltre 10 anni costantemente avverse le urne del Mezzogiorno - quando non vennero, se favorevoli, falsate nello scrutinio - fu la democrazia repubblicana umbra che, insieme a quella di Romagna, mi aprì le porw della Camera, e mi confortò poi del suo costante appoggio nelle ore più difficili della mia vita parlamentare. Questo ricordo m'impone oggi doveri imprescindibili di onestà e di coerenza. Por quanto eletto nel collegio di Terni col lar-

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